“CHI HA UCCISO LUMI VIDELA?” la storia vera

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“CHI HA UCCISO LUMI VIDELA?” la storia vera
Comunicato stampa
“CHI HA UCCISO LUM I VIDELA?”
la storia vera di Emilio Barbarani, il diplomatico italiano che sfidò la polizia
segreta di Pinochet per salvare centinaia di vite umane.
Presentazione a M ilano, venerdì 31 maggio, ore 18.30 presso il Centro Coscienza,
Corso di Porta Nuova 16
Insieme all’autore interviene Gian Carlo Calza, presidente del Centro Coscienza .
Una storia vera, finora sconosciuta, quella che Emilio Barbarani, diplomatico italiano, racconta in
Chi ha ucciso Lumi Videla? (Mursia, 312 pagine, euro 19,00. Prefazione di Giorgio Galli) un
memoriale che fa riemergere dal passato i fantasmi del golpe di Pinochet.
“Chi ha ucciso Lumi Videla?”, richiama sin dal titolo l’omicidio della militante del Mir, movimento
della sinistra rivoluzionaria, il cui corpo venne gettato nottetempo nel giardino dell’ambasciata
italiana a Santiago nel novembre del 1974, poco più di un anno dopo il colpo di Stato di Augusto
Pinochet (11 settembre 1973). Un omicidio che precipitò nel caos la residenza italiana diventata
rifugio per centinaia di cileni: oppositori politici, ma anche disperati in fuga dalla miseria, persino
criminali comuni e golpisti caduti in disgrazia.
Emilio Barbarani arriva a Santiago un mese dopo l’omicidio di Lumi Videla. La sua è una missione
senza copertura (l’Italia non aveva riconosciuto il governo Pinochet) per dare man forte
all’ambasciatore Tomaso de Vergottini, a sua volta tollerato dalla giunta dei generali come
“diplomatico italiano in transito”. «Né l’ambasciatore, né io avevamo ricevuto da Roma esplicita
indicazione scritta di fare ciò che facevamo, salvo generica indicazione di porre in atto ogni sforzo
a difesa dei perseguitati politici del regime militare», scrive Barbarani nelle sue memorie.
Il giovane diplomatico finisce in prima fila, cioè all’interno dell’ambasciata, a gestire da una parte la
massa dei rifugiati disperati e dall’altra l’inchiesta voluta dal governo di Pinochet sull’omicidio
Videla, morta durante un festino in ambasciata secondo la propaganda del regime; sequestrata,
uccisa e torturata dalla DINA, secondo gli oppositori.
L’inchiesta sull’omicidio Videla è il filo conduttore di una splendida e drammatica testimonianza
sull’inizio di una dittatura durata 17 anni, in cui si leggono in controluce tutte le contraddizioni di un
Paese spaccato in due: «La povertà, il sospetto, la paura prevalevano su metà Paese; sull’altra
metà, benestante, ignara e acquiescente con le diffuse violazioni dei diritti umani, regnava l’euforia
per lo scampato pericolo dello spauracchio di una rivoluzione comunista», spiega Barbarani.
Nel Cile diviso si muovono eroi e aguzzini, politici cinici e madri alla ricerca dei figli desaparecidos,
spie affascinanti e criminali, preti coraggiosi (Barbarani testimonia il ruolo fondamentale della
Chiesa cilena nella difesa degli oppositori) e cittadini indifferenti. In mezzo a loro, il giovane
diplomatico italiano che mette, letteralmente, se stesso tra i rifugiati e la polizia segreta: si chiude
per due anni in ambasciata tessendo una silenziosa ma efficace rete di assistenza e protezione
che riuscirà a salvare centinaia di vite. Per farlo deve imparare a muoversi in quella zona franca
dove operano spie e doppiogiochisti, dove le vite umane hanno un prezzo che va pagato. Quale
che sia.
L’inchiesta degli anni Settanta fu affidata al giudice Eduardo Araya, un uomo di legge che
nonostante le pressioni della giunta militare, coraggiosamente, scagionò i rifugiati dall’infame
sospetto di aver ucciso Lumi e così facendo consentì che riprendesse il flusso degli espatri.
Nel 2008, nel Cile tornato alla democrazia, alcuni agenti della DINA, a cominciare dal suo capo,
vennero condannati dal Giudice per la morte della giovane mirista. Ma la storia e veramente
chiarita? Le confidenze di una agente della intelligence della Forza Aerea cilena insinuano alla fine
dl libro più di un dubbio.
Per informazioni: Ufficio stampa Mursia – 02 67378515 – email:
ufficiostampa2@ mursia.com