I principali protagonisti di “Bergamo Jazz 2009”

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I principali protagonisti di “Bergamo Jazz 2009”
I principali protagonisti di “Bergamo Jazz 2009”
GIANLUIGI TROVESI – ORCHESTRA FILARMONICA MOUSIKÉ: “Profumo di violetta”
Gianluigi Trovesi (sax contralto, clarinetti), Marco Remondini (violoncello), Stefano Bertoli (percussioni), Filarmonica
Mousiké diretta da Savino Acquaviva
“Trovesi all’opera”: è questo l’assunto attorno al quale ruota “Profumo di violetta”, che vede in campo il
polistrumentista di Nembro assieme a due suoi abituali collaboratori e alla Filarmonica Mousikè diretta
da Savino Acquaviva. Un progetto, rodato prima dal vivo e poi di recente pubblicato su disco dalla
ECM, nel quale Trovesi dichiara tutto il suo affetto per celebri arie d’opera e la tradizione bandistica. In
concerto e su CD, Monteverdi, Pergolesi, Verdi, Rossini e Mascagni sono armoniosamente alternati a
brani originali in cui si coglie l’amore sincero per suoni del passato resi magicamente attuali, anche
attraverso un forbito eloquio improvvisativo. L’incontro fra Gianluigi Trovesi e la Filarmonica Mousiké
è dunque diventato un’occasione per dar vita ad un avvincente gioco ad incastri tra epoche, generi, stili
esecutivi differenti. Una fitta trama musicale che ha via via preso forma sotto l’attenta, scrupolosa regia
di Trovesi. Il risultato è un mix di garbo e spirito, gioco e sontuosità, enfasi e allegria, dove la fantasia
del più illustre dei jazzisti bergamaschi svetta in grande libertà.
GONZALO RUBALCABA TRIO
Gonzalo Rubalcaba (pianoforte), Armando Gola (contrabbasso), Ignacio Berroa (batteria)
Nato all’Avana nel 1963, Gonzalo Rubalcaba è assurto a notorietà internazionale nella metà degli anni
Ottanta, grazie a un bagaglio tecnico di primissimo ordine messo al servizio di una musica nata dalla
sintesi fra la tradizione ritmica cubana e il più genuino lessico pianistico jazzistico. Tutto ciò in virtù di
un ambiente familiare dove la musica stava di casa, degli studi classici al conservatorio, dell’amore per
pianisti jazz come Thelonious Monk, Bud Powell e Oscar Peterson. I primi successi professionali
Gonzalo Rubalcaba li ha ottenuti in qualità di componente dell’Orquesta Aragon, con la quale si è
esibito anche in Africa ed Europa. Di lì a poco avverrà la costituzione del Grupo Project e, nel 1990, la
consacrazione di “nuovo talento del jazz” a seguito dell’esibizione al festival di Montreux in trio con
partner del calibro di Charlie Haden e Paul Motian (esibizione poi documentata su disco). L’entrata
nella prestigiosa scuderia Blue Note, etichetta per la quale il pianista cubano incide tuttora, farà il resto.
Da ricordare sono anche le collaborazioni discografiche con il sassofonista Joe Lovano (Flying Colors),
con lo stesso Charlie Haden (Nocturne) e il più recente sodalizio con il fisarmonicista Richard Galliano
(Love Day).
FRANCO D’ANDREA NEW QUARTET
Franco D’Andrea (pianoforte), Andrea “Ayace” Ayassot (sax contralto), Aldo Mella (contrabbasso), Zeno de Rossi (batteria)
A Franco D’Andrea, uno dei jazzisti italiani di maggior rigore espressivo, “Bergamo Jazz 2009” dedica
un spazio di riguardo. Oltre che in una delle serate al Teatro Donizetti, il pianista meranese si esibirà
all’Auditorium di Piazza della Libertà in un piano solo, seguito dalla proiezione del bel filmdocumentario “Franco D’Andrea: jazz pianist”, per la regia di Andreas Pichler.
Con il suo New Quartet, D’Andrea persegue quella ricerca all’interno delle forme e
dell’improvissazione iniziata tanto tempo fa. “Questo gruppo è nato in corrispondenza di una serie di
mie recenti composizioni”, afferma il leader, “È l’organico ideale per sviluppare questa nuova musica e
allinea gli strumentisti adatti, dotati di creatività e spinta innovativa. Per la maggior parte i brani sono
brevi, allusivi, una pennellata di colore particolare che indica il mood. Alcune volte il dato tematico si
configura come un lungo ostinato che continua, pur modificandosi e rammentandosi, ad agire anche nel
cuore dell’improvvisazione. Gli assoli emergono da un fondale di costante interplay”. Un probante
saggio del valore del Franco D’Andrea New Quartet si ha dall’ascolto del CD The Siena Concert,
registrato nel 2006 e pubblicato nel 2008 dalla Blue Note.
MANU KATCHÉ PLAYGROUND
Mathias Eick (tromba), Petter Wettre (sax tenore), Jason Rebello (pianoforte), Jerome Regard (contrabbasso), Manu Kactché
(batteria)
Francese di origini ivoriane, Manu Katché è sicuramente uno dei batteristi più versatili oggi in
circolazione. Praticamente scoperto da Peter Gabriel ai tempi dell’album So, Manu Katchè si è via via
prodotto al fianco di numerosi artisti e band quali Sting, Jeff Beck, Afro Celt Sound System, Tears For
Fears, Dire Straits, Manu Chau, Loreena McKennit, Youssou N’Dour, Robbie Robertson, Joe Satriani,
Tori Amos, Al Di Meola e numerosi altri. In ambito jazzistico spicca la collaborazione con Jan
Garbarek, presente a sua volta in Neighbourhood (2005), primo album a nome del batterista per la ECM.
La presenza nel vasto catalogo della casa tedesca si è consolidata nel 2007 con Playground, altro lavoro
di spessore che ha confermato le qualità di leader di Katché, nel cui nuovo gruppo si impongono il
trombettista norvegese Mathias Eick, recente scoperta della stessa ECM, e il pianista inglese Jason
Rebello, anch’egli già al fianco di Sting. La musica di Katchè è un jazz raffinato che possiede un respiro
corale, al di là della paternità delle composizioni, ed è pervasa da un palpabile lirismo e da una naturale
cantabilità melodica. Il drumming del leader, pur offrendo l’ovvia spinta propulsiva e un dinamico gioco
coloristico, non sovrasta mai la dimensione collettiva.
JAN GARBAREK & HILLIARD ENSEMBLE: “OFFICIUM”
Jan Garbarek (sax tenore e soprano), David James (controtenore), Rogers Covey-Crump (tenore),
Steven Harrold (tenore), Gordon Jones (baritono)
È stata la mente immaginifica di Manfred Eicher, cuore e cervello della casa discografica tedesca ECM,
a intuire le straordinarie potenzialità nascoste dietro l’incontro tra le liriche improvvisazioni dei limpidi
sassofoni di Jan Garbarek e le splendide voci dell’Hilliard Ensemble. Un autentico miracolo musicale, si
potrebbe definire senza timore di smentita Officium, l’album inciso nel settembre del 1993 nella quiete
del monastero austriaco di St. Gerold. Ma Officium non è solamente il titolo di un disco: si può
legittimamente considerare un’idea forte di fare musica, all’interno della quale ogni barriera stilistica e
temporale viene abbattuta. L’Hilliard, il più apprezzato gruppo vocale al mondo di musica antica, ma
che più volte ha dimostrato anche una grande dimestichezza con il repertorio contemporaneo, si muove
con rara versatilità tra canti liturgici, polifonie millenarie e mottetti rinascimentali. Da parte sua, il
musicista norvegese, tra i più originali jazzisti cui il Vecchio Continente ha dato i natali, fa letteralmente
cantare i suoi sassofoni, come forse mai altrove gli riesce di fare così compiutamente. Officium (seguito
alcuni dopo dall’altrettanto riuscito Mnemosyne) è quindi una perfetta sintesi tra linguaggi diversi: il suo
successo planetario è una delle tante prove tangibili della riuscita di un’operazione sulla carta non certo
priva di rischi.
MARIA JOÃO - MARIO LAGINHA DUO
Maria João (voce), Mario Laginha (pianoforte)
Voce dalle infinite sfumature, Maria João dispone di quel carisma e di quella presenza scenica che,
insieme ad una naturale carica comunicativa, tanto hanno contribuito alla sua affermazione. La sua
vocalità e la sua musica traggono linfa vitale da stili diversi, dal jazz ma anche dalla tradizione
portoghese e dal pop più sofisticato. La sua carriera ha preso avvio nei primi anni Ottanta, rivelando una
personalità artistica non comune. Ai primi album (Quinteto Maria João del 1983, Cem Caminhos del
1985 e Conversa del 1986) è seguita una lunga, proficua collaborazione con la pianista giapponese Aki
Takase. Sempre in termini di collaborazioni vale la pena ricordare almeno quelle con Gilberto Gil, Joe
Zawinul, Bobo Stenson e Lauren Netwon. Ma il sodalizio più duraturo, sfociato anche nella vita di tutti i
giorni, resta quello con il pianista Mario Laginha. Assieme a lui Maria João ha realizzato vari album,
l’ultimo dei quali si intitola Chocolate, disco che fornirà il materiale sul quale si baserà principalmente il
concerto del duo al Teatro Donizetti.
NILS PETTER MOLVÆR GROUP
Nils Petter Molvær (tromba, electronics), Eivind Aarset (chitarra), Audun Kleive (batteria), Johnny Skalleberg (sound)
Jazz, ambient music, house, elettronica, breakbeats sono gli ingredienti di cui si nutre naturalmente la
musica del trombettista norvegese Nils Petter Molvær, uno dei guru del nu jazz, ovvero l’ultimo
ritrovato in fatto di contaminazioni tra jazz e tecnologia che proprio in Scandinavia, e nel Nord Europa
in generale, ha trovato fertile terreno di sviluppo. Nato a Sula nel 1960, Molvær ha assorbito influenze
diverse – da Miles Davis a Jon Hassell, da Don Cherry a Brian Eno, a Bill Laswell – facendole confluire
in un sound personalissimo in cui si colgono anche influssi etnici, soprattutto orientali, insieme ad un
senso poetico che traspare anche dai momenti più ritmicamente incalzanti. Con Molvær il jazz si apre,
dunque, a suoni e umori di disparata provenienza, assemblati fra loro con gusto e misura, evitando
sempre la ricerca dell’effetto fine a se stesso. Tutto ciò si rintraccia nei due album incisi da Molvær a
suo nome per la tedesca ECM, Khmer (1997) e Solid Ether (2000), nonché nei dischi usciti per
l’etichetta fondata dallo stesso trombettista, la Sula Records. Nel catalogo ECM Molvær compare anche
in qualità di componente dei gruppi Masqualero e Oslo 13, quest’ultimo diretto dal pianista Jon Balke,
oltre che con il bellissimo Hastering Weastward, registrato in duo con la percussionista statunitense
Robyn Schulkowsky.