Il timone - UniNa STiDuE
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Il timone - UniNa STiDuE
L’apparato di governo e manovra 3 Il timone 3.1 – Introduzione Nel presente capitolo si tratterà del progetto del timone facendo riferimento, in particolare, allo studio delle forze che maturano sulla pala di un timone verticale passivo, utilizzato a poppa della carena per il governo della nave. In quanto segue perciò, ad una descrizione della geometria della pala seguirà un’analisi qualitativa del campo fluido in cui il timone si trova a lavorare e successivamente si forniranno le basi per poter stilare il progetto, sia da un punto di vista idrodinamico che strutturale, della pala e degli elementi di controllo e sostegno. 3.2 – La nomenclatura della pala La forma della pala di un timone è frutto di una serie di considerazioni progettuali che sottostanno a valutazioni di origine sia idrodinamica sia strutturale. Benché diverse siano le possibili soluzioni del progetto, la superficie della pala assume un aspetto che ha delle caratteristiche ben precise: è quindi possibile definire i parametri geometrici che consentono di descrivere compiutamente la forma della generica pala. Nel caso più semplice la pala è sostenuta da robuste strutture interne alla carena, ma talvolta è necessario prevedere delle appendici di carena che costituiscano un ulteriore sostegno: nel primo caso si ha una superficie di manovra completamente mobile, nel secondo caso si ha una parte mobile (la pala vera e propria) ed una parte fissa (il supporto, esterno allo scafo, lungo il bordo di ingresso della pala). Sia che si tratti di superfici all–movable, sia che si tratti di pale con supporti, il complesso esposto al flusso ha una forma tale da costituire un unico corpo idrodinamico, perciò la nomenclatura che viene qui introdotta si può considerare riferita indistintamente ai due casi, con l’accorgimento comunque di riconoscere quali parti siano mobili e quali fisse. 39 Corso di Allestimento Navale Va inoltre osservato che le definizioni che seguono possono applicarsi anche ad altre superfici idrodinamiche presenti sulla nave, si citano ad esempio le pinne stabilizzatrici utilizzate per lo smorzamento del moto di rollio . Le dimensioni geometriche principali della pala sono definite con riferimento alla proiezione della pala sul piano identificato da due direttrici: la direzione dell’asse di rotazione e la direzione del flusso ideale generato dall’avanzo della nave. Su questo piano, in genere verticale e coincidente con il piano diametrale della nave, si identifica la forma del timone, ossia la forma della sua superficie idrodinamica proiettata, e si definiscono: · l’area del timone AR [m2] (profile area) è l’area della superficie proiettata, racchiusa dal profilo tracciato sul piano di proiezione e scomposto in tratti come di seguito specificato; · il bordo di ingresso (leading edge) e il bordo di uscita (trailing edge) sono i due tratti del profilo orientati rispettivamente dalla parte di ingresso e da quella di uscita del flusso; · il bordo alla radice (root, r) e il bordo all’apice (tip, t) sono i due spigoli della pala rispettivamente vicino allo scafo e all’estremità opposta. Trattandosi di superfici di controllo a sviluppo verticale, si parla usualmente di spigolo superiore e spigolo inferiore. perciò, la generica lunghezza misurata sul piano di proiezione nella direzione del flusso, dallo spigolo di ingresso a quello di uscita, è detta corda (chord) – indicata con c [m] –, mentre quella misurata sullo stesso piano ma nella direzione ortogonale al flusso, dal bordo inferiore a quello superiore, è detta campata b [m] (span), quest’ultima è comunemente detta anche “altezza”. Per quanto riguarda gli spessori della pala, si fa riferimento al profilo idrodinamico che viene definito, sulla generica corda, da un sezionamento ortogonale al piano di proiezione e parallelo al flusso indisturbato. I valori di corda, campata e spessore possono essere valutati diverse su sezioni della pala, ma assumono particolare importanza quelli definiti nel modo seguente: · la corda cr [m] e la corda ct [m] misurate rispettivamente alla radice e all’apice, eventualmente con riferimento alle linee orizzontali di compenso dell’area quando gli spigoli della pala sono inclinati o curvi. · la campata media bm [m] misurata come distanza fra la corda alla radice e quella all’apice, e la corda media cm [m] misurata a metà della campata bm; sulla base di questi parametri, quando la legge di variazione della corda è di tipo lineare, l’area del timone può essere espressa tramite il prodotto bm cm. · lo spessore tM [m] valutato come spessore massimo in corrispondenza della corda media. 40 L’apparato di governo e manovra Un’altra caratteristica significativa dal punto di vista idrodinamico è l’angolo di abbattimento medio L (sweepback angle), detto anche angolo di freccia, corrispondente all’angolo medio di inclinazione, misurato rispetto alla direzione della campata, della curva formata dai punti posti a 0,25 c dal bordo d’ingresso. Si osservi che anche l’asse di rotazione può essere inclinato rispetto alla direzione della campata. Sulla base delle grandezze fin qui definite si introducono alcuni rapporti adimensionali classici che, oltre a facilitare l’approccio allo studio delle caratteristiche idrodinamiche della pala per confronto fra diverse soluzioni, permettono di tenere sotto controllo le dimensioni principali entro campi di usuale impiego e sperimentata efficienza. Si sottolinea a riguardo l’importanza dei seguenti rapporti tra le dimensioni principali del timone: · l’allungamento geometrico lG della pala (geometric aspect ratio), pari al rapporto tra bm e cm; assieme all’area della pala AR costituisce uno dei parametri principali iniziali del progetto del timone. La conoscenza della coppia (AT, lG) permette infatti di fissare i valori di bm e cm: per esempio cm può essere calcolato come (AR / lG)1/2 e conseguentemente bm come rapporto AR / cm. · il rapporto tra lo spessore tM e la corda mediana cm (thickness chord ratio), che usualmente si mantiene costante lungo la campata per ottenere superfici a generatrici rettilinee. · il rapporto di rastremazione, definito come il rapporto tra la lunghezza della corda all’apice e quella della corda alla radice (taper ratio). · il grado di compenso, pari al rapporto tra l’area della pala a proravia dell’asse di rotazione (ARF [m2]) e l’area totale del timone. RAPPORTI ADIMENSIONALI DEL TIMONE allungamento geometrico lG = bm / cm thickness chord ratio tM / cm rapporto di rastremazione ct / cr grado di compenso ARF / AR TABELLA 3.2.A VALORI TIPICI 1,5 ¸ 2,5 0,06 ¸ 0,25 0,5 ¸ 1,0 0 ¸ 0.25 Rapporti adimensionali tipici per timoni convenzionali. Le grandezze ed i rapporti sopra definiti trovano applicazione sia sulle pale simmetriche, aventi cioè simmetria rispetto al piano di proiezione, sia su quelle asimmetriche. In Tab.3.2.A si forniscono, a titolo di esempio, i valori 41 Corso di Allestimento Navale indicativi dei rapporti adimensionali tipici di un timone verticale convenzionale, validi sia per piccole imbarcazioni, sia per navi mercantili e militari. 3.3 – Lo studio della pala isolata Le forze idrodinamiche che maturano sulle superfici passive di controllo sono il frutto dell’interazione con il flusso d’acqua che le investe, ed il loro studio può essere condotto richiamando concetti generali, applicabili ad ogni corpo esposto al flusso di un fluido reale non omogeneo. Affinché tale approccio risulti utile ad illustrare la risposta della generica superficie idrodinamica, è però conveniente analizzare per prime le condizioni generali di funzionamento di un corpo isolato immerso in flusso omogeneo, e solo successivamente le particolarità legate al flusso non omogeneo nella volta di poppa. In generale, un corpo immerso in un fluido e dotato di moto relativo rispetto ad esso sperimenta sulla sua superficie degli sforzi, sia normali sia tangenziali, che possono essere ridotti ad un sistema equivalente costituito da una forza risultante agente lungo una determinata retta d’azione. L’orientazione ed il valore in modulo dipendono sia dalle caratteristiche del fluido e del corpo, sia dalla velocità relativa tra fluido e corpo, in ogni caso si definisce portanza L [N] (lift) la componente della forza totale nella direzione normale al flusso e resistenza D [N] (drag) la sua componente nella direzione e nel verso del flusso. Le forze scambiate dipendono fortemente dalla direzione del flusso rispetto alla superficie, ossia dall’angolo formato tra la corda del suo profilo e la direzione del flusso (angolo di attacco). Innanzitutto è necessario osservare che i due tipi di forza generati da un corpo in movimento in un fluido non sono sempre presenti contemporaneamente: infatti, mentre la resistenza all’avanzamento è sempre presente, e può considerarsi come una forza di base, ed in genere parassita, la portanza, la cosiddetta componente nobile, non sempre si manifesta. Per generarla, almeno in modo efficace, si richiede una classe speciale di corpi disegnati e utilizzati in maniera opportuna. In realtà tale componente non può esistere senza la prima, e più che di forze di natura diversa è più opportuno pensare a un diverso equilibrio delle componenti. Per questi motivi, le superfici di controllo della nave sono dei corpi relativamente sottili e affusolati che hanno una forma e un profilo ottimizzati proprio per generare un’elevata portanza tenendo sotto controllo l’insorgere della resistenza, da qui il nome di superfici idrodinamiche. La forza idrodinamica totale è il risultato di complessi fenomeni d’interazione fra il corpo ed il fluido (incompressibile), che possono essere 42 L’apparato di governo e manovra messi in luce considerando le due diverse condizioni di flusso ideale (non viscoso) e flusso reale (viscoso). Procedendo secondo questo schema si consideri inizialmente un corpo isolato immerso in un fluido non viscoso e sottoposto ad un flusso omogeneo e stazionario. Dal momento che non possono nascere forze viscose, non vi è attrito sulla superficie e gli sforzi che maturano sul corpo hanno sola componente normale a detta superficie. Per effetto dell’azione combinata della velocità v [m/s] e dell’angolo di attacco a [°] si induce una circolazione della velocità attorno alla pala determinando una depressione sulla superficie del corpo non esposta al flusso (dorso) e una pressione sulla superficie del corpo esposta al flusso (ventre): · l’integrale degli sforzi di pressione nella direzione ortogonale al flusso rappresenta la forza di portanza L; · l’integrale degli sforzi di pressione nella direzione parallela al flusso rappresenta la forza di resistenza D che, nel caso di fluido ideale, risulta nulla: questa situazione esprime proprio il noto paradosso di D’Alambert, per il quale un corpo sferico immerso in flusso omogeneo ideale non subisce alcuna forza da parte del fluido. In realtà poiché il fluido è sempre viscoso, sulla superficie del corpo si generano sia sforzi tangenziali, sia di pressione. I primi sono all’origine di una resistenza d’attrito. I secondi, oltre ad essere all’origine della portanza, forniscono ora anche una risultante netta nella direzione del flusso, detta resistenza di pressione di origine viscosa, che consta di due contributi diversi: · la resistenza di forma, o di scia, legata all’area della sezione trasversale del corpo, ossia al tipo di profilo, e causata dalla formazione di vortici nella zona poppiera del corpo (distacco dello strato limite): ciò comporta il mancato recupero delle pressioni al bordo di uscita della superficie idrodinamica; · la resistenza indotta, quest’ultima ha origine dal fatto che la pala non ha allungamento infinito e quindi, per effetto della sua particolare fisionomia, mette in contatto alle estremità della campata le due zone caratterizzate da pressioni diverse, comportando una minore differenza di pressione fra dorso e ventre e causando quindi una corrente indotta nella direzione della campata (il flusso da bidimensionale diventa perciò tridimensionale). Questa corrente indotta si combina con quella del flusso di base che lambisce la pala e determina la formazione di una scia vorticosa nella quale si disperde energia: a questa energia è associato l’aumento delle perdite. La nascita della corrente indotta ha un effetto deleterio sulla portanza, infatti quest’ultima subisce una riduzione che si spiega proprio con la minore 43 Corso di Allestimento Navale differenza di pressione che si viene ad avere per effetto del contatto fra i due campi del dorso e del ventre della pala. L’effetto indotto dalla dimensione finita della campata non si manifesta quando il flusso possiede alcune caratteristiche di omogeneità e il corpo immerso ha uno sviluppo costante con allungamento molto elevato. In queste condizioni si può ritenere che il flusso sia bidimensionale, ovvero che le forze idrodinamiche vengano scambiate tra fluido e profilo alare in un contesto in cui i vettori della velocità e della forza hanno caratteristiche invariate nella direzione perpendicolare al flusso e appartengono tutti a piani paralleli. Si vedrà più avanti che il modello di campo bidimensionale viene mantenuto, sebbene con opportune correzioni, anche in presenza di corrente indotta. 3.4 – L’effetto della carena Le situazioni fin qui descritte fanno riferimento a flussi omogenei, mentre nella pratica le superfici di controllo sono poste in vicinanza alla carena e all’elica, ed entrambe sono fonti di forti modifiche del flusso. Per quanto riguarda la presenza della carena, due sono i motivi della variazione del campo di velocità che viene ad incontrare il timone posto nella volta di poppa, infatti: · la carena genera una scia che investe il timone determinando sulla pala un flusso a velocità inferiore rispetto a quella di avanzo della nave. · la volta di poppa costituisce uno sbarramento all’innesco di un flusso indotto verso l’estremità superiore della pala e quindi limita le perdite legate alla formazione dei vortici alla radice. Per effetto della presenza della carena a proravia del timone le forze sulla pala si modificano (in particolare la portanza si riduce) e per tenere conto di questo fenomeno si valuta la velocità media effettiva sul timone. Essa corrisponde alla velocità vA [m/s], ottenuta riducendo la velocità di avanzo della nave V di una quantità pari alla velocità di scia, espressa come frazione della velocità nave dalla relazione w V, dove w [-] è la cosiddetta frazione di scia che assume indicativamente i seguenti valori. In base a queste considerazioni la velocità vA risulta pari alla velocità relativa della nave (e del timone) rispetto alla scia, ovvero: vA = V (1–w) [m/s] (3.4.A) ove per navi bielica vale generalmente w < 0,2 mentre per navi monoelica 0,3 < w < 0,5 (w µ cB). La frazione di scia dovrebbe essere corretta per tenere conto della posizione del timone, si introduce così la frazione di scia al timone wR [-] che 44 L’apparato di governo e manovra dipende essenzialmente dalla posizione del timone e dalla configurazione della poppa della nave (si veda la Tab.3.4.A). CONFIGURAZIONE wR [-] nave monoelica con un timone al centro (0,5 £ cB £ 0,8) 0,5981 – 1,92cB + 1,931cB2 nave monoelica con un timone al poppa a “V” 0,30 + 3,6 (cB – 0,8) centro o nave bielica con due timoni posti a non più di 0,1 B dal poppa ad “U” 0,35 + 2,0 (cB – 0,8) diametrale (cB ³ 0,8) poppa a bulbo 0,48 + 2,0 (cB – 0,8) nave bielica con due timoni posti a più di 0,1 B dal diametrale TABELLA 3.4.A w Frazione di scia al timone per varie configurazioni. Inoltre, il campo di pressioni che matura sul timone durante la generazione di una forza attiva di evoluzione crea una modifica del campo di pressioni sulla carena: si ha così un campo di velocità asimmetrico che va a favorire la rotazione della nave. In sostanza si manifesta l’interazione fra pala e carena, palesando l’esistenza di un unico corpo idrodinamico, tanto più evidente quando il timone è posto a continuazione di un prolungato skeg. Ciò indica che, se si crea una continuità fra timone e carena, si ottiene una maggiore efficacia del timone. Di questo effetto si deve perciò tenere conto quando si dimensiona il timone della nave. Per effetto della presenza della volta di poppa la pala si comporta, ai fini della generazione della portanza, come se fosse più lunga. Nel calcolo delle forze si associa ad essa un allungamento effettivo l superiore rispetto a quello geometrico lG e corrispondente all’allungamento geometrico della pala isolata che, con lo stesso profilo, produce la stessa portanza. Nel caso ideale di superficie idrodinamica aderente a una delle estremità ad una superficie piana perfettamente liscia, si manifesta il cosiddetto “effetto specchio”, che consiste in un allungamento virtuale della pala pari a 2lG. Anche la carena può agire da specchio, ma non riesce nella realtà creare un allungamento effettivo doppio di quello geometrico, sia per la distanza del timone dalla carena, sia per la forma della volta di poppa. Inoltre, solo se la volta di poppa è piatta il timone subisce lo stesso effetto a tutti gli angoli di barra, altrimenti all’aumentare dell’angolo di barra la radice del timone si allontana dalla carena e l’effetto specchio diminuisce. 45 Corso di Allestimento Navale L’allungamento effettivo, almeno ai bassi angoli di barra, può essere strettamente correlato alle dimensioni reciproche fra campata b e distanza d dallo scafo. Si veda a riguardo la Tab.3.4.B, dove si prende in considerazione anche il caso in cui fra la pala e il fasciame della volta di poppa sia interposta un’appendice fissa (counter fin) per ridurre la distanza fra radice della pala e poppa. Si osservi che in genere, sulle navi mercantili, la distanza dalla volta di poppa è al massimo di qualche decina di centimetri, e quindi l’effetto è piuttosto ridotto – tale distanza non scende al di sotto di 5,0 cm per evitare il blocco del timone nel caso di formazione di ghiaccio. l / lG CONFIGURAZIONE SISTEMAZIONE timone molto vicino al corpo superiore (d » 0,05 m, d / b » 0,01) timone lontano dal corpo superiore (d > 0,15 m, d / b » 0,05) TABELLA 3.4.B CORPO SUPERIORE lG = 1,50 lG = 3,00 poppa piana 1,75 1,50 counter fin 1,65 1,45 volta di poppa 1,50 1,35 volta di poppa 1,30 1,20 Allungamenti virtuali della pala. Un altro importante effetto è quello della presenza della superficie libera. Le variazioni dinamiche di pressione si possono infatti scaricare sulla superficie libera soprastante formando un’onda di superficie, e ciò si traduce in una riduzione delle forze generate dalla pala. Al limite, quando il timone è molto caricato e vicino alla superficie, si può anche verificare il fenomeno della ventilazione, con richiamo di bolle d’aria sul dorso della pala in depressione. La presenza della volta di poppa produce una riduzione dell’effetto di superficie libera, tale fenomeno si può ritenere trascurabile quando la pala presenta lo spigolo di radice ad un’immersione pari ad almeno 0,4 bm. 3.5 – L’effetto dell’elica Per quanto riguarda gli effetti dell’elica propulsatrice, va osservato che nel complesso si tratta di azioni che comportano benefici sia alla manovra, sia all’avanzo: 46 L’apparato di governo e manovra · per quanto riguarda la manovra, l’efficienza del timone è accresciuta dalla presenza della scia dell’elica, che non si limita a ridurre l’effetto di scia di carena, ma anzi determina velocità medie sulla pala superiori a quelle di avanzo della nave (sul timone possono maturare forze raddoppiate). Inoltre, si ha il vantaggio di poter sfruttare il timone anche a nave praticamente ferma, creando un flusso netto tramite l’elica; · per quanto riguarda l’avanzo, la presenza del timone fa aumentare l’efficienza propulsiva grazie al recupero dell’energia associata al moto rotatorio del flusso uscente dall’elica. perciò il timone, quando possibile, viene posto nella scia dell’elica. La presenza dell’elica crea infatti una variazione del flusso introducendo un aumento della velocità media sulla pala nella direzione longitudinale, ma causa anche forti disomogeneità e turbolenze. A ciò va aggiunto che la componente trasversale parassita della velocità del flusso dell’elica produce una piccola variazione dell’angolo di attacco medio sulla pala – valutabile in circa 1° – e localmente variazioni quantificabile anche in 10º¸15º, con versi opposti sulla parte superiore e su quella inferiore rispetto al mozzo dell’elica, (la distribuzione delle pressioni lungo la campata assume un andamento sinusoidale). Dall’azione dell’elica consegue quindi all’aumento della portanza associato ad un aumento della resistenza e della tendenza allo stallo, almeno per la parte del timone entro la scia dell’elica. Complessivamente, sommando l’azione dell’elica a quella della carena, l’effetto più importante che si manifesta sulla pala del timone è la variazione netta della velocità media nella direzione di avanzo. Questo effetto può essere calcolato con la procedura (di seguito descritta) che consiste nel valutare un flusso omogeneo equivalente, ottenuto modificando la velocità del flusso indisturbato, generato dall’avanzo della nave, con fattori legati sia al funzionamento dell’elica sia alle caratteristiche di carena. Se poi il timone non si trova completamente nella scia dell’elica, si calcola una velocità media, pesata sulle frazioni di area della pala esposte o meno all’elica. In questo modo si trascurano le fluttuazioni di velocità lungo la campata, che non danno un significativo contributo netto sulle forze complessive, e si riconduce lo studio della pala al modello di corpo isolato in flusso omogeneo, in armonia con quanto fatto quando si è definito il concetto di allungamento effettivo. Esistono comunque procedure semplificate che consistono nel trascurare gli effetti antagonisti della carena e dell’elica: secondo tale approccio lo studio del timone viene impostato in un flusso di velocità pari a quella della nave. Esistono infatti vecchi studi condotti su navi monoelica e timone nella scia dell’elica (carene con cB = 0,78 e V /L1/2 compreso fra 0,72 e 1,10), i quali mostrano che, agli alti angoli di barra, le variazioni percentuali della 47 Corso di Allestimento Navale forza sulla pala e del momento evolutivo sulla nave sono piuttosto contenuti: l’effetto combinato di scia ed elica comporta una riduzione delle forze fino ad un massimo del 20% ed una variazione del momento evolutivo da –10% a +15%, giustificando parzialmente l’uso del metodo semplificato. Analoghi studi condotti su navi bielica e timone centrale mostrano invece riduzioni variabili dal 30% al 60% sia delle forze, sia del momento evolutivo. Per quanto riguarda il calcolo della velocità media sulla pala posta nella scia dell’elica, si fa qui riferimento alla studio dell’elica propulsatrice sviluppato in seno alla teoria della quantità di moto. Si definisce perciò dvA [m/s] l’incremento totale di velocità impresso sull’acqua dall’elica immersa nella scia di carena, e si calcola poi come kmdvA l’incremento parziale di velocità che si realizza ad una certa distanza alle spalle del disco dell’elica, km rappresenta infatti il coefficiente correttivo per tenere conto della posizione della pala a valle del disco dell’elica. Tale coefficiente viene espresso in funzione del rapporto l / De dove l [m] è la distanza longitudinale fra l’asse di rotazione della pala ed il disco dell’elica e De [m] è il diametro dell’elica. Si ha perciò complessivamente sulla pala del timone la velocità vR = vA + kmdvA [m/s]. I valori del fattore km sono calcolabili con le seguenti formule: · per 0 £ l /De £ 0,25 vale: km = 0,50 + 2,04 l /De – 3,52 (l /De)2 [-] (3.5.A) [-] (3.5.B) · per 0,25 £ l /De £ 1,0 vale: km = 0,79 + 0,45 (l /De – 0,25) – 0,30 (l /De – 0,25)2 Secondo la teoria della quantità di moto, con riferimento al coefficiente di spinta CT [-] – definito come CT = T / (½ vA2ρAO), dove T [N] è la spinta dell’elica ed AO [m2] è l’area del disco dell’elica –, si valuta l’incremento di velocità dvA = vA [(CT + 1)1/2 – 1]. Da ciò consegue che sulla pala nella scia dell’elica si ha una velocità pari a vR = vA{1 + km[(CT + 1)1/2 – 1]} [m/s] (3.5.C) mentre sulla parte di timone esterna al tubo di flusso dell’elica vale semplicemente vR = vA. L’aumento della portanza nella scia dell’elica è più accentuato se il timone si estende oltre il tubo di flusso dell’elica, sia verso l’alto sia verso il basso (a tale proposito va tenuto conto della contrazione della scia). Un altro fenomeno importante nel funzionamento del timone è quello legato alla cavitazione. Infatti, quando localmente la pressione assoluta scende al di sotto della tensione di vapore dell’acqua si formano bolle di vapore. Si rammenta a riguardo che nelle condizioni standard (temperatura di 15°C), la tensione di vapore dell’acqua di mare pV è di 1962 Pa, pari a 48 L’apparato di governo e manovra circa il 2% della pressione atmosferica (patm = 101367 Pa), e varia in funzione della temperatura assumendo valori di ±1% rispetto alla pressione atmosferica. Queste bolle si formano nelle zone in cui si manifesta una depressione dinamica e vengono trasportate poi in zone dove la pressione è maggiore, dove possono implodere. L’implosione genera microscopici getti d’acqua ad alta velocità che possono colpire la pala, causando l’erosione della superficie della pala stessa (erosione che viene poi amplificata dalla corrosione) e vibrazioni che possono essere trasmesse allo scafo. Esistono diverse modalità di sviluppo della cavitazione sul timone: · la cavitazione a bolle sul dorso della pala - è legata alle modalità di funzionamento del profilo idrodinamico, ossia alla creazione della zona di depressione dinamica (pressioni assolute negative). Essa causa, oltre ad erosione, anche una modifica dell’intero campo di pressioni poiché viene favorito il distacco dello strato limite sul dorso della pala: come conseguenza si riduce la portanza complessiva e aumenta la resistenza. · la cavitazione associata alle scie vorticali - si verifica poiché nel cuore del vortice, dove il campo di velocità è in condizione di massimo, si possono creare forti depressioni dinamiche e quindi veri e propri “tubi di cavitazione”. La formazione di vortici si verifica nelle zone di discontinuità della pala, soprattutto alle estremità del bordo inferiore e tra la pala e gli elementi fissi di sostegno, oppure trae origine dalle estremità delle pale dell’elica e dal mozzo della stessa. L’analisi della propensione alla cavitazione viene fatta solamente sui timoni che risultano particolarmente caricati sia per le condizioni di funzionamento, sia per la forma della distribuzione di pressione tipica del profilo utilizzato. Tale valutazione viene fatta analizzando la depressione che nasce sul dorso della pala, esistono infatti utili diagrammi che, in funzione del tipo di profilo e del carico che si realizza sulla generica corda (portanza locale), forniscono il valore della depressione idrodinamica estrema che si realizza sulla pala. Questa deve poi essere sommata algebricamente al battente statico, comprensivo della pressione atmosferica, e confrontata con la tensione di vapore dell’acqua di mare alla massima temperatura di esercizio. In virtù delle approssimazioni nel calcolo del flusso indotto localmente dall’elica, la pressione assoluta su ogni punto della pala deve risultare ben al di sopra dello zero affinché non si verifichi cavitazione. L’insorgere della cavitazione sui timoni è favorito da alti valori di velocità d’avanzo della nave e di carico dell’elica. Le situazioni più critiche sono quelle in cui questo fenomeno si manifesta anche per piccoli angoli di barra del timone: è il caso delle navi che hanno una velocità di crociera superiore a 22 nodi e timone nella scia di un’elica avente una potenza specifica superiore a 700 kW/m2. Sulle navi che hanno velocità di crociera 49 Corso di Allestimento Navale più basse ma superiori a 10 nodi la cavitazione si verifica solamente ad elevati angoli di barra del timone, e quindi non interessa gli angoli di normale utilizzo per la correzione della rotta (circa ± 5°). Per quanto riguarda infine la cavitazione associata alle scie vorticali proprie del timone, si può ridurre solo con un buon progetto dei particolari costruttivi della pala adottando estremità di pala arrotondate. In alternativa si devono usare per la costruzione del mantello materiali che rispetto all’acciaio dolce siano più resistenti all’erosione (acciai austenitici o alcuni tipi di bronzo), infatti i rivestimenti con vernici non risultano sufficientemente protettivi. 3.6 – Le forze sulla pala La risultante degli sforzi tangenziali e normali trasmessi alla pala immersa nel flusso reale appena descritto è la forza F [N] che agisce su una retta d’azione essenzialmente contenuta nel piano del profilo, ha infatti componenti di portanza L e di resistenza D ma è trascurabile la componente nella direzione della campata. L’angolo di abbattimento della forza F misurato rispetto alla normale alla corda viene indicato con j [°] e l’efficacia idrodinamica della pala, detta anche rendimento, è definita come rapporto L/D e risulta inversamente proporzionale al valore dell’angolo di abbattimento. La retta d’azione della forza F interseca il piano diametrale in un punto detto centro di pressione ed indicato con la sigla CP, in esso si considera applicato il vettore della forza. Le coordinate del centro di pressione, misurate lungo le direzioni della corda e della campata, sono fornite rispetto al bordo di attacco (distanza CPC) e rispetto allo spigolo superiore (distanza CPS). Di pratico interesse sono anche le due componenti orizzontali della forza F calcolate nella direzione del piano diametrale della pala, la forza assiale FA [N], e nella direzione ad essa ortogonale, la forza normale FN [N], facilmente calcolabili in funzione di L e D, infatti valgono le relazioni FA = (D cosa – L sina) [N] (3.6.A) FN = (D sina + L cosa) [N] (3.6.B) che permettono una immediata valutazione delle forze scaricate sull’asta del timone. Il momento torcente Q [Nm] generato sul timone dalla forza idrodinamica si può calcolare una volta che è nota la distanza tra il centro di pressione e l’asse di rotazione della pala. Indicando con d la distanza, misurata all’altezza di CP, tra il bordo d’ingresso e l’asse del timone, il 50 L’apparato di governo e manovra braccio con cui lavora la forza attiva FN vale (d – CPC), cosicché il momento torcente sull’asta risulta fornito dalla relazione: Q = FN (d – CPC) [Nm] (3.6.C) Per definizione il momento torcente generato dal flusso è quindi negativo se il centro di pressione si trova a poppavia dell’asse di rotazione. È questo il caso di timone stabile, così definito perché, a riposo al centro, è in condizione di equilibrio stabile, infatti se spostato da una causa perturbativa, al cessare della causa torna nella posizione iniziale. Di conseguenza, in questo caso, risulta positivo il momento che deve essere generato all’equilibrio dal macchinario di agghiaccio. Il centro di pressione non è in genere fisso al variare dell’angolo di barra, ma tende a spostarsi verso poppavia con l’aumentare dell’angolo di barra del timone, o meglio con l’aumentare dell’angolo di attacco. Di conseguenza, si può verificare la situazione di timone inizialmente instabile se l’asse di rotazione si trova leggermente a proravia del centro di pressione ai piccoli angoli di barra, ma si sposta poi a poppavia per angoli maggiori. Tale situazione favorisce la movimentazione agli angoli tipici del controllo di rotta (operazione per la quale il timone è fortemente utilizzato), per i quali al macchinario è richiesto un momento minore rispetto al caso di timone stabile, ma può creare problemi di usura e di affaticamento ai macchinari stessi ed alle strutture portanti. La timoneria risulta infatti sempre sotto carico ed è costretta a generare momenti di equilibrio alternati poiché il momento antagonista è così piccolo che può cambiare orientazione per azione di forze accidentali. Allo scopo di ridurre lo sforzo di torsione richiesto al macchinario, ma con l’obiettivo di avere un timone stabile, si fa in modo che il centro di pressione si trovi il più vicino possibile all’asse di rotazione, almeno ai piccoli angoli, ma sempre a poppavia di quest’ultimo. Tale bilanciamento si ottiene fissando il valore del grado di compenso della pala. Le forze idrodinamiche fin qui introdotte vengono usualmente adimensionalizzate per facilitare il confronto fra le prestazioni di timoni che hanno forme e dimensioni diverse. Tale confronto è possibile solo se si conosce la legge di similitudine che regola il fenomeno, che verrà qui di seguito illustrata. 3.7 – I coefficienti idrodinamici Le quantità dimensionali significative che compaiono nel fenomeno della generazione della forza idrodinamica F sulla superficie di controllo, isolata e immersa in un flusso stazionario omogeneo di fluido reale, sono: 51 Corso di Allestimento Navale · caratteristiche della pala – l’area della superficie idrodinamica AR [m2], la forma della superficie, che può essere individuata da una serie di N parametri geometrici, qui indicati genericamente come s1, ..., sN [m], ed la forma del profilo idrodinamico, espresso analogamente a quanto sopra da una serie di M parametri geometrici, qui indicati genericamente come sN+1, ..., sN+M [m]; · caratteristiche del fluido – la massa volumica r [kg m-3] e la viscosità dinamica m [kg m-1 s-1]; · caratteristiche del flusso sulla pala – la velocità media vR [m s-1] e l’angolo di attacco a [rad]. e conseguentemente la valutazione della legge di similitudine relativa alla generazione della forza F sulla pala può essere effettuata applicando il Teorema di Vaschy alla funzione omogenea che rappresenta il fenomeno fisico in termini esatti: y [F, AR, (s1, ..., sN+M), r, m, vR, a] = 0 [-] (3.7.A) Va osservato che in tali indagini è usuale trascurare l’effetto della viscosità dinamica m del fluido, sebbene al prezzo di introdurre un effetto di scala, perciò la funzione si riscrive come: y [F, AR, (s1, ..., sN+M), r, vR, a] = 0 [-] (3.7.B) Si osservi poi che se si vuole analizzare il comportamento di superfici idrodinamiche di forma nota, e costituite da profili ben definiti, sotto l’azione di un flusso a diversi angoli di attacco, allora le M+N grandezze fisiche s1,..., sN+M e l’angolo a potranno essere considerati, volta per volta, come parametri prefissati dell’indagine ed assumeranno valori costanti. In altre parole, eliminando le variabili appena indicate si può studiare il fenomeno fisico in maniera esatta esclusivamente sotto l’effetto delle quantità rimanenti [F, AR, r, m, vR]. Ciò consentirà ad esempio di trattare la similitudine geometrica di una pala dalle caratteristiche prefissate, oppure di confrontare pale che hanno forme diverse, ma sempre a parità di angolo di attacco del flusso. Nell’ipotesi di trascurare l’effetto della viscosità e di considerare le grandezze [(s1,..., sN+M), a] come parametri dell’indagine fissati a priori, la legge di similitudine si riscrive nella forma ridotta: y [F, AR, r, vR] = 0 [-] (3.7.C) Dallo sviluppo dell’analisi dimensionale delle grandezze fisiche, essendo 3 le grandezze fondamentali coinvolte e 4 le quantità dimensionali caratterizzanti il fenomeno, si può ottenere una relazione esplicita fra tali quantità, ed in particolare si può scrivere la relazione: 52 L’apparato di governo e manovra F = k AR r vR2 [N] (3.7.D) in cui la funzione adimensionale di proporzionalità k dipende dalle grandezze utilizzate come parametro, ossia dall’angolo di attacco e dalla forma della superficie e del profilo della pala, in altre parole si può scrivere che k = k[(s1,..., sN+M), a]. Usualmente, nell’espressione della forza idrodinamica F viene introdotto il fattore 0,5 in modo che il prodotto (½ r vR2) corrisponda alla pressione dinamica q [Pa] nel punto di ristagno che si crea sul bordo di attacco del profilo. Di conseguenza, nell’espressione di F, la funzione di proporzionalità si modifica e viene indicata, per ogni pala di forme note, con c(a) per mettere in evidenza la dipendenza dall’angolo di attacco. In conclusione, per una pala di forme note, la similitudine che si instaura, nel calcolo delle forze idrodinamiche, è espressa dalla relazione: F = c(a) q AR [N] (3.7.E) La legge di similitudine appena introdotta consente di effettuare le seguenti operazioni: · ricavare la forza idrodinamica F di una pala di forma e profilo noti partendo dalla conoscenza della funzione di proporzionalità c(a) ottenuta per un qualsiasi valore delle grandezze r, vR ed AR. D’altro lato, se per una pala di forma e profilo fissati la funzione c(a) è stata misurata sperimentalmente, ossia sono noti i valori del cosiddetto coefficiente idrodinamico c al variare dell’angolo di attacco a, è nota anche la forza idrodinamica F che su di essa matura. In base a quanto finora detto, c può essere determinato con prove in scala, perché è indipendente dalle dimensioni assolute del timone; inoltre le prove possono essere condotte a qualsiasi velocità ed in qualsiasi fluido. In realtà la viscosità, anche per valori bassi (l’acqua e l’aria sono fluidi poco viscosi), ha una sua importanza nel fenomeno di generazione delle forze idrodinamiche. · confrontare le forze prodotte da soluzioni diverse, in quanto a forma della pala e del profilo, semplicemente confrontando i coefficienti c(a), ovviamente nell’ipotesi che le pale aventi la stessa area AR lavorino nello stesso fluido. É comunque da intendersi che tali operazioni di similitudine devono essere eseguite a parità di condizioni del flusso, vale a dire con riferimento al flusso omogeneo. Le correzioni per conteggiare gli effetti della carena e dell’elica devono essere effettuate successivamente. Infatti, i coefficienti delle forze idrodinamiche effettive (condizioni di funzionamento reali nella volta di poppa) vengono usualmente dedotti con procedimenti semi–empirici dai valori ottenuti su pale isolate (condizioni di funzionamento ideali) 53 Corso di Allestimento Navale I più comuni coefficienti idrodinamici correlati al funzionamento del timone (si veda la Tab.3.7.A) sono quelli relativi alla portanza cL, alla resistenza cD ed alla forza normale cN, quest’ultimo esprimibile anche in funzione dei due precedenti. Un altro coefficiente molto usato è quello relativo al momento torcente sull’asta del timone cQ, per il quale il coefficiente di adimensionalizzazione è rappresentato da [q AT cm]; definizioni alternative per il coefficiente adimensionale relativo al momento torcente sono quelle che considerano il momento generato rispetto a direzioni parallele all’asse di rotazione, ma corrispondenti al bordo di attacco del flusso, oppure alla retta per cm / 4, forse più utili in una fase preliminare del progetto quando non è nota con precisione la posizione dell’asse di rotazione. COEFFICIENTE IDRODINAMICO DEFINIZIONE coefficiente di portanza cL L / qAT coefficiente di resistenza cD D / qAT coefficiente della forza totale cF coefficiente della forza normale cN F / qAR [cF = (cD2 + cL2)1/2] FN / qAR [cN = cD sina + cL cosa] FN (d – CPC) / qAR cm coefficiente del momento torcente cQ FN CPC / qAR cm FN (cm / 4 – CPC) / qAR cm TABELLA 3.7.A Coefficienti idrodinamici di pala. I coefficienti relativi alle forze di portanza e di resistenza sono calcolati e diagrammati in funzione dell’angolo di attacco e mostrano andamenti tipici: · la curva relativa al coefficiente di portanza ha inizio dallo zero, ha andamento quasi lineare per bassi angoli per poi giungere ad un massimo seguito da una più o meno brusca caduta, l’angolo per il quale si verifica tale valore massimo viene indicato come angolo di stallo; · la curva relativa alla resistenza parte da un valore diverso da zero (cD0) ed è monotona crescente. 54 L’apparato di governo e manovra Anche il rapporto L /D tra la portanza e la resistenza, che definisce il rendimento della pala, viene spesso diagrammato assieme ai coefficienti idrodinamici. Spesso, in luogo del coefficiente idrodinamico cQ caratterizzante il momento torcente, viene diagrammato il rapporto adimensionale CPC /cm che permette di valutare il braccio, rispetto all’asse di rotazione, con cui lavora la forza FN, consentendo quindi di risalire al momento torcente Q. Meno frequentemente è disponibile il rapporto adimensionale CPS /bm che permette di valutare la distribuzione del carico idrodinamico lungo la campata. In luogo dei grafici vengono talvolta forniti i valori dei coefficienti idrodinamici cL e cD e del rapporto CPC /cm calcolati agli angoli di attacco di 10°, 20° e all’angolo di stallo, corredati dalla pendenza di cL all’origine e dal valore iniziale di cD. E’ utile ricordare che le grandezze standard relative alle caratteristiche fisiche dell’acqua dolce e di mare e dell’aria sono fissate da uno standard ITTC. Per applicazioni pratiche, le caratteristiche fisiche dell’acqua possono essere considerate costanti, ovvero indipendenti dalla temperatura e dalla pressione; in Tab.3.7.B sono riportate le grandezze fisiche d’uso più frequente riferite alla temperatura standard di 15 °C. FLUIDO acqua dolce (T = 15°C) GRANDEZZA E VALORE massa volumica r tensione di vapore pV viscosità cinematica n massa volumica r acqua di mare (T = 15°C, salinità 3,5%) viscosità cinematica n aria secca (T = 15°C, patm = 101367 Pa) TABELLA 3.7.B massa volumica r viscosità cinematica n 3 » 1000 kg/m 2 1,14×10-6 m /s 1962 Pa 1026 kg/m3 1,19×10-6 m2/s 1226 kg/m3 1,45×10-5 m2/s Grandezze fisiche d’uso più frequente. 3.8 – I profili idrodinamici Per mettere in luce la dipendenza delle forze di portanza e resistenza dai singoli parametri di forma che caratterizzano la geometria delle superfici idrodinamiche, è necessario analizzare il campo di pressioni e velocità che 55 Corso di Allestimento Navale matura attorno al corpo immerso nel flusso. Tale indagine può essere convenientemente effettuata in due fasi successive: · studio del profilo – riguarda l’analisi del campo fluido bidimensionale che si instaura attorno ad un profilo idrodinamico considerato appartenente ad una superficie a sviluppo costante ed allungamento infinito. Questa indagine permette di analizzare il comportamento del profilo indipendentemente dalla forma della pala, e di ottenere le caratteristiche idrodinamiche dello stesso. · studio della pala – riguarda l’analisi del campo fluido tridimensionale che si instaura attorno ad una pala caratterizzata da un certo profilo e da una certa forma. Questa indagine consente di determinare i coefficienti idrodinamici della pala. Nel seguito verrà trattata la prima fase di indagine, relativa all’analisi del comportamento dei profili simmetrici, con riferimento alla condizione di fluido reale in flusso omogeneo, stazionario ed ovviamente bidimensionale. L’effetto di portanza di un corpo idrodinamico ha origine dal campo di pressioni che si viene a generare grazie alla forma e all’angolo di attacco del flusso, caratterizzate da una pressione dinamica sul ventre e da una depressione dinamica sul dorso. Il fenomeno può essere messo in evidenza visualizzando il campo cinematico attorno al corpo: sul dorso si manifesta un’alta velocità e quindi una raccolta delle linee di flusso, sul ventre una bassa velocità e conseguentemente linee di flusso a maggiore spaziatura. Come noto, la portanza viene correlata a questo campo di velocità che dà origine ad una circolazione non nulla della velocità attorno al profilo. Sulla superficie del corpo immerso nel flusso reale si generano, oltre agli sforzi di pressione, anche sforzi tangenziali, per effetto dei quali la pellicola di fluido a contatto con il corpo si muove in maniera solidale allo stesso: se il moto si realizza con un valore elevato del numero di Reynolds, e questo è il caso dei timoni navali, il passaggio della velocità dal valore relativo nullo ai valori dettati dal moto esterno avviene in uno strato sottile confinato sulla superficie del corpo, detto strato limite. Al di fuori dello strato limite il campo di velocità non risente praticamente degli effetti della viscosità e il fluido può essere considerato perfetto. Ritornando alla generazione della portanza, è importante notare come la depressione dinamica sul dorso sia all’origine della maggior parte della portanza e come il picco delle due distribuzioni sia spostato verso il bordo di attacco, con la conseguente localizzazione del centro di pressione nella zona prodiera del profilo. Tale distribuzione della pressione idrodinamica è tipica dei corpi affusolati. Se la differenza di pressione dinamica viene efficacemente mantenuta, si realizza un campo di pressione favorevole al 56 L’apparato di governo e manovra mantenimento della portanza: è perciò essenziale che il flusso scorra con regolarità in prossimità della superficie del profilo alare. La distribuzione delle pressioni e, in particolare modo, la posizione del punto di minima pressione hanno un notevole effetto sul flusso nello strato limite, soprattutto sul dorso del profilo. Si possono infatti osservare due zone a comportamento ben distinto: · la zona prodiera, nella quale la velocità locale all’esterno dello strato limite aumenta e contemporaneamente la pressione diminuisce finché in un determinato punto non si raggiunge il picco di depressione, dove la velocità raggiunge il suo massimo. · la parte poppiera, ove il flusso all’esterno dello strato limite è decelerato e la pressione aumenta fino a portarsi al valore della pressione in corrente libera in prossimità del bordo di uscita. Nella zona prodiera, la diminuzione della pressione, che si trasmette fino a contatto della parete all’interno dello strato limite, ha tendenza a contrastare l’azione ritardatrice degli sforzi d’attrito sulla parete stessa, e quindi a ridurre l’aumento dello spessore dello strato limite che essi tendono a determinare. In altre parole lo sforzo tangenziale si esaurisce a breve distanza dalla superficie e lo strato limite rimane confinato ad uno spessore limitato. Nella zona poppiera, l’aumento della pressione si associa alla resistenza viscosa nel diminuire l’energia cinetica dello strato limite, che è già di per sé scarsa per la ridotta velocità ivi presente. Infatti, i filetti fluidi devono percorrere un campo caratterizzato da due tipi di resistenza: l’attrito sulla superficie del profilo alare e il gradiente di pressione sfavorevole nella direzione del flusso. Si provoca quindi un ispessimento per rallentamento e, ad un certo punto, addirittura l’arresto dello strato limite. Di conseguenza, più avanti si verifica un vero e proprio moto a ritroso del fluido nella zona prossima alla parete, lambito dalla corrente esterna che scorre in verso opposto: il contatto fra i due moti contrari dà luogo ad una scia di vortici. La zona a valle del punto di distacco è infatti spiccatamente instabile e degenera in formazioni vorticose, essa costituisce la cosiddetta scia vorticosa. Il fenomeno descritto prende il nome di separazione della corrente ed è all’origine del mancato recupero delle pressioni a poppavia del profilo e quindi della resistenza di forma. Inoltre, con l’aumento dell’angolo di incidenza del flusso, il punto di separazione della scia si sposta verso il bordo di attacco in concomitanza con un campo di pressione sempre più sbilanciato in avanti (ma con un picco che si riduce d’intensità e che pesa sempre meno nella generazione della portanza lungo la corda). L’effetto è quello di contrastare l’insorgere della portanza mentre aumenta l’angolo di attacco. Confrontando infatti due 57 Corso di Allestimento Navale situazioni di lavoro di un profilo, caratterizzate da angoli diversi di attacco, si vedono punti di separazione a distanze diverse dal naso del profilo e di conseguenza si osserva che il gradiente di crescita della portanza del profilo, in funzione dell’angolo di attacco, tende a calare (ossia la portanza manifesta un andamento sotto–lineare): a uguali incrementi dell’angolo di attacco corrispondono incrementi sempre più ridotti della portanza poiché, mentre la pressione tende a crescere nella zona prodiera, il punto di separazione si avvicina sempre più al bordo di attacco e diminuisce la zona utile per la generazione della portanza. Se il punto di distacco si mantiene a poppa, anche ad elevati angoli di incidenza, allora la riduzione del gradiente di portanza è contenuta. Se invece il punto di separazione del flusso si estende in avanti verso il bordo attacco, può verificarsi una forte riduzione del gradiente di portanza, tale addirittura da far diminuire la portanza all’aumentare dell’angolo di incidenza, anche in maniera drastica: si è raggiunto lo stato di stallo, caratterizzato dalla separazione a corda completa, ossia sull’intera zona del dorso del profilo. Parallelamente anche la resistenza è influenzata dalla posizione del punto di distacco: se lo strato limite si mantiene attaccato al profilo la resistenza è soprattutto dovuta all’attrito, in caso contrario si somma anche la componente dovuta al mancato recupero delle pressioni. 3.9 – L’analisi dei profili idrodinamici Una volta illustrate le modalità di funzionamento della superficie idrodinamica, possiamo passare al confronto del comportamento dei profili di forma diversa. A tale riguardo vanno distinti gli effetti dovuti a tre diverse cause: · l’allungamento, · la forma dei fianchi, · la posizione della sezione massima. Per quanto riguarda l’influenza dell’allungamento del profilo, ossia del rapporto fra lo spessore massimo e la corda, si possono evidenziare due tipi di funzionamento, indicati come tipici dei profili sottili e dei profili spessi. Sui profili sottili si verifica una situazione di portanza caratterizzata da un andamento prossimo alla linearità al variare dell’angolo di attacco, e contemporaneamente una resistenza ridotta. Ciò ha origine dal fatto che il gradiente favorevole di pressione permane per un lungo tratto della corda, favorito dalla forma affusolata e slanciata, ed in più i gradienti non sono fortemente accentuati dalla forma del profilo. Il punto di distacco rimane perciò verso il bordo di uscita determinando lungo la corda un’estesa zona utile per la generazione della portanza. 58 L’apparato di governo e manovra Se però il profilo affusolato lavora ad angoli di attacco elevati, può manifestarsi la formazione di una “bolla” sul bordo di attacco. E’ questo il caso di una zona morta che si genera sul dorso a causa dell’eccessiva curvatura dello spigolo: questa prima separazione può poi annullarsi per effetto del gradiente favorevole di corrente, ma può anche protrarsi fino alla zona di separazione di poppa (nel complesso essa favorisce la formazione del distacco in coda). La forma del bordo di attacco – ovvero il raggio di curvatura del bordo di attacco – gioca un ruolo importante nel favorire la formazione della bolla. Quando essa si forma la portanza decresce bruscamente determinando una repentina condizione di stallo. Le curve di portanza dei profili sottili e di quelli spessi sono coincidenti per piccoli angoli di incidenza ma, mentre quelli sottili manifestano uno stallo repentino, quelli spessi hanno un’ulteriore crescita quasi lineare e successivamente un gradiente sempre minore finché si presenta la situazione di stallo. I profili spessi sono infatti in grado di generare campi di pressione più spinti, grazie alle maggiori riduzioni di pressione che si ottengono sul dorso (simultaneamente ai maggiori incrementi di velocità), e grazie al fatto che lo stallo si realizza ad un maggior angolo di incidenza. Si confrontino a riguardo i valori caratteristici di risposta di profili sottili e di profili spessi caratterizzati dalla stessa forma e riportati nella Tab.3.9.A (famiglia di profili NACA–00). Ciò si verifica a scapito di andamenti di portanza che mostrano una progressiva riduzione del gradiente di crescita, riduzione che si manifesta pienamente agli alti angoli di attacco, a causa di un lento ma progressivo spostamento del distacco all’aumentare dell’angolo di attacco. Il distacco è qui governato dall’effetto della curvatura, la quale favorisce il passaggio da laminare a turbolento dello strato limite, passaggio che comporta minor tendenza alla separazione grazie al più elevato gradiente che si instaura a contatto con il sottostrato limite laminare. I profili spessi hanno infatti uno strato limite prevalentemente turbolento, a differenza di quelli sottili. A ciò si aggiunga che il campo di pressione in corrispondenza del bordo di attacco, ad alti angoli, è più avviato rispetto a quello che si crea nel profilo sottile, e questa situazione favorisce un comportamento più omogeneo, con graduale decremento delle caratteristiche all’aumentare dell’angolo di incidenza. La resistenza di forma è in genere più elevata per i profili spessi, ed anche quella d’attrito è maggiore, a causa del flusso fortemente turbolento nello strato limite. In generale, il rendimento del profilo spesso è minore. Si osservi infine che per le pale dei timoni si usano spesso profili con elevatissimi rapporti t/c – ossia allungamenti molto bassi – a causa dei forti vincoli sia strutturali sia di ingombro, e tali profili possono mostrare portanze inferiori a quelle attese. Ciò evidente dal confronto dei valori delle caratteristiche idrodinamiche dei profili spessi della stessa famiglia riportati 59 Corso di Allestimento Navale in Tab.3.9.A, ove è evidente la riduzione di portanza e di efficienza per gli alti valori del rapporto di forma. La posizione del centro di pressione in generale è localizzata nella zona di prora della pala, dove è massima la depressione dinamica, causa principale della portanza. La posizione del centro di pressione varia, spostandosi verso il bordo di uscita all’aumentare dell’angolo di attacco, in maniera più accentuata sui profili sottili. (¶CL/¶a)a = 0 (CL)a = a (CD)a = 0 NACA–0006 0,102 0,88 0,006 NACA–0009 0,101 1,27 0,007 NACA–0012 0,101 1,53 0,008 NACA–0015 0,100 1,53 0,009 NACA–0018 0,098 1,40 0,011 NACA–0021 0,094 1,38 0,012 NACA–0025 0,089 1,20 0,014 PROFILO TABELLA 3.9.A S Confronto fra profili sottili e profili spessi della famiglia NACA 4–digit (l = ¥, RN = 3,2·106, valori misurati). Per quanto riguarda l’influenza della posizione della sezione massima, si osserva che profili con allungamento uguale hanno caratteristiche idrodinamiche migliori se la sezione massima si allontana dal bordo di attacco (ma se si allontana troppo, il bordo diventa troppo affusolato), infatti si prolunga il gradiente favorevole di depressione dinamica. In genere lo spessore massimo si realizza tra il 20% e il 40% della corda dal bordo d’ingresso. Va osservato inoltre che la permanenza della lunga zona a gradiente di pressione negativo favorisce, ai bassi angoli di attacco, l’instaurarsi di uno strato limite laminare, con il vantaggio di una resistenza frizionale contenuta (profili laminari). Si confrontino a riguardo in Tab.3.9.B i valori caratteristici di risposta di profili convessi caratterizzati dalla diversa posizione della sezione massima (ascissa di tM). I profili con massimo spessore spostato verso poppa (anche oltre il 40%) sono da preferirsi se si presenta il rischio di cavitazione, infatti comportano distribuzioni di pressione più omogenee con un esteso plateau in luogo di un picco accentuato. Vale ovviamente che i profili meno caricati sono i più adatti nei casi di rischio di cavitazione. 60 L’apparato di governo e manovra Un’altra caratteristica che ha molta influenza sulle prestazioni idrodinamiche è la forma stessa del profilo, ossia la legge di distribuzione degli spessori. La forma dell’area trasversale del profilo rimane essenzialmente quella di una goccia più o meno allungata per la quale, come precedentemente indicato, risulta molto importante il raggio di curvatura del bordo di attacco. I profili convenzionali hanno fianchi piani o superficie convessa, ma esistono anche profili con fianchi concavo–convessi, ossia con mantelli a doppia curvatura. PROFILO CARATTERISTICHE NACA–0015 (tM a 0,3 c) portanza resistenza (tM a 0,4 c) CL (a = 5°) 0,534 0,564 CL (a = 10°) 1,062 1,138 CL (a = aS) 1,841 1,736 aS [°] 21,0 19,0 102·CD (a = 0°) 0,779 0,765 102·CD (a = 5°) 0,846 0,794 102·CD (a = 10°) 1,204 1,176 102·CD (a = aS) 4,201 3,511 102·CQ (a = 5°) 0,136 0,148 0,264 0,292 0,401 0,412 momento al bordo 102·CQ (a = 10°) di attacco 102·CQ (a = aS) TABELLA 3.9.B NACA–643–015 Confronto fra profili NACA con sezione massima a differente distanza dal bordo di attacco (l = ¥, RN = 5,0·107, valori calcolati). I profili concavo–convessi sono conformati in modo da esasperare il picco di pressione in corrispondenza del bordo di ingresso del flusso, infatti la particolare forma comporta una forte accelerazione del flusso nella zona prodiera. La distribuzione delle pressioni sul profilo mostra un incremento della resistenza di forma rispetto ai profili convenzionali: alla maggiore 61 Corso di Allestimento Navale portanza si associa quindi una maggiore resistenza di forma tale da comportare un’efficienza generalmente ridotta. Inoltre, i profili con fianchi concavi hanno, al bordo di uscita, mantelli paralleli che possono essere chiusi con un taglio netto di coda, sia per ragioni di robustezza che per motivi costruttivi. L’effetto di un bordo di uscita spesso è quello di creare un allungamento virtuale che influenza positivamente il campo di pressioni sul dorso, infatti lo strato limite viene aspirato dalla scia che si forma in coda, ritardando così la separazione. Ciò dà origine ad una maggiore portanza (ed alla stabilità al centro di pressione), anche se di contro aumenta la resistenza di forma (l’effetto qui descritto si attenua all’aumentare dell’angolo di attacco). PROFILO CARATTERISTICHE NACA–0015 HSVA–MP71–15 IfS–61–TR15 (tM a 0,3 c) (tM a 0,45 c) (tM a 0,2 c) CL (a = 5°) 0,534 0,574 0,603 CL (a = 10°) 1,062 1,160 1,189 CL (a = aS) 1,841 1,915 1,983 aS [°] 21,0 20,5 17,0 102·CD (a = 0°) 0,779 0,830 1,213 102·CD (a = 5°) 0,846 0,862 1,316 102·CD (a = 10°) 1,204 1,352 1,787 102·CD (a = aS) 4,201 4,150 3,402 102·CQ (a = 5°) 0,136 0,156 0,150 102·CQ (a = 10°) 0,264 0,307 0,294 102·CQ (a = aS) 0,401 0,475 0,477 TABELLA 3.9.C Confronto fra profili di famiglie diverse (l = ¥, RN = 5,0·107, valori calcolati). Dal confronto con un profilo convenzionale, quello con fianchi concavo–convessi mostra una curva di portanza che ha gradiente maggiore, valore massimo maggiore e angolo di stallo ad un valore più basso. Di conseguenza questi profili sono preferibili quando sono richiesti coefficienti 62 L’apparato di governo e manovra di portanza elevati (anche a scapito di una minore efficienza). Si confrontino a riguardo in Tab.3.9.C i valori caratteristici di risposta di profili di famiglie e forme diverse. 3.10 – I profili per i timoni I profili di più largo uso in campo navale sono quelli convessi, che presentano l’indiscutibile vantaggio di avere una geometria meno elaborata e di essere quindi di più facile ed economica costruzione. Va considerato inoltre che uno spessore più elevato lungo la coda conferisce anche maggiore robustezza alla pala. Tra questi sono di largo utilizzo i profili simmetrici delle famiglie NACA–00 e NACA–643. Per quanto riguarda i profili concavo–convessi, esistono essenzialmente due tipologie denominate IfS e HSVA: · i profili delle famiglie IfS–58, IfS–61 ed IfS–62 sono profili molto spinti e, fra quelli commerciali, presentano le più alte curve di portanza e la minore efficienza; · i profili HSVA delle famiglie MP–71 ed MP–73 sono profili che hanno caratteristiche idrodinamiche intermedie fra quelle dei profili NACA e quelle dei profili IfS, essi costituiscono perciò un buon compromesso fra le esigenze del governo e quelle della propulsione. Nella pratica, si usano profili diversi dai NACA–00 quando è necessaria una maggiore portanza specifica cL. Quando invece c’è rischio di cavitazione si utilizzano in genere profili con lo spessore massimo spostato verso poppa (NACA–643 oppure i tipi HSVA se si desiderano portanze maggiori). Rimane comunque valido come principio di base che, se la portanza specifica della pala non è oggetto di particolare attenzione, la scelta deve cadere sui profili che hanno il rendimento idrodinamico migliore, oppure al limite sulla superficie di più economica costruzione, ossia la lastra piana (a meno di problemi strutturali). Di tutti questi profili sono disponibili le leggi di distribuzione di spessore ed i valori dei coefficienti idrodinamici. Anche i diagrammi dei coefficienti di pressione per angolo di attacco nullo sono spesso disponibili, essi mostrano la variazione di pressione indotta dagli spessori lungo la corda, espressa tramite il coefficiente di pressione cp [–], definito come il rapporto fra la depressione idrodinamica sul dorso –Dp e la pressione q nel punto di ristagno, cosicché cp = –Dp / q. In altri termini cp = [(vt /v)2 –1], in cui v è la velocità del flusso indisturbato e vt è la velocità indotta sul profilo dalla distribuzione degli spessori. L’analisi di tali curve indica la predisposizione del profilo a generare portanza (e quella alla cavitazione). Si osservi che la distribuzione delle pressioni sulla faccia del profilo vale complessivamente q[1–(vt /v ± dva /v)2], in cui dva è la variazione di velocità indotta dall’angolo 63 Corso di Allestimento Navale di attacco. Questi dati, ottenuti con esperimenti o calcolati, sono disponibili per gli allungamenti di normale impiego in campo navale, ovvero comunemente per rapporti di forma t / c superiori a 0,15. Storicamente i profili NACA sono tra i primi ad essere stati studiati, perciò esiste una consolidata esperienza ed una vasta documentazione. Anche per questo motivo essi si sono imposti nella pratica navale, perciò se lo scopo del progetto non è quello di cercare soluzioni innovative per affrontare problematiche particolari, essi rappresentano un ottimo compromesso sia per funzionalità sia per affidabilità. Tra le diverse famiglie dei profili NACA, quella indicata con la sigla “00” costituisce usualmente la base per il progetto delle superfici di controllo. I profili di questa famiglia sono caratterizzati da un bordo di attacco arrotondato, una superficie convessa, una sezione massima al 30% della corda dal bordo di attacco e un bordo di uscita affilato o comunque molto sottile. Essi vengono identificati facendo seguire alla sigla della famiglia la sigla, formata da due numeri, indicante l’allungamento. Per questo motivo i profili NACA–00 sono indicati con un codice di quattro cifre (e sono denominati 4–digit) dove: · la prima cifra indica il rapporto, moltiplicato per 100, tra la freccia massima f della linea media di distribuzione degli spessori e il valore della corda c, ma si osservi che tale cifra sarà “0”, trattandosi di profili che devono avere un comportamento simmetrico; · la seconda cifra indica il rapporto, moltiplicato per 10, tra l’ascissa della freccia massima e il valore della corda c – come sopra, tale cifra sarà “0”; · la terza e quarta indicano il rapporto, moltiplicato per 100, tra il valore dello spessore massimo t e quello della corda c. A titolo d’esempio, la sigla completa NACA–0020 significa che la legge di distribuzione degli spessori è quella della famiglia di profili idrodinamici simmetrici NACA–00 con rapporto di forma t / c pari a 0,20. In genere tali profili hanno allungamenti compresi fra 0,06 e 0,24 e le caratteristiche idrodinamiche sono spesso riferite alla seguente serie di valori 0,06 0,09 0,12 0,15 0,18 0,21 0,24. Tra questi i rapporti più bassi 0,06 e 0,09 configurano profili molto affusolati con comportamento di profilo sottile, i rapporti medi rappresentano il migliore compromesso tra portanza e rendimento, mentre i più elevati rapporti 0,21 e 0,24 hanno rendimenti bassi e vanno presi in considerazione solo se lo impongono le esigenze progettuali. La legge di distribuzione degli spessori della famiglia NACA–00 è di tipo polinomiale e viene spesso fornita per punti con riferimento ad un profilo 64 L’apparato di governo e manovra avente corda di lunghezza unitaria e semi–spessore massimo pari ad 1/10 della corda (ossia per un profilo NACA–0020), precisamente con y0 si indica il semi–spessore all’ascissa x0. L’espressione analitica polinomiale del profilo NACA–0020 avente corda unitaria è la seguente: y0(x0) = 0,29690 x01/2 – 0,12600 x0 – 0,35160 x02 + 0,28430 x03 – 0,10150 x04 [N] (3.10.A) Per ottenere poi la distribuzione degli spessori relativa ad una prefissata coppia di valori della corda c e dello spessore massimo t è sufficiente calcolare per similitudine le coppie (x, y) tramite le espressioni: x = x0 c [m] (3.10.B) y = y0 t / 0,20 [m] (3.10.C) ed in particolare per lo spessore massimo vale y(x = 0,3 c) = t / 2. Anche i profili NACA–643 possono trovare applicazioni in campo navale, si tratta di profili della Serie 6 (la prima cifra della sigla), aventi estensione del gradiente di pressione favorevole fino al 40% della corda (la seconda cifra della sigla esprime tale lunghezza in decimi della corda) ed alta efficienza entro cL = 0,3 (il pedice della sigla esprime tale valore moltiplicato per 10). Come i profili della serie 4–digit, al codice identificativo della famiglia seguono alcuni dati sulla freccia e sul rapporto di forma: per quelli simmetrici, dopo uno “0” che indica il valore di cL per angolo di attacco nullo, viene riportato il rapporto, moltiplicato per 100, tra il valore dello spessore massimo t e quello della corda c (per esempio: NACA–643–018). Le caratteristiche dei profili NACA sono state determinate tramite prove in galleria del vento effettuate su pale aventi allungamenti l molto elevati. I dati sono stati poi raccolti, in funzione dell’allungamento l, per diversi numeri di Reynolds e per condizioni standard della rugosità di superficie, fornendo essenzialmente le curve dei coefficienti idrodinamici di portanza e di resistenza e la posizione del centro di pressione al variare dell’angolo di attacco. Relativamente alla famiglia di profili 4–digit sono disponibili le caratteristiche di funzionamento principali anche per numeri di Reynolds Rn tipici dei timoni navali, valori che per una nave mercantile sono prossimi a Rn = 1,0¸5,0·107 (si ricorda che per la pala del timone Rn è calcolato con la velocità omogenea prevista sulla pala vR, mentre la dimensione caratteristica è rappresentata dalla corda media cm, cosicché Rn = vR cm / n). Quando invece i risultati ai quali si fa riferimento sono condotti in campo aerodinamico, ossia a numeri di Reynolds più bassi, inevitabilmente si introduce un errore per effetto scala. 65 Corso di Allestimento Navale Va osservato infatti che all’aumentare del numero di Reynolds lo strato limite tende a passare da laminare a turbolento, con ciò favorendo l’attaccamento dello strato limite: conseguentemente si ha l’aumento dell’angolo di stallo e l’aumento della correlata portanza massima, la riduzione della resistenza totale e l’avvicinamento del centro di pressione al bordo d’attacco. Di conseguenza, gli esperimenti effettuati in campo aerodinamico forniscono risultati conservativi per le applicazioni navali (si confronti i valori di Tab.3.10.A). Questi effetti possono essere rilevanti agli alti angoli d’incidenza ma sono trascurabili per piccoli e medi angoli. CARATTERISTICHE PROFILO NACA–0015 RN = 0,20·106 RN = 0,79·106 RN = 2,70·106 CL (a = 10°) 0,35 0,29 0,27 CL (a = 20°) 0,55 0,62 0,60 CL (a = aS) 0,72 1,06 1,26 35,0 33,8 38,5 aS [°] CD (a = 10°) 0,125 0,040 0,037 CD (a = 20°) 0,31 0,141 0,141 CD (a = aS) 0,605 0,461 0,573 CQ (a = 10°) 0,28 0,18 0,16 CQ (a = aS) 0,43 0,35 0,31 TABELLA 3.10.A Confronto delle caratteristiche di un profilo a diversi valori di RN (l = 1, valori misurati). Alla trattazione fin qui svolta vanno aggiunte alcune note, che riguardano i vincoli dimensionali cui deve sottostare la scelta del tipo di profilo allo scopo di consentire il collegamento della pala con l’asta di comando. Si verifica infatti spesso che l’asta di comando del timone debba essere progettata con un diametro di innesto nella pala piuttosto elevato, a causa delle alte sollecitazioni cui è soggetta. Ciò comporta di per sé l’esigenza di prevedere una corda media piuttosto lunga per non far salire eccessivamente il valore del rapporto di forma del profilo. Ma tale via non è in genere praticabile a causa delle ristrette dimensioni della volta di poppa, e di 66 L’apparato di governo e manovra conseguenza si deve accettare un fattore di forma del profilo piuttosto elevato, spesso anche superiore al valore limite di 0,24. In tali circostanze, è usuale considerare come limite il rapporto di forma di 0,25 e per valori superiori si ricorre, se non ad modifica sostanziale del progetto, almeno ad uno dei due seguenti accorgimenti: la scelta di un materiale più resistente per l’asta, oppure l’esecuzione di un accoppiatoio – tra l’asta e la pala – non perfettamente avviato con il mantello (ringrosso). In secondo luogo, è noto che per aumentare l’economicità di esercizio bisogna minimizzare il valore del momento torcente di controllo, ed a tale scopo si cerca di posizionare l’asse di rotazione in corrispondenza del centro di pressione delle forze idrodinamiche. In generale il centro di pressione si trova in vicinanza del bordo di attacco, perciò è conveniente che il profilo sia scelto fra quelli che hanno lo spessore massimo in quella zona. Sulla base di queste considerazioni, il profilo idrodinamico per la pala di un timone navale dovrà essere progettato in modo che: · il rapporto di forma sia il più basso possibile, compatibilmente con il diametro dell’asta, per avere una migliore efficienza. Si osservi inoltre che, visto il diametro dell’asta e le luci generalmente a disposizione nella volta di poppa, il minimo valore applicabile del rapporto t/c corrisponde generalmente a profili spessi (di solito non si corre il rischio di usare profili sottili); · lo spessore massimo sia in corrispondenza del centro di pressione, quindi vicino al bordo di attacco, allo scopo di posizionare l’asta il più vicino possibile al centro di pressione per minimizzare il momento torcente di controllo. Inoltre va tenuto presente che le navi destinate a lunghe rotte e a limitate manovre in acque ristrette devono avere timoni con alti valori del gradiente di portanza (¶cL / ¶a elevato) ai bassi angoli di barra, ossia a quegli angoli utili per il controllo della rotta, mentre navi per servizi su brevi rotte e soggette a frequenti manovre in acque ristrette devono essere molto manovrabili e quindi devono avere timoni ad elevate prestazioni (portanza massima elevata, e quindi generalmente cL massimo elevato). 3.11 – La superficie idrodinamica I risultati dello studio del profilo idrodinamico in campo bidimensionale possono essere utilizzati per valutare il comportamento di una superficie idrodinamica ideale generata dalla traslazione all’infinito, di un profilo a sezione costante, lungo una direzione ortogonale rispetto al piano che lo contiene. 67 Corso di Allestimento Navale La superficie idrodinamica reale si differenzia dalla superficie ideale per una serie di caratteristiche geometriche, si può pensare infatti alla pala reale come una pala ideale sulla quale siano state effettuate le seguenti trasformazioni: · la limitazione della campata, introducendo un allungamento finito; · la variazione della lunghezza della corda del profilo lungo la campata, definendo quindi una rastremazione; · l’introduzione di un angolo di abbattimento non nullo, definendo una certa inclinazione dei bordi di entrata e di uscita rispetto all’asse di rotazione. La superficie idrodinamica che costituisce il timone navale è quindi caratterizzata essenzialmente dall’allungamento finito e dalla forma della sua area proiettata sul piano diametrale, ossia dal suo sviluppo planare. Si osservi che in genere le pale hanno lungo la campata un profilo ad allungamento costante, per motivi sia idrodinamici (riduzione degli effetti trasversali del flusso) sia costruttivi (economicità di realizzazione di superfici a generazione rettilinea). E’ perciò evidente che il flusso sulla superficie della pala risulterà diverso da quello bidimensionale illustrato a proposito dei profili idrodinamici, che si realizza solamente per allungamenti infiniti. Tale flusso tridimensionale dipenderà proprio dalla morfologia della pala. Nell’analisi del comportamento della pala reale è conveniente valutare separatamente gli effetti di tali modifiche, partendo da quella più importante per il funzionamento della pala. Si consideri perciò in un primo momento una pala con allungamento finito e sezione costante, ossia con sviluppo planare rettangolare. L’allungamento finito della pala comporta il contatto fra il campo in depressione dinamica sul dorso e quello in pressione sul ventre. Come conseguenza nasce lungo la campata un flusso che, combinandosi con la corrente di trasporto, dà origine, ad ogni estremità della pala, ad un vortice il cui nocciolo è localizzato proprio sulle estremità. Il campo di velocità complessivo può essere studiato come la somma di un campo bidimensionale indisturbato e di un campo formato dalla presenza dei due vortici di estremità, il cosiddetto campo di velocità indotto. Quest’ultimo campo può essere visualizzato osservando la pala nella direzione del flusso: si vedrà così che si viene a creare una corrente vorticale sul piano normale al flusso indisturbato, detta corrente indotta, con valori della velocità che variano spostandosi dal centro della campata verso il nocciolo del vortice. Questa corrente manifesta una componente discendente che matura lungo la campata sul ventre della pala, ed una ascendente che si instaura al di là delle estremità della pala. La corrente discendente comporta una deviazione del 68 L’apparato di governo e manovra flusso che incide sulla pala, determinando un angolo di attacco minore di quello ideale. La velocità discendente ha un andamento variabile lungo la campata, con legge che dipende dalle caratteristiche morfologiche della pala. Inoltre tale variazione si manifesta in maniera diversa su pale che hanno sviluppi planari diversi. Questo flusso non è localizzato sulle estremità ma influenza il campo di velocità sull’intera superficie della pala, rendendolo tridimensionale. Il fenomeno è tanto più accentuato quanto minore è l’allungamento effettivo l della pala (calcolato correggendo quello geometrico per effetto dell’interazione con altri corpi confinanti). L’influenza dell’allungamento sulla resistenza ha origine nella generazione dei vortici di estremità, mentre l’influenza sulla portanza va ricercata nella diversa orientazione del vettore di velocità del flusso in corrispondenza della pala. Per tenere conto di questo effetto è usuale riferirsi alla distribuzione delle velocità indotte vI [m/s] lungo la campata, oppure in maniera equivalente a quella degli angoli indotti aI [°] intesi come variazione rispetto all’angolo di attacco ideale a, perciò l’angolo di attacco effettivo sulla singola corda all’ascissa x vale a – aI ( x). L’effetto complessivo di questi fenomeni consiste nella riduzione del gradiente di portanza e nell’aumento della resistenza, quest’ultima cresce proporzionalmente all’angolo di attacco, cosicché per angoli elevati prevale la resistenza indotta. Tutto ciò si verifica senza una sostanziale modifica del valore della portanza all’angolo di stallo: il valore della portanza massima non risente della modifica dell’allungamento (in realtà si verifica una leggera diminuzione ad allungamenti estremi). Si osservi a tale riguardo che la portanza massima è precipuamente dipendente dal valore del numero di Reynolds del fenomeno idrodinamico. Le curve di portanza si abbattono tanto più quanto più l’allungamento si riduce, e di conseguenza, mantenendosi costante il valore massimo, l’angolo di stallo aumenta. In pratica la stessa portanza si realizza, al diminuire dell’allungamento, ad angoli d’attacco sempre maggiori. È importante notare che la riduzione del gradiente di portanza dipende quasi esclusivamente dall’allungamento della pala, mentre la forma del profilo idrodinamico è ininfluente Si verifica che la riduzione della portanza e l’aumento della resistenza comportano complessivamente un peggioramento del rendimento della superficie idrodinamica. Ogni sezione della pala rettangolare vede quindi una velocità discendente variabile in funzione della posizione lungo la campata, e tanto 69 Corso di Allestimento Navale maggiore quanto più ci si avvicina all’estremità. Inoltre una pala con basso allungamento risente di tale effetto su una superficie percentualmente maggiore rispetto ad una con allungamento più elevato: un allungamento ridotto può disturbare il campo di velocità su tutta la lunghezza della campata. Di conseguenza è preferibile avere una pala il più possibile allungata, compatibilmente con la luce verticale a disposizione per il timone nella volta di poppa. Un contributo alla riduzione delle perdite per cross flow è rappresentato dall’allungamento fittizio della pala, che si può ottenere avvicinando notevolmente il bordo superiore della stessa alla carena. Tale interazione va sotto il nome di effetto specchio perché, nel caso di flusso ideale, il contatto con una superficie piana normale all’asse di rotazione raddoppia l’allungamento geometrico. In realtà la superficie non è a contatto, non è normale all’asse di rotazione né tantomeno piana, perciò l’incremento dell’allungamento è limitato e diventa funzione dell’angolo di barra del timone. L’allungamento fittizio può essere aumentato anche agendo sul bordo inferiore. Un intervento per ridurre gli effetti di estremità all’apice consiste nell’aggiunta di una lamina terminale parallela al fondo e tale da fuoriuscire dalla forma stessa del profilo. In alternativa, e più usualmente, l’apice della pala viene tagliato di netto: rispetto al caso di apice sagomato permette di avere una portanza maggiore, anche se a scapito di una maggiore resistenza indotta. 3.12 – L’analisi della superficie idrodinamica Dal momento che la pala non lavora generalmente con una distribuzione omogenea della portanza e della resistenza, l’interazione con il flusso deve essere analizzata introducendo delle grandezze idrodinamiche che, variando lungo la campata, forniscano informazioni sulle modalità di lavoro delle singole sezioni. Si definiscono a tale scopo, in aggiunta ai coefficienti idrodinamici relativi all’intera superficie della pala, i coefficienti di portanza e di resistenza locali, relativi alle singole sezioni trasversali. Tali coefficienti fanno riferimento alle densità lineari di portanza e di resistenza lungo la campata. Il più usato è quello relativo alla portanza, che viene definito sulla base della densità lineare di portanza l(x) [N/m], ove l’asse Ox è steso nella direzione della campata. Per una generica pala a corda variabile c(x), l’area proiettata del tratto dx (centrato sull’ascissa x) vale dA = c(x)dx e la portanza da essa sviluppata si può scrivere, in funzione della densità di portanza l(x), come dL = l(x)dx. Dalla relazione appena scritta si può osservare che la 70 L’apparato di governo e manovra portanza della pala corrisponde all’integrale della densità l(x) esteso all’intera campata. In analogia alla definizione del coefficiente di portanza cL relativo alla superficie complessiva della pala, si definisce anche il coefficiente adimensionale di densità di portanza cL = l(x) / qc(x), il quale caratterizza localmente il comportamento della pala assumendo un valore diverso su ogni corda, e che viene indicato perciò come coefficiente idrodinamico locale. Perciò il coefficiente di pala cL può essere espresso come l’integrale lungo la campata della quantità cL(x) c(x)/A dx, dove A [m2] rappresenta l’area totale della superficie. La forma della pala comporta una diversa distribuzione della velocità discendente, e quindi differenti distribuzioni di portanza, con modifiche del rendimento e dell’angolo di stallo. Per impostare un’analisi qualitativa dell’influenza della forma sulle caratteristiche idrodinamiche, può essere utile il confronto fra superfici idrodinamiche rettangolari e triangolari, morfologie che rappresentano i due limiti estremi delle pale dei timoni. Tali analisi verranno condotte su pale simmetriche lungo la campata, ovvero addossate ad una estremità ad una superficie che crea l’effetto specchio. La pala rettangolare mostra una distribuzione di corrente discendente con valori massimi alle estremità, e quindi in tali zone il coefficiente di densità di portanza è minore – si rammenta che esso rappresenta la capacità del profilo, posto ad una determinata ascissa della pala, di generare portanza indipendentemente dall’area ivi presente. Poiché la corda è costante, la densità di portanza l(x) ha la stessa distribuzione del coefficiente locale cL(x), con un andamento quasi piatto al centro e una forte variazione ai bordi dove praticamente si annulla, qui infatti la velocità discendente è tale da rendere vano l’effetto dell’angolo di attacco. La pala triangolare mostra una distribuzione di corrente discendente con valori minimi alle estremità, conseguentemente la riduzione del coefficiente locale di portanza è più accentuata al centro della campata, mentre il profilo sui bordi tende a generare portanza come se fosse isolato poiché sui bordi la velocità discendente tende ad annullarsi. La densità di portanza della pala, per effetto dello sviluppo planare, genera maggiore portanza a centro campata ed i valori di l(x) subiscono una riduzione non costante, maggiore proprio al centro. Si osservi che, in virtù della particolare configurazione, il flusso alle estremità tende a mantenere quello centrale sulla direzione della corda, un po’ perché la formazione della corrente indotta è più graduale lungo la campata, ed un po’ per effetto del ritardo di ingaggio dovuto all’abbattimento del bordo di attacco. Le due pale si comportano in maniera palesemente contrapposta per quanto riguarda la distribuzione del coefficiente locale di portanza: quella 71 Corso di Allestimento Navale rettangolare registra valori più elevati alla radice e quella triangolare manifesta valori più elevati all’apice. Di conseguenza, la pala rettangolare mostra un inizio di stallo alla radice, quella triangolare al vertice. Esse non lavorano perciò sfruttando appieno le caratteristiche del profilo idrodinamico perché, anche a partire da angoli geometrici di attacco bassi (e tanto più bassi quanto minore è l’allungamento) alcune zone si scaricano. Anche la formazione di cavitazione, dipendendo dalle pressioni che sono strettamente correlate alla distribuzione del coefficiente locale di portanza, non è omogenea. I due effetti di sbilanciamento del campo di pressione si compensano quando la pala ha sviluppo planare ellittico, definendo così la condizione ideale di lavoro dei singoli profili che la compongono. La pala che ha il comportamento migliore nei confronti della generazione delle forze idrodinamiche è infatti quella a superficie di forma ellittica con profilo ad allungamento costante (e bordi di attacco e di uscita del flusso simmetrici rispetto alla retta dei massimi spessori). Essa ha la caratteristica di generare lungo la campata una distribuzione costante della velocità discendente: ciò comporta che la distribuzione del coefficiente di portanza sia costante. Di conseguenza la densità di portanza ha distribuzione ellittica che, in funzione della portanza totale generata L può essere espressa dalla relazione: l(x) = L / b [4 / p (1 – (2x / b)2 )1/2] [N/m] (3.12.A) Essendo l’andamento di cL costante, il flusso si mantiene omogeneo e la superficie entra in stallo con regolarità lungo la campata, mostrando linee di stallo, ai vari angoli, parallele tra loro e alla direzione della campata. Ciò si traduce, nel confronto con pale di morfologia diversa aventi la stessa portanza totale, in una resistenza indotta minore, un gradiente di portanza maggiore ed infine in una minore propensione alla cavitazione. L’effetto della forma è perciò molto importante perché modifica fortemente le condizioni di lavoro di una superficie ad allungamento finito, perciò la pala del timone deve avere uno sviluppo planare il più possibile simile a quello ellittico. Un’altra caratteristica importante nella definizione della morfologia di pala è l’angolo di freccia (o angolo di abbattimento), che gioca un ruolo significativo nel modificare la distribuzione della portanza e lo schema di stallo. Tale grandezza infatti è responsabile del ritardo con cui il filetto fluido avverte la presenza della pala e concorre perciò a modificare la corrente indotta della particella fluida. Si verifica infatti sperimentalmente che un angolo di freccia elevato (abbattimento all’indietro) fa si che la pala si comporti come se fosse più rastremata – perciò la pala abbattuta all’indietro ha la tendenza a caricarsi di più all’apice. L’opposto si verifica 72 L’apparato di governo e manovra quando l’angolo di freccia è ridotto, al limite negativo: esso conferisce alla pala un comportamento simile a quello di una superficie meno rastremata. In conclusione, se la pala è rastremata conviene che l’abbattimento sia in avanti che all’indietro sia contenuto. A ciò si aggiungono considerazioni pratiche sull’opportunità di avere un bordo d’attacco abbattuto all’indietro per evitare che la pala agganci e trattenga contro lo scafo corpi esterni trasportati dal flusso incidente. Tale risultanza sperimentale è confermata qualitativamente da studi condotti su pale aventi una distribuzione ellittica delle pressioni. Esiste infatti per queste superfici una correlazione analitica fra la il rapporto di rastremazione e l’angolo di freccia, tale da far corrispondere angoli decrescenti a rapporti di rastremazione decrescenti. Poiché le pale rastremate a spigoli diritti hanno una distribuzione della portanza pressoché ellittica, è usuale applicare anche ad esse queste considerazioni, ed in particolare uno sviluppo alare ottimale è quello caratterizzato da abbattimento nullo (L = 0) e rapporto di rastremazione ct / cr = 0,45. Per i valori ottimali delle coppie formate da rastremazione e abbattimento si veda la Tab.3.12.A, nella quale sono anche riportati i valori dei corrispondenti angoli di freccia del bordo di attacco calcolati con riferimento ad un profilo avente tM al 30% della corda. rapporto di rastremazione ct / cr 0,40 0,45 0,50 0,60 angolo ottimale di abbattimento L 3,0° 0,0° –3,0° -7,5° l = 1,0 18,5° 14,0° 9,5° 2,0° l = 1,5 13,5° 9,5° 5,5° – l = 2,0 11,0° 7,0° 3,0° – l = 2,5 9,5° 6,0° 2,0° – freccia del bordo di attacco (profilo con tM a 0,3 c) TABELLA 3.12.A Relazione ottimale fra abbattimento e rastremazione e corrispondenti valori di freccia del bordo di attacco. Il vantaggio dell’abbattimento nullo è anche quello di poter mantenere la linea dei massimi spessori in posizione praticamente verticale ed in asse con l’asta, con la possibilità di allineare i diaframmi verticali della struttura portante interna. Inoltre, con abbattimento quasi nullo, il centro di pressione della pala rastremata si viene a trovare in posizione prossima all’asse di rotazione. 73 Corso di Allestimento Navale 3.13 – La scelta dello sviluppo planare Gli studi finora citati sono riferibili a pale con distribuzione ellittica delle pressioni in presenza dell’effetto specchio su una estremità. Altri studi effettuati su pale isolate, aventi allungamenti tipici dei timoni navali (l < 3), mostrano che la distribuzione delle pressioni tende a rimanere praticamente invariata passando da una pala rettangolare ad una con rastremazione di 0,5. L’effetto specchio infatti si è già annullato per una distanza della pala dalla volta di poppa uguale a 0,075 b (si veda a riguardo la Tab.3.4.B). Per questo motivo le considerazioni precedentemente esposte devono considerarsi qualitative, ma vale la pena rimarcare che: · lo sviluppo planare ottimale è quello ellittico, perciò le pale a spigoli rettilinei che lo approssimano devono essere rastremate e con profili aventi rapporto di forma costante; · la rastremazione ottimale è quella che comporta abbattimento nullo, ma abbattimenti diversi possono essere altrettanto validi se ad essi corrispondono opportune rastremazioni, e se il bordo di attacco ha angolo di freccia positivo; · la rastremazione è conveniente anche dal punto di vista del progetto strutturale perché comporta l’avvicinamento del centro di pressione alla radice e quindi la riduzione delle caratteristiche di sollecitazione sull’asta; in realtà si verifica sperimentalmente che, per le forme tipiche dei timoni navali in prossimità della volta di poppa, l’eccentricità verticale del centro di spinta non supera il 7,5% della campata. Quanto esposto finora si riferisce a pale aventi profili con rapporto di forma costante, soluzione che rappresenta la quasi totalità dei casi. Talvolta però il rapporto può essere variabile a tratti, allo scopo di poter alloggiare l’asta nella parte superiore più spessa, mentre nella parte bassa viene mantenuto un profilo più efficiente. I dati idrodinamici dei diversi tipi di pala sono disponibili per diverse morfologie e sono direttamente applicabili a timoni caratterizzati dalla stessa forma che lavorano in campi fluidi omogenei. Talvolta i dati idrodinamici di pala vengono forniti anche per flusso da poppa: in tal caso il centro di pressione risulta così lontano dall’asse di rotazione che, anche se le forze idrodinamiche si riducono, il momento torcente all’asta può risultare più elevato di quello in marcia avanti e quindi pericoloso. È anche possibile rintracciare le curve dei coefficienti idrodinamici relativi al funzionamento di pale che sfruttano l’effetto di vicinanza della volta di poppa, ma in genere vengono applicate correzioni semi–empiriche ai valori che si riferiscono a pale isolate. 3.14 – L’utilizzo dei coefficienti idrodinamici di profilo 74 L’apparato di governo e manovra Quando non si dispone delle caratteristiche della pala, non rimane altra soluzione che fare riferimento ai dati idrodinamici dei profili in regime di flusso bidimensionale. Essi possono essere infatti trasformati e applicati con buona approssimazione a pale rettangolari con allungamento finito e, in mancanza di dati più precisi, anche a pale rastremate. La trasformazione dei dati idrodinamici da allungamento infinito a finito viene fatta sulla base della teoria elaborata nel 1920 da Prandtl per pale aventi distribuzione ellittica della portanza. Poiché tale condizione generalmente non sussiste, i coefficienti che compaiono nelle formule di trasformazione sono stati successivamente modificati da Schönherr per adeguarli a pale rettangolari. Come già accennato, la curva del coefficiente di portanza cL(a) per pale ad allungamento finito è tanto più inclinata quanto più l’allungamento si riduce: al diminuire dell’allungamento l’angolo di stallo cresce mentre il valore massimo della portanza rimane praticamente invariato. Per valutare la curva di portanza di una pala avendo a disposizione quella del profilo (ossia della pala con allungamento infinito), si deve effettuare una trasformazione che consiste nell’abbattere la curva. In pratica, ogni valore del coefficiente di portanza cL(a) viene riferito ad un nuovo angolo di attacco al, ottenuto sommando ad a una quantità Da linearmente proporzionale al valore del coefficiente di portanza cL(a): al = a + Da = a + kl cL(a) [°] (3.14.A) ove kl è espresso in gradi. Si ottiene in questo modo una nuova curva del coefficiente di portanza per l’allungamento l, costituita dalle coppie di valori [cL(a),al]. La curva del coefficiente di resistenza per allungamento infinito cD(a) viene modificata sommando ad ogni valore del coefficiente di resistenza cD(a) una quantità proporzionale al quadrato del coefficiente di portanza, e diagrammando i valori così ottenuti in funzione dell’angolo di attacco modificato al: cD(a)l = cD(a) + ml [cL(a)]2 [-] (3.14.B) dove ml è un fattore adimensionale. Si ottiene così una nuova curva del coefficiente cD per l’allungamento l, formata dalle coppie [cD(a)l,al]. Nessuna ipotesi viene fatta per quanto riguarda la posizione del centro di pressione, che viene riportato senza modifiche al nuovo angolo di attacco modificato al. Si ottiene in questo modo una nuova curva del coefficiente (CPC /c)(a) per l’allungamento l, formata dalle coppie [(CPC /c)(a),al]. 75 Corso di Allestimento Navale Tali formule permettono anche il passaggio da un allungamento finito ad un altro: è sufficiente infatti esprimere le formule di trasformazione per due diversi allungamenti ed eliminare i parametri comuni a e cD(a). Eseguendo queste operazioni mettendo in relazione gli allungamenti l1 e l2 si ottengono le relazioni: al1 – al2 = (kl1 – kl2) cL(a) [°] (3.14.C) cD(a)l1 – cD(a)l2 = (ml1 – ml2) [cL(a)]2 [-] (3.14.D) I fattori kl ed ml per le pale d’uso navale a spigoli diritti sono tabulati in funzione dell’allungamento effettivo l (si veda la Tab.3.14.A), mentre quelli relativi a pale con distribuzione ellittica della portanza sono esprimibili analiticamente. Se il fattore kl viene espresso in radianti, per le pale a distribuzione ellittica della portanza vale: kl = ml = (pl)–1 [-] (3.14.E) ed i valori così ottenuti possono essere utilizzati in sostituzione di quelli tabulati. 0,5 1,0 1,5 2,0 4,0 6,0 fattore kl [°] 37,20 19,05 12,92 9,85 5,17 3,58 fattore ml [–] 0,632 0,318 0,213 0,161 0,082 0,056 allungamento l TABELLA 3.14.A Fattori di correzione per l’allungamento. Come ultima risorsa, se non si dispone delle caratteristiche dei profili, esistono formule analitiche che, legando i coefficienti idrodinamici all’allungamento e all’angolo di attacco, trascurano l’effetto della forma sia della pala che del profilo, oltre che l’effetto del numero di Reynolds. Tali espressioni forniscono valori approssimati di cL, cD e cQ (quest’ultimo calcolato rispetto al bordo di attacco) validi solo per profili semplicemente convessi e per angoli di attacco piccoli rispetto all’angolo previsto di stallo (a < 10°). Queste espressioni devono essere poi completate con i dati relativi all’angolo di stallo. È molto interessante osservare infine che pale con profili convenzionali, se il loro allungamento è troppo basso (l < 1,0), possono non riuscire ad esprimere la portanza massima del profilo, a causa dell’abbattimento della curva di portanza, entro il valore limite rappresentato dal massimo angolo di barra del timone. D’altra parte va sempre verificato che l’angolo previsto di stallo sia maggiore del massimo angolo di barra del timone. 76 L’apparato di governo e manovra Anche per la pala rettangolare costituita da una lastra piana si può fare riferimento a formulazioni semi–empiriche. Vanno ricordati, a riguardo, i risultati delle prove al vero condotte sulla Loira da Joessel nel 1873: questi misurò la forza idrodinamica che nasce su una lastra piana al variare dell’angolo di attacco a e dell’intensità della corrente. La formula che propose mette in luce la dipendenza della forza d’interazione idrodinamica dal quadrato della velocità e dall’area della superficie, d’altro lato non considera altri fattori importanti come l’allungamento della pala. In pratica Joessel fece variare, a parità di angolo di attacco e di velocità, la posizione dell’asse di rotazione, e misurò i momenti torcenti: ciò gli permise di pervenire al valore della forza FN e del suo braccio. Egli espresse i risultati degli esprimenti in termini di coefficiente adimensionale cN: cN = 0,811 sin a / (0,195 + 0,305 sin a) [-] (3.14.F) I coefficienti idrodinamici della lastra piana rettangolare sono forniti, per i diversi RN, al variare dell’allungamento e del rapporto fra spessore e corda, si vedano per esempio i valori riportati in Tab.3.14.B, ma si ricorda che rimangono di valido utilizzo le formulazioni proposte da Joessel. PROFILO CARATTERISTICHE portanza efficienza TABELLA 3.14.B lastra piana (t /c = 0,07) NACA–0015 CL (a = 10°) 0,323 0,289 CL (a = 20°) 0,654 0,622 CL (a = 30°) 0,915 0,926 CL (a = 40°) 1,000 0,685 CL /CD (a = 10°) 2,45 6,90 CL /CD (a = 20°) 2,10 4,61 CL /CD (a = 30°) 1,54 2,89 CL /CD (a = 40°) 1,15 1,13 Confronto fra le caratteristiche della lastra piana e di un profilo NACA–00 (l = 1, RN » 0,75·106, valori misurati). 77 Corso di Allestimento Navale In Tab.3.14.B sono anche riportati i dati relativi ad un profilo di uso comune in campo navale: il confronto dell’efficienza rende conto della convenienza d’utilizzo dei profili. 3.15 – La superficie idrodinamica articolata Il timone sospeso ha la configurazione più semplice fra quelle utilizzate per le navi, esso prevede infatti una superficie di controllo azionata e sostenuta da un’asta disposta verticalmente, collegata alla pala per mezzo di un accoppiatoio contenuto generalmente entro i mantelli. In alternativa, la pala viene sostenuta anche da strutture che fuoriescono dallo scafo, poste in corrispondenza del bordo di attacco nella parte alta o in prossimità del bordo inferiore: in questo modo l’asta viene sgravata di parte del carico trasmesso dalla pala (in particolare diminuisce il momento flettente sull’asta). Quando la struttura di supporto della pala si estende in maniera parziale lungo il bordo di attacco il timone viene detto “su corno”, quando invece la struttura di supporto corre dallo spigolo superiore a quello inferiore della pala il timone è detto “su pinna”. Infine, il sostegno inferiore, detto calcagnolo, è una struttura ottenuta dal prolungamento della chiglia. Le strutture di supporto poste lungo il bordo di attacco modificano anche significativamente le caratteristiche idrodinamiche della pala, partecipando alla generazione delle forze di portanza e di resistenza. Per questo motivo tali supporti vengono sagomati in modo da assumere una forma idrodinamica, possibilmente ben avviata con la pala allo scopo di costituire un unico corpo idrodinamico senza discontinuità o interstizi fra le parti. Il supporto inferiore (calcagnolo) non costituisce un ingombro per il flusso incidente sulla pala e quindi non richiede particolari sagomature. Dal punto di vista idrodinamico si distinguono perciò i timoni a superficie completamente mobile da quelli “dietro superficie fissa”, ovvero con sostegno lungo il bordo di attacco. D’altro lato, dal punto di vista costruttivo si parla di timoni sospesi, su pinna, su corno o su calcagnolo. È bene notare che il progetto strutturale e quello idrodinamico sono strettamente connessi, infatti una pala senza strutture aggiuntive di sostegno richiede un’asta di controllo e supporto più robusta perché soggetta, oltre che a carichi torsionali (immediata conseguenza dell’azione di controllo) anche a carichi flessionali. La presenza di strutture di sostegno sgrava parzialmente l’asta dalle azioni flessionali, permettendo così un dimensionamento più leggero della stessa, e tra le varie soluzioni è da preferire quella su corno, infatti la pinna è più intrusiva sul funzionamento della pala, mentre il calcagnolo è un elemento delicato posto in una zona estremamente critica. 78 L’apparato di governo e manovra La differenza sostanziale tra timone sospeso e timone su sostegno riguarda il valore minimo realizzabile del rapporto di forma del profilo (che come noto dipende dal diametro dell’asta): dal punto di vista idrodinamico il rendimento della pala migliora se si utilizzano profili più sottili, anche se tale effetto positivo viene ridotto dalle maggiori perdite indotte dalle discontinuità fra le parti. Vale comunque, in generale, che le soluzioni con supporti sono da preferire quando si vuole aumentare l’affidabilità della struttura di sostegno del timone, infatti le forze si scaricano su una struttura portante più ampia ed efficace. La presenza di una parte fissa (corno o pinna) migliora le caratteristiche di controllo della rotta perché contribuisce alla stabilità dinamica della nave. Diverso è invece l’effetto dei supporti durante un’accostata, infatti l’angolo di attacco sulla parte fissa, a causa della deriva può diventare opposto a quello impostato sulla pala e, con il flusso che incide sul dorso nella parte fissa della pala articolata, la portanza si riduce. D’altro lato, se la parte fissa è molto estesa (per esempio lo skeg su cui sono fissati i timoni centrali sulle navi bielica), l’effetto che questa ha sulla pala è quello di ridurre l’angolo di deriva al timone durante l’accostata e così migliora il funzionamento del timone rispetto al caso in cui esso sia sospeso lontano dallo scafo. Per quanto riguarda i timoni su pinna, prove sperimentali su timoni isolati, e investiti da un flusso omogeneo sempre allineato con l’eventuale parte fissa, mostrano che una superficie completamente mobile realizza, a parità di area, una portanza maggiore rispetto ad una parzialmente mobile ma di pari area totale AT, qualsiasi sia la percentuale di suddivisione tra area mobile AM ed area fissa AF (ma sempre con AT = AM + AF = costante). Tali esperienze, condotte su timoni di assegnata area totale e con avviamento perfetto fra le parti, mostrano che la portanza, massima quando la superficie è completamente mobile, diminuisce all’aumentare del rapporto fra AF e AM. Infatti, questo profilo formato da due corpi in cascata, presenta un angolo di attacco sulla parte prodiera che non è ottimale per la generazione della portanza. Si osservi inoltre che la resistenza indotta aumenta per effetto delle zone di discontinuità (interstizi) fra la pinna e la pala ed a causa di un eventuale grado di compenso del timone, che crea un disallineamento fra le parti. In realtà quindi tra dorso e ventre si crea un vaso di comunicazione, sempre più grande all’aumentare dell’angolo di barra, e di conseguenza si ha una riduzione dei campi di pressione idrodinamica (con ulteriori riduzioni di portanza dell’ordine del 10%). D’altro lato, l’aggiunta di una parte fissa, avviata con continuità di fronte all’intero bordo di attacco, ha l’effetto di aumentare l’area della superficie complessiva di controllo. Prove sperimentali hanno mostrato che questo l’effetto prevale su quelli negativi dovuti al disallineamento e agli 79 Corso di Allestimento Navale interstizi e si ha un miglioramento della portanza complessiva del timone. In conclusione, una volta fissata l’area per esigenze evolutive, si può pensare di posizionare di fronte alla pala una pinna per migliorare il controllo di rotta e la generazione della portanza. Si osservi poi che quando il timone è fissato direttamente a carena su uno skeg, esso viene a funzionare come un flap dell’intera carena e lo studio delle sue caratteristiche non può essere effettuato se non considerando l’interazione con lo scafo. Questa soluzione porta a timoni che generano molta più portanza rispetto al caso di supporto non continuo con la carena (benché questi ultimi abbiano la possibilità di essere ben disposti nella scia dell’elica). Più usualmente, rispetto alla soluzione su pinna si preferisce quella su corno, ottenendo un aumento della superficie mobile a parità di area totale, con una zona, quella inferiore, che lavora senza parte fissa di fronte al bordo di attacco. La portanza complessiva perciò aumenta, mentre la resistenza risente da una parte della presenza deleteria di una zona di discontinuità alla base del corno, dall’altra di una riduzione grazie alla diminuzione della zona di disallineamento, sia per la minore estensione del supporto lungo la campata sia perché l’asse di rotazione può essere più vicino al bordo di attacco della parte mobile, si osservi infatti che la compensazione è realizzata nella parte inferiore (tali timoni si dicono anche semi–compensati). Complessivamente il rendimento del timone su corno é migliore di quello su pinna. Anche su queste configurazioni sono state svolte prove di laboratorio. In questo caso si sono effettuate misurazioni delle forze e della posizione del centro di pressione al variare dell’angolo di attacco e per diversi angoli di deriva sul corno, allo scopo di simulare meglio il comportamento durante l’accostata della nave. Come noto, l’effetto della deriva è quello di ridurre l’angolo di attacco sulla pala, inoltre esso comporta la nascita di un angolo di attacco opposto sulla parte fissa, a detrimento delle caratteristiche complessive della pala – ma almeno migliorando l’efficacia del timone nel controllo dell’imbardata. Sono anche disponibili i risultati di studi riguardo all’influenza – sulla portanza – della chiusura dei meati fra il dorso ed il ventre della pala: chiudendo questi interstizi la curva di portanza si fa più ripida, ma il suo valore massimo non varia e quindi si abbassa l’angolo di stallo. Infine, rispetto al timone a pala completamente mobile, quello su corno conferma di avere una curva di portanza più bassa ed un rendimento non altrettanto buono. In generale, la presenza di una superficie fissa avviata a prora del timone deve essere tenuta in considerazione nel calcolo delle caratteristiche della pala, perciò una pinna o un corno devono essere considerati a tutti gli effetti come facenti parte della pala. Concorrendo a determinarne tutte le 80 L’apparato di governo e manovra caratteristiche morfologiche, devono essere conteggiati nel calcolo della lunghezza media della corda e della campata, del rapporto t/c, dell’area totale, dell’allungamento, della rastremazione e dell’angolo di abbattimento. Per quando concerne il progetto idrodinamico, se non si dispongono di informazioni sulle caratteristiche idrodinamiche dei timoni su pinna o di quelli semi–compensati, si può ricorrere all’approssimazione conservativa di trascurare gli effetti della parte mobile. Analogamente nel progetto strutturale sarà conservativa l’assunzione di considerare la superficie idrodinamica come se fosse tutta mobile e di trascurare il contributo dell’area fissa semplicemente moltiplicando la forza complessiva per il fattore AM /AT. Per quanto riguarda la scelta del grado di compenso, si può osservare che in generale un timone all movable ha un grado di compenso massimo compreso fra il 23 % ed il 30 %, in funzione del tipo di profilo e del grado di instabilità che si vuole ottenere, mentre su un timone su pinna o su corno si realizza un grado di compenso minore, infatti il centro di pressione della parte mobile risente della presenza della parte fissa e tende perciò a spostarsi in avanti rispetto alla configurazione senza sostegno. Inoltre, si tende a ridurre il più possibile il compenso per limitare il disallineamento fra parte fissa e parte mobile e, per quello su corno, anche per esigenze di robustezza. In particolare, un timone su supporto si presenta sempre stabile ed ha compenso fra il 18 % ed il 24 %. In conclusione, su una nave mercantile il corno va posizionato solo quando sono preponderanti le esigenze di controllo della rotta, oppure quando le dimensioni della volta di poppa non permettono di mantenere un favorevole rapporto di forma del profilo e contemporaneamente della pala. Vale sempre che, dal punto di vista strutturale, il corno o la pinna conferiscono migliore robustezza al complesso, rendendolo più affidabile. Quando la portanza generata da una pala con profilo fisso non è sufficiente ad ottenere il desiderato effetto di manovrabilità, un’alternativa è offerta dalla possibilità di sostituire la parte poppiera della pala con un flap di coda (soluzione adottata generalmente su pale sospese). In questo caso l’avviamento tra i due profili viene fatto con precisione e, cosa ancora più importante, la pala complessiva lavora come un profilo in cascata facendo aumentare la freccia: sono così assicurate migliori caratteristiche idrodinamiche. Le caratteristiche idrodinamiche del timone dipendono dalla percentuale di superficie di flap ATF rispetto alla superficie mobile totale, e dal grado di compenso del flap. In ogni caso la portanza massima con flap è significativamente maggiore rispetto al caso di superficie completamente mobile: il massimo guadagno si ha con il rapporto ATF /AT = 0,20. 81 Corso di Allestimento Navale Il grado di compenso del flap viene generalmente mantenuto basso, prossimo al 20%, per non aumentare il disallineamento, mentre il grado di compenso totale raggiunge valori molto elevati (circa il 45%) poiché il centro di pressione totale si sposta verso poppavia per effetto della curvatura, è perciò conveniente che tali pale abbiano profili con massimo spessore spostato verso poppavia. Le curve idrodinamiche per questo tipo di pala vengono diagrammate sia in funzione dell’angolo del flap aTF relativo al diametrale della pala, che dell’angolo di attacco della pala a. Utilizzando uno dei due angoli come parametro si possono visualizzare le possibili condizioni di lavoro del timone; è interessante al proposito osservare le curve di portanza: · la curva per a = 0 mostra la portanza del solo flap, evidentemente l’andamento è simmetrico (rispetto al centro) al variare dell’angolo del flap, mentre quelle per un prefissato valore di a diverso da zero sono asimmetriche; · i punti ottenuti al variare di a per aTF = 0 mostrano il comportamento del timone con flap fisso sulla pala lungo l’asse della stessa (timone a profilo semplice); · definendo una legge del tipo aTF(a), si può ottenere una curva di portanza che ottimizzi il comportamento del profilo in cascata, con il gradiente di crescita massimo fino allo stallo. Si ricorda che sono stati costruiti anche timoni con flap mobile sul bordo d’ingresso, ma ciò non è conveniente dal punto di vista della sicurezza. Il timone con flap viene usualmente realizzato con un meccanismo che regola l’angolo relativo aTF tra il flap e la pala, in modo che il flap assuma un valore prestabilito per ogni angolo di barra. Tale relazione fra aTF ed a viene ottenuta tramite un cinematismo proporzionato in modo che portanza e rendimento si mantengano mediamente elevati. Si raggiunge così lo scopo di coniugare la semplicità del sistema di controllo, limitato all’asta principale, con le migliori caratteristiche idrodinamiche, che possono aumentare anche del 60%¸70% a tutti gli angoli di attacco (l’angolo di stallo infatti non diminuisce). Questi timoni portano il nome dell’inventore e sono noti come timoni “Lumley”, furono ideati a metà del secolo scorso e sono ora prodotti da diverse aziende. 3.16 – Il progetto della pala Il timone deve essere progettato considerando una serie di vincoli progettuali di diversa natura. Come per ogni altro impianto della nave l’insieme della pala, dell’asse, delle strutture di supporto, dei cuscinetti e dell’agghiaccio deve essere progettato in modo da offrire il minor ingombro e il minor peso. Inoltre, deve essere particolarmente affidabile, poiché la perdita della 82 L’apparato di governo e manovra capacità di governare rappresenta un serio pericolo per la nave, perciò il progetto deve essere semplice e ridondante, il che si traduce in una struttura dalla morfologia non complessa e dimensionata con coefficienti di sicurezza elevati. Come per ogni prodotto commerciale i costi di produzione ed i previsti costi di gestione devono essere contenuti. Il timone deve essere posto all’interno della volta di poppa, ad opportuna distanza dalla linea di base, dallo specchio di poppa e dall’elica. La distanza minima dalla linea di base è dettata da esigenze di sicurezza, lo scopo è di evitare che il timone venga danneggiato da un eventuale incaglio o durante le operazioni di immissione nel bacino di carenaggio, perciò si fa in modo che il suo bordo inferiore sia rialzato rispetto alla chiglia di circa 150÷200 mm. Analogamente il timone deve essere rientrante dallo specchio di poppa per ridurre il rischio di danni e per sfruttare appieno l’effetto specchio. Infatti, la radice del timone deve essere prossima alla volta di poppa per sfruttare l’effetto specchio, ma deve stare ad una opportuna distanza dalla superficie libera, per ridurre gli effetti della ventilazione (almeno il 40% della campata), oltre che per evitare che la pala risenta dei colpi di mare o che venga investita da corpi galleggianti. La distanza dall’elica deve essere opportunamente calibrata, infatti va ridotta per sfruttare al massimo l’effetto della scia, ma non troppo per non incorrere in vibrazioni eccessive indotte sul mantello della corrente vorticosa prodotta dall’elica: questo campo alternato di pressioni può possedere infatti armoniche prossime alle frequenze naturali della struttura globale della pala o degli elementi strutturali del mantello. Nel complesso, la trasmissione delle vibrazioni allo scafo deve essere minimizzata, soprattutto quando queste provocano problemi di abitabilità (altre vibrazioni possono essere anche indotte dal macchinario di controllo della pala). Per quanto riguarda la configurazione della pala, dal punto di vista commerciale i timoni convenzionali sono quelli su cui ricade generalmente la scelta degli armatori. Il timone di più semplice costruzione, e quindi meno costoso, è sicuramente quello a superficie completamente mobile, il vantaggio economico viene reso però meno attraente dal rischio di carenza di robustezza dell’asse di controllo. L’asta del timone deve infatti sopportare forti sollecitazioni flessionali oltre che torsionali e la sua capacità può essere ridotta da fenomeni di fatica. Non è da trascurare inoltre il rischio dello sfilamento accidentale del timone nel caso che la nave sia soggetta a condizioni di mare particolarmente avverse e l’impianto non sia ben mantenuto. Dal punto di vista idrodinamico è preferibile un timone sospeso se il rapporto di forma del profilo è tale da garantire una sufficiente efficienza, ma l’affidabilità del sistema di controllo migliora se è presente un sostegno aggiuntivo oltre all’asta. 83 Corso di Allestimento Navale Per questioni di sicurezza, e sulla base delle motivazioni sopra esposte, sulla maggior parte delle navi mercantili e militari viene preferita la soluzione su corno, che rappresenta un buon compromesso tra la soluzione su pinna e quella di timone sospeso. L’uso del calcagnolo comporta un migliore effetto sgravante per l’asta, ma introduce all’estrema poppa un elemento strutturale snello e delicato, che non ha sufficiente robustezza per far fronte a carichi accidentali come quelli dovuti ad un incaglio. Quest’ultima soluzione non viene usualmente considerata, se non su navi di piccole dimensioni, che montano anche timoni su calcagnolo, infatti quando le forze in gioco non sono particolarmente elevate il calcagnolo può essere progettato con una sufficiente sicurezza senza essere eccessivamente appesantito, e può costituire una protezione per l’elica e il timone, per esempio per i pescherecci. Le navi monoelica hanno generalmente un solo timone, a centro nave e quindi nella scia dell’elica. Le navi bielica possono avere uno o due timoni: un solo timone dietro lo skeg di carena, e quindi strutturalmente ben sostenuto, conferisce migliori caratteristiche di controllo della rotta; due timoni nelle scie delle eliche hanno una migliore efficacia idrodinamica e conferiscono alla nave migliori doti di manovrabilità, causando però un detrimento delle caratteristiche di stabilità di rotta e un aumento della resistenza aggiunta di carena. Si ricorda che per ciascun timone deve essere definito un piano di riposo di minore resistenza, in genere inclinato di pochi gradi (1°÷3°) rispetto al piano diametrale della nave. La maggiore sicurezza derivante dalla ridondanza comporta maggiori costi che si giustificano, in genere, solo per le navi militari e per le passeggeri (ma più di recente anche per le grandi navi petroliere). Per quanto riguarda la scelte delle caratteristiche morfologiche della pala, valgono le seguenti considerazioni generali: · profilo – per timoni convenzionali si usano i profili NACA 4–digit; solo per motivi particolari si utilizzano profili diversi: per evitare l’insorgere della cavitazione o per ottenere coefficienti di portanza particolarmente elevati (in tal caso si usano anche pale con flap). Il rapporto di forma del profilo non deve essere elevato. La lastra piana si utilizza quando non si è interessati al rendimento del timone. · allungamento della pala – deve essere il più possibile elevato, compatibilmente con la dimensione del diametro dell’elica: la parte di pala al di fuori del disco dell’elica risulta infatti poco efficace. Per questo motivo il timone può essere collegato alla volta di poppa da una pinna superiore fissa, avente lo stesso profilo idrodinamico della pala in modo da mantenere un favorevole allungamento effettivo. Questa configurazione è sempre auspicabile quando la volta di poppa è poco profonda rispetto al galleggiamento ed è conveniente quando l’area 84 L’apparato di governo e manovra necessaria ad ottenere l’effetto evolutivo desiderato può stare tutta a poppavia del disco dell’elica. · sviluppo planare – la pala è sempre a spigoli diritti, con una opportuna correlazione fra rastremazione ed abbattimento. Considerazioni di economicità costruttiva o di robustezza possono fare optare per pale rettangolari ad abbattimento nullo. Il rapporto di forma del profilo deve essere mantenuto costante lungo la campata · grado di compenso – deve essere il maggiore possibile (minori spese di funzionamento ed installazione dei macchinari di agghiaccio), accettando eventualmente l’instabilità iniziale, compatibilmente con fattori di robustezza ed efficienza nei timoni su corno. Si osservi che l’allungamento del profilo e quello della pala sono fra loro legati. Il timone verticale viene infatti collocato nella volta di poppa, a poppavia dell’elica e, per quanto possibile, nella sua scia, perciò può avere una corda massima pari alla distanza tra l’elica e la volta di poppa, al netto delle luci necessarie. In direzione verticale l’altezza della volta di poppa ed il diametro dell’elica sono le dimensioni che obbligano la scelta della campata. Il terzo elemento fondamentale per la definizione delle caratteristiche geometriche della pala è costituito dal diametro dell’asta che si collega alla pala, in genere infatti per ottenere un collegamento avviato è necessario che la parte superiore della pala sia in grado di alloggiare l’accoppiatoio dell’asta. La bontà del progetto del timone di una nave si misura con la capacità della pala di generare, nell’interazione col flusso d’acqua, la forza necessaria al controllo della rotta e all’accostata. Più precisamente tale operazione deve avvenire con un elevato rendimento della pala e, se possibile, con bassi angoli di barra per avere una minore usura dell’impianto di manovra. In genere la scelta del tipo di timone e delle sue caratteristiche deve basarsi sul profilo di missione della nave, favorendo le esigenze di controllo della rotta o quelle di manovrabilità in acque ristrette, tenendo in conto anche l’eventuale presenza di eliche trasversali. La pala deve cioè essere ottimizzata per il controllo della rotta o per la manovra, ricercando, nell’intervallo degli angoli di attacco di lavoro, il valore migliore del rendimento. Il procedimento di progetto è un processo iterativo di ottimizzazione che prevede le seguenti fasi: · la scelta dell’area totale del timone in base al confronto con navi simili; · la definizione delle condizioni di lavoro e dei vincoli dimensionali, e conseguentemente della massima area disponibile per la pala; 85 Corso di Allestimento Navale · la scelta della tipologia di timone, del profilo e dello sviluppo planare (se l’area disponibile per la pala è sufficiente, si considera un timone convenzionale); · il calcolo della forza idrodinamica trasversale FT generata dalla pala al variare dell’angolo, caratterizzata essenzialmente dal gradiente di crescita ai bassi angoli (¶FT /¶a)a = 0 [N/grado] e dal valore massimo (FT)max [N] – si osservi che, se si trascura l’effetto della deriva, la forza FT può essere espressa tramite la forza di portanza L della pala; · la valutazione, in genere su base statistica, del valore minimo YO [N] della forza di controllo Y [N] necessaria per la sicura accostata della nave nelle più gravose condizioni di navigazione previste, e la valutazione del minimo gradiente di crescita delle forze di controllo (¶Y /¶a)a = 0, utile per quantificare l’efficacia del timone nelle manovre di correzione della rotta; · la verifica delle forze di controllo in termini sia di valori massimi, sia di gradienti di crescita: (FT)max ³ YO (¶FT /¶a)a = 0 ³ (¶Y /¶a)a = 0 [N] (3.16.A) [N/grado] (3.16.B) Come indicato nello schema del procedimento, il parametro con cui viene tarato il progetto è l’area della pala, essa rappresenta infatti la caratteristica da cui il progetto è maggiormente influenzato. Il metodo di previsione approssimata dell’area della pala si basa sul confronto con navi della stessa tipologia (per esempio portacontenitori, cisterne, bulk carriers) e quindi simili per carena, forma della volta di poppa, caratteristiche dell’elica, velocità ed esigenze evolutive, oltre che per tipologia di pala. Allo scopo di favorire la definizione dell’area del timone, i dati sulle navi esistenti sono stati raccolti in diagrammi o tabulati, esprimendo AR in funzione di un parametro ad essa strettamente legato: l’area del piano di deriva della nave APD [m2]. Essendo un dato di valutazione non immediata, può essere calcolato con buona approssimazione come prodotto fra l’immersione di progetto T [m] e la lunghezza della nave tra le perpendicolari L [m], area indicata spesso con “LT ”. Generalmente, per navi mercantili, AT non supera il valore di 1,5¸2,5% dell’area del piano di deriva LT. Si vedano ad esempio le formule proposte dai registri di classificazione, e tra queste la formula proposta dal DNV: AR = (TL / 100) [1+ 25(B /L)2] [m2] (3.16.C) la quale introduce come fattore correttivo il rapporto B/L fra la larghezza B [m] e la lunghezza della nave, rapporto che, diminuendo per navi veloci, 86 L’apparato di governo e manovra riduce il valore dell’area minima prevista. Si osservi infatti che, per navi della stessa tipologia con velocità di servizio diverse, l’area del timone deve aumentare in maniera inversamente proporzionale alla velocità prevista. Questa formula è valida per timoni posti nel flusso dell’elica, in caso contrario il DNV propone una maggiorazione del 30%. Nota l’area, il progetto prosegue con la definizione dell’ingombro massimo, nel rispetto delle minime luci dallo scafo e dall’elica. Si osservi che la distanza minima consigliata dal Lloyd Register tra elica e pala è pari al valore del 12% del diametro dell’elica, e almeno una volta lo spessore massimo del timone. Si può quindi scegliere la lunghezza della campata e successivamente si può valutare la lunghezza della corda. Dall’allungamento geometrico si risale infine al valore dell’allungamento effettivo. Si sceglie poi il minimo rapporto di forma del profilo, previo dimensionamento dell’asta con formule esatte o approssimate (quali quelle dei registri di classificazione), utilizzando per il profilo la legge che si ritiene più opportuna e dopo aver definito il tipo di supporto della pala, il suo sviluppo planare ed il grado di compenso del timone. Si osservi che il diametro minimo così calcolato è tale da verificare le normative, esso rappresenta infatti quello previsto dal Registro e non quello calcolato sui carichi valutati per via diretta. Una volta che sono state fissate tutte le caratteristiche morfologiche della pala, il calcolo delle forze idrodinamiche viene svolto utilizzando i coefficienti idrodinamici di pala, corretti per la presenza della carena e dell’elica, oppure i coefficienti idrodinamici di profilo, corretti anche per l’allungamento effettivo. La forza trasversale utile, generata dal timone al variare dell’angolo di barra, deve essere ora confrontata con il valore della forza minima, necessaria al controllo della nave nel rispetto delle qualità manovriere richieste dalle normative. Tale confronto di verifica viene effettuato in due fasi: · il valore massimo della forza trasversale utile (FT)max deve risultare maggiore della forza minima necessaria per generare l’accostata della nave YO, desunta da prove di evoluzione e di zig–zag effettuate su navi simili. · il gradiente medio della forza evolutiva sviluppata dalla pala entro i valori d’angolo di barra (a £ 5°÷10°) deve risultare superiore al tasso minimo di crescita necessario a generare forze di controllo adeguate per il controllo della rotta. Tale via è difficilmente percorribile a causa della difficoltà di reperire dati attendibili relativamente alle forze evolutive Y necessarie per garantire una buona manovrabilità nei rispetti delle normative vigenti. 87 Corso di Allestimento Navale Un metodo alternativo a questa doppia verifica diretta è quello che fa riferimento al cosiddetto coefficiente di efficacia del timone cY [–], definito come cY = (¶L/¶a)a = 0 / (qLT) in cui q è valutato sulla base della velocità vA. Esso ingloba i due termini essenziali per la determinazione delle caratteristiche di manovrabilità offerte dal timone. Infatti, considerando che per timone nella scia di carena e dell’elica L vale: L = cL (1/2 r vA) AR KE [N] (3.16.D) ove KE [-] esprime la correzione di velocità per effetto dell’elica ed è pari a: KE = 1+ ARE /AR {[1+km((CT+1)0,5–1)]2 –1} [-] (3.16.E) in cui con ARE [m2] si è indicata l’area del timone nel flusso dell’elica, si ottiene che: cY = (¶cL /¶a)a = 0 (AR /LT) KE [-] (3.16.F) ove è evidente che cY è proporzionale al gradiente delle forze di controllo e all’area della pala, che indirettamente rende conto della forza sviluppata. Questo percorso standardizzato prevede di confrontare il cY calcolato con il valore minimo cYO tale da garantire buone doti di manovrabilità della nave, valore desunto da prove al vero su navi simili. I risultati delle prove vengono elaborati per ottenere il valore di cYO, che viene diagrammato in funzione dei parametri significativi della nave ai fini delle qualità manovriere, tra i quali i più importanti sono: la velocità, il coefficiente di finezza cB, il rapporto L/T tra la lunghezza e l’immersione e il rapporto i/L, in cui i [m] è il raggio di girazione di massa calcolato rispetto all’asse baricentrico verticale. Quando la nave ha una superficie di vela AL [m2] molto elevata il valore di verifica cYO è quello ottenuto da prove condotte in presenza di vento costante a diverse velocità, ed ai parametri significativi si aggiunge il rapporto AL/AD tra l’area longitudinale esposta al vento e l’area del piano di deriva. In ultima analisi, quando non sono disponibili né i valori delle forze di manovra Y, né il valore del minimo coefficiente di efficacia del timone cYO, non rimane che soprassedere alla fase di verifica, e la bontà del progetto rimane condizionata essenzialmente dalla scelta dell’area della pala AR: per questo motivo, almeno in tali casi, è necessario che i dati tramite i quali si opera la scelta dell’area di pala siano estremamente affidabili. Si osservi infine che anche la velocità di manovra del timone è un fattore dal quale dipende la manovrabilità della nave. Tale velocità, regolata dalla normativa, non costituisce però un parametro di progetto poiché, per migliorare la manovrabilità della nave a parità di costi, è più efficace un aumento dell’area del timone piuttosto che un aumento della velocità di rotazione della pala. 88 L’apparato di governo e manovra 3.17 – La configurazione strutturale Il timone navale nella sua configurazione più semplice è costituito da una pala a semplice lastra piana, sostenuta da braccioli fissati alla spalla, detta anche fusto, alla quale possono essere collegati alternativamente da un lato e dall’altro. A sua volta il fusto porta degli accoppiatoi tronco–conici entro i quali vengono fissati dei perni, detti agugliotti, che all’altra estremità ruotano in alloggiamenti cilindrici, detti femminelle, realizzati sul dritto di poppa. L’ultima femminella in basso è invece costituita dal prolungamento del calcagnolo, la struttura inferiore di chiusura del pozzo dell’elica. La rotazione del timone avviene per azione dell’asta o miccia, collegata, a poppavia dell’asse di rotazione, alla radice della pala con una flangia verticale od orizzontale o con un accoppiatoio a parelle. Il sistema formato dall’asta e dalla pala, sostenuta dal dritto di poppa tramite gli agugliotti, per poter ruotare richiede ovviamente che l’asse dell’asta e l’asse degli agugliotti siano coincidenti. L’asta di comando del timone entra a scafo attraverso un’apertura detta losca, un’appendice negativa di carena costituita da un volume non stagno entro l’avviamento del fasciame della volta di poppa. Il passaggio stagno dell’asta è garantito da un cuscinetto radiale munito guarnizione a pressatrecce. Il pressatrecce è costituito da una serie di anelli di guarnizione, un tempo canapa oggigiorno fibre sintetiche, posti fra l’asta e il cuscinetto e tenuti in posizione da due semi–anelli fissati al cuscinetto con viti prigioniere. La lubrificazione del cuscinetto è realizzata ad acqua di mare, mentre la guarnizione è intrisa di grasso. L’asta prosegue poi fino al ponte che ospita l’impianto di timoneria o agghiaccio, ove è sostenuta da un cuscinetto radiale e da uno assiale (reggispinta) che regge, oltre al peso dell’asta, anche quello della pala. La forza verticale verso il basso, seppure ridotta della spinta archimedea sulle parti immerse, può essere aumentata dall’effetto delle forze inerziali. Tale cuscinetto assiale viene anche detto capodrina e deve essere corredato da uno scontro per impedire il sollevamento del timone quando prevalgono le forze verso l’alto. In alcune sistemazioni particolari, quando è presente un robusto supporto fuori scafo, i cuscinetti di losca e di agghiaccio vengono sostituiti da un lungo cuscinetto in unico astuccio, munito inferiormente di guarnizione stagna. Infine, all’estremità superiore è calettata sull’asta la barra di comando, sulla quale agisce l’agghiaccio. L’asta è in acciaio fucinato e presenta una sezione circolare costante, eventualmente rastremata tra i cuscinetti di losca e di agghiaccio, zona nella quale il momento flettente è generalmente basso. I cuscinetti radiali sono formati da una boccola calettata sulla struttura di supporto e hanno un’altezza pari a circa 1,0÷1,2 volte il diametro dell’asta 89 Corso di Allestimento Navale poiché non devono interferire con quest’ultima quando si flette sotto l’azione del carico. Essi funzionano usualmente con strisciamento a secco o con una piccola quantità di lubrificante, generalmente grasso ma anche acqua di mare, poiché in genere si realizzano valori di pressione e di velocità non elevati. Si utilizzano a tale scopo, per le boccole nelle quali deve strisciare l’albero, materiali che consentono una minima lubrificazione. L’asta viene poi superficialmente rinforzata in corrispondenza dell’accoppiamento con i cuscinetti radiali, infatti la parte caricata ed in movimento è salvaguardata a scapito di quella fissa. Il cuscinetto assiale è anch’esso del tipo a strisciamento, ma può anche essere a rulli. Un tempo i cuscinetti erano formati da un corona di doghe in legno duro (legno santo o lignum vitae) alloggiate in una camicia di bronzo. Anche l’asta aveva una camicia in bronzo o in ottone, infatti la lubrificazione era ottenuta con acqua di mare e tale materiale era inserito proprio per evitare problemi di corrosione. Nelle nuove costruzioni i cuscinetti hanno boccole in metallo bianco (lega antifrizione di rame, stagno, piombo e antimonio) oppure in materiali sintetici, ossia resine dalle diverse caratteristiche meccaniche che abbiano buona resistenza all’usura, alta resistenza all’ambiente corrosivo, basso coefficiente di attrito statico e dinamico, durezza sufficiente e buone caratteristiche di auto–lubrificazione. Tra queste si ricordano, in ordine crescente di durezza – e quindi di capacità di sopportare carico – i policarbonati, il Nylon, il PTFE caricato e le resine fenoliche (Teflon). Il legno ed il metallo bianco sopportano pressioni di lavoro piuttosto basse, infatti la pressione convenzionale massima (uguale al rapporto fra la massima reazione vincolare radiale e l’area proiettata del cuscinetto) è fissata in 2,5 N/mm2 per il legno santo ed in 4,5 N/mm2 per il metallo bianco lubrificato ad olio. Per quanto riguarda le resine sintetiche, si considerano adeguati all’uso quei materiali che garantiscono pressioni di contatto ammissibili di almeno 5,5 N/mm2. Quando le pressioni sono elevate, ossia per timoni di grandi dimensioni, le boccole possono essere costituite da bronzo, acciaio inossidabile o infine da materiali ottenuti per pressatura a caldo di bronzo e grafite (procedimento di sinterizzazione), con pressioni convenzionali massime di 7,0 N/mm2. D’altra parte, l’asta o l’agugliotto devono affacciarsi al cuscinetto con una superficie resistente all’usura, in genere è prevista una camicia o un riporto in acciaio inossidabile, oppure un indurimento superficiale ottenuto con procedimento di cementazione o di nitrurazione. Il momento resistente di frizione applicato all’asta viene calcolato come QF = ½ DA m FR 90 [Nm] (3.17.A) L’apparato di governo e manovra dove DA [m] è il diametro dell’asta, m [-] il coefficiente d’attrito – i cui valori possono essere assunti in base alle indicazioni dei Registri – ed FR [N] la forza radiale applicata sul cuscinetto. Tali considerazioni valgono anche per gli accoppiamenti fra agugliotti e femminelle. A differenza della pala a semplice lamiera, quella carenata è formata da un mantello di fasciame stagno. Inizialmente la struttura interna di sostegno del mantello ed il fusto costituivano un unico telaio, ottenuto per fusione. Ora il fusto non ha più ragione di essere presente poiché la pala è a struttura portante, costituita da diaframmi in lamiera, orizzontali e verticali, disposti cioè in modo da formare un grigliato. Si osservi che i diaframmi devono essere allineati con le strutture di supporto della pala, sia l’asta sia l’eventuale corno, e devono essere disposti in modo da suddividere il mantello in pannelli di opportune dimensioni (indicativamente fra 600 mm e 900 mm, in funzione della dimensione della pala) e, quando possibile, di allungamento unitario. Il diaframma verticale posto in continuazione dell’asta deve essere particolarmente robusto e può essere eventualmente raddoppiato. I diaframmi orizzontali estremi sono anche detti coperchi. Il bordo di uscita può essere ottenuto saldando uno sull’altro gli spigoli dei due semi–mantelli, oppure inserendo tra le due lamiere una lama. I mantelli vengono collegati ai diaframmi con saldature che solo su un lato possono essere fatte dall’interno: la saldatura del secondo lato del mantello viene effettuata dall’esterno con il sistema delle asole. In pratica sui diaframmi vengono saldate delle piattabande, in corrispondenza delle quali sul mantello vengono praticati dei fori: il collegamento del mantello viene fatto tramite cordoni di saldatura stesi tra lo spessore del mantello e le piattabande. Invece di essere forato per ricavare delle asole, il mantello può essere tagliato in più pannelli in corrispondenza delle piattabande (sistema ad asola continua). In alternativa i diaframmi possono essere lavorati, su un lato, in modo da presentare degli occhielli sporgenti, in corrispondenza dei quali devono corrispondere le asole del mantello (la saldatura viene effettuata in maniera analoga). Sul mantello si possono individuare alcuni particolari, quali i fori di aleggio, i portelli per l’ispezione e lo smontaggio degli agugliotti, i fori di sollevamento. Sul coperchio superiore ed a scafo sono fissati degli scontri di fine corsa per l’angolo di barra del timone, a meno che l’agghiaccio non sia dotato di un proprio dispositivo di fine corsa. In alternativa, per i timoni su corno, gli scontri, compreso quello per evitare il sollevamento, possono essere previsti alla base del corno. Sul grigliato vengono saldati gli accoppiatoi tronco–conici per gli agugliotti e per l’asta (o la flangia per l’asta). Questi elementi, ottenuti per 91 Corso di Allestimento Navale fusione, portano delle alette per il collegamento di testa delle lamiere dei diaframmi e sono eventualmente sagomati in modo da partecipare alla definizione della superficie avviata della pala (il loro ingombro trasversale è di circa 1,75 volte il diametro dell’asta). L’accoppiamento fra l’asta e la pala viene effettuato con sistemi oleodinamici, sia per il serraggio dei dadi, sia per la forzatura dell’asta entro l’accoppiatoio tronco–conico. Nel caso dei timoni Simplex ad agugliotto passante, questo appoggia su due cuscinetti interni alla pala, posti alle estremità della stessa, e la struttura a grigliato viene a modificarsi inglobando un rinforzo tubolare entro il quale passa appunto l’agugliotto continuo. Per concludere, le strutture del corno, della pinna e del calcagnolo hanno una configurazione simile a quella della pala, ossia un supporto interno fatto da un grigliato di lamiere saldate o da un telaio fucinato. La struttura di ancoraggio a scafo è rinforzata sia in corrispondenza del corno, sia in prossimità dei supporti per i cuscinetti. 3.18 – Il progetto strutturale Il sistema strutturale complessivo del timone è formato dalla pala – sorretta eventualmente dagli agugliotti del corno e del calcagnolo – e dall’asta, sorretta a sua volta dai cuscinetti di losca e di agghiaccio. L’insieme dell’asta e della pala può essere trattato come un corpo strutturale unico poiché il collegamento fra le due parti è ottenuto con un accoppiamento che garantisce un incastro perfetto. Lo studio della struttura del timone e dei suoi sistemi di sostegno consiste nel dimensionamento delle varie parti, sollecitate dall’azione delle forze idrodinamiche, della forza peso e del momento di controllo esercitato dalla timoneria (oltre che dall’azione delle forze di attrito sulle parti in movimento reciproco); si tratta in pratica delle seguenti parti strutturali: · la pala (rudder blade), formata da mantello e diaframmi, · l’asta (rudder stock), · gli accoppiatoi (rudder stock couplings), gli agugliotti (pintles) ed i cuscinetti (bearings), · le strutture di sostegno, quali il corno (horn) o il calcagnolo (solepiece), ivi compresi gli ancoraggi entro scafo. Tra queste parti, il maggior interesse deve essere rivolto agli elementi più critici del sistema, ossia l’asta e la pala – e come noto il primo elemento ad essere dimensionato è proprio l’asta. Il modello strutturale per il progetto dell’asta può essere definito tramite un sistema di travi rettilinee, ovvero una trave a più campate, in cui la pala stessa è rappresentata da un elemento mono–dimensionale, ossia da un 92 L’apparato di governo e manovra elemento equivalente ai fini della flessione. In tale configurazione il carico distribuito sulla lunghezza della pala viene equilibrato sia dagli appoggi – fissi o cedevoli – sui cuscinetti (con forze di reazione vincolare), sia dal macchinario d’agghiaccio (con il momento torcente di controllo). La determinazione delle reazioni vincolari e delle caratteristiche di sollecitazione sul sistema di travi richiede in genere l’utilizzo dei metodi di risoluzione delle strutture iperstatiche, che possono essere analitici, e in tal caso può essere applicato il metodo “dei quattro momenti” oppure quello iterativo noto come “metodo di Cross”, oppure numerici (calcolo agli Elementi Finiti). Si ricorda che le forze idrodinamiche generate dalla pala vengono trattate con riferimento alla risultante F applicata sul centro di pressione CP ed inclinata dell’angolo j rispetto al piano normale alla pala. Per valutare lo stato di sollecitazione, il sistema appena descritto viene ridotto ad un sistema equivalente traslando la forza F sull’asse di rotazione ed aggiungendo il momento torcente di trasporto Q. Trascurando la distanza fra l’asse di rotazione e quello baricentrico, si applica la teoria della trave ideale di De Saint–Venant (carico e vincoli sull’asse baricentrico). È quindi chiaro che, per quanto riguarda lo stato di sollecitazione, il sistema sperimenta una sollecitazione di flessione deviata composta (momento flettente in presenza di taglio) causata da F, ed una torsione causata da Q. Trattandosi di strutture snelle, la sollecitazione derivante dal momento flettente è quella dominante, a meno che l’asta non venga opportunamente sgravata dal flettente – per esempio irrigidendo la pala con un fusto disaccoppiato dall’asta, o con un agugliotto passante, o ancora con più appoggi ravvicinati –, in tal caso rimane la sola torsione, che comunque è sempre presente. 3.19 – Il modello per lo studio dell’asta La definizione del modello strutturale per il calcolo analitico richiede la valutazione delle caratteristiche delle singole travi componenti – l’asta e la pala –, in termini sia di lunghezze efficaci, sia di sezioni resistenti. La conoscenza di questi dati permette infatti di valutare i momenti d’inerzia rispetto all’asse neutro, e conseguentemente le rigidezze flessionali delle travi, e consente poi di valutare i moduli di resistenza per la successiva verifica delle sollecitazioni. Per quanto riguarda la torsione, l’elemento critico è l’asta e la sua rigidezza torsionale è nota quando se ne conosce il diametro. La sezione resistente dell’asta è una sezione circolare piena, avente momento d’inerzia JA [m4] calcolato rispetto all’asse neutro pari a: 93 Corso di Allestimento Navale JA = ¼ p (DA/2) 4 [m4] (3.19.A) [m4] (3.19.B) 4 e momento polare JO [m ] pari a: JO = 2 JA = ½ p (DA/2) 4 mentre quella della pala è costituita dagli elementi strutturali a elevato sviluppo longitudinale, ossia dal mantello e dai diaframmi verticali. Il calcolo della rigidezza flessionale della pala viene svolto su un modello geometrico semplificato, ottenuto rettificando la curva del mantello lungo la linea interna degli spessori. Perciò per il generico i–esimo tratto rettificato di spessore ti [mm], lunghezza li [mm] ed inclinazione qi [°] rispetto al diametrale della pala, il momento d’inerzia baricentrico JPi [m4] rispetto all’asse parallelo all’asse diametrale della pala (asse diametrale che costituisce, come si vedrà più avanti, l’asse neutro della pala) vale: JPi = 1/12 ti 3li (cosqi )2 + 1/12 li3ti (sinqi )2 [m4] (3.19.C) e il momento d’inerzia della pala complessiva risulta dalla somma dei momenti d’inerzia propri e di trasporto dei singoli elementi di lamiera. La pala formata da una semplice lamiera consente una modellazione più diretta della trave equivalente, è infatti sufficiente considerare la sezione resistente formata da pala e fusto. Per quanto riguarda i vincoli, i cuscinetti radiali di supporto dell’asta vengono considerati dei semplici appoggi, trascurando la loro estensione longitudinale, sia per sicurezza sia per creare un modello più aderente alla realtà, in quanto l’effetto incastrante è generalmente ridotto. Infatti, i cuscinetti devono essere di altezza limitata per non interferire con l’asta in flessione (per lo stesso motivo la rigidezza flessionale dell’asta non può essere trascurata, soprattutto quando si usano acciai ad elevata resistenza). Parallelamente, le cerniere formate da agugliotti e femminelle vanno considerate come semplici appoggi, eventualmente cedevoli sotto l’azione delle forze indotte dal timone. In questi casi il vincolo deve essere considerato elasticamente cedevole e deve essere opportunamente valutata la rigidezza alla traslazione: è questo il caso dei cuscinetti di appoggio della pala sul corno, sulla pinna e sul calcagnolo. Le rigidezze del calcagnolo e del corno vengono usualmente calcolate, con modelli a travi a sezione costante, considerando l’effetto della sola componente trasversale della forza ivi scaricata. Tali supporti cedevoli comportano una deformazione del sistema non necessariamente piana: per risolvere il sistema in maniera analitica si accetta quindi l’ipotesi semplificativa di cedimenti paralleli tra loro e normali al piano diametrale della pala. Ciò comporta un’ulteriore approssimazione nel calcolo delle rigidezze dei supporti. 94 L’apparato di governo e manovra Poiché, in generale, il modello può essere a travi con sezione variabile lungo la campata, si devono utilizzare i metodi risolutivi specifici per travi a sezione variabile o, in alternativa, si può applicare l’ipotesi della “falsa posizione” per creare campate fittizie a sezione costante. Tale situazione si verifica per esempio quando il cuscinetto di losca è lontano dalla radice della pala oppure quando la pala ha una geometria fortemente variabile lungo la campata, mentre in genere viene trascurata la rastremazione dell’asta tra agghiaccio e losca. L’ipotesi della falsa posizione consiste nell’inserire un appoggio in un punto di comodo della travatura, e nel cercare la soluzione del problema strutturale, facendo cedere anelasticamente la trave in quel punto finché si annulla la reazione di vincolo ivi maturata. In pratica si deve procedere secondo le seguenti fasi: · partendo dal sistema iniziale (Sistema 0) inserire l’appoggio (con cedimento anelastico incognito) nel punto P, ottenendo il sistema modificato (Sistema 1) · risolvere il “Sistema 1A” nel quale la struttura è sollecitata dal carico agente e dagli eventuali cedimenti di vincolo, escluso il cedimento in P ove l’appoggio viene mantenuto fisso; si calcola così in P la reazione RP,1A [N] ivi maturata per solo effetto del carico e dei vincoli cedevoli; · risolvere il “Sistema 1B” nel quale la struttura è sollecitata dal solo spostamento anelastico in P (struttura scarica e con i vincoli cedevoli bloccati nella posizione di riposo) che, non essendo noto, deve essere imposto pari ad un valore di comodo, per esempio dP,1B =1 [m]; in tal modo si calcola in P la reazione vincolare RP,1B [N] maturata per solo effetto del cedimento unitario in P; · calcolare, in base al principio di sovrapposizione degli effetti, la reazione complessiva in P nel Sistema 1 (con il vincolo fittizio), data dalla relazione: RP,1 = RP,1A + dP RP,1B [N] (3.19.D) nella quale dP rappresenta il generico spostamento che fornisce una soluzione congruente con il sistema di partenza; · ricercare fra le soluzioni congruenti con il sistema di partenza, l’unica che sia anche di equilibrio, ossia l’unica soluzione che fornisca una reazione nulla nel punto P. Ciò equivale ad imporre che RP,1 si annulli ed equivale perciò a risolvere rispetto a dP la seguente equazione di equilibrio in P: RP,1A + dP RP,1B = 0 [N] (3.19.E) dalla quale si ha il valore dello spostamento “vero” in P, ossia quello che si realizza nel Sistema 0: 95 Corso di Allestimento Navale dP,0 = – RP,1A /RP,1B [m] (3.19.F) Una volta determinato il valore dello spostamento nel punto in cui si era posto l’appoggio fittizio, si possono calcolare le caratteristiche di sollecitazione del sistema di partenza sommando a quelle del Sistema 1A i valori ottenuti dal Sistema 1B dopo averli moltiplicati per dP,0. In base alle possibili configurazioni del timone, nella pratica si possono distinguere le seguenti diverse situazioni di calcolo: · timone sospeso, · timone su calcagnolo, · timone su corno (con appoggio unico sul corno), · timone su più agugliotti. Nel caso di timone sospeso, la trave equivalente è costituita da due campate; partendo dal basso si ha prima la campata che si estende dal fondo della pala fino al centro del cuscinetto di losca, poi quella che rappresenta l’asta compresa fra i due cuscinetti di losca e di agghiaccio. Si osservi che il sistema è isostatico su appoggi fissi. Nel caso di timone su calcagnolo, la trave equivalente è costituita da due campate; partendo dal basso si ha prima la campata che si estende dal fondo della pala al centro del cuscinetto di losca, poi quella che rappresenta l’asta compresa fra i due cuscinetti di losca e di agghiaccio. Si osservi che il sistema è iperstatico e l’appoggio di calcagnolo è del tipo cedevole elasticamente. La prima campata presenta una trave a sezione variabile in quanto comprende sia la pala che l’asta, perciò se l’estensione dell’asta in questo tratto non è trascurabile, si ricorre all’interposizione di un appoggio fittizio allo scopo di ridurre la travatura ad un sistema di travi a sezione costante (e si risolve con il metodo della falsa posizione). Si osservi ancora che viene usualmente trascurata la distanza fra il centro dell’agugliotto di calcagnolo e il fondo della pala. Per il timone su corno con appoggio unico, la trave equivalente è costituita da tre campate; partendo dal basso si ha prima la campata che si estende dal fondo alla sezione della femminella (all’estremità inferiore del corno), poi da lì fino al coperchio della pala, e successivamente dal coperchio verso l’alto come nel caso precedentemente descritto. Si osservi che il sistema è iperstatico e l’appoggio sul corno è del tipo elasticamente cedevole. Infine, per i timoni su più agugliotti si ha una situazione strutturale particolare. È questo infatti il caso che si presenta quando la pala è sostenuta da una pinna, o da un dritto di poppa, o ancora da un corno con più appoggi. La trave equivalente è costituita qui da molte campate, poiché ad ogni agugliotto corrisponde un appoggio (in genere fisso): in virtù dei rapporti 96 L’apparato di governo e manovra dimensionali, si può ritenere che tale sistema di sostegno sia da considerarsi un “appoggio continuo” e che in pratica costituisca una specie di incastro per il tratto su cui si estende. Ciò significa che, a differenza dei casi sopra citati, l’asta si considera sgravata dal carico flessionale prodotto dalla pala, infatti la presenza di un appoggio molto robusto lungo la pala impedisce alla stessa di flettersi e quindi di trasmettere un momento flettente all’asta, e perciò questa si dimensiona a solo torcente. Appare evidente che, oltre a quest’ultimo caso, lo studio dell’asta può prescindere dalla modellazione della pala anche quando il timone è sospeso. D’altro lato, risulta invece necessario generare un modello strutturale completo quando la flessione della pala influenza quella dell’asta (è questo il caso dei timoni su corno e su calcagnolo). Nel caso di timone Simplex con agugliotto passante, si verifica un irrobustimento della pala per effetto della maggiore rigidezza offerta dal contatto sui cuscinetti interni, perciò la pala, portando in flessione l’asta passante, si comporta come un sistema più rigido sgravando l’asta di comando da gran parte del momento flettente. Anche nel caso in cui l’asta sia sostenuta da appoggi di losca e di agghiaccio molto vicini, l’effetto incastrante può essere molto elevato ed il modello può essere limitato alla sola parte di struttura che manifesta sollecitazioni flessionali. Il calcolo delle forze agenti sul sistema equivalente di travi richiede qualche osservazione, infatti la forza F ha una componente normale ed una assiale rispetto alla pala, e ciò comporta una flessione deviata. D’altro lato la componente assiale, dello stesso ordine di grandezza rispetto a quella normale, lavora sul piano di massima inerzia della pala, e ciò comporta la possibilità di definire un approccio approssimato nel quale la componente assiale venga trascurata oppure, in alternativa, venga annullata facendo ruotare la forza F dell’angolo –j. In ciascuno dei due modi il calcolo viene semplificato dovendo trattare una flessione retta che si manifesta con asse coniugato coincidente con l’asse di simmetria della pala – questo piano coincide con quello di minima inerzia e la verifica si configura quindi come una verifica dalla parte della sicurezza. Inoltre, per riprodurre con fedeltà il sistema strutturale, sul modello di travi equivalenti la forza idrodinamica deve essere distribuita lungo la campata. In questo modo si definisce un carico per unità di lunghezza q(x) [N/m] che dovrebbe essere distribuito con legge pressoché ellittica, ma che in pratica viene ridotto ad una distribuzione lineare con risultante sul baricentro dell’area della pala. Per una pala rettangolare si ha semplicemente q = F / b. Per lo studio dell’asta dei timoni sospesi, trattandosi di un sistema isostatico, la rotazione della forza F non introduce alcuna approssimazione, e la modellazione del carico non è necessaria poiché, per il dimensionamento 97 Corso di Allestimento Navale dell’asta, è sufficiente valutare il momento flettente MO [Nm] in corrispondenza del cuscinetto di supporto di losca, che vale: MO = F (CPS + dO) [Nm] (3.19.G) dove dO è la distanza fra il coperchio della pala e il centro del cuscinetto di losca. Tale momento d’estremità costituisce proprio il carico sul sistema risolutivo. I carichi dominanti sulle aste, come detto, sono generalmente quelli determinati dalla flessione semplice e dalla torsione. Può essere anche considerato l’effetto del taglio, ma soprattutto per aste tozze ed in particolare per il dimensionamento degli agugliotti. Le caratteristiche di sollecitazione del taglio e del momento flettente possono essere tracciate in maniera qualitativa, poiché la struttura dell’asta assume configurazioni standard, infatti i risultati qualitativi sono molto utili per confrontare le varie tipologie classiche di timone (sospeso, su corno, su calcagnolo e su appoggio continuo), soprattutto quando lo studio comparativo viene svolto mettendo in evidenza le variazioni di carico indotte dalla cedevolezza degli appoggi. Per quanto riguarda il calcolo delle sollecitazioni da momento torcente, il carico ha distribuzione costante lungo l’asta (si trascurano i momenti resistenti d’attrito) e il sistema risulta sempre isostatico. 3.20 – Lo stato tensionale sull’asta Infine, le verifiche a snervamento sull’asta vengono condotte in corrispondenza delle sezioni maggiormente caricate, in genere in corrispondenza del cuscinetto di losca e, per aste rastremate, dell’appoggio di agghiaccio. La verifica deve essere effettuata sia in marcia avanti che indietro, le due situazioni comportano infatti sollecitazioni in grado di estremo rispettivamente di flessione e di torsione. Il dimensionamento dell’asta a sola torsione richiede che la tensione tangenziali tQ [MPa] nominale massima non superi il valore ammissibile tamm [MPa] per il materiale: tQ = 16Q /(pDA3) 10–6 £ tamm [MPa] (3.20.A) mentre il dimensionamento a torsione e flessione richiede che la tensione ideale equivalente, calcolata considerando oltre alla tQ anche la tensione normale di flessione sM [MPa] (nominale massima), non superi il valore ammissibile samm [Mpa] del materiale. La tensione flessionale massima si esprime come: sM = 32M /(pDA3) 10–6 e quindi vale: 98 [MPa] (3.20.B) L’apparato di governo e manovra [32M /(pDA3)]2 +3[16Q /(pDA3)]2 £ (106samm)2 [Pa] (3.20.C) in quanto in genere si trascura il contributo delle tensioni tangenziali da taglio tT [MPa], il cui valore massimo sull’asta è valutabile in: tT = 16T /(3pDA2) 10–6 [MPa] (3.20.D) ove T [N] rappresenta il valore del taglio sulla sezione di verifica. 3.21 – La procedura IACS per la verifica strutturale La procedura di calcolo fin qui esposta per il dimensionamento dell’asta, assieme a quella relativa al progetto delle altre parti strutturali del timone, è stata standardizzata dall’IACS (International Association of Classification Societies). Tali indicazioni, raccolte come “IACS Requirements” nel documento S-10, sono state recepite dai maggiori Registri di Classificazione e costituiscono la base della normativa riguardante la verifica strutturale del timone. In questo documento, i carichi di riferimento, ossia la forza totale F e il momento torcente Q, sono determinati in maniera approssimata in funzione del profilo idrodinamico, dell’allungamento geometrico e delle condizioni di lavoro della pala, considerando un centro di pressione posto a 1/3 dal bordo di attacco e all’altezza del baricentro dell’area della pala. In particolare la forza viene ridotta al solo valore della portanza L ed espressa in funzione del prodotto qAR tramite un coefficiente idrodinamico che appare tarato per la pala, posta nel flusso dell’elica, avente lastra piana ed allungamento unitario. Infatti la norma, si veda per esempio il regolamento RINA nel capitolo riguardante il progetto del timone (Parte B, Cap. 10, Sez.1), introduce un coefficiente idrodinamico cF pari a: cF = r 1 r 2 r 3 [-] (3.21.A) in cui r1 è il coefficiente correttivo per l’allungamento di pala, r2 è il coefficiente correttivo per la forma del profilo, ed infine r3 considera diverse posizioni del timone nel flusso di poppa (per pala quadrata a lastra piana posta nel flusso dell’elica vale r1 = r2 = r3 = 1, valore che rappresenta approssimativamente la risposta estrema della pala – si veda la Tab.3.14.C). La forza F vale: F = cF qAR [N] (3.21.B) [N] (3.21.C) da cui: F » 132 vR2[kn] AR r1 r2 r3 e conseguentemente il momento torcente, calcolato considerando la forza F (per sicurezza) come se fosse normale alla pala, è pari a: 99 Corso di Allestimento Navale Q = F | d – CPC | » F | d – 0,33 | [Nm] (3.21.D) In particolare, il modello strutturale che viene utilizzato per la verifica a flessione e torsione dell’asta è quello di trave su più campate e vincoli eventualmente cedevoli, le cui rigidezze sono valutate in maniera approssimata. Per verificare l’asta a flessione, in alternativa al procedimento diretto – applicabile solamente quando il diametro è noto –, è possibile utilizzare formule approssimate, espresse in funzione di parametri geometrici riferiti a statistiche su configurazioni tipiche. Si osservi che il momento flettente di verifica viene espresso in funzione della forza normale alla pala, calcolata in via approssimata come F cos(30°), in cui l’angolo di 30° vuole rappresentare l’abbattimento medio della forza F. Inoltre, la distribuzione delle forze lungo la campata rispecchia la forma della pala, nell’ipotesi di validità dell’effetto specchio. Riguardo al dimensionamento dell’asta, si osservi che il diametro è prima valutato in funzione degli sforzi di torsione e poi maggiorato per tenere in considerazione anche la flessione. Infatti il dimensionamento a sola torsione porge per il diametro dT [m] dell’asta: dT = [16Q /(ptamm)]1/3 [m] (3.21.E) in cui tamm [Pa] rappresenta il valore della massima tensione tangenziale ammissibile sull’asta, mentre il dimensionamento a torsione e flessione dà il valore di dTF [m] dell’asta: dTF = dT [1 + 4/3 (M / Q)]1/6 [m] (3.21.F) in cui con M e con Q si sono indicati i valori di progetto rispettivamente del momento flettente e di quello torcente. Si osservi che le tensioni ammissibili sono calcolate dal Registro dividendo la tensione di snervamento per il coefficiente di sicurezza posto uguale a 2. Il Registro propone anche un metodo approssimato per il calcolo delle rigidezze degli appoggi elastici sul calcagnolo e sul corno. Infatti, dalle ipotesi fatte, il piano di deformazione è quello normale alla pala e, nella situazione di verifica con le massime forze applicate, la pala deve considerarsi inclinata di un certo angolo a (angolo di barra) rispetto alla struttura di supporto. In questa situazione, come accennato, i vincoli obbligano ad una deformazione non piana e la risoluzione della struttura va perciò ricercata nell’ambito di un metodo approssimato. La via più semplice appare quella di utilizzare, in luogo della vera rigidezza del supporto, la rigidezza relativa alla deformazione trasversale, nell’ipotesi che: · lo spostamento assoluto abbia sola componente trasversale, in virtù dell’elevata rigidezza dei supporti alla deformazione nel piano verticale che li contiene; 100 L’apparato di governo e manovra · la forza attiva sia la proiezione sul piano trasversale della forza FV [N] (normale alla pala) che si scarica sul vincolo. in base a tale considerazioni si ricava che la rigidezza r [N/m] da mettere a calcolo è uguale a: r = rT / cosa [N/m] (3.21.G) ove rT [N/m] è la rigidezza della trave in esame alla deformazione trasversale. Il significato di r è quello della forza FV da applicare per ottenere uno spostamento unitario in direzione trasversale. In alternativa al metodo proposto si può calcolare la rigidezza – fittizia – alla deformazione sul piano normale alla pala, ma anch’essa si limiterà ad approssimare il valore reale. Tale rigidezza vale: r I = rT / (cosa)2 [N/m] (3.21.H) e rappresenta la forza FV da applicare per ottenere uno spostamento unitario nella direzione della forza stessa. In base a tali considerazioni, utilizzando l’Eq. 3.21.G e ricordando la rigidezza trasversale di una trave incastrata ad una estremità e sollecitata da una forza (trasversale) all’estremità opposta, si può calcolare la rigidezza del calcagnolo rC [N/m] come: rC = 3EJC / (lC3 cosa) [N/m] (3.21.I) ove E [Pa] è il modulo di elasticità normale del materiale, JC [m4] è il momento d’inerzia alla flessione della sezione resistente del calcagnolo ed infine lC [m] è la lunghezza del calcagnolo. Per la rigidezza dell’appoggio su corno il calcolo si fa più complicato poiché richiede la determinazione del cedimento d’estremità di una trave ad “L” per effetto della forza FV che si scarica sull’asse dell’agugliotto del corno. Il corno può essere schematizzato con una pinna di altezza hH [m], che porta inferiormente un’appendice ortogonale rigida di lunghezza lH [m], ove lH rappresenta l’interasse fra la pinna e l’agugliotto. La rigidezza trasversale della pinna si calcola nel modo di seguito descritto. Considerando una forza trasversale unitaria sull’agugliotto, la pinna si flette con spostamento d’estremità pari alla cedevolezza j1 [m/N], che si può calcolare come reciproco della rigidezza trasversale flessionale della pinna, e si torce sotto l’azione del momento lH [Nm] – causato dalla forza unitaria che agisce sull’asse dell’agugliotto – con rotazione pari a q1lH [rad] ove q1 [rad m/N] è l’angolo di rotazione d’estremità indotto da un momento unitario. Ne consegue che la cedevolezza trasversale jH,T [m/N] all’estremità dell’appendice vale: 101 Corso di Allestimento Navale jH,T = j1 + q1lH2 = (3EJC / lH3)–1 + q1lH2 [m/N] (3.21.J) ove q1 può essere determinato con il metodo di Bredt applicato alla pinna. A tale scopo si deve considerare la sezione media della pinna, rettificarla definendo per il mantello elementi rettilinei e calcolare, per ciascun tratto della sezione stessa, la snellezza li [-] come rapporto fra la lunghezza e lo spessore del singolo tratto. L’angolo di rotazione q1 (nell’ipotesi semplificativa di trascurare i diaframmi interni) risulta allora pari a: q1 = Si li / (4W G) [m/N] (3.21.K) in cui W [m2] rappresenta l’area circoscritta dalla linea media del mantello e G [Pa] è il modulo di elasticità tangenziale del materiale. Infine, utilizzando l’Eq. 3.21.G, la rigidezza di calcolo del corno vale: rH = (jH,T)–1/cosa = [lH3 /(3EJC) + q1lH2]–1(cosa)–1 [N/m] (3.21.L) il cui significato è quello della forza FT da applicare per ottenere uno spostamento unitario in direzione trasversale. 3.22 – Il dimensionamento strutturale della pala e dei supporti Risulta evidente che per effettuare il calcolo diretto dell’asta del timone è necessario avere a disposizione gli spessori dei fasciami del mantello e dei diaframmi sia della pala sia del corno, i primi per procedere alla valutazione della rigidezza flessionale della pala, i secondi per valutare la cedevolezza del supporto. A tale scopo si consiglia l’utilizzo delle formulazioni proposte dal Registro. In esse, il dimensionamento del mantello della pala viene effettuato con una formulazione che fa riferimento allo stato di collasso di snervamento dei pannelli soggetti ad un carico laterale distribuito omogeneamente. Per i diaframmi interni sono fornite solo indicazioni sui minimi di spessore. Tale procedimento si propone di calcolare lo spessore minimo del singolo pannello elementare, a sola flessione, in due fasi successive: · prima ipotizzando una flessione cilindrica del pannello, analizzata utilizzando come modello una strisciolina di fasciame estratta parallelamente al lato più corto; · poi ripristinando la congruenza della deformazione della strisciolina tramite l’uso di un coefficiente correttivo che tenga conto della presenza dei vincoli sui lati corti del pannello. In questo modo si riduce il valore dello spessore minimo del pannello, infatti il supporto sui lati corti fa aumentare la resistenza del pannello poiché riduce la deformazione di flessione e le correlate tensioni. In base a tale considerazioni, per il dimensionamento dei mantelli è necessario definire prima la collocazione dei diaframmi e procedere poi al 102 L’apparato di governo e manovra calcolo degli spessori di entrambi. I diaframmi vanno disposti in modo da formare un robusto grigliato di travi ortogonali ed in modo tale da definire – sui mantelli – pannelli elementari ad allungamento il più possibile prossimo all’unità, con lati di circa 600¸1000 mm, in funzione delle dimensioni della pala. In genere, all’interno della pala viene posto un diaframma verticale irrobustito sulla continuazione dell’asta, inoltre vengono osservate particolari precauzioni nel definire la struttura dei timoni su corno, infatti in essi la zona di cambio di sezione (attorno all’agugliotto del corno) diventa critica a causa delle forti concentrazioni di tensione. Si osservi che per quanto riguarda il dimensionamento della pala formata da una lastra piana, non essendo ad essa richieste doti di resistenza alla flessione lungo la campata – è infatti sorretta da una robusta spalla –, ci si limita alla verifica della flessione che nasce nella direzione della corda. Infatti, ogni bracciolo va verificato a flessione assieme al fasciame ad esso associato, considerando un vincolo d’incastro sul fusto ed un carico laterale distribuito lungo la corda. Per quanto riguarda infine la verifica delle appendici dello scafo che costituiscono strutture di sostegno per la pala, va osservato quanto segue: · per il corno, la zona critica è quella costituita dalla sola pinna verticale, essendo l’appendice di supporto dell’agugliotto un elemento molto robusto, per questo motivo il modello è costituito da una trave rettilinea incastrata a scafo. Tale pinna è soggetta ad una flessione retta (si trascura infatti la flessione sul piano della struttura) e ad un momento torcente che nasce dall’interasse fra la pinna stessa e l’agugliotto. Le sollecitazioni da taglio sono generalmente trascurabili. · per il calcagnolo il modello strutturale è semplicemente quello di una trave incastrata all’estremità prodiera, sulla quale il carico trasmesso dall’agugliotto inferiore della pala produce un sistema di caratteristiche di sollecitazione alquanto complesso. La forza eccentrica causa infatti una trazione, una flessione verticale semplice, una flessione orizzontale composta ed un momento torcente. Si osservi che la caratteristica di sollecitazione dominante è generalmente quella di flessione orizzontale. Si rammenta inoltre che, mentre la struttura del corno è simile a quella della pala carenata, ove la sezione – costituita da un mantello e da diaframmi verticali ed orizzontali – è cava, il calcagnolo può invece essere anche a sezione piena, in genere rettangolare. Il dimensionamento degli agugliotti, trattandosi di elementi tozzi, viene fatto a taglio. Lo stesso IACS fornisce anche una guida (“Guidelines for Surveys, Assessment and Repair of Hull Structures”) per il monitoraggio dei punti 103 Corso di Allestimento Navale critici della struttura del timone: ad un elenco dei potenziali punti caldi della struttura vengono fatti seguire suggerimenti per una corretta riparazione degli elementi localmente collassati. Tali punti caldi, essendo zone di concentrazione delle tensioni ed essendo l’intera struttura sollecitata a carichi ciclici, sono soggetti a rotture per fatica. Nella stessa guida vengono anche evidenziate le zone che soffrono di erosione e di usura. Infine, modelli agli Elementi Finiti possono essere creati sia per lo studio del sistema di travi equivalenti (elementi monodimensionali), sia per lo studio della pala (anche con grigliati di travi), sia per l’analisi di dettaglio nelle zone di concentrazione delle tensioni. Modelli dettagliati devono essere impostati per lo studio dei modi di vibrare dell’intera struttura. 3.23 – L’evoluzione del timone La prima configurazione di timone su navi ad elica rispecchiava la sistemazione delle precedenti imbarcazioni a vela, la pala continuava infatti ad essere sostenuta dal dritto di poppa, collegato ora alla chiglia da un prolungamento della stessa detto calcagnolo. In questo periodo la pala è formata da una lastra piana di forma approssimativamente semiellittica (non è né carenata, né compensata) ed è irrobustita da braccioli terminanti su un fusto posto lungo il bordo di attacco. Il sostegno è effettuato con una serie di cardini coassiali all’asta di manovra, detti agugliotti, fissati sulla pala all’estremità dei braccioli e liberi di ruotare in alloggiamenti, detti femminelle, ricavati sul dritto di poppa. Il collegamento all’asta (detta anche miccia), quando questa non è tutt’uno con il telaio della pala – ossia un solo pezzo di fusione –, è effettuato con accoppiatoi a flangia. Una prima modifica, atta a migliorare l’efficacia idrodinamica del timone, è stata quella di sostituire la lastra piana con un doppio mantello (carenatura). Anche il dritto di poppa è stato poi carenato per creare un profilo idrodinamico continuo con la pala. L’utilizzo di pale carenate, più robuste di quelle a semplice lamiera, ha permesso di ridurre il numero degli agugliotti sul dritto di poppa, senza incorrere nel rischio di sollecitare eccessivamente l’asta a flessione. Nelle configurazioni più evolute, sul dritto di poppa erano ricavati gli alloggiamenti per due soli agugliotti, posti alle estremità della campata della pala. Esistono diverse varianti di carenatura del dritto, una interessante è quella con una carenatura non simmetrica, nella campata superiore verso un lato e in quella inferiore verso l’altro, allo scopo di ridurre le perdite causate dal flusso rotatorio dell’elica. Una soluzione ancora più elaborata è rappresentata dalla pala articolata con due profili in cascata posti a cavallo del dritto di poppa: il movimento della pala principale porta in rotazione una 104 L’apparato di governo e manovra seconda pala posta a proravia dell’asse di rotazione, realizzando così un certo grado di compenso (timone tipo “Aller”). Il dritto di poppa è stato poi finalmente eliminato, sostituendolo con un elemento altrettanto robusto costituito da un’asta passante, posizionata sull’asse di rotazione e collegata superiormente a scafo e inferiormente al calcagnolo: si tratta della nota configurazione “Simplex”. Tale asta rappresenta in pratica un lungo agugliotto passante all’interno della pala, cosicché il pozzo dell’elica continua a rimanere strutturalmente chiuso. Il timone di questo tipo è un timone compensato la cui asta di controllo continua ad essere sgravata anche da gran parte degli sforzi flessionali. Una variante è rappresentata dal timone del tipo “Hörtz”, in cui l’area di compenso viene sacrificata a favore di una carenatura fissa, con l’idea di fare aumentare le caratteristiche idrodinamiche per effetto della sistemazione di due profili in cascata. L’evoluzione ha fatto registrare la scomparsa dell’agugliotto passante, ridotto a due semplici agugliotti, uno a scafo ed uno sul calcagnolo. In questo modo la pala del timone Simplex deve essere a struttura completamente portante, formata da un grigliato robusto di travi nel verso della campata e della corda, e deve avere una robustezza sufficiente sia per reggere i carichi diretti, sia per non trasmettere elevate sollecitazioni di flessione all’asta. Inoltre, con la mancanza del dritto e dell’agugliotto passante, il pozzo chiuso viene ora ad essere meno robusto. Un’alternativa a questa soluzione è stata ottenuta eliminando i due agugliotti e trasferendo a proravia l’innesto sulla pala dell’asta di comando. L’asta, ora diritta, viene a costituire superiormente (al cuscinetto di losca) un appoggio per la pala a struttura portante, caricandosi anche a flessione. Complessivamente la sistemazione è più semplice, ma richiede una pala ed un’asta di comando più robuste. Esistono diverse configurazioni di pala per i timoni su calcagnolo. Una variante alla pala classica è rappresentata dall’introduzione di un profilo asimmetrico sfalsato: la sagomatura, in funzione del verso di rotazione dell’elica, può riguardare il solo bordo d’attacco oppure tutta la pala. Quest’ultima può essere effettuata in maniera continua lungo la campata, come nel timone “Star”, oppure, più semplicemente, tagliando a metà altezza una pala asimmetrica e riunendo, con le concavità contrapposte, le due parti. I timoni delle navi Liberty, del tipo Simplex, erano ottenuti proprio in questo modo, ma erano ancora meno elaborati, infatti erano costituiti da due semplici semi–pale simmetriche collegate una all’altra con un certo angolo di sfasatura lungo la linea della corda mediana (il timone “alla via” risultava però instabile). 105 Corso di Allestimento Navale Un altro esempio di ricerca di un rendimento migliore, sia del timone sia propulsivo, è rappresentato dall’aggiunta, sul mantello della pala, di un bulbo allineato con l’asse dell’elica, è questo il caso del timone “con bulbo Costa”. Grazie alla presenza del bulbo si ha un flusso più omogeneo sulla pala e una riduzione della velocità media d’ingresso sul disco dell’elica. Intervento finalizzato allo stesso scopo è quello che prevede l’inserimento fra timone ed elica di un’elica fissa oppure contro–rotante, da una parte si ottiene infatti un recupero di energia propulsiva, dall’altra un aumento dell’efficienza della pala, che lavora così in un flusso più omogeneo. Un altro tipo d’intervento è quello teso ad aumentare l’allungamento effettivo, e quindi il rendimento idrodinamico della pala, tramite l’utilizzo di lamine trasversali di estremità. Altra soluzione ingegnosa è quella che prevede la collocazione di un cilindro in rotazione lungo il bordo d’attacco: lo scopo è quello di aumentare la circuitazione di velocità lungo il profilo per “effetto Magnus”. La massima efficacia dell’asta rotante si verifica per basse velocità di avanzo della nave con incrementi della portanza anche del 100% quando il rapporto fra la velocità circonferenziale sulla superficie del rotore e la velocità di avanzo della nave è pari a circa 3¸4, mentre ad alte velocità di avanzo la distribuzione di pressione sulla pala non viene modificata significativamente dall’azione del rotore. La completa apertura del pozzo dell’elica è stata resa possibile dall’irrobustimento delle pale: ciò ha permesso la messa in opera di timoni sospesi, ossia senza calcagnolo, prima con asta passante, eventualmente rastremata, e poi a struttura carenata completamente portante. In questo modo l’asta viene gravata, oltre che dal momento torcente di controllo della pala, anche da un momento flettente che non viene più mitigato dalla presenza di uno o più appoggi lungo la pala stessa. Una soluzione intermedia, per ovviare al problema dell’elevato carico di flessione sull’asta, consiste nel creare un appoggio parziale lungo il bordo di attacco superiore della pala (appoggio su corno con uno o due agugliotti), oppure lungo tutto il bordo (appoggio su pinna). L’evoluzione della tecnica navale ha condotto alla progettazione di navi con più di un’elica propulsatrice, rendendo quindi conveniente l’installazione dei timoni al di fuori del piano diametrale: la prima soluzione adottata è stata quella di timone sospeso, ma col crescere delle forze in gioco è stato necessario ancorare con più sicurezza la pala utilizzando un corno di sostegno. Nel caso di navi bielica con timone centrale su skeg, la configurazione è assimilabile a quella di timone su pinna, quando il timone non è compensato, oppure a quella di timone su corno, quando il timone è semi–compensato. 106 L’apparato di governo e manovra I timoni moderni, per navi mercantili o militari, sono essenzialmente di due tipi, sospeso o su corno, e solo nel caso di navi bielica con timone centrale non compensato la configurazione è quella di timone su pinna. Il timone su calcagnolo si usa ormai solo in casi particolari, per esempio sui pescherecci quando si vuole proteggere l’elica dalle reti. Sia i timoni su corno che quelli sospesi possono avere un flap di coda per sfruttare l’effetto dei profili in cascata. Questa soluzione ha visto una prima applicazione nei timoni ideati da Lumley già per le navi a vela, con il flap comandato prima da catene, in maniera indipendente dalla pala, e poi dalla stessa pala (la prima applicazione risale al 1862). La caratteristica più attraente di questi timoni è infatti quella di avere un meccanismo semplice per il controllo del flap: il flap è incernierato alla pala e porta superiormente un’asta orizzontale che, all’altra estremità, è inserita nell’occhiello di un perno ad asse verticale. Quando la pala ruota, il flap ruota rispetto alla pala perché comandato dall’asta che, pur traslando nell’occhiello, è obbligata a passare per l’asse del perno. In tal modo l’angolo di rotazione del flap è legato a quello della pala, usualmente in maniera tale da far ruotare il flap con un’amplificazione di 2,5, cosicché per i 35° di barra della pala si hanno circa 90° di angolazione assoluta sul flap. Il timone viene commercializzato con il nome dell’azienda produttrice (per esempio sono diffusi quelli della ditta “Becker”). Una più recente e meno fortunata applicazione è quella che prevede l’uso del flap per facilitare la rotazione della pala piuttosto che per aumentare la portanza della pala stessa (timone “Flettner”). Tali timoni, non più usati, avevano un comando indipendente per il flap, che li rendeva però delicati perché il sistema di comando passava obbligatoriamente nell’asta. Essi diventavano inoltre ingovernabili per flusso proveniente da poppa. Un’interessante combinazione delle soluzioni sopra esposte – relative al miglioramento dell’efficienza propulsiva e dell’efficienza della pala oltre che alla razionalizzazione della configurazione strutturale – è quella offerta dal timone “Wichmann”, commercializzato ora dalla Wärtsilä sotto la denominazione “PropacRudder”. Si tratta di un timone semi–compensato su corno, con flap di coda e con un bulbo “Costa” che costituisce un tutt’uno con il mozzo dell’elica. Ai vantaggi idrodinamici derivanti dalla morfologia della pala si aggiunge perciò quello di avere un appoggio inferiore della pala molto più rigido rispetto al semplice corno – il pozzo dell’elica risulta infatti parzialmente chiuso – con la conseguente riduzione delle vibrazioni e delle sollecitazioni statiche trasmesse all’asta, e perciò con la possibilità di ridurre il diametro della stessa. Un tipo particolare di timoni passivi è quello rappresentato dai timoni con mantello cilindrico. Tali superfici creano la forza trasversale utile all’evoluzione della nave più per deviazione del flusso che per generazione 107 Corso di Allestimento Navale di una forza di portanza. Questi timoni sono utilizzati quando l’imbarcazione deve essere estremamente manovrabile anche a velocità di avanzo nulla o molto bassa, ma sempre con elica in funzionamento (essendo timoni passivi). Lo svantaggio è rappresentato dall’elevata resistenza al moto che essi introducono per effetto di una superficie di pala molto elevata, perciò sono adatti a navi per le quali l’efficienza propulsiva e del timone vanno ottimizzate per la manovra piuttosto che per il mantenimento di rotta. L’uso su rimorchiatori, shuttle tanker e navi oceanografiche è ormai soppiantato dall’utilizzo di eliche azimutali – tranne nei casi in cui prevalgono considerazioni economiche a favore della soluzione più semplice. Un timone tipico di questa tipologia, ossia con pala a mantello a sezione cilindrica, è quello del tipo “Kort”. Per avere più efficacia, il mantello viene posizionato proprio attorno all’elica propulsatrice, elica che rimane ad asse fisso. Il timone “Kort” può essere dotato di una pala simmetrica verticale, solidale al mantello, posta con lo scopo sia di migliorare il rendimento propulsivo, sia di contribuire alla deviazione del flusso, sia ancora di rendere stabile il timone. Tale superficie può anche essere indipendente dal mantello circolare per facilitare le piccole correzioni della direzione di spinta (inoltre può essere anche del tipo a comando indiretto come nei timoni Lumley). Un tipo particolare di timone con mantello cilindrico è quello costituito dalla configurazione “Kitchen”, in cui il mantello è formato da due semi– cilindri che, articolati su un asse verticale comune, possono ruotare l’uno indipendentemente dall’altro: con una rotazione solidale delle due parti, mantenute parallele, si ottiene la deviazione del flusso dell’elica; con una rotazione reciproca delle stesse si ottiene la riduzione della spinta netta verso poppa e addirittura l’inversione del moto della nave quando le due pale si chiudono una sull’altra (e quindi il controllo della velocità della nave). La più moderna sistemazione che sfrutta sia l’effetto di deviazione del flusso che di generazione di portanza è quella rappresentata dal timone “VecTwin” dell’azienda Schilling. Questo timone è costituito da due pale parallele, indipendenti, dotate di lamine di estremità, poste ad una certa distanza dal piano diametrale della nave e nel flusso dell’elica. Le due pale, che hanno un profilo asimmetrico e sono disposte con il dorsi affacciati, hanno le stesse potenzialità di funzionamento del timone “Kitchen” ma un rendimento idrodinamico maggiore. 108