l`Impromptu per arpa di Gabriel Fauré
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l`Impromptu per arpa di Gabriel Fauré
Interpretazione musicale e concezione della forma: l’Impromptu per arpa di Gabriel Fauré Egidio Pozzi L’ampia e profonda influenza esercitata sugli studi musicologi dal pensiero e dagli scritti di Heinrich Schenker — per il contenuto e per il valore delle sue osservazioni — si è estesa anche al campo dell’interpretazione musicale fornendo all’esecutore tanto dei suggerimenti essenziali quanto un fondamento razionale alle proprie intuizioni. Negli ultimi decenni tale influenza, attestata peraltro da testimonianze di valenti e affermati musicisti,1 ha prodotto un esteso corpus di studi musicologici, nel quale i primi suggerimenti di Schenker sono stati attentamente vagliati, approfonditi e sviluppati. Tale produzione, troppo ampia e diversificata per essere riassunta in poche righe,2 ha inoltre posto in essere una sorta di resistenza nei confronti di quella tendenza alla divaricazione tra teoria e pratica che — fondamentalmente estranea a musicisti pratico/ teorici come Schenker, Riemann o Schönberg — ha costituito uno dei problemi più gravi e preoccupanti sorti con l’affermazione della specializzazione in ogni settore della ricerca e dell’arte. L’importanza dell’analisi nell’esecuzione è ormai un concetto condiviso dalla maggior parte degli interpreti e degli studiosi. Mettere in evidenza rapporti gerarchici, strutture profonde, aspetti motivico-tematici e quant’altro serve per una migliore comprensione della “logica musicale” del pezzo è una prassi sostenuta da teorici e analisti non solo di scuola schenkeriana. Edwin Stein [1962, 20], prima allievo poi collaboratore di Schönberg, nel 1962 affermava: è la struttura della musica, risultante dalle sue componenti melodiche, armoniche, ritmiche e dinamiche, che determina allo stesso tempo forme e carattere. Il carattere è dato dalla struttura. Nella comprensione e realizzazione completa della struttura egli [l’esecutore] arriverà a comunicare il carattere della musica, mentre bistrattando la musica egli distorcerà entrambe. Egli deve tener conto delle caratteristiche della struttura e, combinandole insieme, deve decidere la loro priorità secondo il suo senso della proporzione e il suo giudizio dell’equilibrio. 1 Si veda ad esempio [Furtwängler 1977, 187-193]. Per un’introduzione ai concetti teorici sviluppati da Schenker si veda [Drabkin-Pasticci-Pozzi 1995]. Sui collegamenti tra analisi ed esecuzione musicale, sempre in italiano, si veda Analisi ed esecuzione [Troncon cur. 1999]. 2 6 Egidio Pozzi Lo scopo di questo lavoro è indagare le relazioni esistenti tra esecuzione musicale e immagine formale che tale esecuzione proietta, proponendo delle osservazioni analitiche volte a comprendere non solo le soluzioni che sono state messe in atto dall’interprete, ma anche che tipo di problemi tali soluzioni evidenziano. Il complesso — e virtualmente infinito — circolo ermeneutico che ne può derivare (da un’esecuzione si ricava una certa concezione formale, la quale suggerisce un’analisi che a sua volta determina una nuova esecuzione e così via), al di là di ovvie considerazioni sulla pluralità della dimensione interpretativa della musica, consente di precisare quali sono i punti nodali della forma sui quali si potrebbe costruire un’esecuzione che voglia essere tanto personale e originale quanto fedele al dettato compositivo (o almeno a quello che sembra tale). La scelta di studiare una composizione scritta nei primissimi anni del Novecento — in un periodo di definitiva esplosione di quei concetti di armonia e forma ereditati dal Classicismo — consente di affrontare la questione interpretazione/forma/analisi prescindendo, per quanto possibile, da abitudini e prassi esecutive fortemente collegate a modelli formali e generi rigorosamente codificati in epoca classico-romantica. La partitura di Gabriel Fauré L’Impromptu in Re bemolle maggiore per arpa con il quale, dopo un intervallo di più di vent’anni, Fauré riscopre l’interesse verso questo genere,3 fu scritto nel 1904, un anno prima di essere nominato direttore del Conservatorio.4 Al compositore francese, già titolare della cattedra di composizione, fu chiesto di preparare il pezzo per l’esame di diploma di arpa che si sarebbe tenuto nella classe di Jean Alphonce Hasselmans, arpista e compositore d’origine belga, nonché virtuoso di grande prestigio a giudicare dal numero e dalla qualità delle Dei cinque Impromptus per pianoforte scritti da Fauré, i primi tre risalgono agli anni tra il 1881 e il 1883, mentre il quarto e il quinto furono composti nel 1905 e nel 1909. Il Sixième Impromptu (op. 86 bis) non è altro che una trascrizione di quello per arpa, realizzata dal compositore nel 1913. 3 La notizia che Gabriel Fauré era stato nominato direttore del Conservatorio di Parigi suscitò sorpresa e perplessità negli ambienti musicali parigini, nonché la protesta dei membri più conservatori. La nomina, effettuata con il Decreto Governativo del 15 giugno 1905, infrangeva una regola non scritta per la quale il direttore veniva scelto tra quegli ex allievi del Conservatorio che si erano distinti ottenendo il Prix de Rome. Questa era la procedura che era stata adottata per i suoi predecessori: Auber, Thomas e Dubois. Le ragioni dell’opposizione a Fauré furono presto evidenti: impose fin da subito riforme che, proponendosi uno svecchiamento dell’istituzione scolastica francese, riguardavano non solo procedure amministrative ma anche obiettivi e programmi di studio. La nomina di Fauré e le riforme che egli promosse — da ricordare, tra queste, l’obbligo a seguire il corso di Storia della musica per gli studenti di composizione — furono determinanti per lo sviluppo della musica francese. Anche se non appartenne mai a gruppi d’avanguardia, la sua attività didattica, l’interesse verso la dimensione cameristica e lo stile di sapore modernista ebbero un riflesso immediato sulla vita musicale parigina, preparando il campo alle innovazioni ben più radicali di Debussy e Ravel [Hilson Woldu 1984, 199-228]. 4 Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 7 composizioni a lui dedicate o ispirate dalle sue interpretazioni. La pagina che Fauré preparò e che dedicò cortesemente al collega è rimasta nel repertorio solistico dell’arpa moderna ed è diventata una delle composizioni più eseguite e apprezzate dagli interpreti. Utilizzando il titolo del pezzo come suggerimento interpretativo, alcuni solisti di fama internazionale hanno proposto delle esecuzioni caratterizzate da uno spirito altamente virtuosistico; al di là di questo aspetto, certamente presente nel pezzo del compositore francese, il confronto tra alcune di queste interpretazioni individua una pluralità di concezioni del pezzo stesso che non può non suggerire un approfondimento analitico. Le interpretazioni prese in considerazione sono quelle di Susann McDonald (Harp Spectacular, Klavier Records, 1987; CD KCD-11004), Markus Klinko (Musique française pour harpe, EMI France, 1992; CDC 7 54467 2), Lili Laskine (The Magic of The Harp, Erato Disques, 1963-1975; CD 4509-92131-2) e Maria Graf (Recital, Philips Digital Classics, 1991, CD 432 103-2). Come si può facilmente immaginare tale confronto pone una serie di problemi metodologici. Il numero di parametri in gioco e le “immagini” che del pezzo si possono avere sono così numerose e diversificate che sembrerebbe arduo intraprendere un’indagine di questo tipo. Si pensi solamente alla molteplicità delle dinamiche che caratterizzano la scrittura, oppure alle infinite variazioni agogiche presenti praticamente in ogni battuta di questo pezzo. La notevole diversità di interpretazioni che caratterizza in generale le esecuzioni di questo pezzo deriva non solo dal suo contenuto virtuosistico, ma anche al fatto che l’impromptu appartiene ad un genere che ampiamente sconfina nel dominio dell’improvvisazione [Brown 1980]. Per evitare allora di perdersi nei meandri di soluzioni esecutive determinate da una mescolanza difficile da analizzare (e, per certi versi, insondabile) di fattori razionali e impulsi irrazionali, risulta indispensabile concentrarsi non tanto sui singoli, staccati, eventi musicali, quanto cercare di allargare lo sguardo a passi di più ampia dimensione, fino a considerare le relazioni che si instaurano tra le diverse sezioni del pezzo e le modalità esecutive scelte da ogni interprete per metterle in evidenza. Prima di riportare alcuni dei risultati relativi all’analisi delle quattro esecuzioni considerate, sarà opportuno descrivere brevemente il contenuto e le principali funzioni associate alle diverse sezioni del pezzo.5 Una prima suddiviSolo negli ultimi anni il mondo musicologico sembra aver ripreso interesse verso la musica di Fauré. La figura di questo compositore, spesso più vicina a quella di un sapiente e originale “artigiano” che a quella di un rivoluzionario, ha probabilmente limitato e circoscritto l’interesse degli studiosi (spesso di tendenza evoluzionista) a pochi aspetti della sua produzione. Alcuni degli studi realizzati di recente sembrano comunque essere particolarmente interessanti ai fini della nostra indagine. Il terzo periodo compositivo di Fauré (dal 1908 circa) è stato studiato da Edward Phillips, relativamente alla produzione vocale. Lo studioso rileva due aspetti essenziali della scrittura di Fauré: il primo è l’oscuramento della relazione tonica-dominante, realizzato in particolar modo nelle cadenze conclusive; il secondo è una distorsione della voce strutturale e, seppur in misura minore, della struttura complessiva [Phillips 1993, 3-24]. Lund Johansen indaga 5 8 Egidio Pozzi sione formale della composizione proviene dalle indicazioni di tempo previste da Fauré, nonché dall’osservazione delle riprese, per lo più variate, dei principali materiali tematici del pezzo: il tema principale (bb. 1-17) e il tema “lirico”, così definibile in virtù del profilo e del tempo di esecuzione Meno mosso (bb. 38-49, cfr. Es. 1 a pp. 24-25). Nella Tab. 1 è rappresentato il risultato di questa suddivisione formale, unitamente all’individuazione delle funzioni che le diverse sezioni svolgono nel piano formale complessivo dell’opera. Nell’ultima riga di questa Tabella è proposta una seconda segmentazione formale (“divisione in macrosezioni”) basata sulla riunificazione di sezioni che presentano un percorso tonale unitario e che, di conseguenza, sembrano avere una precisa funzione complessiva. Un esempio di tali funzioni si ha già nella prima parte del pezzo, nella quale dopo la presentazione del tema principale e dei suoi prolungamenti (bb. 1-33, Esposizione) seguono tre coppie di sezioni ognuna delle quali mostra il binomio “contrastante” costituito dalla variazione del tema principale insieme alla ripresa del tema lirico.6 (cfr. Tab. 1 alla pagina successiva) invece quattro aspetti essenziali della scrittura pianistica di Fauré, ovvero la condotta armonica, il contrappunto, la melodia e il ritmo. Rispetto alla condotta armonica vengono sottolineate le varie e molteplici ambiguità, anche per le frequenti confluenze modali; per l’aspetto contrappuntistico si rileva il carattere melodico del basso e la fluidità della scrittura a quattro parti. Lo stile melodico, invece, si caratterizza per la chiarezza della struttura fraseologica — la quale fornisce una impalcatura entro la quale le successioni armoniche diventano intelligibili — e per l’uso di brevi motivi nella costruzione di ampie linee melodiche. Infine il contributo degli aspetti ritmici allo stile complessivo di Fauré viene individuato in relazione alla continuità e alla direzionalità del discorso musicale, attivando soprattutto un opportuno dosaggio dei pesi ritmici all’interno della battuta [Johansen 1995]. Anche Richard Crouch [1980] studia il repertorio pianistico e, focalizzando la propria attenzione su Notturni e Barcarole, rileva alcuni aspetti stilistici di sapore modernista. In questi pezzi si possono scoprire molti tratti armonicamente progressisti quali, ad esempio, le successioni di accordi di nona, le scale a toni interi e l’uso di accordi paralleli (le successioni che si instaurano tra accordi appartenenti a gradi congiunti, tipo I-II grado); tutti aspetti, in definitiva, che contribuiscono ad un generale allentamento delle funzioni tonali principali. L’interesse di Andrea Sokol-Albert [1995] è, infine, nell’indagare l’evoluzione dello stile del compositore francese all’interno del genere dell’impromptu. La segmentazione del pezzo in macrosezioni — condotta sulla base del contenuto tematico di ogni sezione — trova conferma nella collocazione delle pause, delle corone e delle doppie stanghette. In particolare si noterà che la divisione della prima parte in quattro macrosezioni è sottolineata da tre pause coronate e dalla corona conclusiva sulla dominante della relativa minore (indicate nella Tab. 1 con “pausa cor” e con “corona V”), mentre la divisione ancora in quattro macrosezioni della seconda parte viene evidenziata da due pause generali e dalle due doppie stanghette conclusive (indicate con ||). Significativamente l’ultima sezione (E, quella che, come vedremo più avanti, contribuisce alla cadenza conclusiva del pezzo) è l’unica che, pur appartenendo nettamente alla macrosezione finale, viene introdotta da una pausa. 6 1 119-125 (pausa) 33-37 4 a tempo 125-133 Mib min - Sib min 49-53 2 A motivo a a tempo 1 D ripet in progress tema lirico 54-63 (pausa cor) 63-71 3 A motivo a a tempo 2 A C (Sib min) (IV coppia contr) 4 A 2D 1 (Fa e Sib min) (II coppia contr) Sib min I-IV-V 2 D ripet tema lirico come motivo nascosto sezione contrastante 71-94 (corona V) espressivo A 3D 2 (Sib min) (III coppia contr) sezione II variaz. sezione III variaz. tema tema contrastante contrastante princ princ Sib min Fa Fa - Sib Sib min Fa I-V min V-I 38-49 (pausa cor) Meno mosso D tema "lirico" A 1D (Sib min e Fa) (I coppia contr) I variaz. tema princ Sib min V-I A motivo a 1 a tempo B' C A motivi b e a motivo a in c/p e diminuzione elaborazione coda della IV variaz tema motivi in c/p esposizione princ a tempo 111-119 I 6/4 - 5 Reb-LabMib min Mib min I 5-6/3-6/4 IV-V-I 1 A'B'C (Reb, Lab e Mib min) (Ripresa dell'Esposizione "diminuita") Reb I-V-I V-I ABC (Reb) (Esposizione) Allegro con moto A' tema principale diminuito apertura II parte C B motivi b e a in c/p elaborazione coda della motivi in c/p esposizione 25-33 (pausa cor) a tempo 17-25 uso della coda come sez contr Sib min I6 2 C 133-137 (pausa) bIII 6/4 173-185 || bIII-VI-V6/4 A'' fram tema principale diminuito prolung della Dominante principale A A A'' (V di Reb) ("Stretto") 6 VI variaz tema princ e prolung del bIII V variaz tema princ espansione Dom princ Reb V 7/4 5 A motivo a 6 a tempo 156-173 A motivo a 5 137-155 186-192 193-201 202-207 4/4 (pausa) || Molto slargando 3 3 D C E ripresa del tema lirico inizio uso coda della parte dell'espos conclusiva prolung del pezzo Dom princ Solb Reb V 7/4 V 4/2-VII -V 7 3 3 D C E (Reb: IV-V-I) (Cadenza finale) Abbreviazioni: contr = contrastante; cor = coronata ; c/p = contrappunto; Dom = Dominante; espos = esposizione; fram = frammenti; macrosez. = macrosezioni; min = minore; princ = principale; progress = progressione; prolung = prolungamento; ripet = ripetizione; sez = sezione; variaz = variazione. tonalità e percorsi armonici divisione in macrosez indicazioni di tempo sezioni materiali motivicotematici funzione formale 95-111 Reb I-V / I-V-I tonalità e percorsi armonici divisione in macrosez battute esposizione 1-17 3/4 Allegro molto moderato(76) A tema principale motivi a e b funzione formale indicazioni di tempo sezioni materiali motivicotematici battute Tab. 1 (analisi della forma e dei materiali tematici) Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 9 10 Egidio Pozzi Dalla Tab. 1 si evince chiaramente la bipartizione del pezzo, con le prime quattro sezioni della prima parte riprese all’inizio della seconda.7 Nella prima parte sono esposti il tema principale (la sezione A) e il tema lirico (la sezione D), rispettivamente nella tonalità d’impianto (Re bemolle maggiore) e nella relativa minore (Si bemolle minore). Le prime tre sezioni del pezzo, per il loro contenuto tematico e per il percorso armonico, individuano una sorta di Esposizione cui segue la presentazione di un “quasi secondo tema” (il tema lirico) introdotto non da una generica sezione modulante, ma dalla prima variazione del tema principale (A1). Le due sezioni così collegate definiscono quel modello che abbiamo definito in precedenza come “contrastante”, perché composto da variazioni dei due diversi materiali tematici. Il modello viene successivamente ripreso per altre due volte nella prima parte del pezzo: mentre la prima volta (A2-D1, bb. 49-63) Fauré introduce la tonalità della dominante della relativa minore (cioè Fa maggiore), nella seconda ripetizione del modello (A3-D2, bb. 63-94) si ritorna al Si bemolle minore in modo da concludere la prima parte su questa tonalità con velocissimi arpeggi a note ribattute sul IV e V grado.8 (Vedi Es. 4 a p. 30). La ripresa del tema principale a b. 95 (si veda l’Es. 2), dopo la lunga fase cadenzale conclusasi sulla dominante del minore, costituisce una sorpresa. Non solo perché si ritorna alla tonalità d’impianto, ma anche perché il tema principale viene variato proponendone una vera e propria “diminuzione”:9 diversamente da come esso era stato presentato e variato nella prima parte del pezzo, dalle note che costituiscono il tema, nascono ora degli arpeggi che rendono la superficie musicale estremamente cangiante. Un analogo processo di diminuzione è riservato alla seconda parte del tema principale (quella che inizia a b. 103) e alla sezione B’ (bb. 111-119). Il fatto che ci si trovi di fronte non alla Ripresa di una forma sonata (la cui funzione sarebbe di risolvere le tensioni tonali precedentemente esposte e sviluppate), ma alla seconda parte di una forma binaria, densa di passaggi virtuosistici, è esplicitamente confermato da due aspetti concomitanti. Il primo è l’uso della diminuzione come principale La stessa presentazione grafica della Tab. 1 suggerisce la forma binaria e la diversa funzione a cui assolvono le sezioni utilizzando l’espediente di sovrapporre solo quelle macrosezioni che sono considerate uguali dal punto di vista sia dei materiali costitutivi sia della loro costituzione interna. In tal modo risulterà subito evidente che solo la prima macrosezione e parte della seconda riprendono i materiali iniziali, mentre le due macrosezioni conclusive espongono successioni di sezioni completamente nuove rispetto a quelle della prima parte. 7 Tali arpeggi sono a tutti gli effetti dei glissandi costituiti da note tutte ribattute, praticamente impossibili su altri strumenti. Questi arpeggi sfruttano una caratteristica peculiare dell’arpa moderna, consistente nella possibilità di accordare, tramite l’uso dei pedali, corde vicine all’unisono. 8 Il termine “diminuzione” sta ad indicare quella particolare tecnica compositiva codificata in numerosi trattati italiani del Cinquecento che consentiva al musicista di fiorire durante l’esecuzione la struttura di base di una composizione. A tale proposito si veda Ernest T. Ferand [1966], Imogene Horsley [1951] e Howard Mayer Brown [1976]. 9 Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 11 forma di variazione, un uso che determina un aumento del movimento interno della musica e della tensione emotiva; il secondo è un più ampio percorso tonale che rispetto a quello della prima parte riprende dalla tonica principale e tocca la tonalità della dominante (La bemolle) e quella del II grado (Mi bemolle). L’idea di una vera e propria seconda parte trova poi ulteriore sostegno nella ripresa del modello formale contrastante che avevamo visto ripetuto tre volte alla fine della seconda parte. Tale modello — nella Tab. 1 indicato con A4 C2, bb. 125-137 — viene però in questo caso modificato e tale modifica risulta altamente significativa. Adoperando come seconda sezione del modello una sezione di coda, al posto del tema lirico — utilizzando cioè la sezione C2 e non una sezione D o una sua variazione — il compositore suggerisce all’ascoltatore che questa seconda parte non ripercorrerà la strada battuta in precedenza, ma condurrà probabilmente verso la conclusione. Da b. 137 in poi il modello formale contrastante viene definitivamente accantonato preferendogli in primo luogo un’intensificazione (una specie di “stretto”) del materiale tematico principale (la macrosezione A5 - A6 - A’’, centrata sulla dominante della tonalità d’impianto) e successivamente un’ampia cadenza conclusiva (Es. 3, pp. 28-29) costituita da una specie di ripresa del tema lirico (sezione D3, bb. 186-192 sul IV grado della tonalità d’impianto) e da due sezioni che adottano il materiale della coda dell’esposizione per prolungare rispettivamente la dominante e il I grado della tonalità principale (si vedano nella Tab. 1 le sezioni C3 e E, rispettivamente bb. 193-201 e bb. 202-207). Osservazioni intorno alle interpretazioni analizzate10 In una composizione ampia come quella che intendiamo studiare, la scelta del tempo di esecuzione delle singole sezioni rappresenta un elemento essenziale rispetto all’immagine formale che del pezzo si vuole comunicare; di conseguenza le indicazioni sulle modalità temporali dell’esecuzione fornite dall’Autore rivestono una straordinaria importanza.11 Nella Tab. 2 ho riportato per ciascuna delle quattro esecuzioni esaminate i tempi metronomici approssimativamente rilevati in relazione alle principali sezioni del pezzo.12 In questa indagine all’interno del mondo virtuosistico dell’arpa solista, devo alla competenza e alla disponibilità dell’arpista Lucia Bova l’ampliamento e il consolidamento delle mie conoscenze degli aspetti tecnici e stilistici, nonché della prassi esecutiva di questo strumento. 10 Non va dimenticato che l’attenzione verso la dimensione temporale era per Fauré — come d’altra parte per tutti i compositori — di estrema importanza. Nella testimonianza riportata da Jean-Michel Nectoux [1991] sulle interpretazioni pianistiche di Fauré come accompagnatore di cantanti, Claire Croiza descriveva il compositore come «l’incarnazione di un metronomo». 11 La rilevazione del tempo è stata condotta manualmente con un metronomo elettronico. L’eventuale errore di misurazione è valutato in ± 2 battiti al secondo. 12 12 Egidio Pozzi Tab. 2 Andamenti metronomici I parte II parte battute 1 - 17 - 25 33 - 38 49 - 54 64 - 71 95 - 111 - 119 126 138 - 156 - 174 186 - 193 - 202 sezioni A-B-C A1 -D A2-D 1 A3-D 2 A'-B'-C 1 A4-C 2 A5 - A 6 - A'' D 3- C 3 - E 3/4 Allegro molto moderato - […] - a tempo 108 a tempo Meno mosso a tempo - […] […] - a tempo - […] 4/4 Molto slargando […] - […] 84 - 72 92 - 72 M. Klinko 88 84 - 69 76 - 72 80 - 76 96 88 L. Laskine 84 80 - 66 84 - 66 84 - 66 108 104 104 - 92 - 96 st (~ 72) M. Graf 92 84 - 76 84 - 76 84 - 76 108 84 84 - 104 - 100 st (~ 76) indicazioni in partitura S.McDonald a tempo Allegro con a tempo espressivo moto - a tempo - […] - […] 96 - 72 112 104 104 - 116 - 116 st (~ 84) 88 - 108 - 104 st (~ 80) Le marcate differenze di interpretazione evidenziano una serie di quesiti e problemi ai quali si cercherà di dare nel corso dell’articolo alcune possibili risposte. I principali aspetti che si vorrà trattare sono i seguenti: 1) Scelta del tempo di esecuzione iniziale Tutte le esecuzioni considerate disattendono la prescrizione metronomica “semiminima a 76” inserita dal compositore accanto all’indicazione Allegro molto moderato (vedi Es. 1). Lo scopo per cui fu scritto il pezzo — l’esame per il diploma di arpa del Conservatorio di Parigi — suggerisce anche la probabile motivazione per cui il compositore indicò un determinato metronomo all’inizio del pezzo: essendo una composizione per un virtuoso (o aspirante tale) la velocità doveva essere appropriata e non doveva scendere al di sotto di un certo valore. In tal senso sono perfettamente comprensibili le scelte interpretative che utilizzano tempi metronomici più veloci, anche se occorre fare delle considerazioni ulteriori in relazione alle conseguenze che tali scelte comportano a livello complessivo. Pur ammettendo che il nostro concetto di Allegro non sia quello di cento anni fa (cento anni che hanno visto l’affermazione di un virtuosismo interpretativo inteso spesso come incremento del tempo di esecuzione), siamo certi che in un’esecuzione più veloce di quella prevista dal compositore vengano rispettati gli aspetti motivico-tematici contenuti nella sua musica? In aggiunta, la scelta di incrementare la velocità (in un caso fino a quasi il 50% di quella prescritta) rischia di snaturare non solo il contenuto della sezione iniziale, ma anche la funzione che tale sezione ha nell’insieme della composizione.13 2) Le riprese a tempo della sezione iniziale Le riprese della sezione iniziale sono realizzate dai quattro solisti in modo molto diverso (vedi Tab. 2). Mentre la Laskine, nella prima parte riprende praticamente il tempo iniziale per tutte le variazioni della sezione A (nonché il tempo Non sembra casuale il fatto che il tempo più vicino a quello indicato da Fauré sia quello di Lily Laskine, diplomata nello stesso Conservatorio parigino l’anno successivo a quello di composizione dell’Impromptu e che, per tali circostanze, forse ebbe modo di conoscere e discutere questo pezzo con lo stesso autore. 13 Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 13 della sezione D per le altre due sezioni omonime), la Graf adotta lo stesso tempo dell’inizio non solo per le prime tre variazioni ma anche per due variazioni della seconda parte (le sezioni A4 e A5). Diversamente gli altri interpreti modificano la velocità esecutiva, ogni volta che una sezione si ripete; l’estrema variabilità con la quale viene quindi intesa l’indicazione del compositore può essere ricondotta ad una precisa concezione formale oppure risponde solamente ad esigenze di tecnica strumentale? 3) La ripresa della sezione iniziale a b. 95 Anche in questo caso siamo in presenza di una certa variabilità di concezione. Dando momentaneamente per scontata che l’indicazione prevista dal compositore (Allegro con moto) vada intesa esclusivamente come un incremento metronomico, la realizzazione che ne viene data dai quattro esecutori evidenzia almeno due concezioni diverse. Mentre McDonald, avendo già proposto un tempo molto veloce all’inizio, può incrementare solo moderatamente il suo metronomo, Laskine e Graf, partendo da un tempo più contenuto, possono maggiormente incrementare il tempo d’esecuzione. Tali incrementi, dovendo mantenersi anche nella sezione B’, determinano una certa difficoltà nel far percepire non solo gli accenti sulle doppie ottave che caratterizza il motivo di questa sezione (B’, bb. 111-119, vedi Esempio n. 2), ma anche alcuni importanti aspetti contrappuntistici. 4) Funzione del tema lirico e rapporto con il tema iniziale Le scelte metronomiche operate dagli interpreti in relazione al tema principale e al tema lirico, individuano concezioni formali diverse. Un’esecuzione molto veloce della sezione iniziale — rispetto a quella del dettato compositivo — unitamente allo svolgimento più lento del tema lirico, inevitabilmente tende a spostare il baricentro del pezzo su quest’ultimo determinando, in tal modo, uno scollamento tra la concezione formale voluta dal compositore (basata sulla reiterazione del tema iniziale) e la forma effettivamente risonante nell’esecuzione. 5) Articolazione interna del tema principale ed interpretazione La comprensione di come sia realmente costituita la sezione iniziale può essere di estrema importanza per le domande cui l’interprete deve dar risposta. In tal senso occorrerà chiarire: a) in che modo si articola il materiale tematico, almeno fino alla prima affermazione compiuta della cadenza nella tonalità principale (b. 17); b) se esistono e in che modo “funzionano” i motivi che costituiscono l’ossatura di questo tematismo; c) in che modo interpretare la differenza nella texture della prima frase (bb. 1-9, costituita da accordi), da quella della seconda frase (bb. 9-17, costituita dall’alternanza tra passi contrappuntistici e ripetizione variata degli accordi iniziali);14 d) in che senso si può parlare di variazioni del Sebbene il compositore non indichi espressamente l’esecuzione in arpeggio degli accordi iniziali, una consolidata prassi esecutiva — forse anche in risposta alle difficoltà di una loro esecuzione 14 14 Egidio Pozzi tema principale per le successive sezioni A, determinando il contenuto tematicomotivico che viene utilizzato e variato. 6) Presenza di eventuali motivi nascosti L’individuazione della tecnica di variazione per diminuzione usata nella seconda parte del pezzo, suggerisce che ci potrebbero essere dei passaggi o delle sezioni costruite trasformando un motivo di superficie in un motivo “nascosto”, cioè un motivo che funziona come una vera e propria “subtematica”.15 Un caso di questo tipo, del quale si darà una trattazione più ampia successivamente, è quello della sezione D2, l’ultima sezione della prima parte (bb. 71-94, Es. 4, p. 30), dove viene utilizzato il tema lirico sia come spunto tematico atto a costituire un motivo per una progressione, sia come motivo “nascosto”. Diversità di concezione formale: il percorso interpretativo e quello analitico Dal punto di vista formale le prime tre riprese della sezione A (cioè le sezioni A1, A2 e A3 alternate alla sezione D) vengono collegate dal compositore definendone una precisa connotazione esecutiva: l’uso dello stesso tempo metronomico. Questo fatto, particolarmente evidente da un punto di vista analitico, può essere rilevato solo nelle interpretazioni della Graf e della Laskine.16 Per quanto riguarda le altre due esecuzioni si notano atteggiamenti diversi: mentre Klinko ha un approccio più rapsodico,17 la McDonald, imponendo un graduale “uniti” — ne suggerisce un’esecuzione in forma più o meno arpeggiata. Tale possibilità, comunque, andrebbe vagliata (e forse scartata) alla luce di una osservazione più attenta della superficie musicale. Se Fauré ha riservato alla seconda parte del pezzo la trasformazione degli accordi del tema principale in arpeggi scritti, sembra plausibile cercare di mantenere l’esecuzione della sezione A il più possibile con accordi uniti, proprio per enfatizzare la “sorpresa” della diminuzione a ciò che verrà dopo. Anche in questo caso il rispetto delle indicazioni di Fauré può assicurare alla composizione una maggiore e più coerente varietà. Sul concetto di “subtematica” in relazione al tardo stile beethoveniano si vedano, ad esempio, due testi di Carl Dahlhaus: [1987, 205-219] e [1990]. 15 Di particolare interesse l’interpretazione della Laskine, che sembra attenersi molto rigorosamente alle disposizioni del compositore non solo per la scelta di un tempo iniziale non eccessivamente veloce, ma anche per quanto riguarda il tempo usato nelle riprese delle sezioni A e D. Di questa interpretazione vanno sottolineati altri due aspetti. Il primo riguarda l’estrema diversificazione dei tempi relativi ai due materiali tematici principali, soprattutto nelle macrosezioni che li vedono accoppiati. Il secondo riguarda il diverso atteggiamento seguito, sempre dal punto di vista temporale, nella prima e nella seconda parte: mentre nella prima parte il tempo rimane contenuto, nella seconda abbiamo, almeno fino alla sezione A6, un incremento notevole. 16 Klinko diminuisce in modo progressivo la velocità nelle sezioni A1 e A2, ma tale processo non viene mantenuto nell’esecuzione della A3. Inoltre una stretta vicinanza tra i tempi esecutivi delle sezioni A e D nella terza e nella quarta macrosezione (bb. 49-63, sezione A2 D1 e bb. 64-94, sezione A3 D2) crea una sorta di “ambiguità formale”. (Un tentativo, forse, di rispettare alla lettera le indicazioni della partitura nella quale non sono previste esplicitamente variazioni di andamento temporale all’inizio delle sezioni D1 e D2). 17 Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 15 incremento del tempo nelle sezioni A1, A2 e A3, individua come punto d’arrivo di tale progressione la ripresa del tema iniziale nell’ Allegro con moto di b. 95.18 Le soluzioni proposte dalla McDonald e dalla Graf sono molto diverse. Mentre l’inizio molto veloce della McDonald sembra una sorta di introduzione al tema lirico di b. 40 (sezione D), l’esecuzione più controllata della Graf pone, da un punto di vista formale, la parte iniziale e il tema lirico su due piani abbastanza vicini. Una tale vicinanza potrebbe indurci a voler rinvenire nel pezzo una sorta di forma sonata, ma un’approfondita indagine armonica ci permette però di escludere questa ipotesi per almeno tre motivi. Innanzitutto la tonalità del tema lirico non è quella della dominante La bemolle, ma oscilla tra la relativa minore (Si bemolle minore) e la tonalità della dominante del minore (Fa). In secondo luogo non esiste una vera e propria sezione di sviluppo; infatti le sezioni B, le sole che potrebbero costituire degli sviluppi essendo basate sulla sovrapposizione dei motivi di base, di fatto accompagnano le due sezioni A di b. 1 e di b. 95, costituendone una sorta di prolungamento. Infine la ripresa del tema lirico, due volte tra b. 186 e b. 192 non è nella tonalità principale, ma sulla dominante di Sol bemolle, il IV grado della tonalità principale Re bemolle. In altre parole la ripresa di questo tema costituisce una sezione che non assolve alla funzione di risolvere una dissonanza strutturale ma a quella di introdurre la penultima sezione (C3, bb. 193-201), la sezione che, partendo da una dominante in terzo rivolto e arrivando alla dominante principale del pezzo (b. 201), costituisce la prima parte della grande cadenza composta finale IV-V-I.19 Per chiarire ulteriormente questa affermazione, l’Es. 5 riporta l’analisi dell’intero passaggio, da b. 186 alla fine del pezzo. Risulta chiaramente la funzione dominantica delle bb. 186-192, nelle quali è proprio la riproposizione del tema lirico (con la presenza del Do bemolle) che trasforma l’accordo di Re bemolle maggiore in una settima di dominante; in tal modo il Sol bemolle al basso di b. 193, prima di essere trasformato in un accordo di settima in terzo rivolto, viene introdotto come se fosse una tonica. Gli arpeggi che si sviluppano da questa battuta (controllati da una successione lineare ascendente di terza L’interpretazione della McDonald sembra essere opposta a quella della Graf. Mentre la Graf riprende continuamente il tempo della sezione iniziale e di quella contenente il tema lirico, la McDonald cerca forse di costruire un processo razionale che conduca alla seconda parte del pezzo. Anche se la netta differenza tra il tempo iniziale (108) e quello adottato nella prima variazione (84) sembra separare concettualmente le due sezioni, il graduale e progressivo incremento della velocità nelle due sezioni A2 e A3 (rispettivamente portate a 92 e 96 di metronomo) — unitamente alla costante ripresa del 72 per le sezioni D — suggerisce una spinta propulsiva in avanti, idealmente protesa verso la riproposizione della sezione A nella b. 95, indicata dal compositore con un tempo più rapido (Allegro con moto). 18 «La definizione “dominante principale” è legata al problema della diversa importanza strutturale delle varie cadenze che compaiono nel pezzo. Il primo posto della gerarchia è occupato dalla cadenza perfetta finale, la cui dominante viene pertanto denominata “dominante principale”» [Drabkin-Pasticci-Pozzi 1995, 51). 19 16 Egidio Pozzi al basso: Solb-Lab-Sib) riconducono ad una dominante in secondo rivolto (sul battere della b. 196) da cui nascono due successioni lineari discendenti di terza. La prima (Lab-Solb-Fa) si conclude su una tonica in primo rivolto; la seconda (Fa-Mib-Re) porta ad un VI5/6 grado in maggiore (una settima di dominante in primo rivolto) che introduce l’ultima “digressione” prima dell’arrivo della dominante principale. In questa digressione si tonicizza il secondo grado della tonalità d’impianto (Mib), reiterandone per ben tre volte la successione armonica II-V5/6, prima di inserire i due accordi cadenzali. Il primo di questi accordi a b. 200 — un IV grado nella “tonica” Mib, particolarmente significativo perché ripresenta il Dob del tema lirico nella voce superiore — ha una funzione predominantica perché, di fatto, preannuncia la dominante principale di b. 201. Tale funzione predominantica è raggiunta attraverso una doppia strategia: 1) con un Mib al basso, che pur rappresentando la conclusione delle precedenti successioni armoniche II-V5/6 vale quasi come un II grado della tonalità principale; 2) con un’armonizzazione consistente in una settima di seconda specie la quale, per il suo contenuto (LabDob-Mib-Solb), si avvicina molto alla sonorità della dominante della tonalità d’impianto. La dominante principale di b. 201, con il Mib nella voce superiore scaturito naturalmente dal Do bequadro,20 non rappresenta allora un evento sorprendente perché è la conclusione di un percorso cadenzale iniziato molto prima, fin dalla b. 186 con la finta “ripresa” del tema lirico. Es. 5 Le interpretazioni della McDonald e della Graf evidenziano quindi due concezioni formali diverse. In quella della McDonald la scelta di un tempo ini- Questo Do bequadro trasforma la dominante minore della b. 200 in una vera e propria dominante e rappresenta il completamento di un percorso ascendente che era iniziato a b. 196 (si veda la successione lineare Lab-Sib-Do indicata nell’Es. 5). 20 Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 17 ziale veloce rispetto a quello indicato dal compositore trasforma la sezione A in una sorta di introduzione per cui il tema lirico diventa il vero e proprio tema principale del pezzo. Tale concezione — coerentemente affermata da questa interprete nella prima parte del pezzo — non trova conforto nell’analisi che ha condotto alla Tab. 1, nella quale viene continuamente sottolineata l’importanza del tema iniziale rispetto al tema lirico non solo su basi quantitative, ma qualitative. Rilevandone, cioè, la presenza in almeno due punti cruciali per la forma del pezzo: l’apertura della seconda parte nella tonalità principale e la sua triplice reiterazione variata prima della macrosezione conclusiva D3 C3 E. Il maggior equilibrio formale realizzato nelle interpretazioni della Laskine e della Graf — in virtù di una più attenta considerazione del dettato compositivo — rischia d’altro canto di dare troppa enfasi al tema lirico che potrebbe acquistare, in tal modo, l’importanza di un secondo tema di una forma sonata. A giudicare dall’analisi fin qui condotta non c’è una polarizzazione dei due temi, ma semplicemente un tema principale e delle sezioni — una delle quali particolarmente espressiva — le quali svolgono il ruolo di contrasto nel dispiegamento di un processo formale basato essenzialmente su due espedienti compositivi: la variazione (per la precisione due tipi di variazione, quella motivica e quella per diminuzione) e il virtuosismo, che si estrinseca al suo massimo livello nelle prime sette sezioni della seconda parte, quelle dove entra in gioco la variazione per diminuzione, prima della discesa verso la dominante in secondo rivolto, enfaticamente evidenziata dall’isolata terza discendente Dob-Sib-Lab di b. 173: Es. 6 Il tema principale Dopo aver analizzato le conseguenze formali derivabili dalle diverse modalità temporali dell’esecuzione adottate dai quattro interpreti, sarà necessario fare delle considerazioni anche sulla parte iniziale del pezzo, la sezione A, quella che nell’interpretazione della McDonald sembra essere una sorta di introduzione al tema lirico. Anche ad un’osservazione superficiale si possono notare due aspetti essenziali. In primo luogo questa sezione ha una funzione formale ben precisa in quanto, come accennato in precedenza, viene continuamente riproposta, seppur in forma variata, per tutto l’arco della composizione. In secondo luogo, concentrando l’attenzione sul contenuto della sezione, si noterà che in essa il tema principale — costruito sulla tonica d’impianto e basato sulla tradizionale 18 Egidio Pozzi struttura antecedente-conseguente (tonica-dominante e dominante-tonica) — è costituito da due brevissimi motivi, riportati nell’Es. 7. Nel primo motivo (indicato con a) il grado congiunto ascendente Reb-Mib e l’armonia parallela (I-II) creano un primo momento tensivo trasformando il Reb del basso da tonica a settima, una settima la cui risoluzione viene posposta fino alla b. 4 dove inizia nella voce superiore il movimento ascendente che porterà alla cadenza sospesa di bb. 8-9 (si veda l’Es. 1). Il secondo motivo (b) — basato anch’esso su un grado congiunto ascendente — ha invece un carattere più stabile, sia per la sua disposizione metrica (levare-battere) sia per la sua armonizzazione (II-V-I). Es. 7 Il piano tonale di questo tema — descritto nell’Es. 8 — è chiaramente in forma bipartita. Nella prima parte (bb. 1-9)21 vengono presentati i due motivi di base, a e b, indicati nell’Es. 8 rispettivamente con una graffa orizzontale e con crome collegate con una stanghetta. Nella seconda parte, bb. 9-17, gli stessi motivi presentati in precedenza, consentono di ricondurre il discorso musicale alla tonica d’impianto. Se nella prima parte l’ambito tonale è limitato alle due tonalità principali (quelle della tonica e della dominante, con una brevissima incursione nella tonalità del VI grado), nella seconda parte l’ambito si amplia, toccando anche le tonalità costruite sul IV e sul II. La nuova disposizione dei due motivi di base (di cui il primo opportunamente variato) crea nelle prime battute di questa seconda parte quasi un equilibrio tra la forza centrifuga della dominante (rappresentata dal bVI che sostiene i motivi a) e quella centripeta della tonica (le cadenze V-I con le quali vengono armonizzati i due motivi b). Questo equilibrio viene definitivamente rotto dalla tonicizzazione del IV (Solb) e del II grado (Mib) che permettono di arrivare alla cadenza finale di bb. 16-17 con un chiaro e definitivo II - IV7 - V - I.22 Si noti in questa prima parte il percorso armonico abbastanza tradizionale in quanto la modulazione nella tonalità della dominante utilizza come accordo comune alle tonalità di partenza e di arrivo il Si bemolle minore, rispettivamente VI grado della tonalità principale e II grado della tonalità della dominante. 21 Si noterà altresì il diverso contributo che viene dato dai due motivi a e b al percorso ascendente della voce superiore. Una diversità che non dipende dalla loro disposizione (sia nella prima che nella seconda parte troviamo sempre la stessa successione: ababbb), ma nell’uso della trasposizione alla terza minore, nel modo con cui essi sono collegati e nella loro armonizzazione. Per una indagine intorno al rapporto tra motivi di superficie e funzione formante delle successioni lineari si veda Egidio Pozzi [2000]. 22 Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 19 Es. 8 L’analisi presentata nell’Es. 8 — con la lunga Anstieg 23 (Reb-Mib-Fa-SolbLab) che comprende le note del motivo a e il suono di arrivo, il 5^ strutturale della voce superiore — ha due presupposti. Il primo presupposto è di carattere generale e si basa sulla constatazione che poiché in tutto il pezzo si ritrovano figurazioni ritmiche caratterizzate dal levare-battere (del tipo di quello del RebMib del motivo a e del V-I del motivo b) sembra naturale assegnare a questo modello ritmico una certa importanza strutturale. Il secondo presupposto riguarda il tempo di esecuzione che si immagina associato al passaggio. In altre parole tenendo conto dell’indicazione del compositore si permette la percezione dei due intervalli congiunti ascendenti, cioè degli intervalli che costituiscono la sostanza dell’Anstieg; in tal modo, infatti, si potrà percepire chiaramente il movimento parallelo degli accordi di I e II grado e ciò consentirà di “seguire” l’ascesa della voce superiore verso il Lab acuto.24 L’Anstieg [ascesa iniziale] è una successione lineare ascendente che ha «una funzione prettamente introduttiva e prepara, precedendola, la discesa della linea fondamentale» [DrabkinPasticci-Pozzi 1995, 77]. 23 Questo secondo presupposto mi è stato fatto notare dal prof. William Drabkin, in occasione della prima stesura del lavoro presentato al VI Convegno Annuale della Società Italiana di Musicologia, tenuto a Catania dal 15 al 17 ottobre 1999. Nel caso di un’esecuzione più veloce si potrebbero percepire più facilmente non tanto i gradi congiunti ascendenti quanto le note più acute; ad esempio quelle dei motivi a unitamente al Reb acuto di b. 7 che, in tal caso, andrebbero a costituire un arpeggio di tonica. Quindi un incremento della velocità di esecuzione, rispetto a quello indicato dal compositore, porterebbe a percepire non una Anstieg, ma un arpeggio di tonica (Fa-Lab-Reb); di conseguenza il grafico corrispondente potrebbe essere, limitatamente alle prime nove battute, quello mostrato nell’Es. 8 bis alla pagina successiva. 24 20 Egidio Pozzi L’aspetto unitario di queste prime diciassette battute, mostrato nell’analisi fin qui condotta, non sembra essere stato considerato un aspetto essenziale nelle quattro esecuzioni messe a confronto nella Tab. 2. Tutti gli interpreti hanno disatteso le “necessità” del tema principale, cioè il completamento del suo percorso tonale. Non riconoscendo il motivo a nella voce superiore delle bb. 9-12 (nelle quali viene privilegiata l’esecuzione degli armonici) e intendendo la seconda parte del tema quasi come una prima variazione, si lascia in sospeso la risoluzione della dominante di b. 9, una risoluzione che si realizza solo con la cadenza di bb. 16-17. Questa “disattenzione” si avverte soprattutto nell’esecuzione della McDonald, mentre il rallentando a metà della b. 9 della Graf sembra quasi una “presa di coscienza” degli aspetti problematici che riveste l’interpretazione di queste battute. Le sezioni variate L’individuazione dei due motivi a e b posti a fondamento del tema principale ci permette di riconoscere molte delle sezioni indicate con l’a tempo come delle elaborazioni del motivo a; ciò non solo per il grado congiunto ascendente e la configurazione metrica levare-battere, ma anche per l’armonia parallela che caratterizza l’apertura di queste sezioni. Nell’Es. 9, che riporta l’analisi della prima di queste sezioni (A1, bb. 33-37), si possono notare tutti questi aspetti: il motivo di grado congiunto (Sib-Do, evidenziato con la stanghetta orizzontale, e subito ripetuto), l’armonia parallela (Sib minore: I4/6 - II6) e la collocazione metrica levare-battere. Es. 8 bis Rispetto allo scopo che ci siamo prefissi, la scelta tra i due grafici non determina comunque conseguenze molto diverse. In tutti e due i casi l’analisi chiarisce che in questa prima sezione il tema è basato su un limitatissimo numero di motivi, ha dei caratteri tonali ben definiti ed è provvisto di un’articolazione interna sostanzialmente tradizionale. Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 21 Es. 9 Questo tipo di variazione, usata in modi molto simili, si ritrova anche nelle sezioni A2, A3 e A4. La sezione A5 inizia come le precedenti ma viene ampliata utilizzando il motivo b retrogrado e inverso, talvolta insieme allo spostamento d’ottava della nota d’arrivo (si vedano le bb. 143-144, 146-147, 149-150 e 151152). La sezione A6, diversamente, utilizza il motivo a al basso (bb. 159-160 e 161-162). Diverso il trattamento delle sezioni D. Nella D1 viene usato tanto il frammento tematico proposto alle bb. 40-41 (il tema lirico), tanto quello di b. 42 con un prolungamento finale del La bequadro conclusivo.25 L’elaborazione del tema lirico raggiunge il massimo di complessità nella sezione D2, l’ultima della prima parte (bb. 71-94, Es. 4). Nell’esempio 10 vengono messe a confronto le analisi della prima sezione D (bb. 38-44) e della sezione D2. Si osserverà che tutta la prima parte di quest’ultima sezione, almeno fino a b. 82, è ricalcata tanto sugli eventi fondamentali del tema lirico, cioè sulla prima terza lineare discendente (le cui note si trovano trasposte alle bb. 72, 74 e 75), quanto sulla battuta contenente ottavi e terzine (b. 41) — la quale viene ora utilizzata per il prolungamento del Reb e del Dob alle bb. 72 e 74, e per le frasi di bb. 79 e 81. La successione lineare Reb-Dob-Sib (in corrispondenza delle bb. 72-75), riprendendo la prima terza lineare del tema lirico, rappresenta quindi un caso di trasformazione di una parte del tema lirico in un motivo profondo, utilizzato cioè per dar forma ad un passaggio che, in tal modo, si modella su una specie di subtematica. Nello stesso grafico dell’Es. 10 rileviamo anche il percorso tonale che porta alla cadenza sospesa nella tonalità della relativa minore: un percorso che inizia dal I grado (b. 82), tocca il IV7 (b. 86) e arriva al V7 di b. 92 attraverso la nota di passaggio cromatica Fab (b. 91). In particolare il frammento di bb. 40-41 viene proposto a b. 54 e subito ripetuto, trasposto di un grado congiunto discendente; alle bb. 60-62 il La bequadro assume la forma di un Si doppio bemolle. 25 22 Egidio Pozzi Es. 10 Virtuosismo e dettato compositivo L’incremento della velocità di esecuzione può causare dei seri problemi in passaggi la cui la densità contrappuntistica impone un atteggiamento più attento verso la molteplicità delle linee melodiche. Un caso del genere si trova nella sezione B1 della seconda parte (bb. 111-118, Es. 2), corrispondente alla sezione B della prima parte (bb. 17-25, Es. 1). I due grafici riportati nell’Es. 11 propongono un confronto tra queste due sezioni dal quale si può subito osservare che alla base di entrambe c’è una sovrapposizione dei due motivi a e b del tema principale. Sia nella sezione B che in B1 tale sovrapposizione riguarda di fatto una variante del motivo b nella voce superiore (per retrogradazione, inversione e spostamento d’ottava) e una variante del motivo a nel basso (per inversione). Ma a fronte di questa origine comune, le funzioni delle due sezioni sono affatto diverse: mentre la prima appartiene al gruppo iniziale di sezioni (ABC) che presentano la gran parte del materiale di base del pezzo e affermano la tonica principale, la seconda introduce delle importanti modulazioni al II e al V grado, realizzate con un movimento interno costituito da una successione lineare d’ottava (nella voce superiore) e dalle due successioni di terza al basso (Mib-Fa-Solb e Sib-Do-Reb). Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel 23 Es. 11 La percezione tanto dei motivi sovrapposti quanto dei movimenti interni costituiti dalle successioni lineari diventa quindi essenziale per la comprensione della funzione di queste sezioni, mentre un’esecuzione troppo concitata rischia di comprometterla, o addirittura annullarla. In tal senso l’Allegro con moto voluto da Fauré a b. 95 potrebbe forse essere inteso non tanto come una indicazione di incremento temporale, quanto un’indicazione di valore espressivo. Infatti se ampliamo il confronto proposto nell’Es. 11 anche alle rispettive sezioni precedenti (cioè la sezione A di bb. 1-24 e la A’ di bb. 95-110) si noterà che la riproposizione delle due sezioni A’ B’ presenta — rispetto alle due sezioni iniziali A B e in ragione delle figurazioni ritmiche adottate — un incremento della densità interna. Se allora già nella scrittura è presente quella sensazione di movimento — di moto appunto — che costituisce in definitiva l’aspetto saliente di queste nuove sezioni, l’incremento di velocità voluto dal compositore a b. 95 può essere ben contenuto entro limiti tecnici accettabili, garantendo altresì una chiara esplicitazione degli aspetti lineari contenuti. Conclusioni Andrea Caryn Sokol-Albert nello studiare gli aspetti armonici sottesi agli Impromptus per pianoforte di Fauré, evidenzia non tanto il desiderio di stupire il pubblico con il virtuosismo strumentale, quanto l’interesse verso un ampliamento dell’orizzonte stilistico del proprio linguaggio musicale; un ampliamento che si riflette in una progressiva assimilazione di influenze modali che culminarono nell’uso di scale di toni interi nel quinto Impromptu del 1909. 24 Egidio Pozzi Che l’aspetto virtuosistico — fortemente presente nel lavoro che abbiamo analizzato e connaturato alla sua funzione didattica — sia ovviamente da mettere in luce è un fatto sul quale non ci possono essere dubbi. Che tale aspetto rischi di oscurare la sostanza musicale del pezzo, cioè i caratteri tematico-motivici, quelli contrappuntistici e tonali, è però un pericolo di cui occorre essere coscienti.26 Un’esecuzione che privilegi solamente gli aspetti “spettacolari” e che su questa base legga le caratteristiche del pezzo, inevitabilmente tenderà a fornire delle immagini formali lontane da quelle suggerite dal compositore. E non va dimenticato che la vicinanza del genere dell’Impromptu alla rapsodia, alla fantasia e all’improvvisazione non significa che esso non sia, come in questo caso, un pezzo “scritto”, cioè un pezzo dotato di caratteristiche tematiche, armoniche e formali definite precisamente dal compositore. Fauré scrisse un pezzo che da una parte si avvicina ad un tema con variazioni e dall’altra ad una strana forma sonata senza sviluppo e senza ripresa tonale; pur non presentando una forma codificata la musica mantiene una forte coerenza interna ed esprime una forma logicamente ed esplicitamente dispiegata nel tempo. Tale coerenza interna è anch’essa un aspetto che contribuisce ad una esecuzione virtuosistica, un’esecuzione che voglia essere non solo brillante, sorprendente ed espressiva, ma anche fortemente comunicativa della logica musicale sottesa al pezzo. In altre parole il virtuosismo che privilegia il rispetto della complessità della scrittura — riuscendo a rendere percepibili motivi, temi, relazioni contrappuntistiche e quant’altro si consideri importante attraverso la dinamica, l’agogica e la ricerca del tocco più appropriato — deve essere considerato non solo pari al virtuosismo più spettacolare e brillante, ma anche indispensabile ed essenziale nell’interpretazione di pezzi come quello qui preso in esame. Il confronto tra le diverse interpretazioni dell’Impromptu per arpa di Fauré — al di là degli indubbi meriti virtuosistici di ciascun esecutore — evidenzia alcuni problemi la cui risoluzione può provenire da un riscontro analitico che metta in rilievo la logica e la coerenza delle relazioni interne al pezzo. John Rink [1990, 324] definiva l’«intuizione informata» quella capacità dell’interprete di intuire le soluzioni esecutive più efficaci facendo riferimento non solo alla propria sensibilità artistica e alle proprie esperienze pratiche, ma anche a conoscenze teorico-analitiche apprese al di fuori dell’insegnamento strumentale. Anche in questo caso un interprete sensibile e attento potrà fidarsi della sua intuizione soprattutto se tale intuizione saprà avvalersi di un’accurata indagine analitica del materiale usato e delle elaborazioni a cui tale materiale viene sottoposto. In relazione alle interpretazioni delle opere pianistiche del padre, Philippe Fauré-Fremiet rileva, per quanto riguarda il secondo Impromptu, che «una deplorevole tradizione ne ha fatto un pezzo di bravura, un pezzo solo di bravura, una prova di velocità, un gioco di acrobazia pianistica. Tutto ciò indica una grave mancanza di stima verso questo pezzo» [Fauré-Fremiet 1957, 150]. 26 Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel Es. 1 25 26 Egidio Pozzi Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel Es. 2 27 28 Egidio Pozzi Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel Es. 3 29 30 Egidio Pozzi Interpretazione musicale e concezione della forma: l’ Impromptu per arpa di Gabriel Es. 4 31 32 Egidio Pozzi Riferimenti Bibliografici Brown H.M. (1976), Embellishing 16th-Century Music, Oxford University Press, Oxford. Brown M.J.E. (1980), voce “Impromptu”, in The New Grove. Dictionary of Music and Musicians, a cura di S. Sadie, Macmillan, London, 9, 31. Crouch R.H. (1980), The nocturnes and the barcarolles for solo piano of Gabriel Fauré, PhD diss., Catholic University of America. Dahlhaus C. (1987), Beethoven e il suo tempo, EDT, Torino. Dahlhaus C. 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