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Ciro Perna, l’ultimo cantore de “l’opera ‘e pupi” Il 28 febbraio ci ha lasciato, per i postumi di una perfida influenza, Ciro Perna, uno dei più grandi pupari italiani di tutti i tempi, ultimo cantore di questa popolare forma di spettacolo. Nato nella nostra città, aveva ereditato dal padre Giuseppe, figlio di Ciro senior che da pasticciere era diventato puparo dando inizio alla dinastia, tecniche e trucchi per muovere i fili dei suoi pupi. Quei stupendi e variopinti manichini dai corpi di legno, accumulati negli anni con una paziente e tenace ricerca, che faceva muovere con sorprendente abilità e cui prestava la sua voce cupa e roca, fin quasi a dargli un’anima; per raccontare ora divertenti farse o drammi della gelosia, ora storie appassionanti di paladini o vicende sanguinarie di camorristi. Palcoscenici delle sue rappresentazioni erano stati, dapprima improvvisati teatrini nei cortili di Frattamaggiore e dei paesi vicini, poi le piazze di tutt’Italia. Artefice di innumerevoli rappresentazioni, Ciro Perna era stato l’autore, tra l’altro, di Napoli 1860: storie di Tore ‘e Crescienzo, trasmesse alcuni anni fa, dalla seconda rete televisiva, in quattro puntate, con ben ottocento Ciro Perna scene, per la regia di Elena Porpora Medici. Questo, dopo che avevano destato notevole interesse, presso il pubblico e la critica, all’annuale rassegna dell’opera dei pupi che si svolge a Palermo per conto dell’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari e del Museo Internazionale delle marionette. Il copione, adattato da Ciro Verbale, un marionettista amico dei guappi, e guappo egli stesso, che all’epoca contava già 87 anni, narra, attraverso episodi di cronaca e storia vera con l’aggiunta di credenze popolari, aneddoti e dicerie varie, le vicende, per lo più cruenti e sanguinarie, di Salvatore De Crescenzo, personaggio storico realmente esistito, capintesta riconosciuto per oltre trenta anni della “Bella Società Riformata”, cioè della camorra. Il camorrista era stato tra l’altro incaricato da Garibaldi, alla vigilia della sua entrata in Napoli, di formare una Guardia cittadina. Non a caso, la scena madre della rappresentazione si conclude con il provvidenziale arrivo - anticipando una maniera che fu poi dei vecchi westerns americani - dell’Eroe dei due mondi mentre Tore sta per essere fucilato. E alla pari dei westerns, nel ricordo di chi ha assistito dal vero a questa rappresentazione, quest’ultima scena si svolgeva tra il tripudio generale degli spettatori, tutti schierati dalla parte di Garibaldi e Tore. Va sottolineato in proposito, che “l’opera ‘e pupi”, in un radicale anacronismo di lettura con il mondo e le sue lotte, era diventata, agli occhi del popolino, abituale fruitore nel passato di questo genere teatrale, immagine stessa della realtà quotidiana: fatta di amici e nemici, lealtà e tradimento, giustizia e prevaricazione, riconoscenza e ingratitudine. E nel manifestare o meno l’ammirazione per gli eroi e i giusti, nell’esprimere solidarietà o indifferenza per i più deboli, nel provare o non disprezzo per il traditore e gli assassini, odio o ammirazione per i prepotenti, lo spettatore esprimeva altresì il proprio grado di aderenza alle regole del vivere sociale. Franco Pezzella Pupi di Ciro Perna, Palermo, Museo Internazionale delle marionette