Introduzione

Transcript

Introduzione
Introduzione
di Giovanni Boccia Artieri, Davide Borrelli
Il volume che avete fra le mani raccoglie i contributi che sono stati selezionati,
presentati e discussi al Forum Giovani organizzato dall'Associazione Italiana
di Sociologia (AIS) in occasione del convegno di fine mandato, che si è tenuto
1
a Firenze dal 10 al 12 ottobre del 2013 . Anche in questa edizione del Forum,
come nella precedente, è stato assegnato il premio di una borsa di studio del
valore di mille euro, intitolata alla memoria del compianto professor Franco
2
Rizzo e generosamente finanziata dalla sua famiglia. La borsa di studio se l’è
aggiudicata Mario Orefice che ha presentato un paper dal titolo Dall’azione
collettiva all’azione connettiva. Il caso di studio del Popolo Viola come modello
di rete sociale multipla, testo che sarà prossimamente pubblicato sulla rivista
Sociologia Italiana – AIS Journal of Sociology.
Il livello dei lavori presentati e delle discussioni che si sono sviluppate intorno ad essi testimonia che la sociologia italiana potrà contare nel futuro su
una generazione di giovani studiosi preparati e di talento, anche se non è affatto certo che della loro vocazione alla ricerca scientifica riusciranno a fare weberianamente una effettiva professione nella difficile situazione in cui versa
oggi il sistema universitario italiano e il riconoscimento della disciplina.
1
Desideriamo ringraziare i seguenti colleghi che con squisita disponibilità si sono prestati a fare da discussant
per le relazioni presentate: Sara Bentivegna, Antonio Chiesi, Carla Facchini, Renato Fontana, Guido Giarelli,
Annick Magnier, Carlo Pennisi, Luca Toschi, Paolo Volonté. Un ringraziamento particolare lo rivolgiamo a Maria Carmela Agodi per aver preso parte a tutte le fasi dell'organizzazione del Forum e per averne coordinato i
lavori.
2
Franco Rizzo è stato un eminente studioso di sociologia della politica. Nato nel 1927 ha avuto tra i suoi maestri Benedetto Croce e sin da giovane è stato docente (insieme a intellettuali della levatura di Eugenio Scalfari
e Vincenzo Arangio Ruiz) nel primo corso di studio per i giovani liberali. Nel 1954 vinse il concorso in Senato
per funzionari (al tempo erano solo 16, fra cui Leopoldo Elia e Pietro Scoppola) ed è stato Consigliere del Senato della Repubblica fino al 1977, anno a partire da cui si è dedicato a tempo pieno alla docenza universitaria.
Ha fondato e diretto la Rivista Trimestrale di Scienza Politica e dell’Amministrazione e pubblicato numerosi
studi e monografie di argomento politologico, fra cui Il disagio liberale (Berlusconi e i liberali) (1997), Da Einaudi a Gedda. La memoria liberale di Forza Italia (2001), Quel che resta del vero (2009). Meno noti sono
forse i suoi interessi letterari: corrispondente di Thomas Mann, da giovane vinse un premio letterario insieme
con un altro giovane che avrebbe presto mostrato tutto il suo talento, Pier Paolo Pasolini.
7
IL SENSO DEI TEMPI. PER UNA SOCIOLOGIA DEL PRESENTE
Da più parti si continua a ripetere che le scienze sociali stanno vivendo
un momento di crisi. A fronte di una profonda eclissi del sociale stesso, la sociologia appare sempre più inadeguata a interpretare il presente, al punto che il
suo riconoscimento istituzionale nel dibattito pubblico si è enormemente indebolito. Ciò appare ancora più paradossale se si considera, ad esempio, quanto
alcune tecniche di rilevazione statistica come i sondaggi siano entrati prepotentemente nella cultura italiana – specialmente in quella politica e di costume –
come applicativo, più concretamente prolifico, della ricerca sociale da divulgare nei media di massa. Un intero settore della conoscenza rischia così di limitarsi ad un mero riduzionismo quantitativo. Un famoso detto ottocentesco di
Lord Kelvin sosteneva che “se una cosa non puoi misurarla, non puoi migliorarla”. L’idea ingenua secondo cui i dati esisterebbero in natura e noi potremmo semplicemente raccoglierli o scoprirli senza render conto degli strumenti
con cui li abbiamo raccolti, dei sistemi di conoscenza che li sottendono e delle
molteplici stratificazioni dell’interpretazione umana, è una delle caratteristiche
distintive del riduzionismo informativo (Morozov, 2013). In realtà troppo
spesso si dimentica che il modo in cui noi scegliamo di sezionare la realtà, evidenziandone alcuni elementi e trascurandone altri, produce un’enorme influenza sul tipo di misurazioni che produrremo, dal momento che la quantificazione è operazione tutt’altro che neutrale, soprattutto quando finisce per
privilegiare certe interpretazioni di un problema. L’etica della quantificazione,
associata ad un certo feticismo per numeri e tabelle di chiara derivazione
aziendalista, spesso finisce per perdere di mira le finalità che sono alla base della misurazione stessa.
Tale rischio appare oggi tanto più concreto con l’affermazione dei cosiddetti Big Data. I Big Data stanno operando un vero e proprio cambiamento
di paradigma nel modo di costruire e rappresentare la conoscenza. Anzitutto,
l’enorme disponibilità di giganteschi dataset provenienti dalla miriade di strumenti di connessione e digitalizzazione che abbiamo attualmente a disposizione permette di raccogliere dati da fonti tra loro estremamente eterogenee e non
strutturate, come immagini, email, coordinate GPS, informazioni prese dai social network e dai search engine. Il processo di datizzazione – ossia la conversione in forma quantitativa di un certo fenomeno sociale ai fini di una sua possibile computazione – rappresenta il vero motore del fenomeno dei Big Data.
In secondo luogo, i dataset raccolti possono essere sottoposti alle più svariate
forme di correlazione. In tal senso, le correlazioni costituiscono davvero
l’argomento nuovo nella gestione e analisi dei dati poiché consentono di studiare i fenomeni sociali senza dover necessariamente metterne in luce i meccanismi interni e ricercarne una casualità elusiva, ma, semplicemente, facendo in
modo che i dati parlino da sé (Mayer-Schonberger, Cukiers, 2013). Da qui
emerge una nuova area di studi, che va sotto il nome di eHumanities, eSocial
Sciences (Dutton et al. 2010), web science (Hendler et al. 2008), computational
8
INTRODUZIONE
social sciences (Lazer et al. 2009) o big social data (Manovich 2011), la cui tendenza principale è quella di usare le correlazioni emergenti tra questi enormi
dataset per realizzare modelli dalle potenzialità previsionali, in grado, cioè, di
far luce sulla complessità del comportamento umano e offrire indicazioni per
poterne orientare la condotta futura.
L’utilizzo predittivo delle correlazioni rischia, tuttavia, di ridurre la ricerca sociale ad una questione di “scoperta” algoritmica. Sempre più spesso, i
ricercatori universitari, soprattutto quei giovani che mirano ad ottenere la legittimazione necessaria a far avanzare la propria carriera universitaria, paiono
rivolgere tutti i loro sforzi intellettuali all’individuazione e all’uso di tecniche
sofisticate di ricerca, in genere di tipo statistico avanzato e alla costruzione di
eleganti modelli logico matematici, mettendo in secondo piano temi essenziali
come le premesse, i problemi, i concetti e così via. Preoccupati da questioni
quali definizioni operazionali, analisi fattoriale, costruzione di indicatori quantitativi credibili, molti studi finiscono per maneggiare i concetti usati come fossero stereotipi, completamente distaccati dal mondo dell’esperienza, dalle forme della percezione che li hanno generati e al cui interno sono in genere collocati. «Poche cose irritano maggiormente che leggere un testo di ricerca che si conforma in modo troppo rigoroso a tecniche accreditate e che abbonda di numeri,
o unità, o elementi, per poi trovare lacune e imprecisioni nell’uso dei concetti»
(Blumer, 1969, p. 209). Il monito di Blumer è ancora profondamente attuale, in
un momento storico in cui le scienze sociali rischiano di essere dominate dalla
svolta quantitativa e computazionale nelle discipline umanistiche, sempre più
colonizzate da metodologie di data mining e info-grafiche esplicative che mettono in secondo piano questioni complesse come le attività e i processi reali di interazione entro cui prendono corpo le dinamiche sociali indagate dal ricercatore.
A ciò va aggiunto un ulteriore elemento di preoccupazione. Se una volta
il monopolio della raccolta e interpretazione delle informazioni apparteneva
agli studiosi, oggi questa funzione è espletata da società come Google, Monsanto ed Equifax. Gli esperti sono oramai superati dall’industria e la produzione teorica accademica appare profondamente in ritardo rispetto agli innumerevoli barcamp, e unconference, con il loro spirito anticonvenzionale e una
mentalità imprenditoriale, in grado di dar vita a analisi sociali dal grande appeal mediatico, ma spesso metodologicamente limitate o eticamente controverse (Lovink 2012).
Ciò spiega perché attualmente la sociologia si trova di fronte ad una
nuova sfida: la necessità di ripensare i suoi statuti, ricostruire un proprio campo di autonomia che sappia continuare a funzionare come momento critico di
ripensamento del vivere sociale. In fondo la sociologia, come ha detto Franco
Ferrarotti, è l’unico strumento di autoascolto che una società moderna ha per
diventare consapevole di se stessa, a condizione di non dimenticare che non
tutto ciò che è “conoscibile” è “misurabile” (Ferrarotti 2014). Ciò significa che
9
IL SENSO DEI TEMPI. PER UNA SOCIOLOGIA DEL PRESENTE
la sociologia deve sforzarsi di mantenere la sua originaria vocazione umanistica, l’aspetto creativo e inventivo che l’ha sempre caratterizzata, nonché quel
pensiero critico e rigoroso che le scienze sociali contemporanee rischiano di
veder messo in secondo piano, in uno scenario economico e politico che preferisce inseguire il profitto a breve termine garantito da quei saperi tecnicoscientifici più idonei a tale scopo (Nussbaum 2010).
Per ritrovare la sua centralità nel dibattito pubblico, la sociologia del futuro ha dunque bisogno di dotarsi di precise direzioni di sviluppo. Da un lato,
non può ridursi ad una mera dimensione analitica e teorica, ma deve sapersi
orientare alla prassi, confrontandosi con le dimensioni organizzative, economiche, territoriali del nostro paese, nonché del più generale contesto europeo e
mostrando la sua capacità di poter incidere all’interno di uno scenario in perenne mutamento. Per questo, il metodo deve essere empirico, deve fondarsi
cioè sulla ricerca sul campo e fare affidamento agli strumenti e alle tecniche di
analisi sempre più sofisticate che la tecnologia mette a disposizione del ricercatore sociale. Tale compito va portato avanti senza avere la pretesa di costruire
prospettive totalizzanti, ma rimanendo ancorati al particolare contesto temporale e spaziale entro cui è stata realizzata l’indagine. Questo non significa, ovviamente, il misconoscimento della generalizzazione teoretica. La ricerca sociale, difatti, non può limitarsi a processare fatti sociali: una semplice raccolta
di dati, anche se realizzata con metodi raffinati, finisce per limitarsi a fornire
una semplice fotografia della realtà sociale. Il momento empirico deve essere
sempre affiancato da una teoria – e qui resta fondamentale il richiamo ai più
importanti pilastri della sociologia critica tradizionale – che sia in grado di interpretare i dati e i fatti sociali per dare un contributo originale allo studio e
all’analisi del vivere umano.
Dal momento che l’appuntamento del Forum di Firenze ha visto la partecipazione di giovani provenienti dalle università di tutta Italia, i lavori raccolti in questo volume non presentano un unico argomento di analisi. Eppure,
pur ponendosi su piani analitici differenti e pur adottando prospettive e metodologie eterogenee, nessuno dei saggi qui pubblicati pare essersi sottratto
all’arduo compito di confrontarsi con le sfide teoriche e metodologiche a cui
deve rispondere oggi la sociologia italiana in un contesto nazionale caratterizzato da un profondo mutamento degli assetti istituzionali e sociali.
Il volume si apre con il saggio che Antonio Camorrino dedica al concetto di catastrofe fredda. L’ipotesi alla base di tale idea è che la tradizionale distinzione secondo cui le scienze naturali si avvarrebbero di un elevato grado
distacco nelle loro analisi mentre le scienze umane verserebbero in uno stato di
coinvolgimento emotivo non è più plausibile. Dal momento che viviamo in
una condizione in cui la natura è stata completamente “umanizzata”, le sue
azioni non sono più spiegate facendo riferimento al fato o alle mere leggi di
natura ma tornano a essere vissute e dunque comprese nei termini di un diffu10
INTRODUZIONE
so sentimento di pericolo, come afferissero ad un vero e proprio «complotto
cosmico».
Il contributo di Massimiliano Cervino e Miriam Sticchi presenta i risultati di un’analisi qualitativa sul potere all’interno di alcune istituzioni ed enti
locali a Lecce: il Comune, la Provincia e la Asl. Il saggio parte dall’assunto che
esistono tre forme di legami informali – politici, personali e a rete –esercitate
da funzionari e dirigenti nella conduzione della decisionalità quotidiana in
grado di scavalcare la legittima esecuzione delle procedure amministrative. Allo stesso tempo, i due autori analizzano il modo in cui gli ostacoli che derivano
dai legami sociali – ostacoli politici, culturali e finanziari – interferiscono con
le procedure ordinarie.
Licia Lipari esplora il modo in cui le esigenze portate da flussi di popolazioni temporanee producono cambiamenti dell’utilizzo e l’organizzazione
degli spazi pubblici della città contemporanea. Ciò è particolarmente vero
per le città d’arte dove esiste il rischio di un “asservimento” degli usi e della
gestione degli spazi alle logiche omologanti dell’industria turistica. Le analisi
dell’autrice si avvalgono dei risultati di una ricerca empirica svoltasi nelle
piazze dei quartieri di Sant’Ambrogio e San Lorenzo a Firenze nel 2010, ove
hanno sede due dei principali mercati storici rionali della città. La ricerca è
stata condotta attraverso l’uso di tecniche integrate di rilevazione: analisi socio-territoriale, osservazione di spazi pubblici e interviste semi-strutturate rivolte a un campione di residenti delle due zone, degli operatori dei mercati e
dei turisti.
Il saggio di Flavia Menna si occupa del fenomeno degli highly skilled migrants, ossia quei flussi migratori che coinvolgono le città a partire dagli anni
Sessanta e che riguardano principalmente lavoratori creativi e manager. Lo fa
scegliendo come soggetti di analisi un gruppo di italiani che operano nelle università di Manchester. Usando gli strumenti della social network analysis,
l’autrice combina un’ottica qualitativa e di approfondimento delle biografie
degli individui coinvolti con la visualizzazione grafica degli egonetwork e di alcuni concetti mutuati dall’analisi strutturalista delle reti sociali. In tal modo,
arriva a individuare i punti di contatto tra la dimensione urbana – in termini di
specificità del contesto di attrazione – e quella relazionale – e le configurazioni
specifiche dei network sociali degli individui.
Lo studio di Barbara Maussier si concentra sui nuovi festival di approfondimento culturale. All’interno di questi appuntamenti, l’individuo sembra
ritrovare quella dimensione comunitaria che, un tempo, apparteneva alle feste
religiose tradizionali. Nonostante i significati attribuiti al festival siano diversi
da quelli attribuiti alla festa religiosa, le differenze tra le due tipologie di eventi
nella società postindustriale si stanno attenuando. L’autrice ipotizza pertanto
che i festival, nuove feste della società postindustriale, possano diventare uno
11
IL SENSO DEI TEMPI. PER UNA SOCIOLOGIA DEL PRESENTE
strumento di rivitalizzazione per le feste religiose prospettando nuovi spazi di
scambio culturale.
Gabriella Punziano si concentra sui processi di integrazione e di europeizzazione attuati dai diversi regimi di welfare europei, che hanno avuto il loro motore nelle istanze politiche ed economiche, ma che nel loro impatto hanno segnato profondamente il tessuto sociale. Per analizzare la doppia spinta
tra europeizzazione e decentramento della politica sociale e comprendere a
quale livello di governance siano imputabili le decisioni che strutturano la costituzione di specifici welfare regimes, l’autrice compie un’analisi comparata
geografica e di policy basata su un approccio mixed methods sviluppato sia in
prospettiva macro sia in prospettiva micro (con analisi di progetti realizzati nei
differenti contesti locali applicando analisi di impatto, implementazione e
comparative network analysis). In tal modo, l’autrice mira a mettere in luce i
meccanismi attraverso cui vengono prese le decisioni sul sociale.
Il lavoro di Federico Soffritti propone un’analisi delle conseguenze delle
riforme del sistema sanitario italiano sulla professione medica a livello di strutture territoriali. La ricerca, condotta tra i medici specialisti di due aziende sanitarie toscane, si concentra sugli effetti del processo di aziendalizzazione in termini di identità professionale. L’autore legge il mutamento attraverso
l’individuazione di tre idealtipi di medico, corrispondenti a tre forme di ricezione delle istanze aziendalistiche.
Diego Vezzuto affronta i mutamenti contemporanei nella maggior parte
dei paesi “avanzati” che stanno mettendo in discussione sia la figura
dell’anziano sia l’intero fenomeno dell’ageing. Analogamente al processo di
transizione all’età adulta, anche per il processo di invecchiamento è possibile
intravedere alcune tappe fondamentali: l’uscita dell’ultimo figlio dalla casa
d’origine, la nascita del primo nipote, l’uscito dal mercato del lavoro, il peggioramento delle condizioni di salute e la perdita del coniuge. Attraverso una
analisi dei dati share (Survey of Health Ageing and Retirement in Europe)
l’autore individua cinque modelli di invecchiamento (prolungato, mediolungo, intermedio, breve e posticipato), diversificati per durata del processo,
successione delle tappe e precocità d’ingresso e/o di termine del fenomeno di
ageing.
La relazione tra il tema della temporalità nella contemporaneità, affrontato da autori come Anthony Giddens e Manuel Castells e i social media, in
particolare blog e Facebook è l’argomento affrontato dal saggio di Elisabetta
Locatelli. Dopo aver delineato lo scenario teorico di riferimento, l’autrice
esplora il tessuto di pratiche attuate nei social media con una particolare attenzione alla dimensione microsociale e l’ausilio di risultati di ricerca personali
e tratti dalla letteratura. Il risultato a cui giunge il lavoro è una triplice articolazione della temporalità.
12
INTRODUZIONE
Bibliografia
Blumer H. (1969), Symbolic Interactionism. Perspective and Method, Englewood Cliffs,
New Jersey, Prentice Hall, Inc. (trad. it. Interazionismo simbolico, Bologna, Il
Mulino, 2008).
Dutton W. H., Jeffreys P., Goldin I. (eds.) (2010), World Wide Research: Reshaping
the Sciences and Humanities, Cambridge, MA, The MIT Press.
Ferrarotti F. (2014), Scienza e coscienza. Verità personali e pratiche pubbliche, Bologna, Edizioni Dehoniane.
Hendle J., Shadbolt N., Hall W., Lee T. B., Weitzner D. (2008), «Web science: an interdisciplinary approach to understanding the web», Communications of the
ACM, Vol. 51 No. 7, pp.60-69.
Lazer D, Pentland A, Adamic L, Aral S, Barabasi AL, Brewer D, Christakis N Lazer
D, Pentland A, Adamic L, Aral S, Barabasi AL, Brewer D, Christakis N,
Contractor N, Fowler J, Gutmann M, Jebara T, King G, Macy M, Roy D,
Van Alstyne M., Contractor N, Fowler J, Gutmann M, Jebara T, King G,
Macy M, Roy D, Van Alstyne M. (2009), «Social science. Computational social science», Science (New York, N.Y.), 323(5915), 721-3.
doi:10.1126/science.1167742.
Lovink G. (2012), Networks Without a Cause. A Critique of Social Media, London,
Polity Press (trad. it. Ossessioni Collettive. Critica dei social media, Milano,
Egea 2012)
Manovich L. (2011), Trending: The Promises and the Challenges of Big Social Data,
disponibile in http://www.manovich.net/DOCS/Manovich_trending_paper.pdf
(11/02/2013).
Mayer-Schonberger V., Cukier K. (2013), Big Data: A Revolution That Will Transform
How We Live, Work, and Think, New York, Houghton Mifflin Harcourt
(trad. it. Big Data. Una rivoluzione che trasformerà il nostro modo di vivere e
già minaccia la nostra libertà, Milano, Garzanti 2014)
Nussbaum M.C. (2010), Not for Profit. Why Democracy Needs the Humanities, Princeton, Princeton University Press (trad. it. Non per profitto. Perché le democrazie
hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino 2011).
13