l`Impromptu per arpa di Gabriel Fauré

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l`Impromptu per arpa di Gabriel Fauré
Interpretazione musicale e concezione della forma:
l’Impromptu per arpa di Gabriel Fauré
Egidio Pozzi
L’ampia e profonda influenza esercitata sugli studi musicologi dal pensiero e dagli scritti di Heinrich Schenker — per il contenuto e per il valore delle
sue osservazioni — si è estesa anche al campo dell’interpretazione musicale
fornendo all’esecutore tanto dei suggerimenti essenziali quanto un fondamento
razionale alle proprie intuizioni. Negli ultimi decenni tale influenza, attestata
peraltro da testimonianze di valenti e affermati musicisti,1 ha prodotto un esteso
corpus di studi musicologici, nel quale i primi suggerimenti di Schenker sono
stati attentamente vagliati, approfonditi e sviluppati. Tale produzione, troppo
ampia e diversificata per essere riassunta in poche righe,2 ha inoltre posto in
essere una sorta di resistenza nei confronti di quella tendenza alla divaricazione tra teoria e pratica che — fondamentalmente estranea a musicisti pratico/
teorici come Schenker, Riemann o Schönberg — ha costituito uno dei problemi
più gravi e preoccupanti sorti con l’affermazione della specializzazione in ogni
settore della ricerca e dell’arte.
L’importanza dell’analisi nell’esecuzione è ormai un concetto condiviso
dalla maggior parte degli interpreti e degli studiosi. Mettere in evidenza rapporti
gerarchici, strutture profonde, aspetti motivico-tematici e quant’altro serve per
una migliore comprensione della “logica musicale” del pezzo è una prassi sostenuta da teorici e analisti non solo di scuola schenkeriana. Edwin Stein [1962,
20], prima allievo poi collaboratore di Schönberg, nel 1962 affermava:
è la struttura della musica, risultante dalle sue componenti melodiche,
armoniche, ritmiche e dinamiche, che determina allo stesso tempo forme
e carattere. Il carattere è dato dalla struttura. Nella comprensione e realizzazione completa della struttura egli [l’esecutore] arriverà a comunicare
il carattere della musica, mentre bistrattando la musica egli distorcerà
entrambe. Egli deve tener conto delle caratteristiche della struttura e,
combinandole insieme, deve decidere la loro priorità secondo il suo senso
della proporzione e il suo giudizio dell’equilibrio. 1
Si veda ad esempio [Furtwängler 1977, 187-193].
Per un’introduzione ai concetti teorici sviluppati da Schenker si veda [Drabkin-Pasticci-Pozzi
1995]. Sui collegamenti tra analisi ed esecuzione musicale, sempre in italiano, si veda Analisi ed
esecuzione [Troncon cur. 1999].
2
6
Egidio Pozzi
Lo scopo di questo lavoro è indagare le relazioni esistenti tra esecuzione
musicale e immagine formale che tale esecuzione proietta, proponendo delle
osservazioni analitiche volte a comprendere non solo le soluzioni che sono
state messe in atto dall’interprete, ma anche che tipo di problemi tali soluzioni
evidenziano. Il complesso — e virtualmente infinito — circolo ermeneutico
che ne può derivare (da un’esecuzione si ricava una certa concezione formale,
la quale suggerisce un’analisi che a sua volta determina una nuova esecuzione
e così via), al di là di ovvie considerazioni sulla pluralità della dimensione interpretativa della musica, consente di precisare quali sono i punti nodali della
forma sui quali si potrebbe costruire un’esecuzione che voglia essere tanto
personale e originale quanto fedele al dettato compositivo (o almeno a quello
che sembra tale). La scelta di studiare una composizione scritta nei primissimi
anni del Novecento — in un periodo di definitiva esplosione di quei concetti di
armonia e forma ereditati dal Classicismo — consente di affrontare la questione
interpretazione/forma/analisi prescindendo, per quanto possibile, da abitudini e
prassi esecutive fortemente collegate a modelli formali e generi rigorosamente
codificati in epoca classico-romantica.
La partitura di Gabriel Fauré
L’Impromptu in Re bemolle maggiore per arpa con il quale, dopo un intervallo di più di vent’anni, Fauré riscopre l’interesse verso questo genere,3 fu
scritto nel 1904, un anno prima di essere nominato direttore del Conservatorio.4
Al compositore francese, già titolare della cattedra di composizione, fu chiesto
di preparare il pezzo per l’esame di diploma di arpa che si sarebbe tenuto nella
classe di Jean Alphonce Hasselmans, arpista e compositore d’origine belga,
nonché virtuoso di grande prestigio a giudicare dal numero e dalla qualità delle
Dei cinque Impromptus per pianoforte scritti da Fauré, i primi tre risalgono agli anni tra il 1881 e
il 1883, mentre il quarto e il quinto furono composti nel 1905 e nel 1909. Il Sixième Impromptu (op.
86 bis) non è altro che una trascrizione di quello per arpa, realizzata dal compositore nel 1913.
3
La notizia che Gabriel Fauré era stato nominato direttore del Conservatorio di Parigi suscitò
sorpresa e perplessità negli ambienti musicali parigini, nonché la protesta dei membri più conservatori. La nomina, effettuata con il Decreto Governativo del 15 giugno 1905, infrangeva una
regola non scritta per la quale il direttore veniva scelto tra quegli ex allievi del Conservatorio che si
erano distinti ottenendo il Prix de Rome. Questa era la procedura che era stata adottata per i suoi
predecessori: Auber, Thomas e Dubois. Le ragioni dell’opposizione a Fauré furono presto evidenti:
impose fin da subito riforme che, proponendosi uno svecchiamento dell’istituzione scolastica
francese, riguardavano non solo procedure amministrative ma anche obiettivi e programmi di
studio. La nomina di Fauré e le riforme che egli promosse — da ricordare, tra queste, l’obbligo a
seguire il corso di Storia della musica per gli studenti di composizione — furono determinanti
per lo sviluppo della musica francese. Anche se non appartenne mai a gruppi d’avanguardia, la
sua attività didattica, l’interesse verso la dimensione cameristica e lo stile di sapore modernista
ebbero un riflesso immediato sulla vita musicale parigina, preparando il campo alle innovazioni
ben più radicali di Debussy e Ravel [Hilson Woldu 1984, 199-228].
4
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
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composizioni a lui dedicate o ispirate dalle sue interpretazioni. La pagina che
Fauré preparò e che dedicò cortesemente al collega è rimasta nel repertorio
solistico dell’arpa moderna ed è diventata una delle composizioni più eseguite
e apprezzate dagli interpreti. Utilizzando il titolo del pezzo come suggerimento
interpretativo, alcuni solisti di fama internazionale hanno proposto delle esecuzioni caratterizzate da uno spirito altamente virtuosistico; al di là di questo
aspetto, certamente presente nel pezzo del compositore francese, il confronto
tra alcune di queste interpretazioni individua una pluralità di concezioni del
pezzo stesso che non può non suggerire un approfondimento analitico. Le
interpretazioni prese in considerazione sono quelle di Susann McDonald (Harp
Spectacular, Klavier Records, 1987; CD KCD-11004), Markus Klinko (Musique
française pour harpe, EMI France, 1992; CDC 7 54467 2), Lili Laskine (The Magic
of The Harp, Erato Disques, 1963-1975; CD 4509-92131-2) e Maria Graf (Recital,
Philips Digital Classics, 1991, CD 432 103-2).
Come si può facilmente immaginare tale confronto pone una serie di
problemi metodologici. Il numero di parametri in gioco e le “immagini” che del
pezzo si possono avere sono così numerose e diversificate che sembrerebbe
arduo intraprendere un’indagine di questo tipo. Si pensi solamente alla molteplicità delle dinamiche che caratterizzano la scrittura, oppure alle infinite
variazioni agogiche presenti praticamente in ogni battuta di questo pezzo. La
notevole diversità di interpretazioni che caratterizza in generale le esecuzioni
di questo pezzo deriva non solo dal suo contenuto virtuosistico, ma anche al
fatto che l’impromptu appartiene ad un genere che ampiamente sconfina nel
dominio dell’improvvisazione [Brown 1980]. Per evitare allora di perdersi nei
meandri di soluzioni esecutive determinate da una mescolanza difficile da
analizzare (e, per certi versi, insondabile) di fattori razionali e impulsi irrazionali,
risulta indispensabile concentrarsi non tanto sui singoli, staccati, eventi musicali,
quanto cercare di allargare lo sguardo a passi di più ampia dimensione, fino a
considerare le relazioni che si instaurano tra le diverse sezioni del pezzo e le
modalità esecutive scelte da ogni interprete per metterle in evidenza.
Prima di riportare alcuni dei risultati relativi all’analisi delle quattro esecuzioni considerate, sarà opportuno descrivere brevemente il contenuto e le
principali funzioni associate alle diverse sezioni del pezzo.5 Una prima suddiviSolo negli ultimi anni il mondo musicologico sembra aver ripreso interesse verso la musica
di Fauré. La figura di questo compositore, spesso più vicina a quella di un sapiente e originale
“artigiano” che a quella di un rivoluzionario, ha probabilmente limitato e circoscritto l’interesse
degli studiosi (spesso di tendenza evoluzionista) a pochi aspetti della sua produzione. Alcuni
degli studi realizzati di recente sembrano comunque essere particolarmente interessanti ai fini
della nostra indagine. Il terzo periodo compositivo di Fauré (dal 1908 circa) è stato studiato da
Edward Phillips, relativamente alla produzione vocale. Lo studioso rileva due aspetti essenziali
della scrittura di Fauré: il primo è l’oscuramento della relazione tonica-dominante, realizzato in
particolar modo nelle cadenze conclusive; il secondo è una distorsione della voce strutturale e,
seppur in misura minore, della struttura complessiva [Phillips 1993, 3-24]. Lund Johansen indaga
5
8
Egidio Pozzi
sione formale della composizione proviene dalle indicazioni di tempo previste
da Fauré, nonché dall’osservazione delle riprese, per lo più variate, dei principali
materiali tematici del pezzo: il tema principale (bb. 1-17) e il tema “lirico”, così
definibile in virtù del profilo e del tempo di esecuzione Meno mosso (bb. 38-49,
cfr. Es. 1 a pp. 24-25).
Nella Tab. 1 è rappresentato il risultato di questa suddivisione formale,
unitamente all’individuazione delle funzioni che le diverse sezioni svolgono
nel piano formale complessivo dell’opera. Nell’ultima riga di questa Tabella è
proposta una seconda segmentazione formale (“divisione in macrosezioni”)
basata sulla riunificazione di sezioni che presentano un percorso tonale unitario
e che, di conseguenza, sembrano avere una precisa funzione complessiva. Un
esempio di tali funzioni si ha già nella prima parte del pezzo, nella quale dopo
la presentazione del tema principale e dei suoi prolungamenti (bb. 1-33, Esposizione) seguono tre coppie di sezioni ognuna delle quali mostra il binomio
“contrastante” costituito dalla variazione del tema principale insieme alla ripresa
del tema lirico.6 (cfr. Tab. 1 alla pagina successiva)
invece quattro aspetti essenziali della scrittura pianistica di Fauré, ovvero la condotta armonica,
il contrappunto, la melodia e il ritmo. Rispetto alla condotta armonica vengono sottolineate le
varie e molteplici ambiguità, anche per le frequenti confluenze modali; per l’aspetto contrappuntistico si rileva il carattere melodico del basso e la fluidità della scrittura a quattro parti. Lo stile
melodico, invece, si caratterizza per la chiarezza della struttura fraseologica — la quale fornisce
una impalcatura entro la quale le successioni armoniche diventano intelligibili — e per l’uso di
brevi motivi nella costruzione di ampie linee melodiche. Infine il contributo degli aspetti ritmici
allo stile complessivo di Fauré viene individuato in relazione alla continuità e alla direzionalità del
discorso musicale, attivando soprattutto un opportuno dosaggio dei pesi ritmici all’interno della
battuta [Johansen 1995]. Anche Richard Crouch [1980] studia il repertorio pianistico e, focalizzando
la propria attenzione su Notturni e Barcarole, rileva alcuni aspetti stilistici di sapore modernista.
In questi pezzi si possono scoprire molti tratti armonicamente progressisti quali, ad esempio, le
successioni di accordi di nona, le scale a toni interi e l’uso di accordi paralleli (le successioni che
si instaurano tra accordi appartenenti a gradi congiunti, tipo I-II grado); tutti aspetti, in definitiva,
che contribuiscono ad un generale allentamento delle funzioni tonali principali. L’interesse di
Andrea Sokol-Albert [1995] è, infine, nell’indagare l’evoluzione dello stile del compositore francese
all’interno del genere dell’impromptu.
La segmentazione del pezzo in macrosezioni — condotta sulla base del contenuto tematico
di ogni sezione — trova conferma nella collocazione delle pause, delle corone e delle doppie
stanghette. In particolare si noterà che la divisione della prima parte in quattro macrosezioni è
sottolineata da tre pause coronate e dalla corona conclusiva sulla dominante della relativa minore (indicate nella Tab. 1 con “pausa cor” e con “corona V”), mentre la divisione ancora in quattro
macrosezioni della seconda parte viene evidenziata da due pause generali e dalle due doppie
stanghette conclusive (indicate con ||). Significativamente l’ultima sezione (E, quella che, come
vedremo più avanti, contribuisce alla cadenza conclusiva del pezzo) è l’unica che, pur appartenendo nettamente alla macrosezione finale, viene introdotta da una pausa.
6
1
119-125
(pausa)
33-37
4
a tempo
125-133
Mib min
- Sib min
49-53
2
A
motivo
a
a tempo
1
D
ripet in
progress
tema lirico
54-63
(pausa cor)
63-71
3
A
motivo
a
a tempo
2
A C (Sib min)
(IV coppia contr)
4
A 2D 1 (Fa e Sib min)
(II coppia contr)
Sib min
I-IV-V
2
D
ripet tema
lirico come
motivo
nascosto
sezione
contrastante
71-94
(corona V)
espressivo
A 3D 2 (Sib min)
(III coppia contr)
sezione
II variaz.
sezione
III variaz.
tema
tema
contrastante
contrastante
princ
princ
Sib min Fa
Fa - Sib
Sib min
Fa
I-V
min
V-I
38-49
(pausa cor)
Meno
mosso
D
tema
"lirico"
A 1D (Sib min e Fa)
(I coppia contr)
I variaz.
tema
princ
Sib min
V-I
A
motivo
a
1
a tempo
B'
C
A
motivi b e a
motivo
a
in c/p e
diminuzione
elaborazione coda della IV variaz
tema
motivi in c/p esposizione
princ
a tempo
111-119
I 6/4 - 5
Reb-LabMib min
Mib min
I 5-6/3-6/4
IV-V-I
1
A'B'C (Reb, Lab e Mib min)
(Ripresa dell'Esposizione "diminuita")
Reb
I-V-I
V-I
ABC (Reb)
(Esposizione)
Allegro con
moto
A'
tema principale
diminuito
apertura
II parte
C
B
motivi
b e a in c/p
elaborazione coda della
motivi in c/p esposizione
25-33
(pausa cor)
a tempo
17-25
uso della
coda
come sez
contr
Sib min
I6
2
C
133-137
(pausa)
bIII 6/4
173-185
||
bIII-VI-V6/4
A''
fram tema
principale
diminuito
prolung
della
Dominante
principale
A A A'' (V di Reb)
("Stretto")
6
VI variaz
tema princ
e prolung
del bIII
V variaz
tema princ
espansione
Dom princ
Reb
V 7/4
5
A
motivo
a
6
a tempo
156-173
A
motivo
a
5
137-155
186-192
193-201
202-207
4/4
(pausa)
||
Molto
slargando
3
3
D
C
E
ripresa
del tema
lirico
inizio
uso coda
della parte dell'espos
conclusiva
prolung
del pezzo Dom princ
Solb
Reb
V 7/4
V 4/2-VII
-V 7
3 3
D C E (Reb: IV-V-I)
(Cadenza finale)
Abbreviazioni: contr = contrastante; cor = coronata
; c/p = contrappunto; Dom = Dominante; espos = esposizione; fram = frammenti; macrosez. =
macrosezioni; min = minore; princ = principale; progress = progressione; prolung = prolungamento; ripet = ripetizione; sez = sezione; variaz =
variazione.
tonalità e
percorsi
armonici
divisione in
macrosez
indicazioni
di tempo
sezioni
materiali
motivicotematici
funzione
formale
95-111
Reb
I-V / I-V-I
tonalità e
percorsi
armonici
divisione in
macrosez
battute
esposizione
1-17
3/4
Allegro molto
moderato(76)
A
tema principale
motivi a e b
funzione
formale
indicazioni
di tempo
sezioni
materiali
motivicotematici
battute
Tab. 1 (analisi della forma e dei materiali tematici)
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
9
10
Egidio Pozzi
Dalla Tab. 1 si evince chiaramente la bipartizione del pezzo, con le prime
quattro sezioni della prima parte riprese all’inizio della seconda.7 Nella prima
parte sono esposti il tema principale (la sezione A) e il tema lirico (la sezione D),
rispettivamente nella tonalità d’impianto (Re bemolle maggiore) e nella relativa
minore (Si bemolle minore). Le prime tre sezioni del pezzo, per il loro contenuto
tematico e per il percorso armonico, individuano una sorta di Esposizione cui
segue la presentazione di un “quasi secondo tema” (il tema lirico) introdotto non
da una generica sezione modulante, ma dalla prima variazione del tema principale (A1). Le due sezioni così collegate definiscono quel modello che abbiamo
definito in precedenza come “contrastante”, perché composto da variazioni dei
due diversi materiali tematici. Il modello viene successivamente ripreso per
altre due volte nella prima parte del pezzo: mentre la prima volta (A2-D1, bb.
49-63) Fauré introduce la tonalità della dominante della relativa minore (cioè Fa
maggiore), nella seconda ripetizione del modello (A3-D2, bb. 63-94) si ritorna al
Si bemolle minore in modo da concludere la prima parte su questa tonalità con
velocissimi arpeggi a note ribattute sul IV e V grado.8 (Vedi Es. 4 a p. 30).
La ripresa del tema principale a b. 95 (si veda l’Es. 2), dopo la lunga fase
cadenzale conclusasi sulla dominante del minore, costituisce una sorpresa.
Non solo perché si ritorna alla tonalità d’impianto, ma anche perché il tema
principale viene variato proponendone una vera e propria “diminuzione”:9 diversamente da come esso era stato presentato e variato nella prima parte
del pezzo, dalle note che costituiscono il tema, nascono ora degli arpeggi che
rendono la superficie musicale estremamente cangiante. Un analogo processo
di diminuzione è riservato alla seconda parte del tema principale (quella che
inizia a b. 103) e alla sezione B’ (bb. 111-119). Il fatto che ci si trovi di fronte non
alla Ripresa di una forma sonata (la cui funzione sarebbe di risolvere le tensioni
tonali precedentemente esposte e sviluppate), ma alla seconda parte di una
forma binaria, densa di passaggi virtuosistici, è esplicitamente confermato da
due aspetti concomitanti. Il primo è l’uso della diminuzione come principale
La stessa presentazione grafica della Tab. 1 suggerisce la forma binaria e la diversa funzione
a cui assolvono le sezioni utilizzando l’espediente di sovrapporre solo quelle macrosezioni che
sono considerate uguali dal punto di vista sia dei materiali costitutivi sia della loro costituzione
interna. In tal modo risulterà subito evidente che solo la prima macrosezione e parte della seconda
riprendono i materiali iniziali, mentre le due macrosezioni conclusive espongono successioni di
sezioni completamente nuove rispetto a quelle della prima parte.
7
Tali arpeggi sono a tutti gli effetti dei glissandi costituiti da note tutte ribattute, praticamente
impossibili su altri strumenti. Questi arpeggi sfruttano una caratteristica peculiare dell’arpa moderna, consistente nella possibilità di accordare, tramite l’uso dei pedali, corde vicine all’unisono.
8
Il termine “diminuzione” sta ad indicare quella particolare tecnica compositiva codificata in
numerosi trattati italiani del Cinquecento che consentiva al musicista di fiorire durante l’esecuzione la struttura di base di una composizione. A tale proposito si veda Ernest T. Ferand [1966],
Imogene Horsley [1951] e Howard Mayer Brown [1976].
9
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
11
forma di variazione, un uso che determina un aumento del movimento interno
della musica e della tensione emotiva; il secondo è un più ampio percorso tonale
che rispetto a quello della prima parte riprende dalla tonica principale e tocca
la tonalità della dominante (La bemolle) e quella del II grado (Mi bemolle).
L’idea di una vera e propria seconda parte trova poi ulteriore sostegno
nella ripresa del modello formale contrastante che avevamo visto ripetuto tre
volte alla fine della seconda parte. Tale modello — nella Tab. 1 indicato con A4
C2, bb. 125-137 — viene però in questo caso modificato e tale modifica risulta
altamente significativa. Adoperando come seconda sezione del modello una
sezione di coda, al posto del tema lirico — utilizzando cioè la sezione C2 e non
una sezione D o una sua variazione — il compositore suggerisce all’ascoltatore
che questa seconda parte non ripercorrerà la strada battuta in precedenza, ma
condurrà probabilmente verso la conclusione. Da b. 137 in poi il modello formale
contrastante viene definitivamente accantonato preferendogli in primo luogo
un’intensificazione (una specie di “stretto”) del materiale tematico principale
(la macrosezione A5 - A6 - A’’, centrata sulla dominante della tonalità d’impianto)
e successivamente un’ampia cadenza conclusiva (Es. 3, pp. 28-29) costituita
da una specie di ripresa del tema lirico (sezione D3, bb. 186-192 sul IV grado
della tonalità d’impianto) e da due sezioni che adottano il materiale della coda
dell’esposizione per prolungare rispettivamente la dominante e il I grado della
tonalità principale (si vedano nella Tab. 1 le sezioni C3 e E, rispettivamente bb.
193-201 e bb. 202-207).
Osservazioni intorno alle interpretazioni analizzate10
In una composizione ampia come quella che intendiamo studiare, la
scelta del tempo di esecuzione delle singole sezioni rappresenta un elemento
essenziale rispetto all’immagine formale che del pezzo si vuole comunicare;
di conseguenza le indicazioni sulle modalità temporali dell’esecuzione fornite
dall’Autore rivestono una straordinaria importanza.11 Nella Tab. 2 ho riportato
per ciascuna delle quattro esecuzioni esaminate i tempi metronomici approssimativamente rilevati in relazione alle principali sezioni del pezzo.12
In questa indagine all’interno del mondo virtuosistico dell’arpa solista, devo alla competenza e
alla disponibilità dell’arpista Lucia Bova l’ampliamento e il consolidamento delle mie conoscenze
degli aspetti tecnici e stilistici, nonché della prassi esecutiva di questo strumento.
10
Non va dimenticato che l’attenzione verso la dimensione temporale era per Fauré — come
d’altra parte per tutti i compositori — di estrema importanza. Nella testimonianza riportata da
Jean-Michel Nectoux [1991] sulle interpretazioni pianistiche di Fauré come accompagnatore di
cantanti, Claire Croiza descriveva il compositore come «l’incarnazione di un metronomo».
11
La rilevazione del tempo è stata condotta manualmente con un metronomo elettronico.
L’eventuale errore di misurazione è valutato in ± 2 battiti al secondo.
12
12
Egidio Pozzi
Tab. 2
Andamenti metronomici
I parte
II parte
battute
1 - 17 - 25
33 - 38
49 - 54
64 - 71
95 - 111 - 119
126
138 - 156 - 174
186 - 193 - 202
sezioni
A-B-C
A1 -D
A2-D 1
A3-D 2
A'-B'-C 1
A4-C 2
A5 - A 6 - A''
D 3- C 3 - E
3/4 Allegro molto
moderato - […] - a
tempo
108
a tempo Meno mosso
a tempo
- […]
[…] - a tempo
- […]
4/4 Molto slargando […] - […]
84 - 72
92 - 72
M. Klinko
88
84 - 69
76 - 72
80 - 76
96
88
L. Laskine
84
80 - 66
84 - 66
84 - 66
108
104
104 - 92 - 96
st (~ 72)
M. Graf
92
84 - 76
84 - 76
84 - 76
108
84
84 - 104 - 100
st (~ 76)
indicazioni
in partitura
S.McDonald
a tempo Allegro con
a tempo
espressivo moto - a tempo - […]
- […]
96 - 72
112
104
104 - 116 - 116
st (~ 84)
88 - 108 - 104
st (~ 80)
Le marcate differenze di interpretazione evidenziano una serie di quesiti
e problemi ai quali si cercherà di dare nel corso dell’articolo alcune possibili
risposte. I principali aspetti che si vorrà trattare sono i seguenti:
1) Scelta del tempo di esecuzione iniziale
Tutte le esecuzioni considerate disattendono la prescrizione metronomica
“semiminima a 76” inserita dal compositore accanto all’indicazione Allegro molto
moderato (vedi Es. 1). Lo scopo per cui fu scritto il pezzo — l’esame per il diploma
di arpa del Conservatorio di Parigi — suggerisce anche la probabile motivazione
per cui il compositore indicò un determinato metronomo all’inizio del pezzo:
essendo una composizione per un virtuoso (o aspirante tale) la velocità doveva
essere appropriata e non doveva scendere al di sotto di un certo valore. In tal
senso sono perfettamente comprensibili le scelte interpretative che utilizzano
tempi metronomici più veloci, anche se occorre fare delle considerazioni ulteriori
in relazione alle conseguenze che tali scelte comportano a livello complessivo.
Pur ammettendo che il nostro concetto di Allegro non sia quello di cento anni
fa (cento anni che hanno visto l’affermazione di un virtuosismo interpretativo
inteso spesso come incremento del tempo di esecuzione), siamo certi che in
un’esecuzione più veloce di quella prevista dal compositore vengano rispettati
gli aspetti motivico-tematici contenuti nella sua musica? In aggiunta, la scelta
di incrementare la velocità (in un caso fino a quasi il 50% di quella prescritta)
rischia di snaturare non solo il contenuto della sezione iniziale, ma anche la
funzione che tale sezione ha nell’insieme della composizione.13 2) Le riprese a tempo della sezione iniziale
Le riprese della sezione iniziale sono realizzate dai quattro solisti in modo
molto diverso (vedi Tab. 2). Mentre la Laskine, nella prima parte riprende praticamente il tempo iniziale per tutte le variazioni della sezione A (nonché il tempo
Non sembra casuale il fatto che il tempo più vicino a quello indicato da Fauré sia quello di Lily
Laskine, diplomata nello stesso Conservatorio parigino l’anno successivo a quello di composizione dell’Impromptu e che, per tali circostanze, forse ebbe modo di conoscere e discutere questo
pezzo con lo stesso autore.
13
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
13
della sezione D per le altre due sezioni omonime), la Graf adotta lo stesso tempo
dell’inizio non solo per le prime tre variazioni ma anche per due variazioni della
seconda parte (le sezioni A4 e A5). Diversamente gli altri interpreti modificano la
velocità esecutiva, ogni volta che una sezione si ripete; l’estrema variabilità con
la quale viene quindi intesa l’indicazione del compositore può essere ricondotta
ad una precisa concezione formale oppure risponde solamente ad esigenze di
tecnica strumentale?
3) La ripresa della sezione iniziale a b. 95
Anche in questo caso siamo in presenza di una certa variabilità di concezione. Dando momentaneamente per scontata che l’indicazione prevista dal
compositore (Allegro con moto) vada intesa esclusivamente come un incremento metronomico, la realizzazione che ne viene data dai quattro esecutori evidenzia almeno due concezioni diverse. Mentre McDonald, avendo già proposto
un tempo molto veloce all’inizio, può incrementare solo moderatamente il suo
metronomo, Laskine e Graf, partendo da un tempo più contenuto, possono
maggiormente incrementare il tempo d’esecuzione. Tali incrementi, dovendo
mantenersi anche nella sezione B’, determinano una certa difficoltà nel far
percepire non solo gli accenti sulle doppie ottave che caratterizza il motivo di
questa sezione (B’, bb. 111-119, vedi Esempio n. 2), ma anche alcuni importanti
aspetti contrappuntistici.
4) Funzione del tema lirico e rapporto con il tema iniziale
Le scelte metronomiche operate dagli interpreti in relazione al tema
principale e al tema lirico, individuano concezioni formali diverse. Un’esecuzione
molto veloce della sezione iniziale — rispetto a quella del dettato compositivo — unitamente allo svolgimento più lento del tema lirico, inevitabilmente
tende a spostare il baricentro del pezzo su quest’ultimo determinando, in
tal modo, uno scollamento tra la concezione formale voluta dal compositore
(basata sulla reiterazione del tema iniziale) e la forma effettivamente risonante
nell’esecuzione.
5) Articolazione interna del tema principale ed interpretazione
La comprensione di come sia realmente costituita la sezione iniziale può
essere di estrema importanza per le domande cui l’interprete deve dar risposta.
In tal senso occorrerà chiarire: a) in che modo si articola il materiale tematico,
almeno fino alla prima affermazione compiuta della cadenza nella tonalità principale (b. 17); b) se esistono e in che modo “funzionano” i motivi che costituiscono
l’ossatura di questo tematismo; c) in che modo interpretare la differenza nella
texture della prima frase (bb. 1-9, costituita da accordi), da quella della seconda
frase (bb. 9-17, costituita dall’alternanza tra passi contrappuntistici e ripetizione
variata degli accordi iniziali);14 d) in che senso si può parlare di variazioni del
Sebbene il compositore non indichi espressamente l’esecuzione in arpeggio degli accordi iniziali,
una consolidata prassi esecutiva — forse anche in risposta alle difficoltà di una loro esecuzione
14
14
Egidio Pozzi
tema principale per le successive sezioni A, determinando il contenuto tematicomotivico che viene utilizzato e variato.
6) Presenza di eventuali motivi nascosti
L’individuazione della tecnica di variazione per diminuzione usata nella
seconda parte del pezzo, suggerisce che ci potrebbero essere dei passaggi o delle
sezioni costruite trasformando un motivo di superficie in un motivo “nascosto”,
cioè un motivo che funziona come una vera e propria “subtematica”.15 Un caso
di questo tipo, del quale si darà una trattazione più ampia successivamente, è
quello della sezione D2, l’ultima sezione della prima parte (bb. 71-94, Es. 4, p. 30),
dove viene utilizzato il tema lirico sia come spunto tematico atto a costituire un
motivo per una progressione, sia come motivo “nascosto”.
Diversità di concezione formale: il percorso interpretativo e quello analitico
Dal punto di vista formale le prime tre riprese della sezione A (cioè le
sezioni A1, A2 e A3 alternate alla sezione D) vengono collegate dal compositore
definendone una precisa connotazione esecutiva: l’uso dello stesso tempo metronomico. Questo fatto, particolarmente evidente da un punto di vista analitico,
può essere rilevato solo nelle interpretazioni della Graf e della Laskine.16 Per
quanto riguarda le altre due esecuzioni si notano atteggiamenti diversi: mentre
Klinko ha un approccio più rapsodico,17 la McDonald, imponendo un graduale
“uniti” — ne suggerisce un’esecuzione in forma più o meno arpeggiata. Tale possibilità, comunque, andrebbe vagliata (e forse scartata) alla luce di una osservazione più attenta della superficie
musicale. Se Fauré ha riservato alla seconda parte del pezzo la trasformazione degli accordi del
tema principale in arpeggi scritti, sembra plausibile cercare di mantenere l’esecuzione della sezione A il più possibile con accordi uniti, proprio per enfatizzare la “sorpresa” della diminuzione a
ciò che verrà dopo. Anche in questo caso il rispetto delle indicazioni di Fauré può assicurare alla
composizione una maggiore e più coerente varietà.
Sul concetto di “subtematica” in relazione al tardo stile beethoveniano si vedano, ad esempio,
due testi di Carl Dahlhaus: [1987, 205-219] e [1990].
15
Di particolare interesse l’interpretazione della Laskine, che sembra attenersi molto rigorosamente alle disposizioni del compositore non solo per la scelta di un tempo iniziale non eccessivamente
veloce, ma anche per quanto riguarda il tempo usato nelle riprese delle sezioni A e D. Di questa
interpretazione vanno sottolineati altri due aspetti. Il primo riguarda l’estrema diversificazione
dei tempi relativi ai due materiali tematici principali, soprattutto nelle macrosezioni che li vedono
accoppiati. Il secondo riguarda il diverso atteggiamento seguito, sempre dal punto di vista temporale, nella prima e nella seconda parte: mentre nella prima parte il tempo rimane contenuto,
nella seconda abbiamo, almeno fino alla sezione A6, un incremento notevole.
16
Klinko diminuisce in modo progressivo la velocità nelle sezioni A1 e A2, ma tale processo non
viene mantenuto nell’esecuzione della A3. Inoltre una stretta vicinanza tra i tempi esecutivi delle
sezioni A e D nella terza e nella quarta macrosezione (bb. 49-63, sezione A2 D1 e bb. 64-94, sezione A3 D2) crea una sorta di “ambiguità formale”. (Un tentativo, forse, di rispettare alla lettera le
indicazioni della partitura nella quale non sono previste esplicitamente variazioni di andamento
temporale all’inizio delle sezioni D1 e D2).
17
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
15
incremento del tempo nelle sezioni A1, A2 e A3, individua come punto d’arrivo di
tale progressione la ripresa del tema iniziale nell’ Allegro con moto di b. 95.18
Le soluzioni proposte dalla McDonald e dalla Graf sono molto diverse.
Mentre l’inizio molto veloce della McDonald sembra una sorta di introduzione
al tema lirico di b. 40 (sezione D), l’esecuzione più controllata della Graf pone, da
un punto di vista formale, la parte iniziale e il tema lirico su due piani abbastanza
vicini. Una tale vicinanza potrebbe indurci a voler rinvenire nel pezzo una sorta
di forma sonata, ma un’approfondita indagine armonica ci permette però di
escludere questa ipotesi per almeno tre motivi. Innanzitutto la tonalità del tema
lirico non è quella della dominante La bemolle, ma oscilla tra la relativa minore
(Si bemolle minore) e la tonalità della dominante del minore (Fa). In secondo
luogo non esiste una vera e propria sezione di sviluppo; infatti le sezioni B, le
sole che potrebbero costituire degli sviluppi essendo basate sulla sovrapposizione dei motivi di base, di fatto accompagnano le due sezioni A di b. 1 e di b.
95, costituendone una sorta di prolungamento. Infine la ripresa del tema lirico,
due volte tra b. 186 e b. 192 non è nella tonalità principale, ma sulla dominante
di Sol bemolle, il IV grado della tonalità principale Re bemolle. In altre parole
la ripresa di questo tema costituisce una sezione che non assolve alla funzione
di risolvere una dissonanza strutturale ma a quella di introdurre la penultima
sezione (C3, bb. 193-201), la sezione che, partendo da una dominante in terzo
rivolto e arrivando alla dominante principale del pezzo (b. 201), costituisce la
prima parte della grande cadenza composta finale IV-V-I.19 Per chiarire ulteriormente questa affermazione, l’Es. 5 riporta l’analisi
dell’intero passaggio, da b. 186 alla fine del pezzo. Risulta chiaramente la funzione dominantica delle bb. 186-192, nelle quali è proprio la riproposizione
del tema lirico (con la presenza del Do bemolle) che trasforma l’accordo di Re
bemolle maggiore in una settima di dominante; in tal modo il Sol bemolle al
basso di b. 193, prima di essere trasformato in un accordo di settima in terzo
rivolto, viene introdotto come se fosse una tonica. Gli arpeggi che si sviluppano
da questa battuta (controllati da una successione lineare ascendente di terza
L’interpretazione della McDonald sembra essere opposta a quella della Graf. Mentre la Graf
riprende continuamente il tempo della sezione iniziale e di quella contenente il tema lirico, la
McDonald cerca forse di costruire un processo razionale che conduca alla seconda parte del pezzo.
Anche se la netta differenza tra il tempo iniziale (108) e quello adottato nella prima variazione
(84) sembra separare concettualmente le due sezioni, il graduale e progressivo incremento della
velocità nelle due sezioni A2 e A3 (rispettivamente portate a 92 e 96 di metronomo) — unitamente
alla costante ripresa del 72 per le sezioni D — suggerisce una spinta propulsiva in avanti, idealmente protesa verso la riproposizione della sezione A nella b. 95, indicata dal compositore con
un tempo più rapido (Allegro con moto).
18
«La definizione “dominante principale” è legata al problema della diversa importanza strutturale
delle varie cadenze che compaiono nel pezzo. Il primo posto della gerarchia è occupato dalla
cadenza perfetta finale, la cui dominante viene pertanto denominata “dominante principale”»
[Drabkin-Pasticci-Pozzi 1995, 51).
19
16
Egidio Pozzi
al basso: Solb-Lab-Sib) riconducono ad una dominante in secondo rivolto (sul
battere della b. 196) da cui nascono due successioni lineari discendenti di terza.
La prima (Lab-Solb-Fa) si conclude su una tonica in primo rivolto; la seconda
(Fa-Mib-Re) porta ad un VI5/6 grado in maggiore (una settima di dominante in
primo rivolto) che introduce l’ultima “digressione” prima dell’arrivo della dominante principale.
In questa digressione si tonicizza il secondo grado della tonalità d’impianto (Mib), reiterandone per ben tre volte la successione armonica II-V5/6, prima di
inserire i due accordi cadenzali. Il primo di questi accordi a b. 200 — un IV grado
nella “tonica” Mib, particolarmente significativo perché ripresenta il Dob del tema
lirico nella voce superiore — ha una funzione predominantica perché, di fatto,
preannuncia la dominante principale di b. 201. Tale funzione predominantica
è raggiunta attraverso una doppia strategia: 1) con un Mib al basso, che pur
rappresentando la conclusione delle precedenti successioni armoniche II-V5/6
vale quasi come un II grado della tonalità principale; 2) con un’armonizzazione
consistente in una settima di seconda specie la quale, per il suo contenuto (LabDob-Mib-Solb), si avvicina molto alla sonorità della dominante della tonalità
d’impianto. La dominante principale di b. 201, con il Mib nella voce superiore
scaturito naturalmente dal Do bequadro,20 non rappresenta allora un evento
sorprendente perché è la conclusione di un percorso cadenzale iniziato molto
prima, fin dalla b. 186 con la finta “ripresa” del tema lirico.
Es. 5
Le interpretazioni della McDonald e della Graf evidenziano quindi due
concezioni formali diverse. In quella della McDonald la scelta di un tempo ini-
Questo Do bequadro trasforma la dominante minore della b. 200 in una vera e propria dominante e rappresenta il completamento di un percorso ascendente che era iniziato a b. 196 (si
veda la successione lineare Lab-Sib-Do indicata nell’Es. 5).
20
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
17
ziale veloce rispetto a quello indicato dal compositore trasforma la sezione A
in una sorta di introduzione per cui il tema lirico diventa il vero e proprio tema
principale del pezzo. Tale concezione — coerentemente affermata da questa
interprete nella prima parte del pezzo — non trova conforto nell’analisi che ha
condotto alla Tab. 1, nella quale viene continuamente sottolineata l’importanza
del tema iniziale rispetto al tema lirico non solo su basi quantitative, ma qualitative. Rilevandone, cioè, la presenza in almeno due punti cruciali per la forma
del pezzo: l’apertura della seconda parte nella tonalità principale e la sua triplice
reiterazione variata prima della macrosezione conclusiva D3 C3 E. Il maggior
equilibrio formale realizzato nelle interpretazioni della Laskine e della Graf — in
virtù di una più attenta considerazione del dettato compositivo — rischia d’altro
canto di dare troppa enfasi al tema lirico che potrebbe acquistare, in tal modo,
l’importanza di un secondo tema di una forma sonata. A giudicare dall’analisi
fin qui condotta non c’è una polarizzazione dei due temi, ma semplicemente
un tema principale e delle sezioni — una delle quali particolarmente espressiva — le quali svolgono il ruolo di contrasto nel dispiegamento di un processo
formale basato essenzialmente su due espedienti compositivi: la variazione (per
la precisione due tipi di variazione, quella motivica e quella per diminuzione) e
il virtuosismo, che si estrinseca al suo massimo livello nelle prime sette sezioni
della seconda parte, quelle dove entra in gioco la variazione per diminuzione,
prima della discesa verso la dominante in secondo rivolto, enfaticamente evidenziata dall’isolata terza discendente Dob-Sib-Lab di b. 173:
Es. 6
Il tema principale
Dopo aver analizzato le conseguenze formali derivabili dalle diverse modalità temporali dell’esecuzione adottate dai quattro interpreti, sarà necessario
fare delle considerazioni anche sulla parte iniziale del pezzo, la sezione A, quella
che nell’interpretazione della McDonald sembra essere una sorta di introduzione
al tema lirico. Anche ad un’osservazione superficiale si possono notare due aspetti essenziali. In primo luogo questa sezione ha una funzione formale ben precisa
in quanto, come accennato in precedenza, viene continuamente riproposta,
seppur in forma variata, per tutto l’arco della composizione. In secondo luogo,
concentrando l’attenzione sul contenuto della sezione, si noterà che in essa il
tema principale — costruito sulla tonica d’impianto e basato sulla tradizionale
18
Egidio Pozzi
struttura antecedente-conseguente (tonica-dominante e dominante-tonica)
— è costituito da due brevissimi motivi, riportati nell’Es. 7. Nel primo motivo
(indicato con a) il grado congiunto ascendente Reb-Mib e l’armonia parallela
(I-II) creano un primo momento tensivo trasformando il Reb del basso da tonica
a settima, una settima la cui risoluzione viene posposta fino alla b. 4 dove inizia
nella voce superiore il movimento ascendente che porterà alla cadenza sospesa
di bb. 8-9 (si veda l’Es. 1). Il secondo motivo (b) — basato anch’esso su un grado
congiunto ascendente — ha invece un carattere più stabile, sia per la sua disposizione metrica (levare-battere) sia per la sua armonizzazione (II-V-I).
Es. 7
Il piano tonale di questo tema — descritto nell’Es. 8 — è chiaramente in
forma bipartita. Nella prima parte (bb. 1-9)21 vengono presentati i due motivi di
base, a e b, indicati nell’Es. 8 rispettivamente con una graffa orizzontale e con
crome collegate con una stanghetta. Nella seconda parte, bb. 9-17, gli stessi
motivi presentati in precedenza, consentono di ricondurre il discorso musicale
alla tonica d’impianto. Se nella prima parte l’ambito tonale è limitato alle due
tonalità principali (quelle della tonica e della dominante, con una brevissima
incursione nella tonalità del VI grado), nella seconda parte l’ambito si amplia,
toccando anche le tonalità costruite sul IV e sul II. La nuova disposizione dei
due motivi di base (di cui il primo opportunamente variato) crea nelle prime
battute di questa seconda parte quasi un equilibrio tra la forza centrifuga della
dominante (rappresentata dal bVI che sostiene i motivi a) e quella centripeta
della tonica (le cadenze V-I con le quali vengono armonizzati i due motivi b).
Questo equilibrio viene definitivamente rotto dalla tonicizzazione del IV (Solb)
e del II grado (Mib) che permettono di arrivare alla cadenza finale di bb. 16-17
con un chiaro e definitivo II - IV7 - V - I.22 Si noti in questa prima parte il percorso armonico abbastanza tradizionale in quanto la modulazione nella tonalità della dominante utilizza come accordo comune alle tonalità di partenza e
di arrivo il Si bemolle minore, rispettivamente VI grado della tonalità principale e II grado della
tonalità della dominante.
21
Si noterà altresì il diverso contributo che viene dato dai due motivi a e b al percorso ascendente
della voce superiore. Una diversità che non dipende dalla loro disposizione (sia nella prima che
nella seconda parte troviamo sempre la stessa successione: ababbb), ma nell’uso della trasposizione alla terza minore, nel modo con cui essi sono collegati e nella loro armonizzazione. Per
una indagine intorno al rapporto tra motivi di superficie e funzione formante delle successioni
lineari si veda Egidio Pozzi [2000].
22
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
19
Es. 8
L’analisi presentata nell’Es. 8 — con la lunga Anstieg 23 (Reb-Mib-Fa-SolbLab) che comprende le note del motivo a e il suono di arrivo, il 5^ strutturale
della voce superiore — ha due presupposti. Il primo presupposto è di carattere
generale e si basa sulla constatazione che poiché in tutto il pezzo si ritrovano
figurazioni ritmiche caratterizzate dal levare-battere (del tipo di quello del RebMib del motivo a e del V-I del motivo b) sembra naturale assegnare a questo
modello ritmico una certa importanza strutturale. Il secondo presupposto riguarda il tempo di esecuzione che si immagina associato al passaggio. In altre
parole tenendo conto dell’indicazione del compositore si permette la percezione
dei due intervalli congiunti ascendenti, cioè degli intervalli che costituiscono
la sostanza dell’Anstieg; in tal modo, infatti, si potrà percepire chiaramente il
movimento parallelo degli accordi di I e II grado e ciò consentirà di “seguire”
l’ascesa della voce superiore verso il Lab acuto.24 L’Anstieg [ascesa iniziale] è una successione lineare ascendente che ha «una funzione prettamente introduttiva e prepara, precedendola, la discesa della linea fondamentale» [DrabkinPasticci-Pozzi 1995, 77].
23
Questo secondo presupposto mi è stato fatto notare dal prof. William Drabkin, in occasione
della prima stesura del lavoro presentato al VI Convegno Annuale della Società Italiana di Musicologia, tenuto a Catania dal 15 al 17 ottobre 1999. Nel caso di un’esecuzione più veloce si
potrebbero percepire più facilmente non tanto i gradi congiunti ascendenti quanto le note più
acute; ad esempio quelle dei motivi a unitamente al Reb acuto di b. 7 che, in tal caso, andrebbero
a costituire un arpeggio di tonica. Quindi un incremento della velocità di esecuzione, rispetto
a quello indicato dal compositore, porterebbe a percepire non una Anstieg, ma un arpeggio di
tonica (Fa-Lab-Reb); di conseguenza il grafico corrispondente potrebbe essere, limitatamente
alle prime nove battute, quello mostrato nell’Es. 8 bis alla pagina successiva.
24
20
Egidio Pozzi
L’aspetto unitario di queste prime diciassette battute, mostrato nell’analisi
fin qui condotta, non sembra essere stato considerato un aspetto essenziale
nelle quattro esecuzioni messe a confronto nella Tab. 2. Tutti gli interpreti hanno disatteso le “necessità” del tema principale, cioè il completamento del suo
percorso tonale. Non riconoscendo il motivo a nella voce superiore delle bb.
9-12 (nelle quali viene privilegiata l’esecuzione degli armonici) e intendendo la
seconda parte del tema quasi come una prima variazione, si lascia in sospeso la
risoluzione della dominante di b. 9, una risoluzione che si realizza solo con la cadenza di bb. 16-17. Questa “disattenzione” si avverte soprattutto nell’esecuzione
della McDonald, mentre il rallentando a metà della b. 9 della Graf sembra quasi
una “presa di coscienza” degli aspetti problematici che riveste l’interpretazione
di queste battute.
Le sezioni variate
L’individuazione dei due motivi a e b posti a fondamento del tema principale ci permette di riconoscere molte delle sezioni indicate con l’a tempo come
delle elaborazioni del motivo a; ciò non solo per il grado congiunto ascendente
e la configurazione metrica levare-battere, ma anche per l’armonia parallela
che caratterizza l’apertura di queste sezioni. Nell’Es. 9, che riporta l’analisi della
prima di queste sezioni (A1, bb. 33-37), si possono notare tutti questi aspetti: il
motivo di grado congiunto (Sib-Do, evidenziato con la stanghetta orizzontale,
e subito ripetuto), l’armonia parallela (Sib minore: I4/6 - II6) e la collocazione
metrica levare-battere.
Es. 8 bis
Rispetto allo scopo che ci siamo prefissi, la scelta tra i due grafici non determina comunque conseguenze molto diverse. In tutti e due i casi l’analisi chiarisce che in questa prima sezione il tema
è basato su un limitatissimo numero di motivi, ha dei caratteri tonali ben definiti ed è provvisto
di un’articolazione interna sostanzialmente tradizionale.
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
21
Es. 9
Questo tipo di variazione, usata in modi molto simili, si ritrova anche nelle
sezioni A2, A3 e A4. La sezione A5 inizia come le precedenti ma viene ampliata
utilizzando il motivo b retrogrado e inverso, talvolta insieme allo spostamento
d’ottava della nota d’arrivo (si vedano le bb. 143-144, 146-147, 149-150 e 151152). La sezione A6, diversamente, utilizza il motivo a al basso (bb. 159-160 e
161-162).
Diverso il trattamento delle sezioni D. Nella D1 viene usato tanto il frammento tematico proposto alle bb. 40-41 (il tema lirico), tanto quello di b. 42
con un prolungamento finale del La bequadro conclusivo.25 L’elaborazione del
tema lirico raggiunge il massimo di complessità nella sezione D2, l’ultima della
prima parte (bb. 71-94, Es. 4). Nell’esempio 10 vengono messe a confronto le
analisi della prima sezione D (bb. 38-44) e della sezione D2. Si osserverà che
tutta la prima parte di quest’ultima sezione, almeno fino a b. 82, è ricalcata
tanto sugli eventi fondamentali del tema lirico, cioè sulla prima terza lineare
discendente (le cui note si trovano trasposte alle bb. 72, 74 e 75), quanto sulla
battuta contenente ottavi e terzine (b. 41) — la quale viene ora utilizzata per
il prolungamento del Reb e del Dob alle bb. 72 e 74, e per le frasi di bb. 79 e
81. La successione lineare Reb-Dob-Sib (in corrispondenza delle bb. 72-75),
riprendendo la prima terza lineare del tema lirico, rappresenta quindi un caso
di trasformazione di una parte del tema lirico in un motivo profondo, utilizzato
cioè per dar forma ad un passaggio che, in tal modo, si modella su una specie di
subtematica. Nello stesso grafico dell’Es. 10 rileviamo anche il percorso tonale
che porta alla cadenza sospesa nella tonalità della relativa minore: un percorso
che inizia dal I grado (b. 82), tocca il IV7 (b. 86) e arriva al V7 di b. 92 attraverso la
nota di passaggio cromatica Fab (b. 91).
In particolare il frammento di bb. 40-41 viene proposto a b. 54 e subito ripetuto, trasposto di
un grado congiunto discendente; alle bb. 60-62 il La bequadro assume la forma di un Si doppio
bemolle.
25
22
Egidio Pozzi
Es. 10
Virtuosismo e dettato compositivo
L’incremento della velocità di esecuzione può causare dei seri problemi
in passaggi la cui la densità contrappuntistica impone un atteggiamento più
attento verso la molteplicità delle linee melodiche. Un caso del genere si trova
nella sezione B1 della seconda parte (bb. 111-118, Es. 2), corrispondente alla
sezione B della prima parte (bb. 17-25, Es. 1). I due grafici riportati nell’Es. 11
propongono un confronto tra queste due sezioni dal quale si può subito osservare che alla base di entrambe c’è una sovrapposizione dei due motivi a e b
del tema principale. Sia nella sezione B che in B1 tale sovrapposizione riguarda
di fatto una variante del motivo b nella voce superiore (per retrogradazione,
inversione e spostamento d’ottava) e una variante del motivo a nel basso (per
inversione). Ma a fronte di questa origine comune, le funzioni delle due sezioni
sono affatto diverse: mentre la prima appartiene al gruppo iniziale di sezioni
(ABC) che presentano la gran parte del materiale di base del pezzo e affermano
la tonica principale, la seconda introduce delle importanti modulazioni al II e
al V grado, realizzate con un movimento interno costituito da una successione
lineare d’ottava (nella voce superiore) e dalle due successioni di terza al basso
(Mib-Fa-Solb e Sib-Do-Reb).
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel
23
Es. 11
La percezione tanto dei motivi sovrapposti quanto dei movimenti interni
costituiti dalle successioni lineari diventa quindi essenziale per la comprensione della funzione di queste sezioni, mentre un’esecuzione troppo concitata
rischia di comprometterla, o addirittura annullarla. In tal senso l’Allegro con
moto voluto da Fauré a b. 95 potrebbe forse essere inteso non tanto come una
indicazione di incremento temporale, quanto un’indicazione di valore espressivo. Infatti se ampliamo il confronto proposto nell’Es. 11 anche alle rispettive
sezioni precedenti (cioè la sezione A di bb. 1-24 e la A’ di bb. 95-110) si noterà
che la riproposizione delle due sezioni A’ B’ presenta — rispetto alle due sezioni
iniziali A B e in ragione delle figurazioni ritmiche adottate — un incremento
della densità interna. Se allora già nella scrittura è presente quella sensazione di
movimento — di moto appunto — che costituisce in definitiva l’aspetto saliente
di queste nuove sezioni, l’incremento di velocità voluto dal compositore a b. 95
può essere ben contenuto entro limiti tecnici accettabili, garantendo altresì una
chiara esplicitazione degli aspetti lineari contenuti.
Conclusioni
Andrea Caryn Sokol-Albert nello studiare gli aspetti armonici sottesi agli
Impromptus per pianoforte di Fauré, evidenzia non tanto il desiderio di stupire il
pubblico con il virtuosismo strumentale, quanto l’interesse verso un ampliamento dell’orizzonte stilistico del proprio linguaggio musicale; un ampliamento che
si riflette in una progressiva assimilazione di influenze modali che culminarono
nell’uso di scale di toni interi nel quinto Impromptu del 1909.
24
Egidio Pozzi
Che l’aspetto virtuosistico — fortemente presente nel lavoro che abbiamo
analizzato e connaturato alla sua funzione didattica — sia ovviamente da mettere
in luce è un fatto sul quale non ci possono essere dubbi. Che tale aspetto rischi di
oscurare la sostanza musicale del pezzo, cioè i caratteri tematico-motivici, quelli
contrappuntistici e tonali, è però un pericolo di cui occorre essere coscienti.26 Un’esecuzione che privilegi solamente gli aspetti “spettacolari” e che su questa
base legga le caratteristiche del pezzo, inevitabilmente tenderà a fornire delle
immagini formali lontane da quelle suggerite dal compositore. E non va dimenticato che la vicinanza del genere dell’Impromptu alla rapsodia, alla fantasia
e all’improvvisazione non significa che esso non sia, come in questo caso, un
pezzo “scritto”, cioè un pezzo dotato di caratteristiche tematiche, armoniche e
formali definite precisamente dal compositore.
Fauré scrisse un pezzo che da una parte si avvicina ad un tema con variazioni e dall’altra ad una strana forma sonata senza sviluppo e senza ripresa
tonale; pur non presentando una forma codificata la musica mantiene una
forte coerenza interna ed esprime una forma logicamente ed esplicitamente
dispiegata nel tempo. Tale coerenza interna è anch’essa un aspetto che contribuisce ad una esecuzione virtuosistica, un’esecuzione che voglia essere non
solo brillante, sorprendente ed espressiva, ma anche fortemente comunicativa
della logica musicale sottesa al pezzo. In altre parole il virtuosismo che privilegia
il rispetto della complessità della scrittura — riuscendo a rendere percepibili
motivi, temi, relazioni contrappuntistiche e quant’altro si consideri importante
attraverso la dinamica, l’agogica e la ricerca del tocco più appropriato — deve
essere considerato non solo pari al virtuosismo più spettacolare e brillante, ma
anche indispensabile ed essenziale nell’interpretazione di pezzi come quello
qui preso in esame.
Il confronto tra le diverse interpretazioni dell’Impromptu per arpa di Fauré — al di là degli indubbi meriti virtuosistici di ciascun esecutore — evidenzia
alcuni problemi la cui risoluzione può provenire da un riscontro analitico che
metta in rilievo la logica e la coerenza delle relazioni interne al pezzo. John Rink
[1990, 324] definiva l’«intuizione informata» quella capacità dell’interprete di intuire le soluzioni esecutive più efficaci facendo riferimento non solo alla propria
sensibilità artistica e alle proprie esperienze pratiche, ma anche a conoscenze
teorico-analitiche apprese al di fuori dell’insegnamento strumentale. Anche in
questo caso un interprete sensibile e attento potrà fidarsi della sua intuizione
soprattutto se tale intuizione saprà avvalersi di un’accurata indagine analitica
del materiale usato e delle elaborazioni a cui tale materiale viene sottoposto.
In relazione alle interpretazioni delle opere pianistiche del padre, Philippe Fauré-Fremiet rileva,
per quanto riguarda il secondo Impromptu, che «una deplorevole tradizione ne ha fatto un pezzo
di bravura, un pezzo solo di bravura, una prova di velocità, un gioco di acrobazia pianistica. Tutto
ciò indica una grave mancanza di stima verso questo pezzo» [Fauré-Fremiet 1957, 150].
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