La PEG nel bambino

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La PEG nel bambino
La PEG nel bambino. Aspetti medico-infermieristici
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Enrico Valletta, 2Marco Cipolli, 1Caterina Crema
Dipartimento Materno-Infantile e di Biologia e Genetica – Sezione di Pediatria, Università di
Verona, Policlinico “GB Rossi”, Verona.
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Centro Fibrosi Cistica, Ospedale Civile Maggiore, Azienda Ospedaliera di Verona, Verona
Le indicazioni ad una nutrizione enterale (NE) a lungo termine in età pediatrica sono oggi
numerose e trovano la loro ragione d’essere nella maggiore praticità rispetto alle tecniche di
nutrizione parenterale ed ai dimostrati vantaggi clinici, in diverse patologie, del mantenimento di
una sufficiente attività del tratto digestivo. La NE consente una più rapida ripresa
dell’alimentazione ed il raggiungimento di un adeguato apporto calorico, rende possibile la gestione
domiciliare del bambino riducendo i periodi di degenza e ne favorisce il reinserimento nella
famiglia e nella scuola.
Tra le diverse tecniche di NE, la PEG si pone come una scelta di medio-lungo termine,
generalmente quando vi è necessità di NE per un periodo superiore a 1-3 mesi, è posizionabile
anche in bambini di pochi mesi di età e, rispetto alle soluzioni chirurgiche, offre indubbi vantaggi di
minore invasività e di ridotto rischio chirurgico-anestesiologico.
La PEG nel bambino con patologia neurologica
Le indicazioni riconosciute per l’utilizzo della PEG nel bambino sono tre : 1) incapacità alla
suzione e/o deglutizione, 2) necessità di supplementazione calorica in associazione alla normale
alimentazione, 3) patologie che determinano un alterato assorbimento intestinale
(malassorbimento)(1). Nel bambino con malattie neurologiche o neuromuscolari le prime due
indicazioni possono essere individuate con una certa frequenza. Le più consistenti casistiche
pediatriche disponibili mostrano che le patologie del sistema nervoso costituiscono il principale
motivo per il quale viene posizionata una PEG. La frequenza dell’indicazione neurologica varia dal
43% al 93% nelle diverse popolazioni studiate, mentre l’opportunità della PEG in funzione di
supplementazione calorica si aggira attorno al 20% dei casi (2-5).
Nei bambini con gravi malattie neurologiche le difficoltà di alimentazione sono un problema assai
diffuso. Le cause sono molteplici : incapacità a nutrirsi autonomamente, difficoltà di masticazione,
incoordinazione faringea, disturbo dei meccanismi di deglutizione, reflusso gastroesofageo e
anomalie del comportamento. Frequenti sono gli episodi di aspirazione di cibo nelle vie aeree con
grave rischio di infezioni respiratorie ricorrenti e polmonite ab ingestis. La nutrizione per os in
questi casi è problematica, può richiedere complicate modalità operative ed impegna la famiglia per
molte ore della giornata in un compito che, pur mantenendo un elevato valore simbolico di
accudimento del bambino, può risultare oltremodo frustrante. Infatti, nonostante gli sforzi prodotti,
l’apporto calorico complessivo è spesso insufficiente e lo stato di malnutrizione che ne deriva
aggrava ulteriormente lo stato di salute del bambino e rende più evidente la necessità di adottare una
diversa strategia di alimentazione.
La somministrazione di alimenti tramite sonda nasogastrica è, generalmente, il primo passo in
questa direzione. La via può essere quella naso-duodenale quando la ricorrenza di vomito è un
aspetto rilevante del quadro clinico. L’alimentazione per via naso-digestiva è, tuttavia, una
soluzione temporanea, presenta alcuni evidenti svantaggi (Tabella 1) e non è consigliabile per tempi
di trattamento superiori ai 3 mesi. Oltre questo periodo ed in presenza di incoordinazione della
deglutizione e rischio di aspirazione e/o di scarsa crescita ponderale con malnutrizione, c’è
l’indicazione all’uso della PEG (4,6,7). La nostra esperienza è di utilizzo della PEG come via
d’accesso definitiva in bambini con gravi deficit neurologici e/o sindromi polimalformative
complesse nei quali vi sia stata la progressiva perdita della capacità di alimentazione per os. In
taluni casi, tuttavia, la PEG può rappresentare una soluzione temporanea dettata dal peggioramento
delle condizioni neurologiche o dalla necessità di una supplementazione calorica difficilmente
ottenibile con altre modalità di alimentazione.
Al di là delle indicazioni “tecniche”, la proposta di posizionare una PEG deve tenere conto del
complesso e profondo rapporto che lega il bambino con grave deficit neurologico alla propria
famiglia e che vede nel momento dell’alimentazione un’occasione di particolare significato
assistenziale e relazionale. Occorrerà comprendere e gestire le possibili resistenze della famiglia a
questo approccio scarsamente “fisiologico”, rassicurando sul ruolo attivo che i genitori potranno
comunque mantenere nella nutrizione del proprio figlio ed evidenziando le attese positive in termini
di benessere per il bambino e di maggiore disponibilità di tempo da ridistribuire all’interno della
famiglia. A questo proposito, anche la scelta del tipo di alimento avrà la sua importanza e in molti
casi i genitori preferiranno continuare a preparare in casa il pasto da somministrare. Ferma restando
la necessità di ottenere una fluidità compatibile con il buon funzionamento della PEG ed un
adeguato apporto calorico, pensiamo che questa scelta non debba essere in alcun modo ostacolata.
Si potrà ricorrere all’impiego delle miscele commerciali precostituite per esigenze gestionali e/o
nutrizionali particolari.
Le controindicazioni al posizionamento della PEG sono poche: l’ascite, la sepsi e la dialisi
peritoneale. Importanti precedenti di chirurgia addominale andranno valutati caso per caso. Il
reflusso gastroesofageo (RGE) od il rischio di un suo aggravamento in conseguenza della PEG
rappresentano un problema che, nella maggior parte dei casi, può essere gestito farmacologicamente
e che richiede il ricorso alla plastica antireflusso in meno del 20% dei bambini sottoposti a PEG
(4,5). In termini pratici, riteniamo che in fase di valutazione pre-PEG non sia necessario
intraprendere indagini per indagare un possibile RGE se non vi è evidenza clinica di malattia da
reflusso. La PEG potrà favorire l’instaurarsi del RGE in una piccola percentuale di pazienti che,
peraltro, si gioveranno di un trattamento medico conservativo. Considerando anche l’incremento del
rischio operatorio in questi bambini, l’opzione chirurgica andrà riservata ai casi di reflusso non
responsivo alla terapia o in presenza di polmoniti ed aspirazioni ricorrenti (8,9).
Anche nel bambino la PEG non è esente da complicanze la cui frequenza è stimata del 7-30% per
le complicanze minori (infezione, granulazione o perdita a livello della stomia, pneumoperitoneo,
dislocazione od occlusione della sonda, piccolo sanguinamento)(3-10) e del 2-19% per quelle
maggiori (fistola gastrocolica, peritonite, polmonite da RGE, distacco stomaco-parete,
sanguinamento grave, infezione grave)(3,4). Il continuo affinarsi delle tecniche sta, tuttavia,
riducendo progressivamente i rischi connessi a questa procedura.
In termini di miglioramento dello stato nutrizionale e di risoluzione dei problemi connessi
all’alimentazione nei gravi deficit neurologici, il vantaggio offerto dalla PEG è ormai riconosciuto.
Il programma nutrizionale partirà da una attenta valutazione del fabbisogno calorico e delle carenze
nutrizionali specifiche e dovrà stabilire gli obiettivi da raggiungere e le modalità di alimentazione
da utilizzare. L’incremento di peso che è possibile ottenere già dai primi mesi di trattamento può
portare anche alla normalizzazione del parametro nei bambini in età prescolare, insieme ad una
netta riduzione dei sintomi respiratori legati ad episodi di aspirazione (7,11). Se opportunamente
istruiti ed assistiti, i genitori stessi valuteranno positivamente la scelta fatta, riportando
l’impressione di un maggiore benessere per il proprio figlio e di una migliore qualità di vita per
l’intero nucleo famigliare (11).
La PEG nei pazienti con fibrosi cistica
L’ intervento alimentare in una patologia cronica quale la Fibrosi Cistica (FC) assume un significato
di intervento terapeutico aggiuntivo, e non sostitutivo, all’interno di un piano di cure. E’ necessario
tener presente che si agisce su individui che posseggono la loro spontanea capacita' di
alimentazione e qualsiasi intervento suppletivo non deve andare a scapito di questo aspetto. La FC
e' la piu' frequente delle malattie genetiche gravi, la cui incidenza e' stimata essere di 1:2000-1:3500
nati vivi, mentre la frequenza dei portatori nella razza Caucasica e'’stimata essere di 1:20-1:30. La
modificazione della proteina codificata dal gene della FC, identificata nel cromosoma 7, determina
una compromissione nella secrezione del cloro causando una alterazione nella composizione del
muco, che risulta disidratato. Gli organi maggiormente interessati sono le ghiandole sudoripare, i
polmoni ed il pancreas.
La malnutrizione e’ sicuramente un problema importante nella FC, occorre ricordare che vi e’
spesso un introito alimentare scarso (le infezioni respiratorie ripetute hanno un effetto
anoressizante) e un aumento della spesa energetica determinato principalmente da un consumo
calorico supplemetare per l’impegno polmonare. Vi e’ poi una alterazione dell’assorbimento dei
grassi non perfettamente compensato dall’assunzione dell’estratto pancreatico. Quindi il 100%
dell’introito calorico raccomandato non e’ spesso sufficiente per mantenere una situazione
nutrizionale adeguata.
In una indagine eseguita negli Stati Uniti (1) si e’ visto come il 50% circa dei pazienti americani
con FC si trovi al di sotto del 10° centile per peso ed altezza. In una valutazione analoga dei
pazienti FC della Regione Veneto afferenti al Centro Regionale FC di Verona troviamo una
situazione nutrizionale molto simile a quella nordamericana. Se consideriamo come soglia di
malnutrizione un rapporto P/A (peso reale/peso ideale per altezza) < 90% una percentuale vicina al
30% si trova al di sotto di tale valore; il rischio poi di andare incontro a malnutrizione raddoppia al
di sopra dei 10 anni di eta’. Inoltre i pazienti FC malnutriti hanno un danno parenchimale
polmonare ed una funzione respiratoria peggiore rispetto a pazienti FC di eta’ comparabile e meglio
nutriti.
La PEG rappresenta una modalita’ di intervento in questo problema dopo il fallimento di ogni
tentativo convenzionale di recupero del peso corporeo. La letteratura al riguardo evidenzia come la
PEG in FC sia una buona metodica con scarse complicanze (2), che la nutrizione con PEG migliora
lo stato nutrizionale e la funzione polmonare (3) ma il beneficio a lungo termine (> 6 mesi) sia
legato alla funzione polmonare presente prima dell’introduzione della PEG (4). Non vi sono tuttavia
evidenze che la nutrizione prolungata con PEG incida sulla sopravvivenza (5)
In una esperienza su 5 pazienti FC del nostro Centro di eta’ compresa tra i 12 e i 18 anni con P/A <
80% sottoposti a PEG per una supplementazione calorica, dopo il fallimento di ogni tentativo
convenzionale di recupero, abbiamo risultati simili a quelli segnalati in letteratura. Abbiamo potuto
riscontrare un buon incremento nutrizionale ed una stazionarieta’ della funzione respiratoria,
tuttavia questi dati si riferiscono ad un follow up relativamente breve (6-8 mesi) per poter essere
maggiormente conclusivi.
Vi e’ comunque un aspetto da considerare: i pazienti che maggiormente avrebbero da usufruire di
questo tipo di intervento hanno per lo piu’ una eta’ adolescenziale e questo tipo di approccio,
comunque invasivo, ha un impatto psicologico rilevante.
Abbiamo cercato, quindi, di analizzare il problema della PEG ed il suo impatto sulla qualita’ di vita.
Disturbi emotivi sono emersi in tutti i casi e le famiglie devevano inoltre sviluppare capacita’ di
cambiamento, rispetto ad abitudini e relazioni sociali, per poter fronteggiare alti livelli di stress
personale.
Un capitolo a parte merita il problema dello stato nutrizionale e del trapianto polmonare in FC.
Sino a pochi anni fa la situazione nutrizionale rappresentava uno degli elementi fondamentali per la
messa in lista per il trapianto. Una nutrizione suppletiva (generalmente con PEG) era quasi sempre
necessaria per migliorare lo stato nutrizionale prima dell’accettazione ad una lista di trapianto. In
seguito sia esperienze dirette sul campo chealcuni studi hanno portato evidenze diverse. In
particolare la situazione nutrizionale si e’ visto non essere un indice predittivo di sopravvivenza
post-operatoria, mentre uno scadente stato nutrizionale aumenta il rischio di mortalita’ in lista
d’attesa (6). A questo punto possiamo dire che la nutrizione con PEG puo’ divenire uno strumento
utile per mantenere o migliorare la situazione nutrizionale di chi e’ in lista di attesa per il trapianto
polmonare.
In conclusione: la nutrizione e’ uno degli impegni maggiori per i pazienti con FC e gli operatori. Vi
sono dati contrastanti sulla possibilita’ di modificazione della funzione polmonare e della
sopravvivenza in FC attraverso una supplementazione calorica prolungata. L’utilizzo della PEG e’
probabilmente la modalita’ migliore per una supplementazione calorica a lungo termine ma solo
dopo il fallimento delle altre modalita’ di intervento. Il paziente FC in attesa di trapianto puo’
ottenere un importante aiuto da una supplemetazione calorica con PEG in attesa di giungere al
trapianto stesso.
Bibliografia
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Aspetti infermieristici
Il percorso assistenziale che inizia con l’individuazione dell’indicazione alla PEG, prosegue con
l’addestramento del paziente e della sua famiglia all’autonomia gestionale e giunge, infine, alla
dimissione ed all’affidamento alle strutture del territorio, attribuisce all’infermiere un ruolo
operativo di considerevole rilievo. Accenneremo, brevemente, le principali direttrici lungo le quali è
auspicabile si sviluppi l’intervento infermieristico in ambito pediatrico, avendo, comunque, sempre
presente l’esigenza di una stretta sinergia con le altre figure professionali componenti l’equipe.
Nel momento della decisione clinica iniziale, all’infermiere può essere richiesta una valutazione
riguardo all’affidabilità complessiva della famiglia, alle sue abitudini alimentari, al grado di
conoscenza delle fondamentali norme igieniche ed alle presumibili capacità di apprendimento di
operatività che richiedono un certo grado di accuratezza. Superata positivamente questa prima fase,
assume una notevole importanza la modalità con cui vengono fornite al paziente le necessarie
informazioni. Oltre all’aspetto tecnico e a tutti i problemi psicologici legati all’impossibilità di
alimentarsi per via naturale, va considerato che il rapporto con il bambino è spesso indiretto e
mediato attraverso i genitori e gli altri componenti del nucleo familiare con i quali andrà instaurato,
fin dall’inizio, un rapporto partecipe e solidale. Le spiegazioni dovranno essere facilmente
comprensibili, ricorrendo anche alla visione diretta del dispositivo da utilizzare, di diapositive,
video o altro materiale informativo. L’infermiere darà risposta, per quanto di sua competenza, ai
quesiti sui possibili problemi tecnici, assicurando disponibilità e continuità nell’assistenza.
Per molte delle decisioni che verranno prese è necessario un lavoro in équipe al quale daranno di
volta i volta il proprio contributo il pediatra, l’endoscopista, l’infermiere, il dietista, il farmacista,
l’assistente sociale, lo psicologo, il pediatra di base e gli operatori del territorio. La collaborazione
di queste figure dovrebbe portare alla realizzazione di un piano assistenziale in grado di far fronte
alle esigenze del bambino, personalizzando il trattamento, utilizzando le tecniche di
somministrazione e le miscele nutrizionali più idonee e garantendo un’istruzione ed una autonomia
gestionali adeguate. Da queste esigenze deriva la necessità di produrre protocolli atti ad uniformare
i vari interventi.
Assistenza alla nutrizione: Dopo l’inserzione del G-tube, il bambino rimane a digiuno per 12-24 ore
con idratazione per via venosa periferica e si concorda con il medico l’eventuale terapia
antidolorifica. Entro 24 ore, se non insorge dolore, distensione addominale, vomito, si dà
gradualmente avvio all’alimentazione con la formula scelta. Inizialmente l’alimento viene
introdotto per 2 ore sotto sorveglianza, rilevando eventuale comparsa di tosse, difficoltà
respiratoria, addominalgia, vomito o diarrea.
Esistono varie tecniche di somministrazione delle miscele alimentari:
• Intermittente: prevede introduzione mediante siringa di boli alimentari somministrati lentamente
ad intervalli di tempo.
• Continua nell’arco di 12-24 ore: è metodica che permette di alimentare il paziente a bassa
velocità evitando fenomeni di intolleranza. Spesso di usa la somministrazione solo nelle 10-12
ore notturne per permettere libertà di movimento durante la giornata e alimentazione spontanea.
La somministrazione può essere effettuata a caduta o, meglio, con pompa peristaltica.
Le procedure infusionali richiedono rispetto delle comuni norme igieniche. Il kit infusionale va
sostituito ogni 24 ore. L’alimento, conservato correttamente, è somministrato a temperatura
ambiente ed introdotto nella sacca in frazioni successive per evitare possibili alterazioni. Il sondino
viene lavato al termine dell’infusione per evitarne l’occlusione e disinfettato con Milton. Durante
l’infusione il paziente deve assumere la posizione antireflusso, va verificata la tollerabilità del
prodotto impiegato ed organizzato il monitoraggio del ristagno gastrico. Si esegue quotidianamente
la pulizia del cavo orale, soprattutto nei pazienti alimentati esclusivamente per gastrostomia.
Istruzione alla gestione
L’istruzione al famigliare e/o al bambino inizia subito dopo l’intervento e la dimissione avverrà
quando essi saranno divenuti autosufficienti. Nella nostra esperienza si è dimostrato vantaggioso
seguire uno schema assistenziale suddiviso in giornate: ogni giornata ha degli obiettivi da
raggiungere e degli interventi assistenziali mirati. Con l’aiuto di schede viene verificato il grado di
apprendimento, i problemi emersi e le eventuali variazioni da apportare. L’infermiere istruisce alla
medicazione della stomia – ogni giorno per la prima settimana e successivamente ogni 2-3 giorni
salvo complicanze che richiedano un intervento più frequente. E’ una manovra semplice, non
sterile, che però necessita di accurata pulizia.
Il famigliare deve essere in grado di ispezionare l’area sotto la medicazione e riconoscere e
trattare eventuali segni di irritazione, crescita di tessuto di granulazione, sanguinamento e gonfiore.
Il compito dell’infermiere è di offrire tutte le conoscenze necessarie per prevenire le complicanze ed
eventualmente agire con sicurezza qualora esse si presentassero.
Dimissione e follow-up
Il bambino può essere dimesso quando si è verificata la stabilità dello schema alimentare ed è
stata raggiunta la completa autonomia gestionale. Importanti sono i contatti con il curante e i servizi
esterni per far pervenire il materiale necessario al paziente a domicilio nei giusti tempi e per avere
un valido supporto nel follow-up. Nel caso vi sia disponibilità di assistenza domiciliare, si cercherà
di organizzare un incontro prima della dimissione. I controlli programmati successivi alla
dimissione saranno facilitati dalla registrazione quotidiana della quantità di enterale assunta, del
peso settimanale e dei problemi emersi. I dati sono discussi insieme ai componenti dell’équipe in
occasione dei controlli.
Possibili problemi
I problemi che più frequentemente abbiamo osservato nella gestione della PEG sono l’occlusione
del sistema, l’intolleranza alimentare e la sensazione di pienezza, l’infiammazione della cute, la
micosi, il tessuto di granulazione e la fuoriuscita di secrezioni gastriche. Alcune di queste
“complicanze minori” possono essere evitate dedicando maggiore cura alla stomia, mantenendo le
norme igieniche ed individuando uno schema alimentare adeguato al singolo paziente.
L’occlusione della sonda da accumulo di residui alimentari può essere risolta con un lavaggio con
soluzione fisiologica o bevanda gassosa (10-30 cc di Coca Cola) senza forzare eccessivamente, o
introducendo acqua e ½ compressa di enzimi pancreatici schiacciati e disciolti. Chiusa la sonda per
30 min., si ritenta il lavaggio con sola acqua.
L’intolleranza alimentare può verificarsi a domicilio in corso di malattia intercorrente o se viene
consigliato un aumento del flusso di infusione. Insorgono distensione addominale, meteorismo,
diarrea, crampi e nausea che suggeriscono il ritorno ad una velocità di infusione inferiore.
L’infiammazione della cute deriva talora dal tipo di cerotto utilizzato che deve essere
preferibilmente non impermeabile e viene trattata con una copertura protettiva della cute (pasta
all’ossido di zinco). Se si sospetta un’infezione si esegue un tampone della stomia per batteri e
miceti e si tratta localmente con antibiotico in soluzione o antimicotico in polvere. L’infezione da
miceti si verifica spesso per insufficiente cura della stomia o incompleta asciugatura della cute dopo
il lavaggio. La formazione di tessuto di granulazione si osserva per irritazione meccanica,
incontinenza o scarsa cura della stomia. L’intervento consiste nella cauterizzazione con nitrato
d’argento.
L’insufficiente fissaggio del disco esterno del sondino o lo sfiancamento della stomia possono
causare fuoriuscita di succo gastrico. Questo provoca dolore, macerazione cutanea, odore
sgradevole. Il sondino va accuratamente fissato alla superficie addominale e, se i sintomi persistono,
si valuta la possibilità di cambiare il sondino.
Bibliografia
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Tabella 1. Svantaggi della sonda naso-gastrica.
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Rimozione accidentale
Visibilità
•
Rischio di ostruzione
•
Deve essere fissato
•
Rischio di aspirazione da dislocazione
•
Irritazione locale
•
Esperienza oro-faringea negativa
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