Il timone - UniNa STiDuE

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Il timone - UniNa STiDuE
L’apparato di governo e manovra
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Il timone
3.1 – Introduzione
Nel presente capitolo si tratterà del progetto del timone facendo riferimento,
in particolare, allo studio delle forze che maturano sulla pala di un timone
verticale passivo, utilizzato a poppa della carena per il governo della nave. In
quanto segue perciò, ad una descrizione della geometria della pala seguirà
un’analisi qualitativa del campo fluido in cui il timone si trova a lavorare e
successivamente si forniranno le basi per poter stilare il progetto, sia da un
punto di vista idrodinamico che strutturale, della pala e degli elementi di
controllo e sostegno.
3.2 – La nomenclatura della pala
La forma della pala di un timone è frutto di una serie di considerazioni
progettuali che sottostanno a valutazioni di origine sia idrodinamica sia
strutturale. Benché diverse siano le possibili soluzioni del progetto, la
superficie della pala assume un aspetto che ha delle caratteristiche ben
precise: è quindi possibile definire i parametri geometrici che consentono di
descrivere compiutamente la forma della generica pala.
Nel caso più semplice la pala è sostenuta da robuste strutture interne alla
carena, ma talvolta è necessario prevedere delle appendici di carena che
costituiscano un ulteriore sostegno: nel primo caso si ha una superficie di
manovra completamente mobile, nel secondo caso si ha una parte mobile (la
pala vera e propria) ed una parte fissa (il supporto, esterno allo scafo, lungo
il bordo di ingresso della pala). Sia che si tratti di superfici all–movable, sia
che si tratti di pale con supporti, il complesso esposto al flusso ha una forma
tale da costituire un unico corpo idrodinamico, perciò la nomenclatura che
viene qui introdotta si può considerare riferita indistintamente ai due casi,
con l’accorgimento comunque di riconoscere quali parti siano mobili e quali
fisse.
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Corso di Allestimento Navale
Va inoltre osservato che le definizioni che seguono possono applicarsi
anche ad altre superfici idrodinamiche presenti sulla nave, si citano ad
esempio le pinne stabilizzatrici utilizzate per lo smorzamento del moto di
rollio .
Le dimensioni geometriche principali della pala sono definite con
riferimento alla proiezione della pala sul piano identificato da due direttrici:
la direzione dell’asse di rotazione e la direzione del flusso ideale generato
dall’avanzo della nave. Su questo piano, in genere verticale e coincidente
con il piano diametrale della nave, si identifica la forma del timone, ossia la
forma della sua superficie idrodinamica proiettata, e si definiscono:
· l’area del timone AR [m2] (profile area) è l’area della superficie
proiettata, racchiusa dal profilo tracciato sul piano di proiezione e
scomposto in tratti come di seguito specificato;
· il bordo di ingresso (leading edge) e il bordo di uscita (trailing edge)
sono i due tratti del profilo orientati rispettivamente dalla parte di
ingresso e da quella di uscita del flusso;
· il bordo alla radice (root, r) e il bordo all’apice (tip, t) sono i due
spigoli della pala rispettivamente vicino allo scafo e all’estremità
opposta. Trattandosi di superfici di controllo a sviluppo verticale, si
parla usualmente di spigolo superiore e spigolo inferiore.
perciò, la generica lunghezza misurata sul piano di proiezione nella direzione
del flusso, dallo spigolo di ingresso a quello di uscita, è detta corda (chord) –
indicata con c [m] –, mentre quella misurata sullo stesso piano ma nella
direzione ortogonale al flusso, dal bordo inferiore a quello superiore, è detta
campata b [m] (span), quest’ultima è comunemente detta anche “altezza”.
Per quanto riguarda gli spessori della pala, si fa riferimento al profilo
idrodinamico che viene definito, sulla generica corda, da un sezionamento
ortogonale al piano di proiezione e parallelo al flusso indisturbato.
I valori di corda, campata e spessore possono essere valutati diverse su
sezioni della pala, ma assumono particolare importanza quelli definiti nel
modo seguente:
· la corda cr [m] e la corda ct [m] misurate rispettivamente alla radice e
all’apice, eventualmente con riferimento alle linee orizzontali di
compenso dell’area quando gli spigoli della pala sono inclinati o curvi.
· la campata media bm [m] misurata come distanza fra la corda alla radice
e quella all’apice, e la corda media cm [m] misurata a metà della
campata bm; sulla base di questi parametri, quando la legge di
variazione della corda è di tipo lineare, l’area del timone può essere
espressa tramite il prodotto bm cm.
· lo spessore tM [m] valutato come spessore massimo in corrispondenza
della corda media.
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L’apparato di governo e manovra
Un’altra caratteristica significativa dal punto di vista idrodinamico è
l’angolo di abbattimento medio L (sweepback angle), detto anche angolo di
freccia, corrispondente all’angolo medio di inclinazione, misurato rispetto
alla direzione della campata, della curva formata dai punti posti a 0,25 c dal
bordo d’ingresso. Si osservi che anche l’asse di rotazione può essere
inclinato rispetto alla direzione della campata.
Sulla base delle grandezze fin qui definite si introducono alcuni rapporti
adimensionali classici che, oltre a facilitare l’approccio allo studio delle
caratteristiche idrodinamiche della pala per confronto fra diverse soluzioni,
permettono di tenere sotto controllo le dimensioni principali entro campi di
usuale impiego e sperimentata efficienza. Si sottolinea a riguardo
l’importanza dei seguenti rapporti tra le dimensioni principali del timone:
· l’allungamento geometrico lG della pala (geometric aspect ratio), pari
al rapporto tra bm e cm; assieme all’area della pala AR costituisce uno dei
parametri principali iniziali del progetto del timone. La conoscenza
della coppia (AT, lG) permette infatti di fissare i valori di bm e cm: per
esempio cm può essere calcolato come (AR / lG)1/2 e conseguentemente
bm come rapporto AR / cm.
· il rapporto tra lo spessore tM e la corda mediana cm (thickness chord
ratio), che usualmente si mantiene costante lungo la campata per
ottenere superfici a generatrici rettilinee.
· il rapporto di rastremazione, definito come il rapporto tra la lunghezza
della corda all’apice e quella della corda alla radice (taper ratio).
· il grado di compenso, pari al rapporto tra l’area della pala a proravia
dell’asse di rotazione (ARF [m2]) e l’area totale del timone.
RAPPORTI ADIMENSIONALI DEL TIMONE
allungamento geometrico lG = bm / cm
thickness chord ratio tM / cm
rapporto di rastremazione ct / cr
grado di compenso ARF / AR
TABELLA 3.2.A
VALORI TIPICI
1,5 ¸ 2,5
0,06 ¸ 0,25
0,5 ¸ 1,0
0 ¸ 0.25
Rapporti adimensionali tipici per timoni convenzionali.
Le grandezze ed i rapporti sopra definiti trovano applicazione sia sulle
pale simmetriche, aventi cioè simmetria rispetto al piano di proiezione, sia su
quelle asimmetriche. In Tab.3.2.A si forniscono, a titolo di esempio, i valori
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Corso di Allestimento Navale
indicativi dei rapporti adimensionali tipici di un timone verticale
convenzionale, validi sia per piccole imbarcazioni, sia per navi mercantili e
militari.
3.3 – Lo studio della pala isolata
Le forze idrodinamiche che maturano sulle superfici passive di controllo
sono il frutto dell’interazione con il flusso d’acqua che le investe, ed il loro
studio può essere condotto richiamando concetti generali, applicabili ad ogni
corpo esposto al flusso di un fluido reale non omogeneo. Affinché tale
approccio risulti utile ad illustrare la risposta della generica superficie
idrodinamica, è però conveniente analizzare per prime le condizioni generali
di funzionamento di un corpo isolato immerso in flusso omogeneo, e solo
successivamente le particolarità legate al flusso non omogeneo nella volta di
poppa.
In generale, un corpo immerso in un fluido e dotato di moto relativo
rispetto ad esso sperimenta sulla sua superficie degli sforzi, sia normali sia
tangenziali, che possono essere ridotti ad un sistema equivalente costituito da
una forza risultante agente lungo una determinata retta d’azione.
L’orientazione ed il valore in modulo dipendono sia dalle caratteristiche del
fluido e del corpo, sia dalla velocità relativa tra fluido e corpo, in ogni caso
si definisce portanza L [N] (lift) la componente della forza totale nella
direzione normale al flusso e resistenza D [N] (drag) la sua componente
nella direzione e nel verso del flusso. Le forze scambiate dipendono
fortemente dalla direzione del flusso rispetto alla superficie, ossia
dall’angolo formato tra la corda del suo profilo e la direzione del flusso
(angolo di attacco).
Innanzitutto è necessario osservare che i due tipi di forza generati da un
corpo in movimento in un fluido non sono sempre presenti
contemporaneamente: infatti, mentre la resistenza all’avanzamento è sempre
presente, e può considerarsi come una forza di base, ed in genere parassita,
la portanza, la cosiddetta componente nobile, non sempre si manifesta. Per
generarla, almeno in modo efficace, si richiede una classe speciale di corpi
disegnati e utilizzati in maniera opportuna. In realtà tale componente non
può esistere senza la prima, e più che di forze di natura diversa è più
opportuno pensare a un diverso equilibrio delle componenti. Per questi
motivi, le superfici di controllo della nave sono dei corpi relativamente
sottili e affusolati che hanno una forma e un profilo ottimizzati proprio per
generare un’elevata portanza tenendo sotto controllo l’insorgere della
resistenza, da qui il nome di superfici idrodinamiche.
La forza idrodinamica totale è il risultato di complessi fenomeni
d’interazione fra il corpo ed il fluido (incompressibile), che possono essere
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messi in luce considerando le due diverse condizioni di flusso ideale (non
viscoso) e flusso reale (viscoso).
Procedendo secondo questo schema si consideri inizialmente un corpo
isolato immerso in un fluido non viscoso e sottoposto ad un flusso omogeneo
e stazionario. Dal momento che non possono nascere forze viscose, non vi è
attrito sulla superficie e gli sforzi che maturano sul corpo hanno sola
componente normale a detta superficie. Per effetto dell’azione combinata
della velocità v [m/s] e dell’angolo di attacco a [°] si induce una circolazione
della velocità attorno alla pala determinando una depressione sulla superficie
del corpo non esposta al flusso (dorso) e una pressione sulla superficie del
corpo esposta al flusso (ventre):
· l’integrale degli sforzi di pressione nella direzione ortogonale al flusso
rappresenta la forza di portanza L;
· l’integrale degli sforzi di pressione nella direzione parallela al flusso
rappresenta la forza di resistenza D che, nel caso di fluido ideale,
risulta nulla: questa situazione esprime proprio il noto paradosso di
D’Alambert, per il quale un corpo sferico immerso in flusso omogeneo
ideale non subisce alcuna forza da parte del fluido.
In realtà poiché il fluido è sempre viscoso, sulla superficie del corpo si
generano sia sforzi tangenziali, sia di pressione. I primi sono all’origine di
una resistenza d’attrito. I secondi, oltre ad essere all’origine della portanza,
forniscono ora anche una risultante netta nella direzione del flusso, detta
resistenza di pressione di origine viscosa, che consta di due contributi
diversi:
· la resistenza di forma, o di scia, legata all’area della sezione trasversale
del corpo, ossia al tipo di profilo, e causata dalla formazione di vortici
nella zona poppiera del corpo (distacco dello strato limite): ciò
comporta il mancato recupero delle pressioni al bordo di uscita della
superficie idrodinamica;
· la resistenza indotta, quest’ultima ha origine dal fatto che la pala non
ha allungamento infinito e quindi, per effetto della sua particolare
fisionomia, mette in contatto alle estremità della campata le due zone
caratterizzate da pressioni diverse, comportando una minore differenza
di pressione fra dorso e ventre e causando quindi una corrente indotta
nella direzione della campata (il flusso da bidimensionale diventa
perciò tridimensionale). Questa corrente indotta si combina con quella
del flusso di base che lambisce la pala e determina la formazione di una
scia vorticosa nella quale si disperde energia: a questa energia è
associato l’aumento delle perdite.
La nascita della corrente indotta ha un effetto deleterio sulla portanza, infatti
quest’ultima subisce una riduzione che si spiega proprio con la minore
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differenza di pressione che si viene ad avere per effetto del contatto fra i due
campi del dorso e del ventre della pala.
L’effetto indotto dalla dimensione finita della campata non si manifesta
quando il flusso possiede alcune caratteristiche di omogeneità e il corpo
immerso ha uno sviluppo costante con allungamento molto elevato. In queste
condizioni si può ritenere che il flusso sia bidimensionale, ovvero che le
forze idrodinamiche vengano scambiate tra fluido e profilo alare in un
contesto in cui i vettori della velocità e della forza hanno caratteristiche
invariate nella direzione perpendicolare al flusso e appartengono tutti a piani
paralleli. Si vedrà più avanti che il modello di campo bidimensionale viene
mantenuto, sebbene con opportune correzioni, anche in presenza di corrente
indotta.
3.4 – L’effetto della carena
Le situazioni fin qui descritte fanno riferimento a flussi omogenei, mentre
nella pratica le superfici di controllo sono poste in vicinanza alla carena e
all’elica, ed entrambe sono fonti di forti modifiche del flusso.
Per quanto riguarda la presenza della carena, due sono i motivi della
variazione del campo di velocità che viene ad incontrare il timone posto
nella volta di poppa, infatti:
· la carena genera una scia che investe il timone determinando sulla pala
un flusso a velocità inferiore rispetto a quella di avanzo della nave.
· la volta di poppa costituisce uno sbarramento all’innesco di un flusso
indotto verso l’estremità superiore della pala e quindi limita le perdite
legate alla formazione dei vortici alla radice.
Per effetto della presenza della carena a proravia del timone le forze
sulla pala si modificano (in particolare la portanza si riduce) e per tenere
conto di questo fenomeno si valuta la velocità media effettiva sul timone.
Essa corrisponde alla velocità vA [m/s], ottenuta riducendo la velocità di
avanzo della nave V di una quantità pari alla velocità di scia, espressa come
frazione della velocità nave dalla relazione w V, dove w [-] è la cosiddetta
frazione di scia che assume indicativamente i seguenti valori. In base a
queste considerazioni la velocità vA risulta pari alla velocità relativa della
nave (e del timone) rispetto alla scia, ovvero:
vA = V (1–w)
[m/s]
(3.4.A)
ove per navi bielica vale generalmente w < 0,2 mentre per navi monoelica
0,3 < w < 0,5 (w µ cB).
La frazione di scia dovrebbe essere corretta per tenere conto della
posizione del timone, si introduce così la frazione di scia al timone wR [-] che
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dipende essenzialmente dalla posizione del timone e dalla configurazione
della poppa della nave (si veda la Tab.3.4.A).
CONFIGURAZIONE
wR [-]
nave monoelica con un timone al
centro (0,5 £ cB £ 0,8)
0,5981 – 1,92cB + 1,931cB2
nave monoelica con un timone al poppa a “V”
0,30 + 3,6 (cB – 0,8)
centro o nave bielica con due
timoni posti a non più di 0,1 B dal poppa ad “U” 0,35 + 2,0 (cB – 0,8)
diametrale (cB ³ 0,8)
poppa a bulbo 0,48 + 2,0 (cB – 0,8)
nave bielica con due timoni posti
a più di 0,1 B dal diametrale
TABELLA 3.4.A
w
Frazione di scia al timone per varie configurazioni.
Inoltre, il campo di pressioni che matura sul timone durante la
generazione di una forza attiva di evoluzione crea una modifica del campo di
pressioni sulla carena: si ha così un campo di velocità asimmetrico che va a
favorire la rotazione della nave. In sostanza si manifesta l’interazione fra
pala e carena, palesando l’esistenza di un unico corpo idrodinamico, tanto
più evidente quando il timone è posto a continuazione di un prolungato skeg.
Ciò indica che, se si crea una continuità fra timone e carena, si ottiene una
maggiore efficacia del timone. Di questo effetto si deve perciò tenere conto
quando si dimensiona il timone della nave.
Per effetto della presenza della volta di poppa la pala si comporta, ai fini
della generazione della portanza, come se fosse più lunga. Nel calcolo delle
forze si associa ad essa un allungamento effettivo l superiore rispetto a
quello geometrico lG e corrispondente all’allungamento geometrico della
pala isolata che, con lo stesso profilo, produce la stessa portanza.
Nel caso ideale di superficie idrodinamica aderente a una delle estremità
ad una superficie piana perfettamente liscia, si manifesta il cosiddetto
“effetto specchio”, che consiste in un allungamento virtuale della pala pari a
2lG. Anche la carena può agire da specchio, ma non riesce nella realtà creare
un allungamento effettivo doppio di quello geometrico, sia per la distanza
del timone dalla carena, sia per la forma della volta di poppa. Inoltre, solo se
la volta di poppa è piatta il timone subisce lo stesso effetto a tutti gli angoli
di barra, altrimenti all’aumentare dell’angolo di barra la radice del timone si
allontana dalla carena e l’effetto specchio diminuisce.
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L’allungamento effettivo, almeno ai bassi angoli di barra, può essere
strettamente correlato alle dimensioni reciproche fra campata b e distanza d
dallo scafo. Si veda a riguardo la Tab.3.4.B, dove si prende in
considerazione anche il caso in cui fra la pala e il fasciame della volta di
poppa sia interposta un’appendice fissa (counter fin) per ridurre la distanza
fra radice della pala e poppa. Si osservi che in genere, sulle navi mercantili,
la distanza dalla volta di poppa è al massimo di qualche decina di centimetri,
e quindi l’effetto è piuttosto ridotto – tale distanza non scende al di sotto di
5,0 cm per evitare il blocco del timone nel caso di formazione di ghiaccio.
l / lG
CONFIGURAZIONE
SISTEMAZIONE
timone molto vicino al corpo
superiore
(d » 0,05 m, d / b » 0,01)
timone lontano dal corpo
superiore
(d > 0,15 m, d / b » 0,05)
TABELLA 3.4.B
CORPO
SUPERIORE
lG = 1,50
lG = 3,00
poppa piana
1,75
1,50
counter fin
1,65
1,45
volta di poppa
1,50
1,35
volta di poppa
1,30
1,20
Allungamenti virtuali della pala.
Un altro importante effetto è quello della presenza della superficie
libera. Le variazioni dinamiche di pressione si possono infatti scaricare sulla
superficie libera soprastante formando un’onda di superficie, e ciò si traduce
in una riduzione delle forze generate dalla pala.
Al limite, quando il timone è molto caricato e vicino alla superficie, si
può anche verificare il fenomeno della ventilazione, con richiamo di bolle
d’aria sul dorso della pala in depressione. La presenza della volta di poppa
produce una riduzione dell’effetto di superficie libera, tale fenomeno si può
ritenere trascurabile quando la pala presenta lo spigolo di radice ad
un’immersione pari ad almeno 0,4 bm.
3.5 – L’effetto dell’elica
Per quanto riguarda gli effetti dell’elica propulsatrice, va osservato che nel
complesso si tratta di azioni che comportano benefici sia alla manovra, sia
all’avanzo:
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L’apparato di governo e manovra
· per quanto riguarda la manovra, l’efficienza del timone è accresciuta
dalla presenza della scia dell’elica, che non si limita a ridurre l’effetto
di scia di carena, ma anzi determina velocità medie sulla pala superiori
a quelle di avanzo della nave (sul timone possono maturare forze
raddoppiate). Inoltre, si ha il vantaggio di poter sfruttare il timone
anche a nave praticamente ferma, creando un flusso netto tramite
l’elica;
· per quanto riguarda l’avanzo, la presenza del timone fa aumentare
l’efficienza propulsiva grazie al recupero dell’energia associata al moto
rotatorio del flusso uscente dall’elica.
perciò il timone, quando possibile, viene posto nella scia dell’elica.
La presenza dell’elica crea infatti una variazione del flusso introducendo
un aumento della velocità media sulla pala nella direzione longitudinale, ma
causa anche forti disomogeneità e turbolenze. A ciò va aggiunto che la
componente trasversale parassita della velocità del flusso dell’elica produce
una piccola variazione dell’angolo di attacco medio sulla pala – valutabile in
circa 1° – e localmente variazioni quantificabile anche in 10º¸15º, con versi
opposti sulla parte superiore e su quella inferiore rispetto al mozzo dell’elica,
(la distribuzione delle pressioni lungo la campata assume un andamento
sinusoidale). Dall’azione dell’elica consegue quindi all’aumento della
portanza associato ad un aumento della resistenza e della tendenza allo
stallo, almeno per la parte del timone entro la scia dell’elica.
Complessivamente, sommando l’azione dell’elica a quella della carena,
l’effetto più importante che si manifesta sulla pala del timone è la variazione
netta della velocità media nella direzione di avanzo. Questo effetto può
essere calcolato con la procedura (di seguito descritta) che consiste nel
valutare un flusso omogeneo equivalente, ottenuto modificando la velocità
del flusso indisturbato, generato dall’avanzo della nave, con fattori legati sia
al funzionamento dell’elica sia alle caratteristiche di carena. Se poi il timone
non si trova completamente nella scia dell’elica, si calcola una velocità
media, pesata sulle frazioni di area della pala esposte o meno all’elica. In
questo modo si trascurano le fluttuazioni di velocità lungo la campata, che
non danno un significativo contributo netto sulle forze complessive, e si
riconduce lo studio della pala al modello di corpo isolato in flusso
omogeneo, in armonia con quanto fatto quando si è definito il concetto di
allungamento effettivo.
Esistono comunque procedure semplificate che consistono nel trascurare
gli effetti antagonisti della carena e dell’elica: secondo tale approccio lo
studio del timone viene impostato in un flusso di velocità pari a quella della
nave. Esistono infatti vecchi studi condotti su navi monoelica e timone nella
scia dell’elica (carene con cB = 0,78 e V /L1/2 compreso fra 0,72 e 1,10), i
quali mostrano che, agli alti angoli di barra, le variazioni percentuali della
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forza sulla pala e del momento evolutivo sulla nave sono piuttosto contenuti:
l’effetto combinato di scia ed elica comporta una riduzione delle forze fino
ad un massimo del 20% ed una variazione del momento evolutivo da –10% a
+15%, giustificando parzialmente l’uso del metodo semplificato. Analoghi
studi condotti su navi bielica e timone centrale mostrano invece riduzioni
variabili dal 30% al 60% sia delle forze, sia del momento evolutivo.
Per quanto riguarda il calcolo della velocità media sulla pala posta nella
scia dell’elica, si fa qui riferimento alla studio dell’elica propulsatrice
sviluppato in seno alla teoria della quantità di moto. Si definisce perciò dvA
[m/s] l’incremento totale di velocità impresso sull’acqua dall’elica immersa
nella scia di carena, e si calcola poi come kmdvA l’incremento parziale di
velocità che si realizza ad una certa distanza alle spalle del disco dell’elica,
km rappresenta infatti il coefficiente correttivo per tenere conto della
posizione della pala a valle del disco dell’elica. Tale coefficiente viene
espresso in funzione del rapporto l / De dove l [m] è la distanza longitudinale
fra l’asse di rotazione della pala ed il disco dell’elica e De [m] è il diametro
dell’elica. Si ha perciò complessivamente sulla pala del timone la velocità vR
= vA + kmdvA [m/s]. I valori del fattore km sono calcolabili con le seguenti
formule:
· per 0 £ l /De £ 0,25 vale:
km = 0,50 + 2,04 l /De – 3,52 (l /De)2
[-]
(3.5.A)
[-]
(3.5.B)
· per 0,25 £ l /De £ 1,0 vale:
km = 0,79 + 0,45 (l /De – 0,25) – 0,30 (l /De – 0,25)2
Secondo la teoria della quantità di moto, con riferimento al coefficiente
di spinta CT [-] – definito come CT = T / (½ vA2ρAO), dove T [N] è la spinta
dell’elica ed AO [m2] è l’area del disco dell’elica –, si valuta l’incremento di
velocità dvA = vA [(CT + 1)1/2 – 1]. Da ciò consegue che sulla pala nella scia
dell’elica si ha una velocità pari a
vR = vA{1 + km[(CT + 1)1/2 – 1]}
[m/s]
(3.5.C)
mentre sulla parte di timone esterna al tubo di flusso dell’elica vale
semplicemente vR = vA. L’aumento della portanza nella scia dell’elica è più
accentuato se il timone si estende oltre il tubo di flusso dell’elica, sia verso
l’alto sia verso il basso (a tale proposito va tenuto conto della contrazione
della scia).
Un altro fenomeno importante nel funzionamento del timone è quello
legato alla cavitazione. Infatti, quando localmente la pressione assoluta
scende al di sotto della tensione di vapore dell’acqua si formano bolle di
vapore. Si rammenta a riguardo che nelle condizioni standard (temperatura
di 15°C), la tensione di vapore dell’acqua di mare pV è di 1962 Pa, pari a
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circa il 2% della pressione atmosferica (patm = 101367 Pa), e varia in
funzione della temperatura assumendo valori di ±1% rispetto alla pressione
atmosferica.
Queste bolle si formano nelle zone in cui si manifesta una depressione
dinamica e vengono trasportate poi in zone dove la pressione è maggiore,
dove possono implodere. L’implosione genera microscopici getti d’acqua ad
alta velocità che possono colpire la pala, causando l’erosione della superficie
della pala stessa (erosione che viene poi amplificata dalla corrosione) e
vibrazioni che possono essere trasmesse allo scafo. Esistono diverse
modalità di sviluppo della cavitazione sul timone:
· la cavitazione a bolle sul dorso della pala - è legata alle modalità di
funzionamento del profilo idrodinamico, ossia alla creazione della zona
di depressione dinamica (pressioni assolute negative). Essa causa, oltre
ad erosione, anche una modifica dell’intero campo di pressioni poiché
viene favorito il distacco dello strato limite sul dorso della pala: come
conseguenza si riduce la portanza complessiva e aumenta la resistenza.
· la cavitazione associata alle scie vorticali - si verifica poiché nel cuore
del vortice, dove il campo di velocità è in condizione di massimo, si
possono creare forti depressioni dinamiche e quindi veri e propri “tubi
di cavitazione”. La formazione di vortici si verifica nelle zone di
discontinuità della pala, soprattutto alle estremità del bordo inferiore e
tra la pala e gli elementi fissi di sostegno, oppure trae origine dalle
estremità delle pale dell’elica e dal mozzo della stessa.
L’analisi della propensione alla cavitazione viene fatta solamente sui
timoni che risultano particolarmente caricati sia per le condizioni di
funzionamento, sia per la forma della distribuzione di pressione tipica del
profilo utilizzato. Tale valutazione viene fatta analizzando la depressione che
nasce sul dorso della pala, esistono infatti utili diagrammi che, in funzione
del tipo di profilo e del carico che si realizza sulla generica corda (portanza
locale), forniscono il valore della depressione idrodinamica estrema che si
realizza sulla pala. Questa deve poi essere sommata algebricamente al
battente statico, comprensivo della pressione atmosferica, e confrontata con
la tensione di vapore dell’acqua di mare alla massima temperatura di
esercizio. In virtù delle approssimazioni nel calcolo del flusso indotto
localmente dall’elica, la pressione assoluta su ogni punto della pala deve
risultare ben al di sopra dello zero affinché non si verifichi cavitazione.
L’insorgere della cavitazione sui timoni è favorito da alti valori di
velocità d’avanzo della nave e di carico dell’elica. Le situazioni più critiche
sono quelle in cui questo fenomeno si manifesta anche per piccoli angoli di
barra del timone: è il caso delle navi che hanno una velocità di crociera
superiore a 22 nodi e timone nella scia di un’elica avente una potenza
specifica superiore a 700 kW/m2. Sulle navi che hanno velocità di crociera
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più basse ma superiori a 10 nodi la cavitazione si verifica solamente ad
elevati angoli di barra del timone, e quindi non interessa gli angoli di
normale utilizzo per la correzione della rotta (circa ± 5°).
Per quanto riguarda infine la cavitazione associata alle scie vorticali
proprie del timone, si può ridurre solo con un buon progetto dei particolari
costruttivi della pala adottando estremità di pala arrotondate. In alternativa si
devono usare per la costruzione del mantello materiali che rispetto
all’acciaio dolce siano più resistenti all’erosione (acciai austenitici o alcuni
tipi di bronzo), infatti i rivestimenti con vernici non risultano
sufficientemente protettivi.
3.6 – Le forze sulla pala
La risultante degli sforzi tangenziali e normali trasmessi alla pala immersa
nel flusso reale appena descritto è la forza F [N] che agisce su una retta
d’azione essenzialmente contenuta nel piano del profilo, ha infatti
componenti di portanza L e di resistenza D ma è trascurabile la componente
nella direzione della campata. L’angolo di abbattimento della forza F
misurato rispetto alla normale alla corda viene indicato con j [°] e l’efficacia
idrodinamica della pala, detta anche rendimento, è definita come rapporto
L/D e risulta inversamente proporzionale al valore dell’angolo di
abbattimento.
La retta d’azione della forza F interseca il piano diametrale in un punto
detto centro di pressione ed indicato con la sigla CP, in esso si considera
applicato il vettore della forza. Le coordinate del centro di pressione,
misurate lungo le direzioni della corda e della campata, sono fornite rispetto
al bordo di attacco (distanza CPC) e rispetto allo spigolo superiore (distanza
CPS).
Di pratico interesse sono anche le due componenti orizzontali della
forza F calcolate nella direzione del piano diametrale della pala, la forza
assiale FA [N], e nella direzione ad essa ortogonale, la forza normale FN [N],
facilmente calcolabili in funzione di L e D, infatti valgono le relazioni
FA = (D cosa – L sina)
[N]
(3.6.A)
FN = (D sina + L cosa)
[N]
(3.6.B)
che permettono una immediata valutazione delle forze scaricate sull’asta del
timone.
Il momento torcente Q [Nm] generato sul timone dalla forza
idrodinamica si può calcolare una volta che è nota la distanza tra il centro di
pressione e l’asse di rotazione della pala. Indicando con d la distanza,
misurata all’altezza di CP, tra il bordo d’ingresso e l’asse del timone, il
50
L’apparato di governo e manovra
braccio con cui lavora la forza attiva FN vale (d – CPC), cosicché il momento
torcente sull’asta risulta fornito dalla relazione:
Q = FN (d – CPC)
[Nm]
(3.6.C)
Per definizione il momento torcente generato dal flusso è quindi
negativo se il centro di pressione si trova a poppavia dell’asse di rotazione. È
questo il caso di timone stabile, così definito perché, a riposo al centro, è in
condizione di equilibrio stabile, infatti se spostato da una causa perturbativa,
al cessare della causa torna nella posizione iniziale. Di conseguenza, in
questo caso, risulta positivo il momento che deve essere generato
all’equilibrio dal macchinario di agghiaccio.
Il centro di pressione non è in genere fisso al variare dell’angolo di
barra, ma tende a spostarsi verso poppavia con l’aumentare dell’angolo di
barra del timone, o meglio con l’aumentare dell’angolo di attacco. Di
conseguenza, si può verificare la situazione di timone inizialmente instabile
se l’asse di rotazione si trova leggermente a proravia del centro di pressione
ai piccoli angoli di barra, ma si sposta poi a poppavia per angoli maggiori.
Tale situazione favorisce la movimentazione agli angoli tipici del controllo
di rotta (operazione per la quale il timone è fortemente utilizzato), per i quali
al macchinario è richiesto un momento minore rispetto al caso di timone
stabile, ma può creare problemi di usura e di affaticamento ai macchinari
stessi ed alle strutture portanti. La timoneria risulta infatti sempre sotto
carico ed è costretta a generare momenti di equilibrio alternati poiché il
momento antagonista è così piccolo che può cambiare orientazione per
azione di forze accidentali.
Allo scopo di ridurre lo sforzo di torsione richiesto al macchinario, ma
con l’obiettivo di avere un timone stabile, si fa in modo che il centro di
pressione si trovi il più vicino possibile all’asse di rotazione, almeno ai
piccoli angoli, ma sempre a poppavia di quest’ultimo. Tale bilanciamento si
ottiene fissando il valore del grado di compenso della pala.
Le forze idrodinamiche fin qui introdotte vengono usualmente
adimensionalizzate per facilitare il confronto fra le prestazioni di timoni che
hanno forme e dimensioni diverse. Tale confronto è possibile solo se si
conosce la legge di similitudine che regola il fenomeno, che verrà qui di
seguito illustrata.
3.7 – I coefficienti idrodinamici
Le quantità dimensionali significative che compaiono nel fenomeno della
generazione della forza idrodinamica F sulla superficie di controllo, isolata e
immersa in un flusso stazionario omogeneo di fluido reale, sono:
51
Corso di Allestimento Navale
· caratteristiche della pala – l’area della superficie idrodinamica AR
[m2], la forma della superficie, che può essere individuata da una serie
di N parametri geometrici, qui indicati genericamente come s1, ..., sN
[m], ed la forma del profilo idrodinamico, espresso analogamente a
quanto sopra da una serie di M parametri geometrici, qui indicati
genericamente come sN+1, ..., sN+M [m];
· caratteristiche del fluido – la massa volumica r [kg m-3] e la viscosità
dinamica m [kg m-1 s-1];
· caratteristiche del flusso sulla pala – la velocità media vR [m s-1] e
l’angolo di attacco a [rad].
e conseguentemente la valutazione della legge di similitudine relativa alla
generazione della forza F sulla pala può essere effettuata applicando il
Teorema di Vaschy alla funzione omogenea che rappresenta il fenomeno
fisico in termini esatti:
y [F, AR, (s1, ..., sN+M), r, m, vR, a] = 0
[-]
(3.7.A)
Va osservato che in tali indagini è usuale trascurare l’effetto della
viscosità dinamica m del fluido, sebbene al prezzo di introdurre un effetto di
scala, perciò la funzione si riscrive come:
y [F, AR, (s1, ..., sN+M), r, vR, a] = 0
[-]
(3.7.B)
Si osservi poi che se si vuole analizzare il comportamento di superfici
idrodinamiche di forma nota, e costituite da profili ben definiti, sotto
l’azione di un flusso a diversi angoli di attacco, allora le M+N grandezze
fisiche s1,..., sN+M e l’angolo a potranno essere considerati, volta per volta,
come parametri prefissati dell’indagine ed assumeranno valori costanti. In
altre parole, eliminando le variabili appena indicate si può studiare il
fenomeno fisico in maniera esatta esclusivamente sotto l’effetto delle
quantità rimanenti [F, AR, r, m, vR]. Ciò consentirà ad esempio di trattare la
similitudine geometrica di una pala dalle caratteristiche prefissate, oppure di
confrontare pale che hanno forme diverse, ma sempre a parità di angolo di
attacco del flusso.
Nell’ipotesi di trascurare l’effetto della viscosità e di considerare le
grandezze [(s1,..., sN+M), a] come parametri dell’indagine fissati a priori, la
legge di similitudine si riscrive nella forma ridotta:
y [F, AR, r, vR] = 0
[-]
(3.7.C)
Dallo sviluppo dell’analisi dimensionale delle grandezze fisiche,
essendo 3 le grandezze fondamentali coinvolte e 4 le quantità dimensionali
caratterizzanti il fenomeno, si può ottenere una relazione esplicita fra tali
quantità, ed in particolare si può scrivere la relazione:
52
L’apparato di governo e manovra
F = k AR r vR2
[N]
(3.7.D)
in cui la funzione adimensionale di proporzionalità k dipende dalle
grandezze utilizzate come parametro, ossia dall’angolo di attacco e dalla
forma della superficie e del profilo della pala, in altre parole si può scrivere
che k = k[(s1,..., sN+M), a].
Usualmente, nell’espressione della forza idrodinamica F viene
introdotto il fattore 0,5 in modo che il prodotto (½ r vR2) corrisponda alla
pressione dinamica q [Pa] nel punto di ristagno che si crea sul bordo di
attacco del profilo. Di conseguenza, nell’espressione di F, la funzione di
proporzionalità si modifica e viene indicata, per ogni pala di forme note, con
c(a) per mettere in evidenza la dipendenza dall’angolo di attacco. In
conclusione, per una pala di forme note, la similitudine che si instaura, nel
calcolo delle forze idrodinamiche, è espressa dalla relazione:
F = c(a) q AR
[N]
(3.7.E)
La legge di similitudine appena introdotta consente di effettuare le
seguenti operazioni:
· ricavare la forza idrodinamica F di una pala di forma e profilo noti
partendo dalla conoscenza della funzione di proporzionalità c(a)
ottenuta per un qualsiasi valore delle grandezze r, vR ed AR.
D’altro lato, se per una pala di forma e profilo fissati la funzione c(a) è
stata misurata sperimentalmente, ossia sono noti i valori del cosiddetto
coefficiente idrodinamico c al variare dell’angolo di attacco a, è nota
anche la forza idrodinamica F che su di essa matura.
In base a quanto finora detto, c può essere determinato con prove in
scala, perché è indipendente dalle dimensioni assolute del timone;
inoltre le prove possono essere condotte a qualsiasi velocità ed in
qualsiasi fluido. In realtà la viscosità, anche per valori bassi (l’acqua e
l’aria sono fluidi poco viscosi), ha una sua importanza nel fenomeno di
generazione delle forze idrodinamiche.
· confrontare le forze prodotte da soluzioni diverse, in quanto a forma
della pala e del profilo, semplicemente confrontando i coefficienti c(a),
ovviamente nell’ipotesi che le pale aventi la stessa area AR lavorino
nello stesso fluido.
É comunque da intendersi che tali operazioni di similitudine devono essere
eseguite a parità di condizioni del flusso, vale a dire con riferimento al flusso
omogeneo. Le correzioni per conteggiare gli effetti della carena e dell’elica
devono essere effettuate successivamente. Infatti, i coefficienti delle forze
idrodinamiche effettive (condizioni di funzionamento reali nella volta di
poppa) vengono usualmente dedotti con procedimenti semi–empirici dai
valori ottenuti su pale isolate (condizioni di funzionamento ideali)
53
Corso di Allestimento Navale
I più comuni coefficienti idrodinamici correlati al funzionamento del
timone (si veda la Tab.3.7.A) sono quelli relativi alla portanza cL, alla
resistenza cD ed alla forza normale cN, quest’ultimo esprimibile anche in
funzione dei due precedenti. Un altro coefficiente molto usato è quello
relativo al momento torcente sull’asta del timone cQ, per il quale il
coefficiente di adimensionalizzazione è rappresentato da [q AT cm]; definizioni
alternative per il coefficiente adimensionale relativo al momento torcente
sono quelle che considerano il momento generato rispetto a direzioni
parallele all’asse di rotazione, ma corrispondenti al bordo di attacco del
flusso, oppure alla retta per cm / 4, forse più utili in una fase preliminare del
progetto quando non è nota con precisione la posizione dell’asse di
rotazione.
COEFFICIENTE IDRODINAMICO
DEFINIZIONE
coefficiente di portanza cL
L / qAT
coefficiente di resistenza cD
D / qAT
coefficiente della forza totale cF
coefficiente della forza normale cN
F / qAR
[cF = (cD2 + cL2)1/2]
FN / qAR
[cN = cD sina + cL cosa]
FN (d – CPC) / qAR cm
coefficiente del momento torcente cQ
FN CPC / qAR cm
FN (cm / 4 – CPC) / qAR cm
TABELLA 3.7.A
Coefficienti idrodinamici di pala.
I coefficienti relativi alle forze di portanza e di resistenza sono calcolati
e diagrammati in funzione dell’angolo di attacco e mostrano andamenti
tipici:
· la curva relativa al coefficiente di portanza ha inizio dallo zero, ha
andamento quasi lineare per bassi angoli per poi giungere ad un
massimo seguito da una più o meno brusca caduta, l’angolo per il quale
si verifica tale valore massimo viene indicato come angolo di stallo;
· la curva relativa alla resistenza parte da un valore diverso da zero (cD0)
ed è monotona crescente.
54
L’apparato di governo e manovra
Anche il rapporto L /D tra la portanza e la resistenza, che definisce il
rendimento della pala, viene spesso diagrammato assieme ai coefficienti
idrodinamici.
Spesso, in luogo del coefficiente idrodinamico cQ caratterizzante il
momento torcente, viene diagrammato il rapporto adimensionale CPC /cm che
permette di valutare il braccio, rispetto all’asse di rotazione, con cui lavora la
forza FN, consentendo quindi di risalire al momento torcente Q. Meno
frequentemente è disponibile il rapporto adimensionale CPS /bm che permette
di valutare la distribuzione del carico idrodinamico lungo la campata.
In luogo dei grafici vengono talvolta forniti i valori dei coefficienti
idrodinamici cL e cD e del rapporto CPC /cm calcolati agli angoli di attacco di
10°, 20° e all’angolo di stallo, corredati dalla pendenza di cL all’origine e dal
valore iniziale di cD.
E’ utile ricordare che le grandezze standard relative alle caratteristiche
fisiche dell’acqua dolce e di mare e dell’aria sono fissate da uno standard
ITTC. Per applicazioni pratiche, le caratteristiche fisiche dell’acqua possono
essere considerate costanti, ovvero indipendenti dalla temperatura e dalla
pressione; in Tab.3.7.B sono riportate le grandezze fisiche d’uso più
frequente riferite alla temperatura standard di 15 °C.
FLUIDO
acqua dolce
(T = 15°C)
GRANDEZZA E VALORE
massa volumica
r
tensione di vapore pV
viscosità cinematica n
massa volumica
r
acqua di mare
(T = 15°C, salinità 3,5%) viscosità cinematica n
aria secca
(T = 15°C,
patm = 101367 Pa)
TABELLA 3.7.B
massa volumica
r
viscosità cinematica n
3
» 1000 kg/m
2
1,14×10-6 m /s
1962 Pa
1026 kg/m3
1,19×10-6 m2/s
1226 kg/m3
1,45×10-5 m2/s
Grandezze fisiche d’uso più frequente.
3.8 – I profili idrodinamici
Per mettere in luce la dipendenza delle forze di portanza e resistenza dai
singoli parametri di forma che caratterizzano la geometria delle superfici
idrodinamiche, è necessario analizzare il campo di pressioni e velocità che
55
Corso di Allestimento Navale
matura attorno al corpo immerso nel flusso. Tale indagine può essere
convenientemente effettuata in due fasi successive:
· studio del profilo – riguarda l’analisi del campo fluido bidimensionale
che si instaura attorno ad un profilo idrodinamico considerato
appartenente ad una superficie a sviluppo costante ed allungamento
infinito. Questa indagine permette di analizzare il comportamento del
profilo indipendentemente dalla forma della pala, e di ottenere le
caratteristiche idrodinamiche dello stesso.
· studio della pala – riguarda l’analisi del campo fluido tridimensionale
che si instaura attorno ad una pala caratterizzata da un certo profilo e
da una certa forma. Questa indagine consente di determinare i
coefficienti idrodinamici della pala.
Nel seguito verrà trattata la prima fase di indagine, relativa all’analisi
del comportamento dei profili simmetrici, con riferimento alla condizione di
fluido reale in flusso omogeneo, stazionario ed ovviamente bidimensionale.
L’effetto di portanza di un corpo idrodinamico ha origine dal campo di
pressioni che si viene a generare grazie alla forma e all’angolo di attacco del
flusso, caratterizzate da una pressione dinamica sul ventre e da una
depressione dinamica sul dorso. Il fenomeno può essere messo in evidenza
visualizzando il campo cinematico attorno al corpo: sul dorso si manifesta
un’alta velocità e quindi una raccolta delle linee di flusso, sul ventre una
bassa velocità e conseguentemente linee di flusso a maggiore spaziatura.
Come noto, la portanza viene correlata a questo campo di velocità che dà
origine ad una circolazione non nulla della velocità attorno al profilo.
Sulla superficie del corpo immerso nel flusso reale si generano, oltre
agli sforzi di pressione, anche sforzi tangenziali, per effetto dei quali la
pellicola di fluido a contatto con il corpo si muove in maniera solidale allo
stesso: se il moto si realizza con un valore elevato del numero di Reynolds, e
questo è il caso dei timoni navali, il passaggio della velocità dal valore
relativo nullo ai valori dettati dal moto esterno avviene in uno strato sottile
confinato sulla superficie del corpo, detto strato limite. Al di fuori dello
strato limite il campo di velocità non risente praticamente degli effetti della
viscosità e il fluido può essere considerato perfetto.
Ritornando alla generazione della portanza, è importante notare come la
depressione dinamica sul dorso sia all’origine della maggior parte della
portanza e come il picco delle due distribuzioni sia spostato verso il bordo di
attacco, con la conseguente localizzazione del centro di pressione nella zona
prodiera del profilo. Tale distribuzione della pressione idrodinamica è tipica
dei corpi affusolati. Se la differenza di pressione dinamica viene
efficacemente mantenuta, si realizza un campo di pressione favorevole al
56
L’apparato di governo e manovra
mantenimento della portanza: è perciò essenziale che il flusso scorra con
regolarità in prossimità della superficie del profilo alare.
La distribuzione delle pressioni e, in particolare modo, la posizione del
punto di minima pressione hanno un notevole effetto sul flusso nello strato
limite, soprattutto sul dorso del profilo. Si possono infatti osservare due zone
a comportamento ben distinto:
· la zona prodiera, nella quale la velocità locale all’esterno dello strato
limite aumenta e contemporaneamente la pressione diminuisce finché
in un determinato punto non si raggiunge il picco di depressione, dove
la velocità raggiunge il suo massimo.
· la parte poppiera, ove il flusso all’esterno dello strato limite è
decelerato e la pressione aumenta fino a portarsi al valore della
pressione in corrente libera in prossimità del bordo di uscita.
Nella zona prodiera, la diminuzione della pressione, che si trasmette
fino a contatto della parete all’interno dello strato limite, ha tendenza a
contrastare l’azione ritardatrice degli sforzi d’attrito sulla parete stessa, e
quindi a ridurre l’aumento dello spessore dello strato limite che essi tendono
a determinare. In altre parole lo sforzo tangenziale si esaurisce a breve
distanza dalla superficie e lo strato limite rimane confinato ad uno spessore
limitato.
Nella zona poppiera, l’aumento della pressione si associa alla resistenza
viscosa nel diminuire l’energia cinetica dello strato limite, che è già di per sé
scarsa per la ridotta velocità ivi presente. Infatti, i filetti fluidi devono
percorrere un campo caratterizzato da due tipi di resistenza: l’attrito sulla
superficie del profilo alare e il gradiente di pressione sfavorevole nella
direzione del flusso. Si provoca quindi un ispessimento per rallentamento e,
ad un certo punto, addirittura l’arresto dello strato limite. Di conseguenza,
più avanti si verifica un vero e proprio moto a ritroso del fluido nella zona
prossima alla parete, lambito dalla corrente esterna che scorre in verso
opposto: il contatto fra i due moti contrari dà luogo ad una scia di vortici. La
zona a valle del punto di distacco è infatti spiccatamente instabile e degenera
in formazioni vorticose, essa costituisce la cosiddetta scia vorticosa.
Il fenomeno descritto prende il nome di separazione della corrente ed è
all’origine del mancato recupero delle pressioni a poppavia del profilo e
quindi della resistenza di forma.
Inoltre, con l’aumento dell’angolo di incidenza del flusso, il punto di
separazione della scia si sposta verso il bordo di attacco in concomitanza con
un campo di pressione sempre più sbilanciato in avanti (ma con un picco che
si riduce d’intensità e che pesa sempre meno nella generazione della
portanza lungo la corda). L’effetto è quello di contrastare l’insorgere della
portanza mentre aumenta l’angolo di attacco. Confrontando infatti due
57
Corso di Allestimento Navale
situazioni di lavoro di un profilo, caratterizzate da angoli diversi di attacco,
si vedono punti di separazione a distanze diverse dal naso del profilo e di
conseguenza si osserva che il gradiente di crescita della portanza del profilo,
in funzione dell’angolo di attacco, tende a calare (ossia la portanza manifesta
un andamento sotto–lineare): a uguali incrementi dell’angolo di attacco
corrispondono incrementi sempre più ridotti della portanza poiché, mentre la
pressione tende a crescere nella zona prodiera, il punto di separazione si
avvicina sempre più al bordo di attacco e diminuisce la zona utile per la
generazione della portanza.
Se il punto di distacco si mantiene a poppa, anche ad elevati angoli di
incidenza, allora la riduzione del gradiente di portanza è contenuta. Se
invece il punto di separazione del flusso si estende in avanti verso il bordo
attacco, può verificarsi una forte riduzione del gradiente di portanza, tale
addirittura da far diminuire la portanza all’aumentare dell’angolo di
incidenza, anche in maniera drastica: si è raggiunto lo stato di stallo,
caratterizzato dalla separazione a corda completa, ossia sull’intera zona del
dorso del profilo.
Parallelamente anche la resistenza è influenzata dalla posizione del
punto di distacco: se lo strato limite si mantiene attaccato al profilo la
resistenza è soprattutto dovuta all’attrito, in caso contrario si somma anche la
componente dovuta al mancato recupero delle pressioni.
3.9 – L’analisi dei profili idrodinamici
Una volta illustrate le modalità di funzionamento della superficie
idrodinamica, possiamo passare al confronto del comportamento dei profili
di forma diversa. A tale riguardo vanno distinti gli effetti dovuti a tre diverse
cause:
· l’allungamento,
· la forma dei fianchi,
· la posizione della sezione massima.
Per quanto riguarda l’influenza dell’allungamento del profilo, ossia del
rapporto fra lo spessore massimo e la corda, si possono evidenziare due tipi
di funzionamento, indicati come tipici dei profili sottili e dei profili spessi.
Sui profili sottili si verifica una situazione di portanza caratterizzata da
un andamento prossimo alla linearità al variare dell’angolo di attacco, e
contemporaneamente una resistenza ridotta. Ciò ha origine dal fatto che il
gradiente favorevole di pressione permane per un lungo tratto della corda,
favorito dalla forma affusolata e slanciata, ed in più i gradienti non sono
fortemente accentuati dalla forma del profilo. Il punto di distacco rimane
perciò verso il bordo di uscita determinando lungo la corda un’estesa zona
utile per la generazione della portanza.
58
L’apparato di governo e manovra
Se però il profilo affusolato lavora ad angoli di attacco elevati, può
manifestarsi la formazione di una “bolla” sul bordo di attacco. E’ questo il
caso di una zona morta che si genera sul dorso a causa dell’eccessiva
curvatura dello spigolo: questa prima separazione può poi annullarsi per
effetto del gradiente favorevole di corrente, ma può anche protrarsi fino alla
zona di separazione di poppa (nel complesso essa favorisce la formazione
del distacco in coda). La forma del bordo di attacco – ovvero il raggio di
curvatura del bordo di attacco – gioca un ruolo importante nel favorire la
formazione della bolla. Quando essa si forma la portanza decresce
bruscamente determinando una repentina condizione di stallo.
Le curve di portanza dei profili sottili e di quelli spessi sono coincidenti
per piccoli angoli di incidenza ma, mentre quelli sottili manifestano uno
stallo repentino, quelli spessi hanno un’ulteriore crescita quasi lineare e
successivamente un gradiente sempre minore finché si presenta la situazione
di stallo. I profili spessi sono infatti in grado di generare campi di pressione
più spinti, grazie alle maggiori riduzioni di pressione che si ottengono sul
dorso (simultaneamente ai maggiori incrementi di velocità), e grazie al fatto
che lo stallo si realizza ad un maggior angolo di incidenza. Si confrontino a
riguardo i valori caratteristici di risposta di profili sottili e di profili spessi
caratterizzati dalla stessa forma e riportati nella Tab.3.9.A (famiglia di profili
NACA–00).
Ciò si verifica a scapito di andamenti di portanza che mostrano una
progressiva riduzione del gradiente di crescita, riduzione che si manifesta
pienamente agli alti angoli di attacco, a causa di un lento ma progressivo
spostamento del distacco all’aumentare dell’angolo di attacco. Il distacco è
qui governato dall’effetto della curvatura, la quale favorisce il passaggio da
laminare a turbolento dello strato limite, passaggio che comporta minor
tendenza alla separazione grazie al più elevato gradiente che si instaura a
contatto con il sottostrato limite laminare. I profili spessi hanno infatti uno
strato limite prevalentemente turbolento, a differenza di quelli sottili. A ciò
si aggiunga che il campo di pressione in corrispondenza del bordo di attacco,
ad alti angoli, è più avviato rispetto a quello che si crea nel profilo sottile, e
questa situazione favorisce un comportamento più omogeneo, con graduale
decremento delle caratteristiche all’aumentare dell’angolo di incidenza.
La resistenza di forma è in genere più elevata per i profili spessi, ed
anche quella d’attrito è maggiore, a causa del flusso fortemente turbolento
nello strato limite. In generale, il rendimento del profilo spesso è minore.
Si osservi infine che per le pale dei timoni si usano spesso profili con
elevatissimi rapporti t/c – ossia allungamenti molto bassi – a causa dei forti
vincoli sia strutturali sia di ingombro, e tali profili possono mostrare
portanze inferiori a quelle attese. Ciò evidente dal confronto dei valori delle
caratteristiche idrodinamiche dei profili spessi della stessa famiglia riportati
59
Corso di Allestimento Navale
in Tab.3.9.A, ove è evidente la riduzione di portanza e di efficienza per gli
alti valori del rapporto di forma.
La posizione del centro di pressione in generale è localizzata nella zona
di prora della pala, dove è massima la depressione dinamica, causa
principale della portanza. La posizione del centro di pressione varia,
spostandosi verso il bordo di uscita all’aumentare dell’angolo di attacco, in
maniera più accentuata sui profili sottili.
(¶CL/¶a)a = 0
(CL)a = a
(CD)a = 0
NACA–0006
0,102
0,88
0,006
NACA–0009
0,101
1,27
0,007
NACA–0012
0,101
1,53
0,008
NACA–0015
0,100
1,53
0,009
NACA–0018
0,098
1,40
0,011
NACA–0021
0,094
1,38
0,012
NACA–0025
0,089
1,20
0,014
PROFILO
TABELLA 3.9.A
S
Confronto fra profili sottili e profili spessi della
famiglia NACA 4–digit (l = ¥, RN = 3,2·106, valori
misurati).
Per quanto riguarda l’influenza della posizione della sezione massima, si
osserva che profili con allungamento uguale hanno caratteristiche
idrodinamiche migliori se la sezione massima si allontana dal bordo di
attacco (ma se si allontana troppo, il bordo diventa troppo affusolato), infatti
si prolunga il gradiente favorevole di depressione dinamica. In genere lo
spessore massimo si realizza tra il 20% e il 40% della corda dal bordo
d’ingresso. Va osservato inoltre che la permanenza della lunga zona a
gradiente di pressione negativo favorisce, ai bassi angoli di attacco,
l’instaurarsi di uno strato limite laminare, con il vantaggio di una resistenza
frizionale contenuta (profili laminari). Si confrontino a riguardo in Tab.3.9.B
i valori caratteristici di risposta di profili convessi caratterizzati dalla diversa
posizione della sezione massima (ascissa di tM).
I profili con massimo spessore spostato verso poppa (anche oltre il 40%)
sono da preferirsi se si presenta il rischio di cavitazione, infatti comportano
distribuzioni di pressione più omogenee con un esteso plateau in luogo di un
picco accentuato. Vale ovviamente che i profili meno caricati sono i più
adatti nei casi di rischio di cavitazione.
60
L’apparato di governo e manovra
Un’altra caratteristica che ha molta influenza sulle prestazioni
idrodinamiche è la forma stessa del profilo, ossia la legge di distribuzione
degli spessori. La forma dell’area trasversale del profilo rimane
essenzialmente quella di una goccia più o meno allungata per la quale, come
precedentemente indicato, risulta molto importante il raggio di curvatura del
bordo di attacco. I profili convenzionali hanno fianchi piani o superficie
convessa, ma esistono anche profili con fianchi concavo–convessi, ossia con
mantelli a doppia curvatura.
PROFILO
CARATTERISTICHE
NACA–0015
(tM a 0,3 c)
portanza
resistenza
(tM a 0,4 c)
CL (a
= 5°)
0,534
0,564
CL (a
= 10°)
1,062
1,138
CL (a
= aS)
1,841
1,736
aS [°]
21,0
19,0
102·CD (a = 0°)
0,779
0,765
102·CD (a = 5°)
0,846
0,794
102·CD (a = 10°)
1,204
1,176
102·CD (a = aS)
4,201
3,511
102·CQ (a = 5°)
0,136
0,148
0,264
0,292
0,401
0,412
momento al bordo
102·CQ (a = 10°)
di attacco
102·CQ (a = aS)
TABELLA 3.9.B
NACA–643–015
Confronto fra profili NACA con sezione massima a
differente distanza dal bordo di attacco (l = ¥, RN =
5,0·107, valori calcolati).
I profili concavo–convessi sono conformati in modo da esasperare il
picco di pressione in corrispondenza del bordo di ingresso del flusso, infatti
la particolare forma comporta una forte accelerazione del flusso nella zona
prodiera. La distribuzione delle pressioni sul profilo mostra un incremento
della resistenza di forma rispetto ai profili convenzionali: alla maggiore
61
Corso di Allestimento Navale
portanza si associa quindi una maggiore resistenza di forma tale da
comportare un’efficienza generalmente ridotta.
Inoltre, i profili con fianchi concavi hanno, al bordo di uscita, mantelli
paralleli che possono essere chiusi con un taglio netto di coda, sia per ragioni
di robustezza che per motivi costruttivi. L’effetto di un bordo di uscita
spesso è quello di creare un allungamento virtuale che influenza
positivamente il campo di pressioni sul dorso, infatti lo strato limite viene
aspirato dalla scia che si forma in coda, ritardando così la separazione. Ciò
dà origine ad una maggiore portanza (ed alla stabilità al centro di pressione),
anche se di contro aumenta la resistenza di forma (l’effetto qui descritto si
attenua all’aumentare dell’angolo di attacco).
PROFILO
CARATTERISTICHE
NACA–0015
HSVA–MP71–15
IfS–61–TR15
(tM a 0,3 c)
(tM a 0,45 c)
(tM a 0,2 c)
CL (a
= 5°)
0,534
0,574
0,603
CL (a
= 10°)
1,062
1,160
1,189
CL (a
= aS)
1,841
1,915
1,983
aS [°]
21,0
20,5
17,0
102·CD (a = 0°)
0,779
0,830
1,213
102·CD (a = 5°)
0,846
0,862
1,316
102·CD (a = 10°)
1,204
1,352
1,787
102·CD (a = aS)
4,201
4,150
3,402
102·CQ (a = 5°)
0,136
0,156
0,150
102·CQ (a = 10°)
0,264
0,307
0,294
102·CQ (a = aS)
0,401
0,475
0,477
TABELLA 3.9.C
Confronto fra profili di famiglie diverse (l = ¥, RN
= 5,0·107, valori calcolati).
Dal confronto con un profilo convenzionale, quello con fianchi
concavo–convessi mostra una curva di portanza che ha gradiente maggiore,
valore massimo maggiore e angolo di stallo ad un valore più basso. Di
conseguenza questi profili sono preferibili quando sono richiesti coefficienti
62
L’apparato di governo e manovra
di portanza elevati (anche a scapito di una minore efficienza). Si confrontino
a riguardo in Tab.3.9.C i valori caratteristici di risposta di profili di famiglie
e forme diverse.
3.10 – I profili per i timoni
I profili di più largo uso in campo navale sono quelli convessi, che
presentano l’indiscutibile vantaggio di avere una geometria meno elaborata e
di essere quindi di più facile ed economica costruzione. Va considerato
inoltre che uno spessore più elevato lungo la coda conferisce anche maggiore
robustezza alla pala. Tra questi sono di largo utilizzo i profili simmetrici
delle famiglie NACA–00 e NACA–643.
Per quanto riguarda i profili concavo–convessi, esistono essenzialmente
due tipologie denominate IfS e HSVA:
· i profili delle famiglie IfS–58, IfS–61 ed IfS–62 sono profili molto spinti
e, fra quelli commerciali, presentano le più alte curve di portanza e la
minore efficienza;
· i profili HSVA delle famiglie MP–71 ed MP–73 sono profili che hanno
caratteristiche idrodinamiche intermedie fra quelle dei profili NACA e
quelle dei profili IfS, essi costituiscono perciò un buon compromesso
fra le esigenze del governo e quelle della propulsione.
Nella pratica, si usano profili diversi dai NACA–00 quando è necessaria una
maggiore portanza specifica cL. Quando invece c’è rischio di cavitazione si
utilizzano in genere profili con lo spessore massimo spostato verso poppa
(NACA–643 oppure i tipi HSVA se si desiderano portanze maggiori). Rimane
comunque valido come principio di base che, se la portanza specifica della
pala non è oggetto di particolare attenzione, la scelta deve cadere sui profili
che hanno il rendimento idrodinamico migliore, oppure al limite sulla
superficie di più economica costruzione, ossia la lastra piana (a meno di
problemi strutturali).
Di tutti questi profili sono disponibili le leggi di distribuzione di
spessore ed i valori dei coefficienti idrodinamici. Anche i diagrammi dei
coefficienti di pressione per angolo di attacco nullo sono spesso disponibili,
essi mostrano la variazione di pressione indotta dagli spessori lungo la corda,
espressa tramite il coefficiente di pressione cp [–], definito come il rapporto
fra la depressione idrodinamica sul dorso –Dp e la pressione q nel punto di
ristagno, cosicché cp = –Dp / q. In altri termini cp = [(vt /v)2 –1], in cui v è la
velocità del flusso indisturbato e vt è la velocità indotta sul profilo dalla
distribuzione degli spessori. L’analisi di tali curve indica la predisposizione
del profilo a generare portanza (e quella alla cavitazione). Si osservi che la
distribuzione delle pressioni sulla faccia del profilo vale complessivamente
q[1–(vt /v ± dva /v)2], in cui dva è la variazione di velocità indotta dall’angolo
63
Corso di Allestimento Navale
di attacco. Questi dati, ottenuti con esperimenti o calcolati, sono disponibili
per gli allungamenti di normale impiego in campo navale, ovvero
comunemente per rapporti di forma t / c superiori a 0,15.
Storicamente i profili NACA sono tra i primi ad essere stati studiati,
perciò esiste una consolidata esperienza ed una vasta documentazione.
Anche per questo motivo essi si sono imposti nella pratica navale, perciò se
lo scopo del progetto non è quello di cercare soluzioni innovative per
affrontare problematiche particolari, essi rappresentano un ottimo
compromesso sia per funzionalità sia per affidabilità.
Tra le diverse famiglie dei profili NACA, quella indicata con la sigla
“00” costituisce usualmente la base per il progetto delle superfici di
controllo. I profili di questa famiglia sono caratterizzati da un bordo di
attacco arrotondato, una superficie convessa, una sezione massima al 30%
della corda dal bordo di attacco e un bordo di uscita affilato o comunque
molto sottile. Essi vengono identificati facendo seguire alla sigla della
famiglia la sigla, formata da due numeri, indicante l’allungamento. Per
questo motivo i profili NACA–00 sono indicati con un codice di quattro cifre
(e sono denominati 4–digit) dove:
· la prima cifra indica il rapporto, moltiplicato per 100, tra la freccia
massima f della linea media di distribuzione degli spessori e il valore
della corda c, ma si osservi che tale cifra sarà “0”, trattandosi di profili
che devono avere un comportamento simmetrico;
· la seconda cifra indica il rapporto, moltiplicato per 10, tra l’ascissa
della freccia massima e il valore della corda c – come sopra, tale cifra
sarà “0”;
· la terza e quarta indicano il rapporto, moltiplicato per 100, tra il valore
dello spessore massimo t e quello della corda c.
A titolo d’esempio, la sigla completa NACA–0020 significa che la legge di
distribuzione degli spessori è quella della famiglia di profili idrodinamici
simmetrici NACA–00 con rapporto di forma t / c pari a 0,20.
In genere tali profili hanno allungamenti compresi fra 0,06 e 0,24 e le
caratteristiche idrodinamiche sono spesso riferite alla seguente serie di valori
0,06 0,09 0,12 0,15 0,18 0,21 0,24.
Tra questi i rapporti più bassi 0,06 e 0,09 configurano profili molto affusolati
con comportamento di profilo sottile, i rapporti medi rappresentano il
migliore compromesso tra portanza e rendimento, mentre i più elevati
rapporti 0,21 e 0,24 hanno rendimenti bassi e vanno presi in considerazione
solo se lo impongono le esigenze progettuali.
La legge di distribuzione degli spessori della famiglia NACA–00 è di tipo
polinomiale e viene spesso fornita per punti con riferimento ad un profilo
64
L’apparato di governo e manovra
avente corda di lunghezza unitaria e semi–spessore massimo pari ad 1/10
della corda (ossia per un profilo NACA–0020), precisamente con y0 si indica
il semi–spessore all’ascissa x0. L’espressione analitica polinomiale del
profilo NACA–0020 avente corda unitaria è la seguente:
y0(x0) = 0,29690 x01/2 – 0,12600 x0 – 0,35160 x02 +
0,28430 x03 – 0,10150 x04
[N]
(3.10.A)
Per ottenere poi la distribuzione degli spessori relativa ad una prefissata
coppia di valori della corda c e dello spessore massimo t è sufficiente
calcolare per similitudine le coppie (x, y) tramite le espressioni:
x = x0 c
[m]
(3.10.B)
y = y0 t / 0,20
[m]
(3.10.C)
ed in particolare per lo spessore massimo vale y(x = 0,3 c) = t / 2.
Anche i profili NACA–643 possono trovare applicazioni in campo navale,
si tratta di profili della Serie 6 (la prima cifra della sigla), aventi estensione
del gradiente di pressione favorevole fino al 40% della corda (la seconda
cifra della sigla esprime tale lunghezza in decimi della corda) ed alta
efficienza entro cL = 0,3 (il pedice della sigla esprime tale valore moltiplicato
per 10). Come i profili della serie 4–digit, al codice identificativo della
famiglia seguono alcuni dati sulla freccia e sul rapporto di forma: per quelli
simmetrici, dopo uno “0” che indica il valore di cL per angolo di attacco
nullo, viene riportato il rapporto, moltiplicato per 100, tra il valore dello
spessore massimo t e quello della corda c (per esempio: NACA–643–018).
Le caratteristiche dei profili NACA sono state determinate tramite prove
in galleria del vento effettuate su pale aventi allungamenti l molto elevati. I
dati sono stati poi raccolti, in funzione dell’allungamento l, per diversi
numeri di Reynolds e per condizioni standard della rugosità di superficie,
fornendo essenzialmente le curve dei coefficienti idrodinamici di portanza e
di resistenza e la posizione del centro di pressione al variare dell’angolo di
attacco.
Relativamente alla famiglia di profili 4–digit sono disponibili le
caratteristiche di funzionamento principali anche per numeri di Reynolds Rn
tipici dei timoni navali, valori che per una nave mercantile sono prossimi a
Rn = 1,0¸5,0·107 (si ricorda che per la pala del timone Rn è calcolato con la
velocità omogenea prevista sulla pala vR, mentre la dimensione caratteristica
è rappresentata dalla corda media cm, cosicché Rn = vR cm / n). Quando invece
i risultati ai quali si fa riferimento sono condotti in campo aerodinamico,
ossia a numeri di Reynolds più bassi, inevitabilmente si introduce un errore
per effetto scala.
65
Corso di Allestimento Navale
Va osservato infatti che all’aumentare del numero di Reynolds lo strato
limite tende a passare da laminare a turbolento, con ciò favorendo
l’attaccamento dello strato limite: conseguentemente si ha l’aumento
dell’angolo di stallo e l’aumento della correlata portanza massima, la
riduzione della resistenza totale e l’avvicinamento del centro di pressione al
bordo d’attacco. Di conseguenza, gli esperimenti effettuati in campo
aerodinamico forniscono risultati conservativi per le applicazioni navali (si
confronti i valori di Tab.3.10.A). Questi effetti possono essere rilevanti agli
alti angoli d’incidenza ma sono trascurabili per piccoli e medi angoli.
CARATTERISTICHE
PROFILO NACA–0015
RN = 0,20·106
RN = 0,79·106
RN = 2,70·106
CL (a
= 10°)
0,35
0,29
0,27
CL (a
= 20°)
0,55
0,62
0,60
CL (a
= aS)
0,72
1,06
1,26
35,0
33,8
38,5
aS [°]
CD (a
= 10°)
0,125
0,040
0,037
CD (a
= 20°)
0,31
0,141
0,141
CD (a
= aS)
0,605
0,461
0,573
CQ (a
= 10°)
0,28
0,18
0,16
CQ (a
= aS)
0,43
0,35
0,31
TABELLA 3.10.A
Confronto delle caratteristiche di un profilo a
diversi valori di RN (l = 1, valori misurati).
Alla trattazione fin qui svolta vanno aggiunte alcune note, che
riguardano i vincoli dimensionali cui deve sottostare la scelta del tipo di
profilo allo scopo di consentire il collegamento della pala con l’asta di
comando.
Si verifica infatti spesso che l’asta di comando del timone debba essere
progettata con un diametro di innesto nella pala piuttosto elevato, a causa
delle alte sollecitazioni cui è soggetta. Ciò comporta di per sé l’esigenza di
prevedere una corda media piuttosto lunga per non far salire eccessivamente
il valore del rapporto di forma del profilo. Ma tale via non è in genere
praticabile a causa delle ristrette dimensioni della volta di poppa, e di
66
L’apparato di governo e manovra
conseguenza si deve accettare un fattore di forma del profilo piuttosto
elevato, spesso anche superiore al valore limite di 0,24. In tali circostanze, è
usuale considerare come limite il rapporto di forma di 0,25 e per valori
superiori si ricorre, se non ad modifica sostanziale del progetto, almeno ad
uno dei due seguenti accorgimenti: la scelta di un materiale più resistente per
l’asta, oppure l’esecuzione di un accoppiatoio – tra l’asta e la pala – non
perfettamente avviato con il mantello (ringrosso).
In secondo luogo, è noto che per aumentare l’economicità di esercizio
bisogna minimizzare il valore del momento torcente di controllo, ed a tale
scopo si cerca di posizionare l’asse di rotazione in corrispondenza del centro
di pressione delle forze idrodinamiche. In generale il centro di pressione si
trova in vicinanza del bordo di attacco, perciò è conveniente che il profilo sia
scelto fra quelli che hanno lo spessore massimo in quella zona.
Sulla base di queste considerazioni, il profilo idrodinamico per la pala di
un timone navale dovrà essere progettato in modo che:
· il rapporto di forma sia il più basso possibile, compatibilmente con il
diametro dell’asta, per avere una migliore efficienza. Si osservi inoltre
che, visto il diametro dell’asta e le luci generalmente a disposizione
nella volta di poppa, il minimo valore applicabile del rapporto t/c
corrisponde generalmente a profili spessi (di solito non si corre il
rischio di usare profili sottili);
· lo spessore massimo sia in corrispondenza del centro di pressione,
quindi vicino al bordo di attacco, allo scopo di posizionare l’asta il più
vicino possibile al centro di pressione per minimizzare il momento
torcente di controllo.
Inoltre va tenuto presente che le navi destinate a lunghe rotte e a limitate
manovre in acque ristrette devono avere timoni con alti valori del gradiente
di portanza (¶cL / ¶a elevato) ai bassi angoli di barra, ossia a quegli angoli
utili per il controllo della rotta, mentre navi per servizi su brevi rotte e
soggette a frequenti manovre in acque ristrette devono essere molto
manovrabili e quindi devono avere timoni ad elevate prestazioni (portanza
massima elevata, e quindi generalmente cL massimo elevato).
3.11 – La superficie idrodinamica
I risultati dello studio del profilo idrodinamico in campo bidimensionale
possono essere utilizzati per valutare il comportamento di una superficie
idrodinamica ideale generata dalla traslazione all’infinito, di un profilo a
sezione costante, lungo una direzione ortogonale rispetto al piano che lo
contiene.
67
Corso di Allestimento Navale
La superficie idrodinamica reale si differenzia dalla superficie ideale per una
serie di caratteristiche geometriche, si può pensare infatti alla pala reale
come una pala ideale sulla quale siano state effettuate le seguenti
trasformazioni:
· la limitazione della campata, introducendo un allungamento finito;
· la variazione della lunghezza della corda del profilo lungo la campata,
definendo quindi una rastremazione;
· l’introduzione di un angolo di abbattimento non nullo, definendo una
certa inclinazione dei bordi di entrata e di uscita rispetto all’asse di
rotazione.
La superficie idrodinamica che costituisce il timone navale è quindi
caratterizzata essenzialmente dall’allungamento finito e dalla forma della sua
area proiettata sul piano diametrale, ossia dal suo sviluppo planare. Si
osservi che in genere le pale hanno lungo la campata un profilo ad
allungamento costante, per motivi sia idrodinamici (riduzione degli effetti
trasversali del flusso) sia costruttivi (economicità di realizzazione di
superfici a generazione rettilinea). E’ perciò evidente che il flusso sulla
superficie della pala risulterà diverso da quello bidimensionale illustrato a
proposito dei profili idrodinamici, che si realizza solamente per allungamenti
infiniti. Tale flusso tridimensionale dipenderà proprio dalla morfologia della
pala.
Nell’analisi del comportamento della pala reale è conveniente valutare
separatamente gli effetti di tali modifiche, partendo da quella più importante
per il funzionamento della pala. Si consideri perciò in un primo momento
una pala con allungamento finito e sezione costante, ossia con sviluppo
planare rettangolare.
L’allungamento finito della pala comporta il contatto fra il campo in
depressione dinamica sul dorso e quello in pressione sul ventre. Come
conseguenza nasce lungo la campata un flusso che, combinandosi con la
corrente di trasporto, dà origine, ad ogni estremità della pala, ad un vortice il
cui nocciolo è localizzato proprio sulle estremità. Il campo di velocità
complessivo può essere studiato come la somma di un campo
bidimensionale indisturbato e di un campo formato dalla presenza dei due
vortici di estremità, il cosiddetto campo di velocità indotto. Quest’ultimo
campo può essere visualizzato osservando la pala nella direzione del flusso:
si vedrà così che si viene a creare una corrente vorticale sul piano normale al
flusso indisturbato, detta corrente indotta, con valori della velocità che
variano spostandosi dal centro della campata verso il nocciolo del vortice.
Questa corrente manifesta una componente discendente che matura lungo la
campata sul ventre della pala, ed una ascendente che si instaura al di là delle
estremità della pala. La corrente discendente comporta una deviazione del
68
L’apparato di governo e manovra
flusso che incide sulla pala, determinando un angolo di attacco minore di
quello ideale.
La velocità discendente ha un andamento variabile lungo la campata,
con legge che dipende dalle caratteristiche morfologiche della pala. Inoltre
tale variazione si manifesta in maniera diversa su pale che hanno sviluppi
planari diversi.
Questo flusso non è localizzato sulle estremità ma influenza il campo di
velocità sull’intera superficie della pala, rendendolo tridimensionale. Il
fenomeno è tanto più accentuato quanto minore è l’allungamento effettivo l
della pala (calcolato correggendo quello geometrico per effetto
dell’interazione con altri corpi confinanti).
L’influenza dell’allungamento sulla resistenza ha origine nella
generazione dei vortici di estremità, mentre l’influenza sulla portanza va
ricercata nella diversa orientazione del vettore di velocità del flusso in
corrispondenza della pala. Per tenere conto di questo effetto è usuale riferirsi
alla distribuzione delle velocità indotte vI [m/s] lungo la campata, oppure in
maniera equivalente a quella degli angoli indotti aI [°] intesi come
variazione rispetto all’angolo di attacco ideale a, perciò l’angolo di attacco
effettivo sulla singola corda all’ascissa x vale a – aI ( x).
L’effetto complessivo di questi fenomeni consiste nella riduzione del
gradiente di portanza e nell’aumento della resistenza, quest’ultima cresce
proporzionalmente all’angolo di attacco, cosicché per angoli elevati prevale
la resistenza indotta. Tutto ciò si verifica senza una sostanziale modifica del
valore della portanza all’angolo di stallo: il valore della portanza massima
non risente della modifica dell’allungamento (in realtà si verifica una leggera
diminuzione ad allungamenti estremi). Si osservi a tale riguardo che la
portanza massima è precipuamente dipendente dal valore del numero di
Reynolds del fenomeno idrodinamico.
Le curve di portanza si abbattono tanto più quanto più l’allungamento si
riduce, e di conseguenza, mantenendosi costante il valore massimo, l’angolo
di stallo aumenta. In pratica la stessa portanza si realizza, al diminuire
dell’allungamento, ad angoli d’attacco sempre maggiori. È importante notare
che la riduzione del gradiente di portanza dipende quasi esclusivamente
dall’allungamento della pala, mentre la forma del profilo idrodinamico è
ininfluente
Si verifica che la riduzione della portanza e l’aumento della resistenza
comportano complessivamente un peggioramento del rendimento della
superficie idrodinamica.
Ogni sezione della pala rettangolare vede quindi una velocità
discendente variabile in funzione della posizione lungo la campata, e tanto
69
Corso di Allestimento Navale
maggiore quanto più ci si avvicina all’estremità. Inoltre una pala con basso
allungamento risente di tale effetto su una superficie percentualmente
maggiore rispetto ad una con allungamento più elevato: un allungamento
ridotto può disturbare il campo di velocità su tutta la lunghezza della
campata. Di conseguenza è preferibile avere una pala il più possibile
allungata, compatibilmente con la luce verticale a disposizione per il timone
nella volta di poppa.
Un contributo alla riduzione delle perdite per cross flow è rappresentato
dall’allungamento fittizio della pala, che si può ottenere avvicinando
notevolmente il bordo superiore della stessa alla carena. Tale interazione va
sotto il nome di effetto specchio perché, nel caso di flusso ideale, il contatto
con una superficie piana normale all’asse di rotazione raddoppia
l’allungamento geometrico. In realtà la superficie non è a contatto, non è
normale all’asse di rotazione né tantomeno piana, perciò l’incremento
dell’allungamento è limitato e diventa funzione dell’angolo di barra del
timone.
L’allungamento fittizio può essere aumentato anche agendo sul bordo
inferiore. Un intervento per ridurre gli effetti di estremità all’apice consiste
nell’aggiunta di una lamina terminale parallela al fondo e tale da fuoriuscire
dalla forma stessa del profilo. In alternativa, e più usualmente, l’apice della
pala viene tagliato di netto: rispetto al caso di apice sagomato permette di
avere una portanza maggiore, anche se a scapito di una maggiore resistenza
indotta.
3.12 – L’analisi della superficie idrodinamica
Dal momento che la pala non lavora generalmente con una distribuzione
omogenea della portanza e della resistenza, l’interazione con il flusso deve
essere analizzata introducendo delle grandezze idrodinamiche che, variando
lungo la campata, forniscano informazioni sulle modalità di lavoro delle
singole sezioni. Si definiscono a tale scopo, in aggiunta ai coefficienti
idrodinamici relativi all’intera superficie della pala, i coefficienti di portanza
e di resistenza locali, relativi alle singole sezioni trasversali. Tali coefficienti
fanno riferimento alle densità lineari di portanza e di resistenza lungo la
campata.
Il più usato è quello relativo alla portanza, che viene definito sulla base
della densità lineare di portanza l(x) [N/m], ove l’asse Ox è steso nella
direzione della campata. Per una generica pala a corda variabile c(x), l’area
proiettata del tratto dx (centrato sull’ascissa x) vale dA = c(x)dx e la portanza
da essa sviluppata si può scrivere, in funzione della densità di portanza l(x),
come dL = l(x)dx. Dalla relazione appena scritta si può osservare che la
70
L’apparato di governo e manovra
portanza della pala corrisponde all’integrale della densità l(x) esteso
all’intera campata.
In analogia alla definizione del coefficiente di portanza cL relativo alla
superficie complessiva della pala, si definisce anche il coefficiente
adimensionale di densità di portanza cL = l(x) / qc(x), il quale caratterizza
localmente il comportamento della pala assumendo un valore diverso su ogni
corda, e che viene indicato perciò come coefficiente idrodinamico locale.
Perciò il coefficiente di pala cL può essere espresso come l’integrale lungo la
campata della quantità cL(x) c(x)/A dx, dove A [m2] rappresenta l’area totale
della superficie.
La forma della pala comporta una diversa distribuzione della velocità
discendente, e quindi differenti distribuzioni di portanza, con modifiche del
rendimento e dell’angolo di stallo. Per impostare un’analisi qualitativa
dell’influenza della forma sulle caratteristiche idrodinamiche, può essere
utile il confronto fra superfici idrodinamiche rettangolari e triangolari,
morfologie che rappresentano i due limiti estremi delle pale dei timoni. Tali
analisi verranno condotte su pale simmetriche lungo la campata, ovvero
addossate ad una estremità ad una superficie che crea l’effetto specchio.
La pala rettangolare mostra una distribuzione di corrente discendente
con valori massimi alle estremità, e quindi in tali zone il coefficiente di
densità di portanza è minore – si rammenta che esso rappresenta la capacità
del profilo, posto ad una determinata ascissa della pala, di generare portanza
indipendentemente dall’area ivi presente. Poiché la corda è costante, la
densità di portanza l(x) ha la stessa distribuzione del coefficiente locale
cL(x), con un andamento quasi piatto al centro e una forte variazione ai bordi
dove praticamente si annulla, qui infatti la velocità discendente è tale da
rendere vano l’effetto dell’angolo di attacco.
La pala triangolare mostra una distribuzione di corrente discendente
con valori minimi alle estremità, conseguentemente la riduzione del
coefficiente locale di portanza è più accentuata al centro della campata,
mentre il profilo sui bordi tende a generare portanza come se fosse isolato
poiché sui bordi la velocità discendente tende ad annullarsi. La densità di
portanza della pala, per effetto dello sviluppo planare, genera maggiore
portanza a centro campata ed i valori di l(x) subiscono una riduzione non
costante, maggiore proprio al centro. Si osservi che, in virtù della particolare
configurazione, il flusso alle estremità tende a mantenere quello centrale
sulla direzione della corda, un po’ perché la formazione della corrente
indotta è più graduale lungo la campata, ed un po’ per effetto del ritardo di
ingaggio dovuto all’abbattimento del bordo di attacco.
Le due pale si comportano in maniera palesemente contrapposta per
quanto riguarda la distribuzione del coefficiente locale di portanza: quella
71
Corso di Allestimento Navale
rettangolare registra valori più elevati alla radice e quella triangolare
manifesta valori più elevati all’apice. Di conseguenza, la pala rettangolare
mostra un inizio di stallo alla radice, quella triangolare al vertice. Esse non
lavorano perciò sfruttando appieno le caratteristiche del profilo idrodinamico
perché, anche a partire da angoli geometrici di attacco bassi (e tanto più
bassi quanto minore è l’allungamento) alcune zone si scaricano. Anche la
formazione di cavitazione, dipendendo dalle pressioni che sono strettamente
correlate alla distribuzione del coefficiente locale di portanza, non è
omogenea.
I due effetti di sbilanciamento del campo di pressione si compensano
quando la pala ha sviluppo planare ellittico, definendo così la condizione
ideale di lavoro dei singoli profili che la compongono.
La pala che ha il comportamento migliore nei confronti della
generazione delle forze idrodinamiche è infatti quella a superficie di forma
ellittica con profilo ad allungamento costante (e bordi di attacco e di uscita
del flusso simmetrici rispetto alla retta dei massimi spessori). Essa ha la
caratteristica di generare lungo la campata una distribuzione costante della
velocità discendente: ciò comporta che la distribuzione del coefficiente di
portanza sia costante. Di conseguenza la densità di portanza ha distribuzione
ellittica che, in funzione della portanza totale generata L può essere espressa
dalla relazione:
l(x) = L / b [4 / p (1 – (2x / b)2 )1/2]
[N/m]
(3.12.A)
Essendo l’andamento di cL costante, il flusso si mantiene omogeneo e la
superficie entra in stallo con regolarità lungo la campata, mostrando linee di
stallo, ai vari angoli, parallele tra loro e alla direzione della campata. Ciò si
traduce, nel confronto con pale di morfologia diversa aventi la stessa
portanza totale, in una resistenza indotta minore, un gradiente di portanza
maggiore ed infine in una minore propensione alla cavitazione.
L’effetto della forma è perciò molto importante perché modifica
fortemente le condizioni di lavoro di una superficie ad allungamento finito,
perciò la pala del timone deve avere uno sviluppo planare il più possibile
simile a quello ellittico.
Un’altra caratteristica importante nella definizione della morfologia di
pala è l’angolo di freccia (o angolo di abbattimento), che gioca un ruolo
significativo nel modificare la distribuzione della portanza e lo schema di
stallo. Tale grandezza infatti è responsabile del ritardo con cui il filetto
fluido avverte la presenza della pala e concorre perciò a modificare la
corrente indotta della particella fluida. Si verifica infatti sperimentalmente
che un angolo di freccia elevato (abbattimento all’indietro) fa si che la pala
si comporti come se fosse più rastremata – perciò la pala abbattuta
all’indietro ha la tendenza a caricarsi di più all’apice. L’opposto si verifica
72
L’apparato di governo e manovra
quando l’angolo di freccia è ridotto, al limite negativo: esso conferisce alla
pala un comportamento simile a quello di una superficie meno rastremata. In
conclusione, se la pala è rastremata conviene che l’abbattimento sia in avanti
che all’indietro sia contenuto. A ciò si aggiungono considerazioni pratiche
sull’opportunità di avere un bordo d’attacco abbattuto all’indietro per evitare
che la pala agganci e trattenga contro lo scafo corpi esterni trasportati dal
flusso incidente.
Tale risultanza sperimentale è confermata qualitativamente da studi
condotti su pale aventi una distribuzione ellittica delle pressioni. Esiste
infatti per queste superfici una correlazione analitica fra la il rapporto di
rastremazione e l’angolo di freccia, tale da far corrispondere angoli
decrescenti a rapporti di rastremazione decrescenti. Poiché le pale rastremate
a spigoli diritti hanno una distribuzione della portanza pressoché ellittica, è
usuale applicare anche ad esse queste considerazioni, ed in particolare uno
sviluppo alare ottimale è quello caratterizzato da abbattimento nullo (L = 0)
e rapporto di rastremazione ct / cr = 0,45. Per i valori ottimali delle coppie
formate da rastremazione e abbattimento si veda la Tab.3.12.A, nella quale
sono anche riportati i valori dei corrispondenti angoli di freccia del bordo di
attacco calcolati con riferimento ad un profilo avente tM al 30% della corda.
rapporto di rastremazione ct / cr
0,40
0,45
0,50
0,60
angolo ottimale di abbattimento L
3,0°
0,0°
–3,0°
-7,5°
l = 1,0
18,5°
14,0°
9,5°
2,0°
l = 1,5
13,5°
9,5°
5,5°
–
l = 2,0
11,0°
7,0°
3,0°
–
l = 2,5
9,5°
6,0°
2,0°
–
freccia del bordo di
attacco
(profilo con tM a 0,3 c)
TABELLA 3.12.A
Relazione ottimale fra abbattimento e rastremazione
e corrispondenti valori di freccia del bordo di
attacco.
Il vantaggio dell’abbattimento nullo è anche quello di poter mantenere
la linea dei massimi spessori in posizione praticamente verticale ed in asse
con l’asta, con la possibilità di allineare i diaframmi verticali della struttura
portante interna. Inoltre, con abbattimento quasi nullo, il centro di pressione
della pala rastremata si viene a trovare in posizione prossima all’asse di
rotazione.
73
Corso di Allestimento Navale
3.13 – La scelta dello sviluppo planare
Gli studi finora citati sono riferibili a pale con distribuzione ellittica delle
pressioni in presenza dell’effetto specchio su una estremità. Altri studi
effettuati su pale isolate, aventi allungamenti tipici dei timoni navali (l < 3),
mostrano che la distribuzione delle pressioni tende a rimanere praticamente
invariata passando da una pala rettangolare ad una con rastremazione di 0,5.
L’effetto specchio infatti si è già annullato per una distanza della pala dalla
volta di poppa uguale a 0,075 b (si veda a riguardo la Tab.3.4.B). Per questo
motivo le considerazioni precedentemente esposte devono considerarsi
qualitative, ma vale la pena rimarcare che:
· lo sviluppo planare ottimale è quello ellittico, perciò le pale a spigoli
rettilinei che lo approssimano devono essere rastremate e con profili
aventi rapporto di forma costante;
· la rastremazione ottimale è quella che comporta abbattimento nullo, ma
abbattimenti diversi possono essere altrettanto validi se ad essi
corrispondono opportune rastremazioni, e se il bordo di attacco ha
angolo di freccia positivo;
· la rastremazione è conveniente anche dal punto di vista del progetto
strutturale perché comporta l’avvicinamento del centro di pressione alla
radice e quindi la riduzione delle caratteristiche di sollecitazione
sull’asta; in realtà si verifica sperimentalmente che, per le forme tipiche
dei timoni navali in prossimità della volta di poppa, l’eccentricità
verticale del centro di spinta non supera il 7,5% della campata.
Quanto esposto finora si riferisce a pale aventi profili con rapporto di
forma costante, soluzione che rappresenta la quasi totalità dei casi. Talvolta
però il rapporto può essere variabile a tratti, allo scopo di poter alloggiare
l’asta nella parte superiore più spessa, mentre nella parte bassa viene
mantenuto un profilo più efficiente.
I dati idrodinamici dei diversi tipi di pala sono disponibili per diverse
morfologie e sono direttamente applicabili a timoni caratterizzati dalla stessa
forma che lavorano in campi fluidi omogenei. Talvolta i dati idrodinamici di
pala vengono forniti anche per flusso da poppa: in tal caso il centro di
pressione risulta così lontano dall’asse di rotazione che, anche se le forze
idrodinamiche si riducono, il momento torcente all’asta può risultare più
elevato di quello in marcia avanti e quindi pericoloso. È anche possibile
rintracciare le curve dei coefficienti idrodinamici relativi al funzionamento
di pale che sfruttano l’effetto di vicinanza della volta di poppa, ma in genere
vengono applicate correzioni semi–empiriche ai valori che si riferiscono a
pale isolate.
3.14 – L’utilizzo dei coefficienti idrodinamici di profilo
74
L’apparato di governo e manovra
Quando non si dispone delle caratteristiche della pala, non rimane altra
soluzione che fare riferimento ai dati idrodinamici dei profili in regime di
flusso bidimensionale. Essi possono essere infatti trasformati e applicati con
buona approssimazione a pale rettangolari con allungamento finito e, in
mancanza di dati più precisi, anche a pale rastremate.
La trasformazione dei dati idrodinamici da allungamento infinito a finito
viene fatta sulla base della teoria elaborata nel 1920 da Prandtl per pale
aventi distribuzione ellittica della portanza. Poiché tale condizione
generalmente non sussiste, i coefficienti che compaiono nelle formule di
trasformazione sono stati successivamente modificati da Schönherr per
adeguarli a pale rettangolari.
Come già accennato, la curva del coefficiente di portanza cL(a) per pale
ad allungamento finito è tanto più inclinata quanto più l’allungamento si
riduce: al diminuire dell’allungamento l’angolo di stallo cresce mentre il
valore massimo della portanza rimane praticamente invariato. Per valutare la
curva di portanza di una pala avendo a disposizione quella del profilo (ossia
della pala con allungamento infinito), si deve effettuare una trasformazione
che consiste nell’abbattere la curva. In pratica, ogni valore del coefficiente di
portanza cL(a) viene riferito ad un nuovo angolo di attacco al, ottenuto
sommando ad a una quantità Da linearmente proporzionale al valore del
coefficiente di portanza cL(a):
al = a + Da = a + kl cL(a)
[°]
(3.14.A)
ove kl è espresso in gradi. Si ottiene in questo modo una nuova curva del
coefficiente di portanza per l’allungamento l, costituita dalle coppie di
valori [cL(a),al].
La curva del coefficiente di resistenza per allungamento infinito cD(a)
viene modificata sommando ad ogni valore del coefficiente di resistenza
cD(a) una quantità proporzionale al quadrato del coefficiente di portanza, e
diagrammando i valori così ottenuti in funzione dell’angolo di attacco
modificato al:
cD(a)l = cD(a) + ml [cL(a)]2
[-]
(3.14.B)
dove ml è un fattore adimensionale. Si ottiene così una nuova curva del
coefficiente cD per l’allungamento l, formata dalle coppie [cD(a)l,al].
Nessuna ipotesi viene fatta per quanto riguarda la posizione del centro
di pressione, che viene riportato senza modifiche al nuovo angolo di attacco
modificato al. Si ottiene in questo modo una nuova curva del coefficiente
(CPC /c)(a) per l’allungamento l, formata dalle coppie [(CPC /c)(a),al].
75
Corso di Allestimento Navale
Tali formule permettono anche il passaggio da un allungamento finito
ad un altro: è sufficiente infatti esprimere le formule di trasformazione per
due diversi allungamenti ed eliminare i parametri comuni a e cD(a).
Eseguendo queste operazioni mettendo in relazione gli allungamenti l1 e l2
si ottengono le relazioni:
al1 – al2 = (kl1 – kl2) cL(a)
[°]
(3.14.C)
cD(a)l1 – cD(a)l2 = (ml1 – ml2) [cL(a)]2
[-]
(3.14.D)
I fattori kl ed ml per le pale d’uso navale a spigoli diritti sono tabulati in
funzione dell’allungamento effettivo l (si veda la Tab.3.14.A), mentre quelli
relativi a pale con distribuzione ellittica della portanza sono esprimibili
analiticamente. Se il fattore kl viene espresso in radianti, per le pale a
distribuzione ellittica della portanza vale:
kl = ml = (pl)–1
[-]
(3.14.E)
ed i valori così ottenuti possono essere utilizzati in sostituzione di quelli
tabulati.
0,5
1,0
1,5
2,0
4,0
6,0
fattore kl [°]
37,20
19,05
12,92
9,85
5,17
3,58
fattore ml [–]
0,632
0,318
0,213
0,161
0,082
0,056
allungamento l
TABELLA 3.14.A
Fattori di correzione per l’allungamento.
Come ultima risorsa, se non si dispone delle caratteristiche dei profili,
esistono formule analitiche che, legando i coefficienti idrodinamici
all’allungamento e all’angolo di attacco, trascurano l’effetto della forma sia
della pala che del profilo, oltre che l’effetto del numero di Reynolds. Tali
espressioni forniscono valori approssimati di cL, cD e cQ (quest’ultimo
calcolato rispetto al bordo di attacco) validi solo per profili semplicemente
convessi e per angoli di attacco piccoli rispetto all’angolo previsto di stallo
(a < 10°). Queste espressioni devono essere poi completate con i dati relativi
all’angolo di stallo.
È molto interessante osservare infine che pale con profili convenzionali,
se il loro allungamento è troppo basso (l < 1,0), possono non riuscire ad
esprimere la portanza massima del profilo, a causa dell’abbattimento della
curva di portanza, entro il valore limite rappresentato dal massimo angolo di
barra del timone. D’altra parte va sempre verificato che l’angolo previsto di
stallo sia maggiore del massimo angolo di barra del timone.
76
L’apparato di governo e manovra
Anche per la pala rettangolare costituita da una lastra piana si può fare
riferimento a formulazioni semi–empiriche.
Vanno ricordati, a riguardo, i risultati delle prove al vero condotte sulla
Loira da Joessel nel 1873: questi misurò la forza idrodinamica che nasce su
una lastra piana al variare dell’angolo di attacco a e dell’intensità della
corrente. La formula che propose mette in luce la dipendenza della forza
d’interazione idrodinamica dal quadrato della velocità e dall’area della
superficie, d’altro lato non considera altri fattori importanti come
l’allungamento della pala. In pratica Joessel fece variare, a parità di angolo
di attacco e di velocità, la posizione dell’asse di rotazione, e misurò i
momenti torcenti: ciò gli permise di pervenire al valore della forza FN e del
suo braccio. Egli espresse i risultati degli esprimenti in termini di
coefficiente adimensionale cN:
cN = 0,811 sin a / (0,195 + 0,305 sin a)
[-]
(3.14.F)
I coefficienti idrodinamici della lastra piana rettangolare sono forniti,
per i diversi RN, al variare dell’allungamento e del rapporto fra spessore e
corda, si vedano per esempio i valori riportati in Tab.3.14.B, ma si ricorda
che rimangono di valido utilizzo le formulazioni proposte da Joessel.
PROFILO
CARATTERISTICHE
portanza
efficienza
TABELLA 3.14.B
lastra piana
(t /c = 0,07)
NACA–0015
CL (a
= 10°)
0,323
0,289
CL (a
= 20°)
0,654
0,622
CL (a
= 30°)
0,915
0,926
CL (a
= 40°)
1,000
0,685
CL /CD (a
= 10°)
2,45
6,90
CL /CD (a
= 20°)
2,10
4,61
CL /CD (a
= 30°)
1,54
2,89
CL /CD (a
= 40°)
1,15
1,13
Confronto fra le caratteristiche della lastra piana e di
un profilo NACA–00 (l = 1, RN » 0,75·106, valori
misurati).
77
Corso di Allestimento Navale
In Tab.3.14.B sono anche riportati i dati relativi ad un profilo di uso
comune in campo navale: il confronto dell’efficienza rende conto della
convenienza d’utilizzo dei profili.
3.15 – La superficie idrodinamica articolata
Il timone sospeso ha la configurazione più semplice fra quelle utilizzate per
le navi, esso prevede infatti una superficie di controllo azionata e sostenuta
da un’asta disposta verticalmente, collegata alla pala per mezzo di un
accoppiatoio contenuto generalmente entro i mantelli.
In alternativa, la pala viene sostenuta anche da strutture che fuoriescono
dallo scafo, poste in corrispondenza del bordo di attacco nella parte alta o in
prossimità del bordo inferiore: in questo modo l’asta viene sgravata di parte
del carico trasmesso dalla pala (in particolare diminuisce il momento
flettente sull’asta). Quando la struttura di supporto della pala si estende in
maniera parziale lungo il bordo di attacco il timone viene detto “su corno”,
quando invece la struttura di supporto corre dallo spigolo superiore a quello
inferiore della pala il timone è detto “su pinna”. Infine, il sostegno inferiore,
detto calcagnolo, è una struttura ottenuta dal prolungamento della chiglia.
Le strutture di supporto poste lungo il bordo di attacco modificano
anche significativamente le caratteristiche idrodinamiche della pala,
partecipando alla generazione delle forze di portanza e di resistenza. Per
questo motivo tali supporti vengono sagomati in modo da assumere una
forma idrodinamica, possibilmente ben avviata con la pala allo scopo di
costituire un unico corpo idrodinamico senza discontinuità o interstizi fra le
parti.
Il supporto inferiore (calcagnolo) non costituisce un ingombro per il
flusso incidente sulla pala e quindi non richiede particolari sagomature. Dal
punto di vista idrodinamico si distinguono perciò i timoni a superficie
completamente mobile da quelli “dietro superficie fissa”, ovvero con
sostegno lungo il bordo di attacco. D’altro lato, dal punto di vista costruttivo
si parla di timoni sospesi, su pinna, su corno o su calcagnolo.
È bene notare che il progetto strutturale e quello idrodinamico sono
strettamente connessi, infatti una pala senza strutture aggiuntive di sostegno
richiede un’asta di controllo e supporto più robusta perché soggetta, oltre che
a carichi torsionali (immediata conseguenza dell’azione di controllo) anche a
carichi flessionali. La presenza di strutture di sostegno sgrava parzialmente
l’asta dalle azioni flessionali, permettendo così un dimensionamento più
leggero della stessa, e tra le varie soluzioni è da preferire quella su corno,
infatti la pinna è più intrusiva sul funzionamento della pala, mentre il
calcagnolo è un elemento delicato posto in una zona estremamente critica.
78
L’apparato di governo e manovra
La differenza sostanziale tra timone sospeso e timone su sostegno
riguarda il valore minimo realizzabile del rapporto di forma del profilo (che
come noto dipende dal diametro dell’asta): dal punto di vista idrodinamico il
rendimento della pala migliora se si utilizzano profili più sottili, anche se tale
effetto positivo viene ridotto dalle maggiori perdite indotte dalle
discontinuità fra le parti. Vale comunque, in generale, che le soluzioni con
supporti sono da preferire quando si vuole aumentare l’affidabilità della
struttura di sostegno del timone, infatti le forze si scaricano su una struttura
portante più ampia ed efficace.
La presenza di una parte fissa (corno o pinna) migliora le caratteristiche
di controllo della rotta perché contribuisce alla stabilità dinamica della nave.
Diverso è invece l’effetto dei supporti durante un’accostata, infatti l’angolo
di attacco sulla parte fissa, a causa della deriva può diventare opposto a
quello impostato sulla pala e, con il flusso che incide sul dorso nella parte
fissa della pala articolata, la portanza si riduce. D’altro lato, se la parte fissa
è molto estesa (per esempio lo skeg su cui sono fissati i timoni centrali sulle
navi bielica), l’effetto che questa ha sulla pala è quello di ridurre l’angolo di
deriva al timone durante l’accostata e così migliora il funzionamento del
timone rispetto al caso in cui esso sia sospeso lontano dallo scafo.
Per quanto riguarda i timoni su pinna, prove sperimentali su timoni
isolati, e investiti da un flusso omogeneo sempre allineato con l’eventuale
parte fissa, mostrano che una superficie completamente mobile realizza, a
parità di area, una portanza maggiore rispetto ad una parzialmente mobile
ma di pari area totale AT, qualsiasi sia la percentuale di suddivisione tra area
mobile AM ed area fissa AF (ma sempre con AT = AM + AF = costante). Tali
esperienze, condotte su timoni di assegnata area totale e con avviamento
perfetto fra le parti, mostrano che la portanza, massima quando la superficie
è completamente mobile, diminuisce all’aumentare del rapporto fra AF e AM.
Infatti, questo profilo formato da due corpi in cascata, presenta un angolo di
attacco sulla parte prodiera che non è ottimale per la generazione della
portanza.
Si osservi inoltre che la resistenza indotta aumenta per effetto delle zone
di discontinuità (interstizi) fra la pinna e la pala ed a causa di un eventuale
grado di compenso del timone, che crea un disallineamento fra le parti. In
realtà quindi tra dorso e ventre si crea un vaso di comunicazione, sempre più
grande all’aumentare dell’angolo di barra, e di conseguenza si ha una
riduzione dei campi di pressione idrodinamica (con ulteriori riduzioni di
portanza dell’ordine del 10%).
D’altro lato, l’aggiunta di una parte fissa, avviata con continuità di
fronte all’intero bordo di attacco, ha l’effetto di aumentare l’area della
superficie complessiva di controllo. Prove sperimentali hanno mostrato che
questo l’effetto prevale su quelli negativi dovuti al disallineamento e agli
79
Corso di Allestimento Navale
interstizi e si ha un miglioramento della portanza complessiva del timone. In
conclusione, una volta fissata l’area per esigenze evolutive, si può pensare di
posizionare di fronte alla pala una pinna per migliorare il controllo di rotta e
la generazione della portanza.
Si osservi poi che quando il timone è fissato direttamente a carena su
uno skeg, esso viene a funzionare come un flap dell’intera carena e lo studio
delle sue caratteristiche non può essere effettuato se non considerando
l’interazione con lo scafo. Questa soluzione porta a timoni che generano
molta più portanza rispetto al caso di supporto non continuo con la carena
(benché questi ultimi abbiano la possibilità di essere ben disposti nella scia
dell’elica).
Più usualmente, rispetto alla soluzione su pinna si preferisce quella su
corno, ottenendo un aumento della superficie mobile a parità di area totale,
con una zona, quella inferiore, che lavora senza parte fissa di fronte al bordo
di attacco. La portanza complessiva perciò aumenta, mentre la resistenza
risente da una parte della presenza deleteria di una zona di discontinuità alla
base del corno, dall’altra di una riduzione grazie alla diminuzione della zona
di disallineamento, sia per la minore estensione del supporto lungo la
campata sia perché l’asse di rotazione può essere più vicino al bordo di
attacco della parte mobile, si osservi infatti che la compensazione è
realizzata nella parte inferiore (tali timoni si dicono anche semi–compensati).
Complessivamente il rendimento del timone su corno é migliore di quello su
pinna.
Anche su queste configurazioni sono state svolte prove di laboratorio. In
questo caso si sono effettuate misurazioni delle forze e della posizione del
centro di pressione al variare dell’angolo di attacco e per diversi angoli di
deriva sul corno, allo scopo di simulare meglio il comportamento durante
l’accostata della nave. Come noto, l’effetto della deriva è quello di ridurre
l’angolo di attacco sulla pala, inoltre esso comporta la nascita di un angolo di
attacco opposto sulla parte fissa, a detrimento delle caratteristiche
complessive della pala – ma almeno migliorando l’efficacia del timone nel
controllo dell’imbardata. Sono anche disponibili i risultati di studi riguardo
all’influenza – sulla portanza – della chiusura dei meati fra il dorso ed il
ventre della pala: chiudendo questi interstizi la curva di portanza si fa più
ripida, ma il suo valore massimo non varia e quindi si abbassa l’angolo di
stallo. Infine, rispetto al timone a pala completamente mobile, quello su
corno conferma di avere una curva di portanza più bassa ed un rendimento
non altrettanto buono.
In generale, la presenza di una superficie fissa avviata a prora del
timone deve essere tenuta in considerazione nel calcolo delle caratteristiche
della pala, perciò una pinna o un corno devono essere considerati a tutti gli
effetti come facenti parte della pala. Concorrendo a determinarne tutte le
80
L’apparato di governo e manovra
caratteristiche morfologiche, devono essere conteggiati nel calcolo della
lunghezza media della corda e della campata, del rapporto t/c, dell’area
totale, dell’allungamento, della rastremazione e dell’angolo di abbattimento.
Per quando concerne il progetto idrodinamico, se non si dispongono di
informazioni sulle caratteristiche idrodinamiche dei timoni su pinna o di
quelli semi–compensati, si può ricorrere all’approssimazione conservativa di
trascurare gli effetti della parte mobile. Analogamente nel progetto
strutturale sarà conservativa l’assunzione di considerare la superficie
idrodinamica come se fosse tutta mobile e di trascurare il contributo
dell’area fissa semplicemente moltiplicando la forza complessiva per il
fattore AM /AT.
Per quanto riguarda la scelta del grado di compenso, si può osservare
che in generale un timone all movable ha un grado di compenso massimo
compreso fra il 23 % ed il 30 %, in funzione del tipo di profilo e del grado di
instabilità che si vuole ottenere, mentre su un timone su pinna o su corno si
realizza un grado di compenso minore, infatti il centro di pressione della
parte mobile risente della presenza della parte fissa e tende perciò a spostarsi
in avanti rispetto alla configurazione senza sostegno. Inoltre, si tende a
ridurre il più possibile il compenso per limitare il disallineamento fra parte
fissa e parte mobile e, per quello su corno, anche per esigenze di robustezza.
In particolare, un timone su supporto si presenta sempre stabile ed ha
compenso fra il 18 % ed il 24 %.
In conclusione, su una nave mercantile il corno va posizionato solo
quando sono preponderanti le esigenze di controllo della rotta, oppure
quando le dimensioni della volta di poppa non permettono di mantenere un
favorevole rapporto di forma del profilo e contemporaneamente della pala.
Vale sempre che, dal punto di vista strutturale, il corno o la pinna
conferiscono migliore robustezza al complesso, rendendolo più affidabile.
Quando la portanza generata da una pala con profilo fisso non è
sufficiente ad ottenere il desiderato effetto di manovrabilità, un’alternativa è
offerta dalla possibilità di sostituire la parte poppiera della pala con un flap
di coda (soluzione adottata generalmente su pale sospese). In questo caso
l’avviamento tra i due profili viene fatto con precisione e, cosa ancora più
importante, la pala complessiva lavora come un profilo in cascata facendo
aumentare la freccia: sono così assicurate migliori caratteristiche
idrodinamiche.
Le caratteristiche idrodinamiche del timone dipendono dalla percentuale
di superficie di flap ATF rispetto alla superficie mobile totale, e dal grado di
compenso del flap. In ogni caso la portanza massima con flap è
significativamente maggiore rispetto al caso di superficie completamente
mobile: il massimo guadagno si ha con il rapporto ATF /AT = 0,20.
81
Corso di Allestimento Navale
Il grado di compenso del flap viene generalmente mantenuto basso,
prossimo al 20%, per non aumentare il disallineamento, mentre il grado di
compenso totale raggiunge valori molto elevati (circa il 45%) poiché il
centro di pressione totale si sposta verso poppavia per effetto della curvatura,
è perciò conveniente che tali pale abbiano profili con massimo spessore
spostato verso poppavia.
Le curve idrodinamiche per questo tipo di pala vengono diagrammate
sia in funzione dell’angolo del flap aTF relativo al diametrale della pala, che
dell’angolo di attacco della pala a. Utilizzando uno dei due angoli come
parametro si possono visualizzare le possibili condizioni di lavoro del
timone; è interessante al proposito osservare le curve di portanza:
· la curva per a = 0 mostra la portanza del solo flap, evidentemente
l’andamento è simmetrico (rispetto al centro) al variare dell’angolo del
flap, mentre quelle per un prefissato valore di a diverso da zero sono
asimmetriche;
· i punti ottenuti al variare di a per aTF = 0 mostrano il comportamento
del timone con flap fisso sulla pala lungo l’asse della stessa (timone a
profilo semplice);
· definendo una legge del tipo aTF(a), si può ottenere una curva di
portanza che ottimizzi il comportamento del profilo in cascata, con il
gradiente di crescita massimo fino allo stallo.
Si ricorda che sono stati costruiti anche timoni con flap mobile sul bordo
d’ingresso, ma ciò non è conveniente dal punto di vista della sicurezza.
Il timone con flap viene usualmente realizzato con un meccanismo che
regola l’angolo relativo aTF tra il flap e la pala, in modo che il flap assuma
un valore prestabilito per ogni angolo di barra. Tale relazione fra aTF ed a
viene ottenuta tramite un cinematismo proporzionato in modo che portanza e
rendimento si mantengano mediamente elevati. Si raggiunge così lo scopo di
coniugare la semplicità del sistema di controllo, limitato all’asta principale,
con le migliori caratteristiche idrodinamiche, che possono aumentare anche
del 60%¸70% a tutti gli angoli di attacco (l’angolo di stallo infatti non
diminuisce). Questi timoni portano il nome dell’inventore e sono noti come
timoni “Lumley”, furono ideati a metà del secolo scorso e sono ora prodotti
da diverse aziende.
3.16 – Il progetto della pala
Il timone deve essere progettato considerando una serie di vincoli progettuali
di diversa natura. Come per ogni altro impianto della nave l’insieme della
pala, dell’asse, delle strutture di supporto, dei cuscinetti e dell’agghiaccio
deve essere progettato in modo da offrire il minor ingombro e il minor peso.
Inoltre, deve essere particolarmente affidabile, poiché la perdita della
82
L’apparato di governo e manovra
capacità di governare rappresenta un serio pericolo per la nave, perciò il
progetto deve essere semplice e ridondante, il che si traduce in una struttura
dalla morfologia non complessa e dimensionata con coefficienti di sicurezza
elevati. Come per ogni prodotto commerciale i costi di produzione ed i
previsti costi di gestione devono essere contenuti.
Il timone deve essere posto all’interno della volta di poppa, ad
opportuna distanza dalla linea di base, dallo specchio di poppa e dall’elica.
La distanza minima dalla linea di base è dettata da esigenze di sicurezza, lo
scopo è di evitare che il timone venga danneggiato da un eventuale incaglio
o durante le operazioni di immissione nel bacino di carenaggio, perciò si fa
in modo che il suo bordo inferiore sia rialzato rispetto alla chiglia di circa
150÷200 mm. Analogamente il timone deve essere rientrante dallo specchio
di poppa per ridurre il rischio di danni e per sfruttare appieno l’effetto
specchio. Infatti, la radice del timone deve essere prossima alla volta di
poppa per sfruttare l’effetto specchio, ma deve stare ad una opportuna
distanza dalla superficie libera, per ridurre gli effetti della ventilazione
(almeno il 40% della campata), oltre che per evitare che la pala risenta dei
colpi di mare o che venga investita da corpi galleggianti.
La distanza dall’elica deve essere opportunamente calibrata, infatti va
ridotta per sfruttare al massimo l’effetto della scia, ma non troppo per non
incorrere in vibrazioni eccessive indotte sul mantello della corrente vorticosa
prodotta dall’elica: questo campo alternato di pressioni può possedere infatti
armoniche prossime alle frequenze naturali della struttura globale della pala
o degli elementi strutturali del mantello. Nel complesso, la trasmissione delle
vibrazioni allo scafo deve essere minimizzata, soprattutto quando queste
provocano problemi di abitabilità (altre vibrazioni possono essere anche
indotte dal macchinario di controllo della pala).
Per quanto riguarda la configurazione della pala, dal punto di vista
commerciale i timoni convenzionali sono quelli su cui ricade generalmente
la scelta degli armatori.
Il timone di più semplice costruzione, e quindi meno costoso, è
sicuramente quello a superficie completamente mobile, il vantaggio
economico viene reso però meno attraente dal rischio di carenza di
robustezza dell’asse di controllo. L’asta del timone deve infatti sopportare
forti sollecitazioni flessionali oltre che torsionali e la sua capacità può essere
ridotta da fenomeni di fatica. Non è da trascurare inoltre il rischio dello
sfilamento accidentale del timone nel caso che la nave sia soggetta a
condizioni di mare particolarmente avverse e l’impianto non sia ben
mantenuto. Dal punto di vista idrodinamico è preferibile un timone sospeso
se il rapporto di forma del profilo è tale da garantire una sufficiente
efficienza, ma l’affidabilità del sistema di controllo migliora se è presente un
sostegno aggiuntivo oltre all’asta.
83
Corso di Allestimento Navale
Per questioni di sicurezza, e sulla base delle motivazioni sopra esposte,
sulla maggior parte delle navi mercantili e militari viene preferita la
soluzione su corno, che rappresenta un buon compromesso tra la soluzione
su pinna e quella di timone sospeso.
L’uso del calcagnolo comporta un migliore effetto sgravante per l’asta,
ma introduce all’estrema poppa un elemento strutturale snello e delicato, che
non ha sufficiente robustezza per far fronte a carichi accidentali come quelli
dovuti ad un incaglio. Quest’ultima soluzione non viene usualmente
considerata, se non su navi di piccole dimensioni, che montano anche timoni
su calcagnolo, infatti quando le forze in gioco non sono particolarmente
elevate il calcagnolo può essere progettato con una sufficiente sicurezza
senza essere eccessivamente appesantito, e può costituire una protezione per
l’elica e il timone, per esempio per i pescherecci.
Le navi monoelica hanno generalmente un solo timone, a centro nave e
quindi nella scia dell’elica. Le navi bielica possono avere uno o due timoni:
un solo timone dietro lo skeg di carena, e quindi strutturalmente ben
sostenuto, conferisce migliori caratteristiche di controllo della rotta; due
timoni nelle scie delle eliche hanno una migliore efficacia idrodinamica e
conferiscono alla nave migliori doti di manovrabilità, causando però un
detrimento delle caratteristiche di stabilità di rotta e un aumento della
resistenza aggiunta di carena. Si ricorda che per ciascun timone deve essere
definito un piano di riposo di minore resistenza, in genere inclinato di pochi
gradi (1°÷3°) rispetto al piano diametrale della nave. La maggiore sicurezza
derivante dalla ridondanza comporta maggiori costi che si giustificano, in
genere, solo per le navi militari e per le passeggeri (ma più di recente anche
per le grandi navi petroliere).
Per quanto riguarda la scelte delle caratteristiche morfologiche della
pala, valgono le seguenti considerazioni generali:
· profilo – per timoni convenzionali si usano i profili NACA 4–digit; solo
per motivi particolari si utilizzano profili diversi: per evitare l’insorgere
della cavitazione o per ottenere coefficienti di portanza particolarmente
elevati (in tal caso si usano anche pale con flap). Il rapporto di forma
del profilo non deve essere elevato. La lastra piana si utilizza quando
non si è interessati al rendimento del timone.
· allungamento della pala – deve essere il più possibile elevato,
compatibilmente con la dimensione del diametro dell’elica: la parte di
pala al di fuori del disco dell’elica risulta infatti poco efficace. Per
questo motivo il timone può essere collegato alla volta di poppa da una
pinna superiore fissa, avente lo stesso profilo idrodinamico della pala
in modo da mantenere un favorevole allungamento effettivo. Questa
configurazione è sempre auspicabile quando la volta di poppa è poco
profonda rispetto al galleggiamento ed è conveniente quando l’area
84
L’apparato di governo e manovra
necessaria ad ottenere l’effetto evolutivo desiderato può stare tutta a
poppavia del disco dell’elica.
· sviluppo planare – la pala è sempre a spigoli diritti, con una opportuna
correlazione fra rastremazione ed abbattimento. Considerazioni di
economicità costruttiva o di robustezza possono fare optare per pale
rettangolari ad abbattimento nullo. Il rapporto di forma del profilo deve
essere mantenuto costante lungo la campata
· grado di compenso – deve essere il maggiore possibile (minori spese di
funzionamento ed installazione dei macchinari di agghiaccio),
accettando eventualmente l’instabilità iniziale, compatibilmente con
fattori di robustezza ed efficienza nei timoni su corno.
Si osservi che l’allungamento del profilo e quello della pala sono fra
loro legati. Il timone verticale viene infatti collocato nella volta di poppa, a
poppavia dell’elica e, per quanto possibile, nella sua scia, perciò può avere
una corda massima pari alla distanza tra l’elica e la volta di poppa, al netto
delle luci necessarie. In direzione verticale l’altezza della volta di poppa ed il
diametro dell’elica sono le dimensioni che obbligano la scelta della campata.
Il terzo elemento fondamentale per la definizione delle caratteristiche
geometriche della pala è costituito dal diametro dell’asta che si collega alla
pala, in genere infatti per ottenere un collegamento avviato è necessario che
la parte superiore della pala sia in grado di alloggiare l’accoppiatoio
dell’asta.
La bontà del progetto del timone di una nave si misura con la capacità
della pala di generare, nell’interazione col flusso d’acqua, la forza necessaria
al controllo della rotta e all’accostata. Più precisamente tale operazione deve
avvenire con un elevato rendimento della pala e, se possibile, con bassi
angoli di barra per avere una minore usura dell’impianto di manovra.
In genere la scelta del tipo di timone e delle sue caratteristiche deve
basarsi sul profilo di missione della nave, favorendo le esigenze di controllo
della rotta o quelle di manovrabilità in acque ristrette, tenendo in conto
anche l’eventuale presenza di eliche trasversali. La pala deve cioè essere
ottimizzata per il controllo della rotta o per la manovra, ricercando,
nell’intervallo degli angoli di attacco di lavoro, il valore migliore del
rendimento.
Il procedimento di progetto è un processo iterativo di ottimizzazione
che prevede le seguenti fasi:
· la scelta dell’area totale del timone in base al confronto con navi simili;
· la definizione delle condizioni di lavoro e dei vincoli dimensionali, e
conseguentemente della massima area disponibile per la pala;
85
Corso di Allestimento Navale
· la scelta della tipologia di timone, del profilo e dello sviluppo planare
(se l’area disponibile per la pala è sufficiente, si considera un timone
convenzionale);
· il calcolo della forza idrodinamica trasversale FT generata dalla pala al
variare dell’angolo, caratterizzata essenzialmente dal gradiente di
crescita ai bassi angoli (¶FT /¶a)a = 0 [N/grado] e dal valore massimo
(FT)max [N] – si osservi che, se si trascura l’effetto della deriva, la forza
FT può essere espressa tramite la forza di portanza L della pala;
· la valutazione, in genere su base statistica, del valore minimo YO [N]
della forza di controllo Y [N] necessaria per la sicura accostata della
nave nelle più gravose condizioni di navigazione previste, e la
valutazione del minimo gradiente di crescita delle forze di controllo
(¶Y /¶a)a = 0, utile per quantificare l’efficacia del timone nelle manovre
di correzione della rotta;
· la verifica delle forze di controllo in termini sia di valori massimi, sia
di gradienti di crescita:
(FT)max ³ YO
(¶FT /¶a)a = 0 ³ (¶Y /¶a)a = 0
[N]
(3.16.A)
[N/grado]
(3.16.B)
Come indicato nello schema del procedimento, il parametro con cui
viene tarato il progetto è l’area della pala, essa rappresenta infatti la
caratteristica da cui il progetto è maggiormente influenzato.
Il metodo di previsione approssimata dell’area della pala si basa sul
confronto con navi della stessa tipologia (per esempio portacontenitori,
cisterne, bulk carriers) e quindi simili per carena, forma della volta di poppa,
caratteristiche dell’elica, velocità ed esigenze evolutive, oltre che per
tipologia di pala.
Allo scopo di favorire la definizione dell’area del timone, i dati sulle
navi esistenti sono stati raccolti in diagrammi o tabulati, esprimendo AR in
funzione di un parametro ad essa strettamente legato: l’area del piano di
deriva della nave APD [m2]. Essendo un dato di valutazione non immediata,
può essere calcolato con buona approssimazione come prodotto fra
l’immersione di progetto T [m] e la lunghezza della nave tra le
perpendicolari L [m], area indicata spesso con “LT ”.
Generalmente, per navi mercantili, AT non supera il valore di 1,5¸2,5%
dell’area del piano di deriva LT. Si vedano ad esempio le formule proposte
dai registri di classificazione, e tra queste la formula proposta dal DNV:
AR = (TL / 100) [1+ 25(B /L)2]
[m2]
(3.16.C)
la quale introduce come fattore correttivo il rapporto B/L fra la larghezza B
[m] e la lunghezza della nave, rapporto che, diminuendo per navi veloci,
86
L’apparato di governo e manovra
riduce il valore dell’area minima prevista. Si osservi infatti che, per navi
della stessa tipologia con velocità di servizio diverse, l’area del timone deve
aumentare in maniera inversamente proporzionale alla velocità prevista.
Questa formula è valida per timoni posti nel flusso dell’elica, in caso
contrario il DNV propone una maggiorazione del 30%.
Nota l’area, il progetto prosegue con la definizione dell’ingombro
massimo, nel rispetto delle minime luci dallo scafo e dall’elica. Si osservi
che la distanza minima consigliata dal Lloyd Register tra elica e pala è pari
al valore del 12% del diametro dell’elica, e almeno una volta lo spessore
massimo del timone. Si può quindi scegliere la lunghezza della campata e
successivamente si può valutare la lunghezza della corda. Dall’allungamento
geometrico si risale infine al valore dell’allungamento effettivo.
Si sceglie poi il minimo rapporto di forma del profilo, previo
dimensionamento dell’asta con formule esatte o approssimate (quali quelle
dei registri di classificazione), utilizzando per il profilo la legge che si ritiene
più opportuna e dopo aver definito il tipo di supporto della pala, il suo
sviluppo planare ed il grado di compenso del timone. Si osservi che il
diametro minimo così calcolato è tale da verificare le normative, esso
rappresenta infatti quello previsto dal Registro e non quello calcolato sui
carichi valutati per via diretta.
Una volta che sono state fissate tutte le caratteristiche morfologiche
della pala, il calcolo delle forze idrodinamiche viene svolto utilizzando i
coefficienti idrodinamici di pala, corretti per la presenza della carena e
dell’elica, oppure i coefficienti idrodinamici di profilo, corretti anche per
l’allungamento effettivo.
La forza trasversale utile, generata dal timone al variare dell’angolo di
barra, deve essere ora confrontata con il valore della forza minima,
necessaria al controllo della nave nel rispetto delle qualità manovriere
richieste dalle normative. Tale confronto di verifica viene effettuato in due
fasi:
· il valore massimo della forza trasversale utile (FT)max deve risultare
maggiore della forza minima necessaria per generare l’accostata della
nave YO, desunta da prove di evoluzione e di zig–zag effettuate su navi
simili.
· il gradiente medio della forza evolutiva sviluppata dalla pala entro i
valori d’angolo di barra (a £ 5°÷10°) deve risultare superiore al tasso
minimo di crescita necessario a generare forze di controllo adeguate
per il controllo della rotta.
Tale via è difficilmente percorribile a causa della difficoltà di reperire dati
attendibili relativamente alle forze evolutive Y necessarie per garantire una
buona manovrabilità nei rispetti delle normative vigenti.
87
Corso di Allestimento Navale
Un metodo alternativo a questa doppia verifica diretta è quello che fa
riferimento al cosiddetto coefficiente di efficacia del timone cY [–], definito
come cY = (¶L/¶a)a = 0 / (qLT) in cui q è valutato sulla base della velocità vA.
Esso ingloba i due termini essenziali per la determinazione delle
caratteristiche di manovrabilità offerte dal timone. Infatti, considerando che
per timone nella scia di carena e dell’elica L vale:
L = cL (1/2 r vA) AR KE
[N]
(3.16.D)
ove KE [-] esprime la correzione di velocità per effetto dell’elica ed è pari a:
KE = 1+ ARE /AR {[1+km((CT+1)0,5–1)]2 –1}
[-]
(3.16.E)
in cui con ARE [m2] si è indicata l’area del timone nel flusso dell’elica, si
ottiene che:
cY = (¶cL /¶a)a = 0 (AR /LT) KE
[-]
(3.16.F)
ove è evidente che cY è proporzionale al gradiente delle forze di controllo e
all’area della pala, che indirettamente rende conto della forza sviluppata.
Questo percorso standardizzato prevede di confrontare il cY calcolato
con il valore minimo cYO tale da garantire buone doti di manovrabilità della
nave, valore desunto da prove al vero su navi simili.
I risultati delle prove vengono elaborati per ottenere il valore di cYO, che
viene diagrammato in funzione dei parametri significativi della nave ai fini
delle qualità manovriere, tra i quali i più importanti sono: la velocità, il
coefficiente di finezza cB, il rapporto L/T tra la lunghezza e l’immersione e il
rapporto i/L, in cui i [m] è il raggio di girazione di massa calcolato rispetto
all’asse baricentrico verticale. Quando la nave ha una superficie di vela AL
[m2] molto elevata il valore di verifica cYO è quello ottenuto da prove
condotte in presenza di vento costante a diverse velocità, ed ai parametri
significativi si aggiunge il rapporto AL/AD tra l’area longitudinale esposta al
vento e l’area del piano di deriva.
In ultima analisi, quando non sono disponibili né i valori delle forze di
manovra Y, né il valore del minimo coefficiente di efficacia del timone cYO,
non rimane che soprassedere alla fase di verifica, e la bontà del progetto
rimane condizionata essenzialmente dalla scelta dell’area della pala AR: per
questo motivo, almeno in tali casi, è necessario che i dati tramite i quali si
opera la scelta dell’area di pala siano estremamente affidabili.
Si osservi infine che anche la velocità di manovra del timone è un
fattore dal quale dipende la manovrabilità della nave. Tale velocità, regolata
dalla normativa, non costituisce però un parametro di progetto poiché, per
migliorare la manovrabilità della nave a parità di costi, è più efficace un
aumento dell’area del timone piuttosto che un aumento della velocità di
rotazione della pala.
88
L’apparato di governo e manovra
3.17 – La configurazione strutturale
Il timone navale nella sua configurazione più semplice è costituito da una
pala a semplice lastra piana, sostenuta da braccioli fissati alla spalla, detta
anche fusto, alla quale possono essere collegati alternativamente da un lato e
dall’altro. A sua volta il fusto porta degli accoppiatoi tronco–conici entro i
quali vengono fissati dei perni, detti agugliotti, che all’altra estremità
ruotano in alloggiamenti cilindrici, detti femminelle, realizzati sul dritto di
poppa. L’ultima femminella in basso è invece costituita dal prolungamento
del calcagnolo, la struttura inferiore di chiusura del pozzo dell’elica.
La rotazione del timone avviene per azione dell’asta o miccia, collegata,
a poppavia dell’asse di rotazione, alla radice della pala con una flangia
verticale od orizzontale o con un accoppiatoio a parelle. Il sistema formato
dall’asta e dalla pala, sostenuta dal dritto di poppa tramite gli agugliotti, per
poter ruotare richiede ovviamente che l’asse dell’asta e l’asse degli agugliotti
siano coincidenti.
L’asta di comando del timone entra a scafo attraverso un’apertura detta
losca, un’appendice negativa di carena costituita da un volume non stagno
entro l’avviamento del fasciame della volta di poppa. Il passaggio stagno
dell’asta è garantito da un cuscinetto radiale munito guarnizione a
pressatrecce. Il pressatrecce è costituito da una serie di anelli di guarnizione,
un tempo canapa oggigiorno fibre sintetiche, posti fra l’asta e il cuscinetto e
tenuti in posizione da due semi–anelli fissati al cuscinetto con viti
prigioniere. La lubrificazione del cuscinetto è realizzata ad acqua di mare,
mentre la guarnizione è intrisa di grasso.
L’asta prosegue poi fino al ponte che ospita l’impianto di timoneria o
agghiaccio, ove è sostenuta da un cuscinetto radiale e da uno assiale
(reggispinta) che regge, oltre al peso dell’asta, anche quello della pala. La
forza verticale verso il basso, seppure ridotta della spinta archimedea sulle
parti immerse, può essere aumentata dall’effetto delle forze inerziali. Tale
cuscinetto assiale viene anche detto capodrina e deve essere corredato da uno
scontro per impedire il sollevamento del timone quando prevalgono le forze
verso l’alto. In alcune sistemazioni particolari, quando è presente un robusto
supporto fuori scafo, i cuscinetti di losca e di agghiaccio vengono sostituiti
da un lungo cuscinetto in unico astuccio, munito inferiormente di
guarnizione stagna. Infine, all’estremità superiore è calettata sull’asta la
barra di comando, sulla quale agisce l’agghiaccio.
L’asta è in acciaio fucinato e presenta una sezione circolare costante,
eventualmente rastremata tra i cuscinetti di losca e di agghiaccio, zona nella
quale il momento flettente è generalmente basso.
I cuscinetti radiali sono formati da una boccola calettata sulla struttura
di supporto e hanno un’altezza pari a circa 1,0÷1,2 volte il diametro dell’asta
89
Corso di Allestimento Navale
poiché non devono interferire con quest’ultima quando si flette sotto l’azione
del carico. Essi funzionano usualmente con strisciamento a secco o con una
piccola quantità di lubrificante, generalmente grasso ma anche acqua di
mare, poiché in genere si realizzano valori di pressione e di velocità non
elevati. Si utilizzano a tale scopo, per le boccole nelle quali deve strisciare
l’albero, materiali che consentono una minima lubrificazione. L’asta viene
poi superficialmente rinforzata in corrispondenza dell’accoppiamento con i
cuscinetti radiali, infatti la parte caricata ed in movimento è salvaguardata a
scapito di quella fissa. Il cuscinetto assiale è anch’esso del tipo a
strisciamento, ma può anche essere a rulli.
Un tempo i cuscinetti erano formati da un corona di doghe in legno duro
(legno santo o lignum vitae) alloggiate in una camicia di bronzo. Anche
l’asta aveva una camicia in bronzo o in ottone, infatti la lubrificazione era
ottenuta con acqua di mare e tale materiale era inserito proprio per evitare
problemi di corrosione.
Nelle nuove costruzioni i cuscinetti hanno boccole in metallo bianco
(lega antifrizione di rame, stagno, piombo e antimonio) oppure in materiali
sintetici, ossia resine dalle diverse caratteristiche meccaniche che abbiano
buona resistenza all’usura, alta resistenza all’ambiente corrosivo, basso
coefficiente di attrito statico e dinamico, durezza sufficiente e buone
caratteristiche di auto–lubrificazione. Tra queste si ricordano, in ordine
crescente di durezza – e quindi di capacità di sopportare carico – i
policarbonati, il Nylon, il PTFE caricato e le resine fenoliche (Teflon).
Il legno ed il metallo bianco sopportano pressioni di lavoro piuttosto
basse, infatti la pressione convenzionale massima (uguale al rapporto fra la
massima reazione vincolare radiale e l’area proiettata del cuscinetto) è
fissata in 2,5 N/mm2 per il legno santo ed in 4,5 N/mm2 per il metallo bianco
lubrificato ad olio. Per quanto riguarda le resine sintetiche, si considerano
adeguati all’uso quei materiali che garantiscono pressioni di contatto
ammissibili di almeno 5,5 N/mm2. Quando le pressioni sono elevate, ossia
per timoni di grandi dimensioni, le boccole possono essere costituite da
bronzo, acciaio inossidabile o infine da materiali ottenuti per pressatura a
caldo di bronzo e grafite (procedimento di sinterizzazione), con pressioni
convenzionali massime di 7,0 N/mm2.
D’altra parte, l’asta o l’agugliotto devono affacciarsi al cuscinetto con
una superficie resistente all’usura, in genere è prevista una camicia o un
riporto in acciaio inossidabile, oppure un indurimento superficiale ottenuto
con procedimento di cementazione o di nitrurazione.
Il momento resistente di frizione applicato all’asta viene calcolato come
QF = ½ DA m FR
90
[Nm]
(3.17.A)
L’apparato di governo e manovra
dove DA [m] è il diametro dell’asta, m [-] il coefficiente d’attrito – i cui valori
possono essere assunti in base alle indicazioni dei Registri – ed FR [N] la
forza radiale applicata sul cuscinetto.
Tali considerazioni valgono anche per gli accoppiamenti fra agugliotti e
femminelle.
A differenza della pala a semplice lamiera, quella carenata è formata da
un mantello di fasciame stagno. Inizialmente la struttura interna di sostegno
del mantello ed il fusto costituivano un unico telaio, ottenuto per fusione.
Ora il fusto non ha più ragione di essere presente poiché la pala è a struttura
portante, costituita da diaframmi in lamiera, orizzontali e verticali, disposti
cioè in modo da formare un grigliato. Si osservi che i diaframmi devono
essere allineati con le strutture di supporto della pala, sia l’asta sia
l’eventuale corno, e devono essere disposti in modo da suddividere il
mantello in pannelli di opportune dimensioni (indicativamente fra 600 mm e
900 mm, in funzione della dimensione della pala) e, quando possibile, di
allungamento unitario. Il diaframma verticale posto in continuazione
dell’asta deve essere particolarmente robusto e può essere eventualmente
raddoppiato. I diaframmi orizzontali estremi sono anche detti coperchi. Il
bordo di uscita può essere ottenuto saldando uno sull’altro gli spigoli dei due
semi–mantelli, oppure inserendo tra le due lamiere una lama.
I mantelli vengono collegati ai diaframmi con saldature che solo su un
lato possono essere fatte dall’interno: la saldatura del secondo lato del
mantello viene effettuata dall’esterno con il sistema delle asole. In pratica sui
diaframmi vengono saldate delle piattabande, in corrispondenza delle quali
sul mantello vengono praticati dei fori: il collegamento del mantello viene
fatto tramite cordoni di saldatura stesi tra lo spessore del mantello e le
piattabande. Invece di essere forato per ricavare delle asole, il mantello può
essere tagliato in più pannelli in corrispondenza delle piattabande (sistema
ad asola continua). In alternativa i diaframmi possono essere lavorati, su un
lato, in modo da presentare degli occhielli sporgenti, in corrispondenza dei
quali devono corrispondere le asole del mantello (la saldatura viene
effettuata in maniera analoga).
Sul mantello si possono individuare alcuni particolari, quali i fori di
aleggio, i portelli per l’ispezione e lo smontaggio degli agugliotti, i fori di
sollevamento. Sul coperchio superiore ed a scafo sono fissati degli scontri di
fine corsa per l’angolo di barra del timone, a meno che l’agghiaccio non sia
dotato di un proprio dispositivo di fine corsa. In alternativa, per i timoni su
corno, gli scontri, compreso quello per evitare il sollevamento, possono
essere previsti alla base del corno.
Sul grigliato vengono saldati gli accoppiatoi tronco–conici per gli
agugliotti e per l’asta (o la flangia per l’asta). Questi elementi, ottenuti per
91
Corso di Allestimento Navale
fusione, portano delle alette per il collegamento di testa delle lamiere dei
diaframmi e sono eventualmente sagomati in modo da partecipare alla
definizione della superficie avviata della pala (il loro ingombro trasversale è
di circa 1,75 volte il diametro dell’asta). L’accoppiamento fra l’asta e la pala
viene effettuato con sistemi oleodinamici, sia per il serraggio dei dadi, sia
per la forzatura dell’asta entro l’accoppiatoio tronco–conico.
Nel caso dei timoni Simplex ad agugliotto passante, questo appoggia su
due cuscinetti interni alla pala, posti alle estremità della stessa, e la struttura
a grigliato viene a modificarsi inglobando un rinforzo tubolare entro il quale
passa appunto l’agugliotto continuo.
Per concludere, le strutture del corno, della pinna e del calcagnolo
hanno una configurazione simile a quella della pala, ossia un supporto
interno fatto da un grigliato di lamiere saldate o da un telaio fucinato. La
struttura di ancoraggio a scafo è rinforzata sia in corrispondenza del corno,
sia in prossimità dei supporti per i cuscinetti.
3.18 – Il progetto strutturale
Il sistema strutturale complessivo del timone è formato dalla pala – sorretta
eventualmente dagli agugliotti del corno e del calcagnolo – e dall’asta,
sorretta a sua volta dai cuscinetti di losca e di agghiaccio. L’insieme dell’asta
e della pala può essere trattato come un corpo strutturale unico poiché il
collegamento fra le due parti è ottenuto con un accoppiamento che garantisce
un incastro perfetto.
Lo studio della struttura del timone e dei suoi sistemi di sostegno
consiste nel dimensionamento delle varie parti, sollecitate dall’azione delle
forze idrodinamiche, della forza peso e del momento di controllo esercitato
dalla timoneria (oltre che dall’azione delle forze di attrito sulle parti in
movimento reciproco); si tratta in pratica delle seguenti parti strutturali:
· la pala (rudder blade), formata da mantello e diaframmi,
· l’asta (rudder stock),
· gli accoppiatoi (rudder stock couplings), gli agugliotti (pintles) ed i
cuscinetti (bearings),
· le strutture di sostegno, quali il corno (horn) o il calcagnolo (solepiece),
ivi compresi gli ancoraggi entro scafo.
Tra queste parti, il maggior interesse deve essere rivolto agli elementi più
critici del sistema, ossia l’asta e la pala – e come noto il primo elemento ad
essere dimensionato è proprio l’asta.
Il modello strutturale per il progetto dell’asta può essere definito tramite
un sistema di travi rettilinee, ovvero una trave a più campate, in cui la pala
stessa è rappresentata da un elemento mono–dimensionale, ossia da un
92
L’apparato di governo e manovra
elemento equivalente ai fini della flessione. In tale configurazione il carico
distribuito sulla lunghezza della pala viene equilibrato sia dagli appoggi –
fissi o cedevoli – sui cuscinetti (con forze di reazione vincolare), sia dal
macchinario d’agghiaccio (con il momento torcente di controllo). La
determinazione delle reazioni vincolari e delle caratteristiche di
sollecitazione sul sistema di travi richiede in genere l’utilizzo dei metodi di
risoluzione delle strutture iperstatiche, che possono essere analitici, e in tal
caso può essere applicato il metodo “dei quattro momenti” oppure quello
iterativo noto come “metodo di Cross”, oppure numerici (calcolo agli
Elementi Finiti).
Si ricorda che le forze idrodinamiche generate dalla pala vengono
trattate con riferimento alla risultante F applicata sul centro di pressione CP
ed inclinata dell’angolo j rispetto al piano normale alla pala. Per valutare lo
stato di sollecitazione, il sistema appena descritto viene ridotto ad un sistema
equivalente traslando la forza F sull’asse di rotazione ed aggiungendo il
momento torcente di trasporto Q. Trascurando la distanza fra l’asse di
rotazione e quello baricentrico, si applica la teoria della trave ideale di De
Saint–Venant (carico e vincoli sull’asse baricentrico).
È quindi chiaro che, per quanto riguarda lo stato di sollecitazione, il
sistema sperimenta una sollecitazione di flessione deviata composta
(momento flettente in presenza di taglio) causata da F, ed una torsione
causata da Q. Trattandosi di strutture snelle, la sollecitazione derivante dal
momento flettente è quella dominante, a meno che l’asta non venga
opportunamente sgravata dal flettente – per esempio irrigidendo la pala con
un fusto disaccoppiato dall’asta, o con un agugliotto passante, o ancora con
più appoggi ravvicinati –, in tal caso rimane la sola torsione, che comunque è
sempre presente.
3.19 – Il modello per lo studio dell’asta
La definizione del modello strutturale per il calcolo analitico richiede la
valutazione delle caratteristiche delle singole travi componenti – l’asta e la
pala –, in termini sia di lunghezze efficaci, sia di sezioni resistenti. La
conoscenza di questi dati permette infatti di valutare i momenti d’inerzia
rispetto all’asse neutro, e conseguentemente le rigidezze flessionali delle
travi, e consente poi di valutare i moduli di resistenza per la successiva
verifica delle sollecitazioni. Per quanto riguarda la torsione, l’elemento
critico è l’asta e la sua rigidezza torsionale è nota quando se ne conosce il
diametro.
La sezione resistente dell’asta è una sezione circolare piena, avente
momento d’inerzia JA [m4] calcolato rispetto all’asse neutro pari a:
93
Corso di Allestimento Navale
JA = ¼ p (DA/2) 4
[m4]
(3.19.A)
[m4]
(3.19.B)
4
e momento polare JO [m ] pari a:
JO = 2 JA = ½ p (DA/2) 4
mentre quella della pala è costituita dagli elementi strutturali a elevato
sviluppo longitudinale, ossia dal mantello e dai diaframmi verticali. Il
calcolo della rigidezza flessionale della pala viene svolto su un modello
geometrico semplificato, ottenuto rettificando la curva del mantello lungo la
linea interna degli spessori. Perciò per il generico i–esimo tratto rettificato di
spessore ti [mm], lunghezza li [mm] ed inclinazione qi [°] rispetto al
diametrale della pala, il momento d’inerzia baricentrico JPi [m4] rispetto
all’asse parallelo all’asse diametrale della pala (asse diametrale che
costituisce, come si vedrà più avanti, l’asse neutro della pala) vale:
JPi = 1/12 ti 3li (cosqi )2 + 1/12 li3ti (sinqi )2
[m4]
(3.19.C)
e il momento d’inerzia della pala complessiva risulta dalla somma dei
momenti d’inerzia propri e di trasporto dei singoli elementi di lamiera. La
pala formata da una semplice lamiera consente una modellazione più diretta
della trave equivalente, è infatti sufficiente considerare la sezione resistente
formata da pala e fusto.
Per quanto riguarda i vincoli, i cuscinetti radiali di supporto dell’asta
vengono considerati dei semplici appoggi, trascurando la loro estensione
longitudinale, sia per sicurezza sia per creare un modello più aderente alla
realtà, in quanto l’effetto incastrante è generalmente ridotto. Infatti, i
cuscinetti devono essere di altezza limitata per non interferire con l’asta in
flessione (per lo stesso motivo la rigidezza flessionale dell’asta non può
essere trascurata, soprattutto quando si usano acciai ad elevata resistenza).
Parallelamente, le cerniere formate da agugliotti e femminelle vanno
considerate come semplici appoggi, eventualmente cedevoli sotto l’azione
delle forze indotte dal timone. In questi casi il vincolo deve essere
considerato elasticamente cedevole e deve essere opportunamente valutata la
rigidezza alla traslazione: è questo il caso dei cuscinetti di appoggio della
pala sul corno, sulla pinna e sul calcagnolo.
Le rigidezze del calcagnolo e del corno vengono usualmente calcolate,
con modelli a travi a sezione costante, considerando l’effetto della sola
componente trasversale della forza ivi scaricata. Tali supporti cedevoli
comportano una deformazione del sistema non necessariamente piana: per
risolvere il sistema in maniera analitica si accetta quindi l’ipotesi
semplificativa di cedimenti paralleli tra loro e normali al piano diametrale
della pala. Ciò comporta un’ulteriore approssimazione nel calcolo delle
rigidezze dei supporti.
94
L’apparato di governo e manovra
Poiché, in generale, il modello può essere a travi con sezione variabile
lungo la campata, si devono utilizzare i metodi risolutivi specifici per travi a
sezione variabile o, in alternativa, si può applicare l’ipotesi della “falsa
posizione” per creare campate fittizie a sezione costante. Tale situazione si
verifica per esempio quando il cuscinetto di losca è lontano dalla radice della
pala oppure quando la pala ha una geometria fortemente variabile lungo la
campata, mentre in genere viene trascurata la rastremazione dell’asta tra
agghiaccio e losca.
L’ipotesi della falsa posizione consiste nell’inserire un appoggio in un
punto di comodo della travatura, e nel cercare la soluzione del problema
strutturale, facendo cedere anelasticamente la trave in quel punto finché si
annulla la reazione di vincolo ivi maturata. In pratica si deve procedere
secondo le seguenti fasi:
· partendo dal sistema iniziale (Sistema 0) inserire l’appoggio (con
cedimento anelastico incognito) nel punto P, ottenendo il sistema
modificato (Sistema 1)
· risolvere il “Sistema 1A” nel quale la struttura è sollecitata dal carico
agente e dagli eventuali cedimenti di vincolo, escluso il cedimento in P
ove l’appoggio viene mantenuto fisso; si calcola così in P la reazione
RP,1A [N] ivi maturata per solo effetto del carico e dei vincoli cedevoli;
· risolvere il “Sistema 1B” nel quale la struttura è sollecitata dal solo
spostamento anelastico in P (struttura scarica e con i vincoli cedevoli
bloccati nella posizione di riposo) che, non essendo noto, deve essere
imposto pari ad un valore di comodo, per esempio dP,1B =1 [m]; in tal
modo si calcola in P la reazione vincolare RP,1B [N] maturata per solo
effetto del cedimento unitario in P;
· calcolare, in base al principio di sovrapposizione degli effetti, la
reazione complessiva in P nel Sistema 1 (con il vincolo fittizio), data
dalla relazione:
RP,1 = RP,1A + dP RP,1B
[N]
(3.19.D)
nella quale dP rappresenta il generico spostamento che fornisce una
soluzione congruente con il sistema di partenza;
· ricercare fra le soluzioni congruenti con il sistema di partenza, l’unica
che sia anche di equilibrio, ossia l’unica soluzione che fornisca una
reazione nulla nel punto P. Ciò equivale ad imporre che RP,1 si annulli
ed equivale perciò a risolvere rispetto a dP la seguente equazione di
equilibrio in P:
RP,1A + dP RP,1B = 0
[N]
(3.19.E)
dalla quale si ha il valore dello spostamento “vero” in P, ossia quello
che si realizza nel Sistema 0:
95
Corso di Allestimento Navale
dP,0 = – RP,1A /RP,1B
[m]
(3.19.F)
Una volta determinato il valore dello spostamento nel punto in cui si era
posto l’appoggio fittizio, si possono calcolare le caratteristiche di
sollecitazione del sistema di partenza sommando a quelle del Sistema 1A i
valori ottenuti dal Sistema 1B dopo averli moltiplicati per dP,0.
In base alle possibili configurazioni del timone, nella pratica si possono
distinguere le seguenti diverse situazioni di calcolo:
· timone sospeso,
· timone su calcagnolo,
· timone su corno (con appoggio unico sul corno),
· timone su più agugliotti.
Nel caso di timone sospeso, la trave equivalente è costituita da due
campate; partendo dal basso si ha prima la campata che si estende dal fondo
della pala fino al centro del cuscinetto di losca, poi quella che rappresenta
l’asta compresa fra i due cuscinetti di losca e di agghiaccio. Si osservi che il
sistema è isostatico su appoggi fissi.
Nel caso di timone su calcagnolo, la trave equivalente è costituita da due
campate; partendo dal basso si ha prima la campata che si estende dal fondo
della pala al centro del cuscinetto di losca, poi quella che rappresenta l’asta
compresa fra i due cuscinetti di losca e di agghiaccio. Si osservi che il
sistema è iperstatico e l’appoggio di calcagnolo è del tipo cedevole
elasticamente. La prima campata presenta una trave a sezione variabile in
quanto comprende sia la pala che l’asta, perciò se l’estensione dell’asta in
questo tratto non è trascurabile, si ricorre all’interposizione di un appoggio
fittizio allo scopo di ridurre la travatura ad un sistema di travi a sezione
costante (e si risolve con il metodo della falsa posizione). Si osservi ancora
che viene usualmente trascurata la distanza fra il centro dell’agugliotto di
calcagnolo e il fondo della pala.
Per il timone su corno con appoggio unico, la trave equivalente è
costituita da tre campate; partendo dal basso si ha prima la campata che si
estende dal fondo alla sezione della femminella (all’estremità inferiore del
corno), poi da lì fino al coperchio della pala, e successivamente dal
coperchio verso l’alto come nel caso precedentemente descritto. Si osservi
che il sistema è iperstatico e l’appoggio sul corno è del tipo elasticamente
cedevole.
Infine, per i timoni su più agugliotti si ha una situazione strutturale
particolare. È questo infatti il caso che si presenta quando la pala è sostenuta
da una pinna, o da un dritto di poppa, o ancora da un corno con più appoggi.
La trave equivalente è costituita qui da molte campate, poiché ad ogni
agugliotto corrisponde un appoggio (in genere fisso): in virtù dei rapporti
96
L’apparato di governo e manovra
dimensionali, si può ritenere che tale sistema di sostegno sia da considerarsi
un “appoggio continuo” e che in pratica costituisca una specie di incastro per
il tratto su cui si estende. Ciò significa che, a differenza dei casi sopra citati,
l’asta si considera sgravata dal carico flessionale prodotto dalla pala, infatti
la presenza di un appoggio molto robusto lungo la pala impedisce alla stessa
di flettersi e quindi di trasmettere un momento flettente all’asta, e perciò
questa si dimensiona a solo torcente.
Appare evidente che, oltre a quest’ultimo caso, lo studio dell’asta può
prescindere dalla modellazione della pala anche quando il timone è sospeso.
D’altro lato, risulta invece necessario generare un modello strutturale
completo quando la flessione della pala influenza quella dell’asta (è questo il
caso dei timoni su corno e su calcagnolo). Nel caso di timone Simplex con
agugliotto passante, si verifica un irrobustimento della pala per effetto della
maggiore rigidezza offerta dal contatto sui cuscinetti interni, perciò la pala,
portando in flessione l’asta passante, si comporta come un sistema più rigido
sgravando l’asta di comando da gran parte del momento flettente.
Anche nel caso in cui l’asta sia sostenuta da appoggi di losca e di
agghiaccio molto vicini, l’effetto incastrante può essere molto elevato ed il
modello può essere limitato alla sola parte di struttura che manifesta
sollecitazioni flessionali.
Il calcolo delle forze agenti sul sistema equivalente di travi richiede
qualche osservazione, infatti la forza F ha una componente normale ed una
assiale rispetto alla pala, e ciò comporta una flessione deviata. D’altro lato la
componente assiale, dello stesso ordine di grandezza rispetto a quella
normale, lavora sul piano di massima inerzia della pala, e ciò comporta la
possibilità di definire un approccio approssimato nel quale la componente
assiale venga trascurata oppure, in alternativa, venga annullata facendo
ruotare la forza F dell’angolo –j. In ciascuno dei due modi il calcolo viene
semplificato dovendo trattare una flessione retta che si manifesta con asse
coniugato coincidente con l’asse di simmetria della pala – questo piano
coincide con quello di minima inerzia e la verifica si configura quindi come
una verifica dalla parte della sicurezza.
Inoltre, per riprodurre con fedeltà il sistema strutturale, sul modello di
travi equivalenti la forza idrodinamica deve essere distribuita lungo la
campata. In questo modo si definisce un carico per unità di lunghezza q(x)
[N/m] che dovrebbe essere distribuito con legge pressoché ellittica, ma che
in pratica viene ridotto ad una distribuzione lineare con risultante sul
baricentro dell’area della pala. Per una pala rettangolare si ha semplicemente
q = F / b.
Per lo studio dell’asta dei timoni sospesi, trattandosi di un sistema
isostatico, la rotazione della forza F non introduce alcuna approssimazione, e
la modellazione del carico non è necessaria poiché, per il dimensionamento
97
Corso di Allestimento Navale
dell’asta, è sufficiente valutare il momento flettente MO [Nm] in
corrispondenza del cuscinetto di supporto di losca, che vale:
MO = F (CPS + dO)
[Nm]
(3.19.G)
dove dO è la distanza fra il coperchio della pala e il centro del cuscinetto di
losca. Tale momento d’estremità costituisce proprio il carico sul sistema
risolutivo.
I carichi dominanti sulle aste, come detto, sono generalmente quelli
determinati dalla flessione semplice e dalla torsione. Può essere anche
considerato l’effetto del taglio, ma soprattutto per aste tozze ed in particolare
per il dimensionamento degli agugliotti. Le caratteristiche di sollecitazione
del taglio e del momento flettente possono essere tracciate in maniera
qualitativa, poiché la struttura dell’asta assume configurazioni standard,
infatti i risultati qualitativi sono molto utili per confrontare le varie tipologie
classiche di timone (sospeso, su corno, su calcagnolo e su appoggio
continuo), soprattutto quando lo studio comparativo viene svolto mettendo in
evidenza le variazioni di carico indotte dalla cedevolezza degli appoggi. Per
quanto riguarda il calcolo delle sollecitazioni da momento torcente, il carico
ha distribuzione costante lungo l’asta (si trascurano i momenti resistenti
d’attrito) e il sistema risulta sempre isostatico.
3.20 – Lo stato tensionale sull’asta
Infine, le verifiche a snervamento sull’asta vengono condotte in
corrispondenza delle sezioni maggiormente caricate, in genere in
corrispondenza del cuscinetto di losca e, per aste rastremate, dell’appoggio
di agghiaccio. La verifica deve essere effettuata sia in marcia avanti che
indietro, le due situazioni comportano infatti sollecitazioni in grado di
estremo rispettivamente di flessione e di torsione.
Il dimensionamento dell’asta a sola torsione richiede che la tensione
tangenziali tQ [MPa] nominale massima non superi il valore ammissibile
tamm [MPa] per il materiale:
tQ = 16Q /(pDA3) 10–6 £ tamm
[MPa]
(3.20.A)
mentre il dimensionamento a torsione e flessione richiede che la tensione
ideale equivalente, calcolata considerando oltre alla tQ anche la tensione
normale di flessione sM [MPa] (nominale massima), non superi il valore
ammissibile samm [Mpa] del materiale. La tensione flessionale massima si
esprime come:
sM = 32M /(pDA3) 10–6
e quindi vale:
98
[MPa]
(3.20.B)
L’apparato di governo e manovra
[32M /(pDA3)]2 +3[16Q /(pDA3)]2 £ (106samm)2
[Pa]
(3.20.C)
in quanto in genere si trascura il contributo delle tensioni tangenziali da
taglio tT [MPa], il cui valore massimo sull’asta è valutabile in:
tT = 16T /(3pDA2) 10–6
[MPa]
(3.20.D)
ove T [N] rappresenta il valore del taglio sulla sezione di verifica.
3.21 – La procedura IACS per la verifica strutturale
La procedura di calcolo fin qui esposta per il dimensionamento dell’asta,
assieme a quella relativa al progetto delle altre parti strutturali del timone, è
stata standardizzata dall’IACS (International Association of Classification
Societies). Tali indicazioni, raccolte come “IACS Requirements” nel
documento S-10, sono state recepite dai maggiori Registri di Classificazione
e costituiscono la base della normativa riguardante la verifica strutturale del
timone.
In questo documento, i carichi di riferimento, ossia la forza totale F e il
momento torcente Q, sono determinati in maniera approssimata in funzione
del profilo idrodinamico, dell’allungamento geometrico e delle condizioni di
lavoro della pala, considerando un centro di pressione posto a 1/3 dal bordo
di attacco e all’altezza del baricentro dell’area della pala. In particolare la
forza viene ridotta al solo valore della portanza L ed espressa in funzione del
prodotto qAR tramite un coefficiente idrodinamico che appare tarato per la
pala, posta nel flusso dell’elica, avente lastra piana ed allungamento unitario.
Infatti la norma, si veda per esempio il regolamento RINA nel capitolo
riguardante il progetto del timone (Parte B, Cap. 10, Sez.1), introduce un
coefficiente idrodinamico cF pari a:
cF = r 1 r 2 r 3
[-]
(3.21.A)
in cui r1 è il coefficiente correttivo per l’allungamento di pala, r2 è il
coefficiente correttivo per la forma del profilo, ed infine r3 considera diverse
posizioni del timone nel flusso di poppa (per pala quadrata a lastra piana
posta nel flusso dell’elica vale r1 = r2 = r3 = 1, valore che rappresenta
approssimativamente la risposta estrema della pala – si veda la Tab.3.14.C).
La forza F vale:
F = cF qAR
[N]
(3.21.B)
[N]
(3.21.C)
da cui:
F » 132 vR2[kn] AR r1 r2 r3
e conseguentemente il momento torcente, calcolato considerando la forza F
(per sicurezza) come se fosse normale alla pala, è pari a:
99
Corso di Allestimento Navale
Q = F | d – CPC | » F | d – 0,33 |
[Nm]
(3.21.D)
In particolare, il modello strutturale che viene utilizzato per la verifica a
flessione e torsione dell’asta è quello di trave su più campate e vincoli
eventualmente cedevoli, le cui rigidezze sono valutate in maniera
approssimata. Per verificare l’asta a flessione, in alternativa al procedimento
diretto – applicabile solamente quando il diametro è noto –, è possibile
utilizzare formule approssimate, espresse in funzione di parametri geometrici
riferiti a statistiche su configurazioni tipiche. Si osservi che il momento
flettente di verifica viene espresso in funzione della forza normale alla pala,
calcolata in via approssimata come F cos(30°), in cui l’angolo di 30° vuole
rappresentare l’abbattimento medio della forza F. Inoltre, la distribuzione
delle forze lungo la campata rispecchia la forma della pala, nell’ipotesi di
validità dell’effetto specchio.
Riguardo al dimensionamento dell’asta, si osservi che il diametro è
prima valutato in funzione degli sforzi di torsione e poi maggiorato per
tenere in considerazione anche la flessione. Infatti il dimensionamento a sola
torsione porge per il diametro dT [m] dell’asta:
dT = [16Q /(ptamm)]1/3
[m]
(3.21.E)
in cui tamm [Pa] rappresenta il valore della massima tensione tangenziale
ammissibile sull’asta, mentre il dimensionamento a torsione e flessione dà il
valore di dTF [m] dell’asta:
dTF = dT [1 + 4/3 (M / Q)]1/6
[m]
(3.21.F)
in cui con M e con Q si sono indicati i valori di progetto rispettivamente del
momento flettente e di quello torcente. Si osservi che le tensioni ammissibili
sono calcolate dal Registro dividendo la tensione di snervamento per il
coefficiente di sicurezza posto uguale a 2.
Il Registro propone anche un metodo approssimato per il calcolo delle
rigidezze degli appoggi elastici sul calcagnolo e sul corno. Infatti, dalle
ipotesi fatte, il piano di deformazione è quello normale alla pala e, nella
situazione di verifica con le massime forze applicate, la pala deve
considerarsi inclinata di un certo angolo a (angolo di barra) rispetto alla
struttura di supporto. In questa situazione, come accennato, i vincoli
obbligano ad una deformazione non piana e la risoluzione della struttura va
perciò ricercata nell’ambito di un metodo approssimato. La via più semplice
appare quella di utilizzare, in luogo della vera rigidezza del supporto, la
rigidezza relativa alla deformazione trasversale, nell’ipotesi che:
· lo spostamento assoluto abbia sola componente trasversale, in virtù
dell’elevata rigidezza dei supporti alla deformazione nel piano verticale
che li contiene;
100
L’apparato di governo e manovra
· la forza attiva sia la proiezione sul piano trasversale della forza FV [N]
(normale alla pala) che si scarica sul vincolo.
in base a tale considerazioni si ricava che la rigidezza r [N/m] da mettere a
calcolo è uguale a:
r = rT / cosa
[N/m]
(3.21.G)
ove rT [N/m] è la rigidezza della trave in esame alla deformazione
trasversale. Il significato di r è quello della forza FV da applicare per
ottenere uno spostamento unitario in direzione trasversale. In alternativa al
metodo proposto si può calcolare la rigidezza – fittizia – alla deformazione
sul piano normale alla pala, ma anch’essa si limiterà ad approssimare il
valore reale. Tale rigidezza vale:
r I = rT / (cosa)2
[N/m]
(3.21.H)
e rappresenta la forza FV da applicare per ottenere uno spostamento unitario
nella direzione della forza stessa.
In base a tali considerazioni, utilizzando l’Eq. 3.21.G e ricordando la
rigidezza trasversale di una trave incastrata ad una estremità e sollecitata da
una forza (trasversale) all’estremità opposta, si può calcolare la rigidezza del
calcagnolo rC [N/m] come:
rC = 3EJC / (lC3 cosa)
[N/m]
(3.21.I)
ove E [Pa] è il modulo di elasticità normale del materiale, JC [m4] è il
momento d’inerzia alla flessione della sezione resistente del calcagnolo ed
infine lC [m] è la lunghezza del calcagnolo.
Per la rigidezza dell’appoggio su corno il calcolo si fa più complicato
poiché richiede la determinazione del cedimento d’estremità di una trave ad
“L” per effetto della forza FV che si scarica sull’asse dell’agugliotto del
corno. Il corno può essere schematizzato con una pinna di altezza hH [m],
che porta inferiormente un’appendice ortogonale rigida di lunghezza lH [m],
ove lH rappresenta l’interasse fra la pinna e l’agugliotto.
La rigidezza trasversale della pinna si calcola nel modo di seguito
descritto. Considerando una forza trasversale unitaria sull’agugliotto, la
pinna si flette con spostamento d’estremità pari alla cedevolezza j1 [m/N],
che si può calcolare come reciproco della rigidezza trasversale flessionale
della pinna, e si torce sotto l’azione del momento lH [Nm] – causato dalla
forza unitaria che agisce sull’asse dell’agugliotto – con rotazione pari a q1lH
[rad] ove q1 [rad m/N] è l’angolo di rotazione d’estremità indotto da un
momento unitario. Ne consegue che la cedevolezza trasversale jH,T [m/N]
all’estremità dell’appendice vale:
101
Corso di Allestimento Navale
jH,T = j1 + q1lH2 = (3EJC / lH3)–1 + q1lH2
[m/N]
(3.21.J)
ove q1 può essere determinato con il metodo di Bredt applicato alla pinna. A
tale scopo si deve considerare la sezione media della pinna, rettificarla
definendo per il mantello elementi rettilinei e calcolare, per ciascun tratto
della sezione stessa, la snellezza li [-] come rapporto fra la lunghezza e lo
spessore del singolo tratto. L’angolo di rotazione q1 (nell’ipotesi
semplificativa di trascurare i diaframmi interni) risulta allora pari a:
q1 = Si li / (4W G)
[m/N]
(3.21.K)
in cui W [m2] rappresenta l’area circoscritta dalla linea media del mantello e
G [Pa] è il modulo di elasticità tangenziale del materiale. Infine, utilizzando
l’Eq. 3.21.G, la rigidezza di calcolo del corno vale:
rH = (jH,T)–1/cosa = [lH3 /(3EJC) + q1lH2]–1(cosa)–1
[N/m]
(3.21.L)
il cui significato è quello della forza FT da applicare per ottenere uno
spostamento unitario in direzione trasversale.
3.22 – Il dimensionamento strutturale della pala e dei supporti
Risulta evidente che per effettuare il calcolo diretto dell’asta del timone è
necessario avere a disposizione gli spessori dei fasciami del mantello e dei
diaframmi sia della pala sia del corno, i primi per procedere alla valutazione
della rigidezza flessionale della pala, i secondi per valutare la cedevolezza
del supporto. A tale scopo si consiglia l’utilizzo delle formulazioni proposte
dal Registro. In esse, il dimensionamento del mantello della pala viene
effettuato con una formulazione che fa riferimento allo stato di collasso di
snervamento dei pannelli soggetti ad un carico laterale distribuito
omogeneamente. Per i diaframmi interni sono fornite solo indicazioni sui
minimi di spessore. Tale procedimento si propone di calcolare lo spessore
minimo del singolo pannello elementare, a sola flessione, in due fasi
successive:
· prima ipotizzando una flessione cilindrica del pannello, analizzata
utilizzando come modello una strisciolina di fasciame estratta
parallelamente al lato più corto;
· poi ripristinando la congruenza della deformazione della strisciolina
tramite l’uso di un coefficiente correttivo che tenga conto della
presenza dei vincoli sui lati corti del pannello. In questo modo si riduce
il valore dello spessore minimo del pannello, infatti il supporto sui lati
corti fa aumentare la resistenza del pannello poiché riduce la
deformazione di flessione e le correlate tensioni.
In base a tale considerazioni, per il dimensionamento dei mantelli è
necessario definire prima la collocazione dei diaframmi e procedere poi al
102
L’apparato di governo e manovra
calcolo degli spessori di entrambi. I diaframmi vanno disposti in modo da
formare un robusto grigliato di travi ortogonali ed in modo tale da definire –
sui mantelli – pannelli elementari ad allungamento il più possibile prossimo
all’unità, con lati di circa 600¸1000 mm, in funzione delle dimensioni della
pala. In genere, all’interno della pala viene posto un diaframma verticale
irrobustito sulla continuazione dell’asta, inoltre vengono osservate
particolari precauzioni nel definire la struttura dei timoni su corno, infatti in
essi la zona di cambio di sezione (attorno all’agugliotto del corno) diventa
critica a causa delle forti concentrazioni di tensione.
Si osservi che per quanto riguarda il dimensionamento della pala
formata da una lastra piana, non essendo ad essa richieste doti di resistenza
alla flessione lungo la campata – è infatti sorretta da una robusta spalla –, ci
si limita alla verifica della flessione che nasce nella direzione della corda.
Infatti, ogni bracciolo va verificato a flessione assieme al fasciame ad esso
associato, considerando un vincolo d’incastro sul fusto ed un carico laterale
distribuito lungo la corda.
Per quanto riguarda infine la verifica delle appendici dello scafo che
costituiscono strutture di sostegno per la pala, va osservato quanto segue:
· per il corno, la zona critica è quella costituita dalla sola pinna verticale,
essendo l’appendice di supporto dell’agugliotto un elemento molto
robusto, per questo motivo il modello è costituito da una trave rettilinea
incastrata a scafo. Tale pinna è soggetta ad una flessione retta (si
trascura infatti la flessione sul piano della struttura) e ad un momento
torcente che nasce dall’interasse fra la pinna stessa e l’agugliotto. Le
sollecitazioni da taglio sono generalmente trascurabili.
· per il calcagnolo il modello strutturale è semplicemente quello di una
trave incastrata all’estremità prodiera, sulla quale il carico trasmesso
dall’agugliotto inferiore della pala produce un sistema di caratteristiche
di sollecitazione alquanto complesso. La forza eccentrica causa infatti
una trazione, una flessione verticale semplice, una flessione orizzontale
composta ed un momento torcente. Si osservi che la caratteristica di
sollecitazione dominante è generalmente quella di flessione
orizzontale.
Si rammenta inoltre che, mentre la struttura del corno è simile a quella della
pala carenata, ove la sezione – costituita da un mantello e da diaframmi
verticali ed orizzontali – è cava, il calcagnolo può invece essere anche a
sezione piena, in genere rettangolare.
Il dimensionamento degli agugliotti, trattandosi di elementi tozzi, viene
fatto a taglio.
Lo stesso IACS fornisce anche una guida (“Guidelines for Surveys,
Assessment and Repair of Hull Structures”) per il monitoraggio dei punti
103
Corso di Allestimento Navale
critici della struttura del timone: ad un elenco dei potenziali punti caldi della
struttura vengono fatti seguire suggerimenti per una corretta riparazione
degli elementi localmente collassati. Tali punti caldi, essendo zone di
concentrazione delle tensioni ed essendo l’intera struttura sollecitata a
carichi ciclici, sono soggetti a rotture per fatica. Nella stessa guida vengono
anche evidenziate le zone che soffrono di erosione e di usura.
Infine, modelli agli Elementi Finiti possono essere creati sia per lo
studio del sistema di travi equivalenti (elementi monodimensionali), sia per
lo studio della pala (anche con grigliati di travi), sia per l’analisi di dettaglio
nelle zone di concentrazione delle tensioni. Modelli dettagliati devono essere
impostati per lo studio dei modi di vibrare dell’intera struttura.
3.23 – L’evoluzione del timone
La prima configurazione di timone su navi ad elica rispecchiava la
sistemazione delle precedenti imbarcazioni a vela, la pala continuava infatti
ad essere sostenuta dal dritto di poppa, collegato ora alla chiglia da un
prolungamento della stessa detto calcagnolo. In questo periodo la pala è
formata da una lastra piana di forma approssimativamente semiellittica (non
è né carenata, né compensata) ed è irrobustita da braccioli terminanti su un
fusto posto lungo il bordo di attacco. Il sostegno è effettuato con una serie di
cardini coassiali all’asta di manovra, detti agugliotti, fissati sulla pala
all’estremità dei braccioli e liberi di ruotare in alloggiamenti, detti
femminelle, ricavati sul dritto di poppa. Il collegamento all’asta (detta anche
miccia), quando questa non è tutt’uno con il telaio della pala – ossia un solo
pezzo di fusione –, è effettuato con accoppiatoi a flangia.
Una prima modifica, atta a migliorare l’efficacia idrodinamica del
timone, è stata quella di sostituire la lastra piana con un doppio mantello
(carenatura). Anche il dritto di poppa è stato poi carenato per creare un
profilo idrodinamico continuo con la pala.
L’utilizzo di pale carenate, più robuste di quelle a semplice lamiera, ha
permesso di ridurre il numero degli agugliotti sul dritto di poppa, senza
incorrere nel rischio di sollecitare eccessivamente l’asta a flessione. Nelle
configurazioni più evolute, sul dritto di poppa erano ricavati gli
alloggiamenti per due soli agugliotti, posti alle estremità della campata della
pala.
Esistono diverse varianti di carenatura del dritto, una interessante è
quella con una carenatura non simmetrica, nella campata superiore verso un
lato e in quella inferiore verso l’altro, allo scopo di ridurre le perdite causate
dal flusso rotatorio dell’elica. Una soluzione ancora più elaborata è
rappresentata dalla pala articolata con due profili in cascata posti a cavallo
del dritto di poppa: il movimento della pala principale porta in rotazione una
104
L’apparato di governo e manovra
seconda pala posta a proravia dell’asse di rotazione, realizzando così un
certo grado di compenso (timone tipo “Aller”).
Il dritto di poppa è stato poi finalmente eliminato, sostituendolo con un
elemento altrettanto robusto costituito da un’asta passante, posizionata
sull’asse di rotazione e collegata superiormente a scafo e inferiormente al
calcagnolo: si tratta della nota configurazione “Simplex”. Tale asta
rappresenta in pratica un lungo agugliotto passante all’interno della pala,
cosicché il pozzo dell’elica continua a rimanere strutturalmente chiuso. Il
timone di questo tipo è un timone compensato la cui asta di controllo
continua ad essere sgravata anche da gran parte degli sforzi flessionali.
Una variante è rappresentata dal timone del tipo “Hörtz”, in cui l’area di
compenso viene sacrificata a favore di una carenatura fissa, con l’idea di fare
aumentare le caratteristiche idrodinamiche per effetto della sistemazione di
due profili in cascata.
L’evoluzione ha fatto registrare la scomparsa dell’agugliotto passante,
ridotto a due semplici agugliotti, uno a scafo ed uno sul calcagnolo. In
questo modo la pala del timone Simplex deve essere a struttura
completamente portante, formata da un grigliato robusto di travi nel verso
della campata e della corda, e deve avere una robustezza sufficiente sia per
reggere i carichi diretti, sia per non trasmettere elevate sollecitazioni di
flessione all’asta. Inoltre, con la mancanza del dritto e dell’agugliotto
passante, il pozzo chiuso viene ora ad essere meno robusto.
Un’alternativa a questa soluzione è stata ottenuta eliminando i due
agugliotti e trasferendo a proravia l’innesto sulla pala dell’asta di comando.
L’asta, ora diritta, viene a costituire superiormente (al cuscinetto di losca) un
appoggio per la pala a struttura portante, caricandosi anche a flessione.
Complessivamente la sistemazione è più semplice, ma richiede una pala ed
un’asta di comando più robuste.
Esistono diverse configurazioni di pala per i timoni su calcagnolo. Una
variante alla pala classica è rappresentata dall’introduzione di un profilo
asimmetrico sfalsato: la sagomatura, in funzione del verso di rotazione
dell’elica, può riguardare il solo bordo d’attacco oppure tutta la pala.
Quest’ultima può essere effettuata in maniera continua lungo la campata,
come nel timone “Star”, oppure, più semplicemente, tagliando a metà altezza
una pala asimmetrica e riunendo, con le concavità contrapposte, le due parti.
I timoni delle navi Liberty, del tipo Simplex, erano ottenuti proprio in
questo modo, ma erano ancora meno elaborati, infatti erano costituiti da due
semplici semi–pale simmetriche collegate una all’altra con un certo angolo
di sfasatura lungo la linea della corda mediana (il timone “alla via” risultava
però instabile).
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Corso di Allestimento Navale
Un altro esempio di ricerca di un rendimento migliore, sia del timone sia
propulsivo, è rappresentato dall’aggiunta, sul mantello della pala, di un
bulbo allineato con l’asse dell’elica, è questo il caso del timone “con bulbo
Costa”. Grazie alla presenza del bulbo si ha un flusso più omogeneo sulla
pala e una riduzione della velocità media d’ingresso sul disco dell’elica.
Intervento finalizzato allo stesso scopo è quello che prevede l’inserimento
fra timone ed elica di un’elica fissa oppure contro–rotante, da una parte si
ottiene infatti un recupero di energia propulsiva, dall’altra un aumento
dell’efficienza della pala, che lavora così in un flusso più omogeneo.
Un altro tipo d’intervento è quello teso ad aumentare l’allungamento
effettivo, e quindi il rendimento idrodinamico della pala, tramite l’utilizzo di
lamine trasversali di estremità.
Altra soluzione ingegnosa è quella che prevede la collocazione di un
cilindro in rotazione lungo il bordo d’attacco: lo scopo è quello di aumentare
la circuitazione di velocità lungo il profilo per “effetto Magnus”. La
massima efficacia dell’asta rotante si verifica per basse velocità di avanzo
della nave con incrementi della portanza anche del 100% quando il rapporto
fra la velocità circonferenziale sulla superficie del rotore e la velocità di
avanzo della nave è pari a circa 3¸4, mentre ad alte velocità di avanzo la
distribuzione di pressione sulla pala non viene modificata significativamente
dall’azione del rotore.
La completa apertura del pozzo dell’elica è stata resa possibile
dall’irrobustimento delle pale: ciò ha permesso la messa in opera di timoni
sospesi, ossia senza calcagnolo, prima con asta passante, eventualmente
rastremata, e poi a struttura carenata completamente portante. In questo
modo l’asta viene gravata, oltre che dal momento torcente di controllo della
pala, anche da un momento flettente che non viene più mitigato dalla
presenza di uno o più appoggi lungo la pala stessa. Una soluzione
intermedia, per ovviare al problema dell’elevato carico di flessione sull’asta,
consiste nel creare un appoggio parziale lungo il bordo di attacco superiore
della pala (appoggio su corno con uno o due agugliotti), oppure lungo tutto il
bordo (appoggio su pinna).
L’evoluzione della tecnica navale ha condotto alla progettazione di navi
con più di un’elica propulsatrice, rendendo quindi conveniente
l’installazione dei timoni al di fuori del piano diametrale: la prima soluzione
adottata è stata quella di timone sospeso, ma col crescere delle forze in gioco
è stato necessario ancorare con più sicurezza la pala utilizzando un corno di
sostegno. Nel caso di navi bielica con timone centrale su skeg, la
configurazione è assimilabile a quella di timone su pinna, quando il timone
non è compensato, oppure a quella di timone su corno, quando il timone è
semi–compensato.
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L’apparato di governo e manovra
I timoni moderni, per navi mercantili o militari, sono essenzialmente di
due tipi, sospeso o su corno, e solo nel caso di navi bielica con timone
centrale non compensato la configurazione è quella di timone su pinna. Il
timone su calcagnolo si usa ormai solo in casi particolari, per esempio sui
pescherecci quando si vuole proteggere l’elica dalle reti.
Sia i timoni su corno che quelli sospesi possono avere un flap di coda
per sfruttare l’effetto dei profili in cascata. Questa soluzione ha visto una
prima applicazione nei timoni ideati da Lumley già per le navi a vela, con il
flap comandato prima da catene, in maniera indipendente dalla pala, e poi
dalla stessa pala (la prima applicazione risale al 1862). La caratteristica più
attraente di questi timoni è infatti quella di avere un meccanismo semplice
per il controllo del flap: il flap è incernierato alla pala e porta superiormente
un’asta orizzontale che, all’altra estremità, è inserita nell’occhiello di un
perno ad asse verticale. Quando la pala ruota, il flap ruota rispetto alla pala
perché comandato dall’asta che, pur traslando nell’occhiello, è obbligata a
passare per l’asse del perno. In tal modo l’angolo di rotazione del flap è
legato a quello della pala, usualmente in maniera tale da far ruotare il flap
con un’amplificazione di 2,5, cosicché per i 35° di barra della pala si hanno
circa 90° di angolazione assoluta sul flap. Il timone viene commercializzato
con il nome dell’azienda produttrice (per esempio sono diffusi quelli della
ditta “Becker”).
Una più recente e meno fortunata applicazione è quella che prevede
l’uso del flap per facilitare la rotazione della pala piuttosto che per
aumentare la portanza della pala stessa (timone “Flettner”). Tali timoni, non
più usati, avevano un comando indipendente per il flap, che li rendeva però
delicati perché il sistema di comando passava obbligatoriamente nell’asta.
Essi diventavano inoltre ingovernabili per flusso proveniente da poppa.
Un’interessante combinazione delle soluzioni sopra esposte – relative al
miglioramento dell’efficienza propulsiva e dell’efficienza della pala oltre
che alla razionalizzazione della configurazione strutturale – è quella offerta
dal timone “Wichmann”, commercializzato ora dalla Wärtsilä sotto la
denominazione “PropacRudder”. Si tratta di un timone semi–compensato su
corno, con flap di coda e con un bulbo “Costa” che costituisce un tutt’uno
con il mozzo dell’elica. Ai vantaggi idrodinamici derivanti dalla morfologia
della pala si aggiunge perciò quello di avere un appoggio inferiore della pala
molto più rigido rispetto al semplice corno – il pozzo dell’elica risulta infatti
parzialmente chiuso – con la conseguente riduzione delle vibrazioni e delle
sollecitazioni statiche trasmesse all’asta, e perciò con la possibilità di ridurre
il diametro della stessa.
Un tipo particolare di timoni passivi è quello rappresentato dai timoni
con mantello cilindrico. Tali superfici creano la forza trasversale utile
all’evoluzione della nave più per deviazione del flusso che per generazione
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Corso di Allestimento Navale
di una forza di portanza. Questi timoni sono utilizzati quando l’imbarcazione
deve essere estremamente manovrabile anche a velocità di avanzo nulla o
molto bassa, ma sempre con elica in funzionamento (essendo timoni
passivi). Lo svantaggio è rappresentato dall’elevata resistenza al moto che
essi introducono per effetto di una superficie di pala molto elevata, perciò
sono adatti a navi per le quali l’efficienza propulsiva e del timone vanno
ottimizzate per la manovra piuttosto che per il mantenimento di rotta. L’uso
su rimorchiatori, shuttle tanker e navi oceanografiche è ormai soppiantato
dall’utilizzo di eliche azimutali – tranne nei casi in cui prevalgono
considerazioni economiche a favore della soluzione più semplice.
Un timone tipico di questa tipologia, ossia con pala a mantello a sezione
cilindrica, è quello del tipo “Kort”. Per avere più efficacia, il mantello viene
posizionato proprio attorno all’elica propulsatrice, elica che rimane ad asse
fisso. Il timone “Kort” può essere dotato di una pala simmetrica verticale,
solidale al mantello, posta con lo scopo sia di migliorare il rendimento
propulsivo, sia di contribuire alla deviazione del flusso, sia ancora di rendere
stabile il timone. Tale superficie può anche essere indipendente dal mantello
circolare per facilitare le piccole correzioni della direzione di spinta (inoltre
può essere anche del tipo a comando indiretto come nei timoni Lumley).
Un tipo particolare di timone con mantello cilindrico è quello costituito
dalla configurazione “Kitchen”, in cui il mantello è formato da due semi–
cilindri che, articolati su un asse verticale comune, possono ruotare l’uno
indipendentemente dall’altro: con una rotazione solidale delle due parti,
mantenute parallele, si ottiene la deviazione del flusso dell’elica; con una
rotazione reciproca delle stesse si ottiene la riduzione della spinta netta verso
poppa e addirittura l’inversione del moto della nave quando le due pale si
chiudono una sull’altra (e quindi il controllo della velocità della nave).
La più moderna sistemazione che sfrutta sia l’effetto di deviazione del
flusso che di generazione di portanza è quella rappresentata dal timone
“VecTwin” dell’azienda Schilling. Questo timone è costituito da due pale
parallele, indipendenti, dotate di lamine di estremità, poste ad una certa
distanza dal piano diametrale della nave e nel flusso dell’elica. Le due pale,
che hanno un profilo asimmetrico e sono disposte con il dorsi affacciati,
hanno le stesse potenzialità di funzionamento del timone “Kitchen” ma un
rendimento idrodinamico maggiore.
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