Magdalena Nigoević
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Magdalena Nigoević
Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol II, pp. 637-643 Adattamento e produttività degli italianismi nella varietà regionale dalmata Magdalena Nigoević Università di Spalato (Croazia) Abstract L’obiettivo del presente contributo è quello di illustrare l’adattamento e produttività degli italianismi nella varietà regionale dalmata. Da secoli vi si trovano a contatto varietà strutturalmente distinte, varietà del mondo romanzo e varietà del mondo slavo. Si analizzano alcuni tratti del trasferimento linguistico che include l’adattamento dei prestiti di matrice italiana nella parlata della città di Spalato. L’indagine viene svolta sul materiale di una rivista umoristica pubblicata negli ultimi venti anni del Novecento che contiene i contributi in una varietà regionale. Il metodo dell’indagine è, in un versante preliminare, la ricerca condotta sul materiale raccolto dalla rivista; in un versante procedurale è l’analisi del materiale attraverso i fenomeni linguistici attestati a diversi livelli di analisi (fonologico, morfologico, semantico). L’attenzione si focalizza sull’analisi sincronica dei diversi tipi di transmorfemisazione e transsemantisazione. Vengono introdotti i termini di adattamento primario e adattamento secondario al livello morfologico e al livello degli slittamenti semantici. Nella fase dell’adattamento primario i prestiti entrano a far parte della lingua ricevente e nella fase dell’adattamento secondario prendono le desinenze della lingua ricevente e si comportano come le parole indigene. I lemmi attestati e analizzati rivelano i secolari profondi contatti culturali e linguistici tra le due sponde dell’Adriatico. 1. Introduzione 1.1. Quadro storico L’interferenza linguistica e i rapporti tra i due sistemi linguistici, romanzo e slavo, sono stati agevolati da fattori storici e geografici. In epoca Romana, la Dalmazia era completamente romanizzata e ha accettato e usato la lingua latina, vale a dire il latino volgare. Con l’influsso delle lingue di sostrato, sulla costa orientale dell’Adriatico, si è sviluppata la lingua romanza autoctona – il dalmatico1, una delle molte lingue usate dalla popolazione romanizzata prima dell’arrivo degli Slavi. Secondo Vidos, il dalmatico è una delle varietà della romanità balcanica, definita come “diretto continuatore del latino sulla costa dalmata completamente romanizzata” (1959: 335-336). In seguito alla slavizzazione delle città, la lingua croata assume sempre di più la funzione di mezzo di comunicazione all’interno delle famiglie. A causa della dominazione slava e dell’influsso veneziano sempre più accentuato, il dalmatico cominciava a scomparire. In rari casi eccezionali si è mantenuto fino alla fine del XIX secolo: l’ultimo parlante di questa lingua, il veglioto2, una varietà del dalmatico, Antun (Tone) Udina, è morto infatti nel 1989 sull’isola di Veglia. Nella Dalmazia del tempo “vennero in contatto tre lingue: la lingua romanza autoctona della costa orientale dell’Adriatico – il dalmatico o dalmatico-romanzo come lingua di sostrato, il croato come lingua di adstrato nonché di superstrato rispetto al dalmatico e il veneziano come lingua di adstrato e superstrato rispetto ai due idiomi precedenti” (Malinar, 2003: 284-285).3 Con la sottomissione della Dalmazia al dominio della Repubblica di Venezia, il veneziano diventa l’idioma romanzo 1 Cfr. Muljačić, Ž. (2000). La descrizione dettagliata del veglioto, una delle varietà del dalmatico, oggi scomparso, fu pubblicata a Vienna da Bartoli già nel lontano 1906. La traduzione italiana è uscita nel 2000. 3 “[…] non ci dimenticheremo che in fondo sostrato, superstrato e adstrato non sono altro che delle espressioni metaforiche per indicare gli influssi linguistici dei popoli rispettivamente vinti, vincitori e conviventi.” (Vidos, 1959: 217) 2 predominante. Il veneziano4 si usava in tutti i settori più importanti della vita pubblica, si diffondeva mescolandosi con il dalmatico e con l’idioma slavo. In quel periodo, i venezianismi sono penetrati nelle lingue indigene non solo per la necessità di nuovi termini, ma anche per il prestigio di cui godeva quella varietà linguistica e per il desiderio di essere più vicini ai circoli autorevoli. I motivi del prestigio del veneziano e della sua notevole influenza sulle lingue con cui veniva in contatto vanno ricercati nella dominante funzione politica che esercitava sui territori in suo possesso, come pure nel fatto che la Serenissima era il centro economico e culturale non solo dell’Adriatico, ma di tutto il Mediterraneo. L’espansione commerciale e economica era inevitabilmente accompagnata da quella linguistica. Il veneziano è diventato così lingua franca5, vale a dire la lingua di comunicazione tra le persone che non avevano una comune lingua materna. La monarchia Asburgica, dopo la caduta della Serenissima (1797), assunse il potere, ma conservò l’assetto amministrativo preesistente. Oltre alla struttura amministrativa tenne in vita anche la lingua della Serenissima. Il Colonian Venetian6 o veneziano “di là da mar”7 o croato-veneziano8 ha influito significativamente sui dialetti dalmati e, nonostante stia scomparendo, si può ancora oggi sentire in tutte le città dalmate.9 4 Molti autori si sono occupati dell’influsso veneto in Dalmazia, cfr.: Bidwell (1967); Cifoletti (1989); Cortelazzo (1977); Filipi, (1997); Folena (1968-70); Gačić (1979); Jernej (1956); Malinar (2003); Metzeltin (1989); Muljačić (1970, 1992); Sočanac (2004); Šimunković (1996); Tekavčić (1976); Ursini (1987); Vidović (1993); Vinja (1998, 2003, 2004). 5 Cfr. Trudgill (1995: 133); Santipolo (2002: 169). Del termine lingua franca in Dalmazia cfr. Cortelazzo (1977: 526); Berruto (2004: 149). 6 Il termine è stato coniato da Charles E. Bidwell. Cfr. Bidwell (1967: 13). 7 Il termine è stato coniato da Gianfranco Folena. Cfr. Folena (1968-70). 8 “Non vedo buone ragioni contrarie all’introduzione del termine croato-veneziano per indicare un VC specifico (ossia il VC in Croazia, diventato col tempo il VC di Croazia).” (Muljačić, 2002: 108) VC sta per veneziano coloniale. 9 “È naturale che l’imitazione di modelli cancellereschi e letterari italiani, la lunga amministrazione veneziana in terraferma e sulle Magdalena Nigoević 1.2. Italianismi Da secoli in Dalmazia si trovano a contatto varietà strutturalmente distinte, varietà del mondo romanzo e varietà del mondo slavo. Questa situazione linguistica ha la matrice storica sopra menzionata: l’autoctona lingua romanza del sostrato – il dalmatico, le note vicende della Serenissima, l’estensione della lingua franca Mediterranea di origine veneta – il veneziano, insieme alla vicinanza geografica e culturale con il mondo italico. Gli influssi linguistici romanzi rivelano la presenza di diversi strati linguistici: dal latino-balcanico, il dalmatico, il veneziano-dalmata, il veneziano, il triestino sino al più recente italiano standard. Per la complessità della questione linguistica ivi presente, nel nostro lavoro evitiamo il termine ‘romanismo’ e utilizziamo il termine ‘italianismo’ nel significato di ‘prestito proveniente da tutti gli idiomi del territorio italiano’. Gli italianismi si riferiscono prima di tutto ai prestiti dal veneziano il cui numero all’interno del nostro corpus costituisce la componente più cospicua, insieme ai prestiti dall’italiano standard e dalle parlate localizzate prevalentemente nell’area settentrionale. 1.3. Varietà regionale dalmata Non vi è alcun dubbio che le fonti degli italianismi siano diverse perché non si tratti solo di una lingua, di una parlata o di un dialetto. Neanche l’aggettivo ‘croato’ non ricopre un’omogenea realtà linguistica ma si riferisce indistintamente agli idiomi ciakavo-ikavo, stokavo-ikavo, stokavo-ijekavo che è la base principale dell’odierno standard croato. Tanto è vero che la varietà regionale dalmata – la parlata della città di Spalato (Croazia), come del resto di qualsiasi altro ambiente urbano, si presenta eterogenea e variegata. La città di Spalato si trova nella tradizionale area del dialetto ciacavo che oggi si sente parlare raramente e per di più notevolmente modificato. Inarrestabile è il processo di convergenza verso lo standard, vale a dire verso il più diffuso stocavo. La varietà parlata della città di Spalato conserva caratteristiche proprie di una varietà urbana il cui nucleo è costituito dai “suoi dialettismi e urbanismi specifici” (Jutronić, 1998: 239). Tralasciando ulteriori argomentazioni di carattere dialettologico e sociolinguistico inerente alla parlata di Spalato, ci limiteremo ad analizzare esclusivamente i dialettismi di origine italiana. 2. Metodologia L’obiettivo del presente contributo è quello di illustrare l’adattamento e produttività degli italianismi nella varietà regionale dalmata. Si analizzeranno alcuni tratti del trasferimento linguistico che includono l’adattamento dei prestiti di matrice italiana nella parlata della città di Spalato. Per adattamento, ossia vera e propria integrazione, si intende “l’influsso esercitato dalla lingua ricevente nello sforzo di adeguare il termine di tradizione straniera alle strutture fonematiche, morfologiche, ecc.” (Gusmani, 1986: 25) della lingua di arrivo. In tale prospettiva, questo lavoro prende spunto dall’indagine svolta sul materiale della rivista umoristica Berekin, pubblicata negli ultimi venti anni del Novecento, che contiene i contributi in una varietà regionale della matrice ciacava, molto affine alla parlata usata nella città di Spalato. (Nigoević, 2005) La rivista nasce in un ambiente demografico e linguistico particolarmente stratificato. Date queste premesse, ci è sembrato che il contenuto di questa rivista locale, completa di tutti i numeri (24 febbraio 1979 – 3 marzo 2002), costituisse il modello più rappresentativo per le nostre ricerche linguistiche. Il metodo di indagine è, nella fase preliminare, la ricerca condotta sul materiale raccolto dalla rivista, mentre, nella fase procedurale, è l’analisi del materiale attraverso i fenomeni linguistici attestati ai diversi livelli di analisi (fonologico, morfologico, semantico). Vengono introdotti i termini di transfonemizzazione, con cui si intende indicare la formazione dell’aspetto fonologico del prestito; di transmorfemizzazione, per designare le trasformazioni che si realizzano in ambito morfologico; e di transemantizzazione, ossia adattamento a livello semantico. Inoltre si parlerà dell’adattamento primario e adattamento secondario al livello morfologico e al livello degli slittamenti semantici. (Filipović, 1986) Nella fase dell’adattamento primario, termine che si riferisce ai cambiamenti che avvengono fino all’integrazione della parola straniera nel sistema della lingua ricevente, i prestiti entrano a far parte della lingua ricevente e, nella fase di adattamento secondario, prendono le desinenze della lingua ricevente comportandosi come parole indigene. Si focalizzerà l’attenzione sull’analisi sincronica dei diversi tipi di adattamenti. 3. Adattamento e produttività Nella fase dell’analisi del corpus, ci soffermeremo solo su alcuni aspetti prestando attenzione al fatto che “ciò che conta di più per i linguisti è la classificazione dei prestiti secondo le categorie grammaticali, dei livelli grammaticali e dei processi di integrazione” (Filipović, 1986: 46). Ricaviamo l’approccio teorico e la terminologia dalla teoria delle lingue di contatto. Per evitare dubbi terminologici, nel testo che segue adoperiamo i seguenti termini: lingua di partenza (d’ora in poi LP)10 – varietà che è la fonte degli italianismi e lingua ricevente (d’ora in poi LR)11 – varietà che accetta gli italianismi; modello – la parola fonte nella lingua di partenza; prestito – la stessa parola nella lingua che la riceve e che può essere più o meno diversa dalla fonte. 3.1. 10 flotte e la continua presenza di commercianti ed artigiani italiani in Dalmazia abbiano arricchito il lessico delle varietà croate.” (Metzeltin, 1989: 562) Livello fonologico La formazione dell’aspetto fonologico del prestito, ossia la transfonemizzazione, è la sostituzione degli elementi fonologici della LP con gli elementi della LR e si manifesta nel corso della delineazione della forma Il termine di lingua di partenza è definito nel paragrafo § 1.2. Italianismi 11 Il termine di lingua ricevente si riferisce alla varietà regionale Dalmata descritta nel paragrafo § 1.3. Adattamento e produttività degli italianismi nella varietà regionale dalmata fonologica del prestito nella LR. Nella nostra analisi l’adattamento ortografico, cioè la sostituzione che avviene partendo dagli elementi ortografici, è molto più rara. La parola scritta non ha giocato un ruolo importante nei contatti linguistici avvenuti in Dalmazia. Al contrario, è proprio grazie alla parola viva che, nel corso dei secoli, si è sviluppato il fenomeno del prestito. La forma ortografica del prestito molto spesso si forma sulla pronuncia. L’adattamento grafico è spesso limitato alla sostituzione di un segno grafico della LR a quello della LP, mentre il fonema che questo grafema esprime è identico nei due sistemi linguistici. Un numero relativamente grande di prestiti italiani è entrato nella LR senza adattamenti marcati. Ciò si spiega con il fatto che i due sistemi fonologici e in gran parte anche grafici sono relativamente vicini e la coincidenza fonografica è molto frequente. Avremo così moltissimi prestiti di origine italiana che si pronunciano allo stesso modo, ma la cui ortografia è leggermente modificata, adattata alle convenzioni grafiche della LR: così il fonema /k/, scritto in italiano con le lettere c, ch, q verrà reso in croato graficamente con k: kalafat < it. calafàto, similmente la g (+ e, i) /dž/, c (+ e, i) /č/ o sc (+ e, i) /š/ verrano scritte in croato rispettivamente con đ, č, š: inđenjer < ven. ingegnèr, motočikleta < it. motociclétta, kušin < it. cuscino. Di conseguenza molti italianismi appartengono al grado zero della transfonemizzazione, vale a dire il prestito mantiene le caratteristiche fonetiche del modello: it. ciccióna > čičona, ven. cicolàta > čikolata, ven. intimèla > intimela, ven. forza > forca, ven. gamèla > gamela, it. scimmia > šim(i)ja, ven. vapòr > vapor, ecc. Un numero cospicuo di italianismi attraversa il processo di transfonemizzazione parziale; ciò significa che la descrizione fonematica del prestito corrisponde solo parzialmente a quella del modello. Ne consegue che le vocali possono differenziarsi per quanto riguarda l’apertura, ma non la posizione articolatoria, mentre le consonanti possono essere diverse secondo il punto di articolazione, ma non in base al modo di articolazione. (Filipović, 1986: 72) Per esempio, le vocali italiane aperte si sostituiscono con le vocali della LR di minor apertura: it. mèrlo > merlo, ven. balòta > balota. Alla transfonemizzazione parziale appartengono anche gli esempi di degeminazione (it. abbaino > abajin, it. avvocàto > avokat, it. bellézza > beleca, it. basso > bas, it. coràggio > korađ, it. tràfficante > trafikant), laddove quel processo mediante il quale un fonema doppio diviene semplice non si era già verificato, come nel caso dei dialetti dell’area settentrionale.12 Quando i fonemi importati non hanno equivalenti nella LR parliamo di transfonemizzazione libera, vale a dire la LR si serve dei propri mezzi per adattarli. In questo modo si risolve la questione dei dittonghi che non esistono nella LR i quali si riducono come nei seguenti esempi: ven. barbièr > barbir, it. fiorétto> fioret o introducono semivocale j: ven. viagio > vijađ, ven. malizia > malicija. Le innovazioni nella distribuzione dei fonemi nella LR sotto l’influsso del fenomeno del prestito lessicale sono 12 “Nel settentrione le consonanti doppie (o lunghe) latine vengono sistematicamente ridotte a consonanti semplici.” (Lepschy, 1998: 51). molto più frequenti delle innovazioni nel sistema fonologico poiché questo ultimo è chiuso. La LR ha più possibilità di combinazioni per quanto riguarda la distribuzione dei fonemi rispetto alla LP, il che riduce ulteriormente la necessità di adattamento. 3.2. Livello morfologico Il livello morfologico comprende le trasformazioni attraverso cui passa la forma base del modello della LP nel corso dei suoi adattamenti nella forma base della LR. Innanzi tutto, i morfemi della LP si uniformano al sistema fonologico della LR e poi si stabiliscono le categorie grammaticali. Durante l’analisi morfologica si consolida la forma base del modello che può essere composta da due tipi di morfemi: lessicali e formativi. I morfemi lessicali passano liberalmente da una lingua all’altra soddisfacendo così le esigenze delle nuove parole. Invece, i morfemi formativi molto raramente si trasferiscono. (Weinreich, 1974: 39) La sostituzione degli elementi delle LP con gli elementi delle LR al livello morfologico viene denominata transmorfemizzazione e si realizza a tre livelli: transmorfemizzazione zero, quando il modello è importato come morfema lessicale senza il morfema formativo, transmorfemizzazione parziale, quando il prestito conserva il morfema formativo della LP, e transmorfemizzazione completa, quando il morfema formativo della LP si sostituisce con il morfema formativo della LR. A livello morfologico è inoltre necessario introdurre i termini di adattamento primario e secondario. (Filipović, 1986: 119) Nella fase dell’adattamento primario l’elemento alloglotto viene integrato nel sistema della LR. L’adattamento secondario avviene dopo l’integrazione completa nel sistema linguistico ricevente, il che significa che il prestito continua a modificarsi secondo le regole della LR. Una volta integrate nel sistema in cui sono penetrate, le parole si comportano come quelle autoctone, prendendo parte attiva anche nella formazione delle parole. Nella maggior parte delle analisi dei prestiti linguistici nelle lingue europee (Haugen, 1950; Filipović, 1986; Antunović, 1992; Muhvić e Dimanovski, 1995; Sočanac, 2004), le statistiche rivelano che le categorie grammaticali più frequenti sono i nomi, i verbi e gli aggettivi. Dal momento che la stessa frequenza è riscontrabile anche nel nostro corpus, trattiamo solo le categorie appena elencate, dato che le altre sono presenti in maniera esigua. 3.2.1. Nomi Per le ovvie ragioni del trasferimento linguistico, si presenta la necessità di elencare i nuovi termini, e, contestualmente, va segnalato come, tra tutte le categorie grammaticali, la più rilevante, la più numerosa e, di conseguenza, la più produttiva sia quella dei nomi. Nel processo di adattamento della forma base e del genere, i nomi attraversano tutti e tre i livelli di transmorfemizzazione. Nella fase dell’adattamento primario i nomi attraversano la transmorfemizzazione di grado zero, cioè i nomi vengono importati nel sistema morfologico della LR senza nessuna modifica, naturalmente previa transfonemizzazione. In questo caso il prestito è costituito dal morfema lessicale, il modello Magdalena Nigoević corrisponde al prestito e viceversa, e non c’è bisogno dell’adattamento morfologico perché manca il morfema formativo. L’esempio potrebbe essere quello dei nomi di origine veneta, a cui la vocale finale è stata in precedenza elisa: ven. armeròn > armerun, ven. fachin > fakin, ven. garzòn > garzun, ven. cain > kajin, però solo nel nominativo e accusativo, poiché negli altri casi si aggiungono le desinenze flessive della LR. Lo stesso vale per i nomi composti e i sintagmi nominali, quali: ven. corpo morto > korpo morto, ven. zucaro d’orzo > cukaro de orzo, ven. tiramola > tiramola, ecc. La corrispondenza delle forme morfologiche si può notare nei nomi femminili terminanti in -a che mantenogono la stessa forma nella LR: ven. bètola > betula, ven. zima > cima, ven. fota > fota, ven. mona > mona, ven. piria > pirja, it. rìga > riga, ecc. Questi esempi, tra l’altro sono numerosissimi, non rientrano nella casistica della transmorfemizzazione zero, poiché esiste il morfema formativo, il suffisso -a. In questi casi, nel processo di trasferimento dalla LP alla LR, insieme al morfema lessicale si trasferisce anche il morfema formativo che ha, in entrambi i sistemi, la stessa funzione: quella di femminile singolare. Nella fase di transmorfemizzazione parziale i prestiti conservano il morfema formativo della LP, il quale è precedentemente transfonemizzato. I nomi maschili che nel modello terminano in -o conservano tale suffisso nel prestito: fumo < it. fùmo, ganco < ven. ganzo, kapo < it. capo, kapučino < it. cappuccino, konto < it. cónto, kumpanjo < ven. compagno, libreto < it. librétto, loto < it. lòtto, nonculo < ven. nonzolo, nono < ven. nono, orzo < ven. orzo, papagalo < it. pappagàllo, rešto < it. rèsto, ecc. Fanno parte di questo gruppo anche i nomi maschili in -e: kafe < ven. cafè, pape < it. papà, prešidente < it. presidènte. Inoltre, ci sono molti nomi che terminano in suffissi produttivi della LP che, dopo averli transfonemizzati, li conservano, tra cui i suffissi -ella: it. bagatella > bagatela, -ìna: ven. bachetìna > baketina, àda: ven. berechìnàda > berekinada, -étta: it. biciclétta > bičikleta, -ìa: ven. becarìa > bikarija, -ièra: ven. zucarièra > cukarjera, -ezza: ven. debolezza > debuleca, -ozza: ven. carozza > karoca. Non sono tanti gli esempi di transmorfemizzazione completa e in molti casi riguardano l’ellissi dei nomi maschili in cui si perdono i suffissi -o ed -e: it. basso > bas, it. gìro > đir, ven. ghéto > get, it. fiorétto > fioret, ven. sesto > šest, ven. tìngolo > tingul; it. salàme > salam. I classici esempi di transmorfemizzazione completa comprendono i casi in cui il morfema formativo della LP si sostituisce con il morfema formativo della LR che ha la stessa funzione e lo stesso significato, per esempio -e > -a: it. parte > parta, it. fèbbre > fibra oppure -ione > -ija: it. ricreazióne > rekrejacija, it. speculazióne > špekulacija. Nella fase di adattamento morfologico, oltre alla forma base del nome, viene stabilito anche il genere grammaticale nella LR. Entrambi i sistemi linguistici conoscono le categorie del genere naturale e grammaticale. A differenza della LP che ha solo genere maschile e femminile, la LR ha anche la categoria del genere neutro. Quasi tutti i prestiti del nostro corpus appartengono al genere maschile oppure al femminile, mentre sono poche le eccezioni di genere neutro, i quali: loto (n) < ven. loto, merlo (n) < ven. merlo ed orzo (n) < ven. orzo. Ad attribuire il genere contribuiscono diversi fattori. Oltre al genere naturale: ven. berechìn (m) > berekin (m), ven. biondina (f) > bjondina (f), it. ciccióna (f) > čičona (f), ven. garzòn (m) > garzun (m), ven. sartòr (m) > šaltur (m), it. signorina (f) > šinjorina (f); vi è anche la forma morfologica. Per esempio, i nomi terminanti in -a di solito conservano il genere femminile, tutti i nomi maschili che terminano in consonante (ven.) o dopo averla persa (it.), prima transfonemizzati, diventano nomi maschili nella LR: it. fiorétto > fioret, it. colóre > kolor, it. salàme > salam; ven. bocòn > bokun, ven. matòn > matun, it./ven. portón(e) > portun, ven. vapòr > vapor, ecc. Lo stesso avviene con i nomi femminili, che nel processo della transmorfemizzazione completa sostituiscono il morfema formante -e > -a e conservano il genere femminile nella LR: ven. cale > kala, it. clàsse > klaša, it. parte > parta. Quanto al cambiamento di genere nel processo di trasferimento linguistico, nel nostro corpus sono molto più numerosi i casi di cambiamento di genere maschile della LP in genere femminile della LR. La maggior parte interessa i nomi femminili con suffisso ióne che si integrano nella LR come i nomi maschili in un: it. decorazióne > dekoracjun, it. intenzione > intencijun, it. confusióne > konfužjun, it. opinióne > opinjun, it. protezióne > protecjun, it. stagione > štađun, it. televisióne > televižjun, ecc. Questo può essere favorito dal fatto che nella coscienza linguistica dei parlanti bilingui il suffisso -ióne sia stato identificato col frequente suffisso -one della LP, attribuito agli accrescitivi maschili. Il momento interpretativo si rivela in tutta la sua importanza quando conduce a una analisi errata della parola. Il parlante, nel processo dell’interferenza linguistica, “interpreta il modello straniero e conseguentemente lo identifica con quella categoria grammaticale indigena che offre più appigli ad un confronto” (Gusmani, 1986: 51). Un caso interessante è l’esempio di mancata identificazione dell’articolo, siccome il sistema linguistico della LR non lo conosce, con conseguente agglutinazione dell’articolo, che si interpreta come parte integrante del nome: lumbrela < it. ant. l’ombrella, lumbrelin < it. ombrellìno. Oltre ai processi di integrazione, transfonemizzazione e di transmorfemizzazione primaria, in cui si definiscono la forma base e il genere del nome, avvengono ulteriori cambiamenti dovuti esclusivamente ai meccanismi della lingua indigena. (Filipović, 1986: 57) In questa fase dell’adattamento secondario i prestiti integrati diventano la base per la formazione delle parole e mostrano la loro produttività. Due sono i modi della formazione delle parole: derivazione (suffissazione e prefissazione) e composizione. I derivati denominali sono i più numerosi e la suffissazione è il procedimento più produttivo. L’impiego dei vari prefissi, invece, si rivela caratteristico nella formazione dei verbi di cui sotto. Aggiungendo dei morfemi formanti indigeni, aventi funzione di modificare il significato dei morfemi lessicali, in alcuni casi si può alterare la categoria grammaticale del prestito. Tra i diversi derivati denominali menzioniamo anche: ica: štracunica “stracciona” < ven. stràza + suffisso della LR –un dal significato di “maschile” (Babić, 1991: 336) + suffisso della LR -ica che significa “la testa femminile” Adattamento e produttività degli italianismi nella varietà regionale dalmata (Babić, 1991: 152); -anin “suffisso per esprimere etnia maschile” (Babić, 1991: 220): getanin “abitante del ghetto” < ven. ghéto o suffisso -in: spalatin < it./ven. Spalato; grintavac “brontolone” < ven. grinta + suffisso della LR -av che significa “che possiede” (Babić, 1991: 442) + suffisso della LR -ac dal significato di “persona” (Babić, 1991: 74). Inoltre, i nomi astratti si costituiscono con il suffisso -stvo dal significato di “ciò che si riferisce al nome” (Babić, 1991: 277): karonjstvo < ven. carògna + -ost; diminutivi con l’impiego del suffisso -ica per i nomi femminili: lamica < it. lama, lumbrelica < lumbrela < ven. ombréla, moretica < moreta < ven. morèta, štračica < štraca < ven. stràza; mentre i diminutivi maschili acquistano i suffissi -ić i -čić: bokunčić, bokunić < bokun < ven. bocòn, kantunić < kantun < ven. cantòne, kušinić < kušin < it. cuscino; gli accrescitivi con il suffisso -etina dal significato di “accrescitivo che contiene una sfumatura spregiativa” (Babić, 1991: 244): libretina < it. libro. La composizione consiste nell’accoppiamento di un termine d’influsso straniero con un elemento indigeno; essa è il prodotto di uno scontro che interessa solo un’unità del sistema, cioè la parola. Tra queste formazioni lessicali ibride nel nostro corpus notiamo due esempi abbastanza indicativi di nomi composti: manjamukte dal significato di “sbafatore, parassita” < ven. magnar + tur. mukte “gratuito” (Škaljić, 1985: 468) e plačimona dal significato di “piagnucolone” < forma imperativa del verbo croato plakati “piangere” + ven. mona. Entrambi hanno un morfema lessicale di origine veneta: nel primo composto troviamo anche un elemento proveniente dalla lingua turca, il che è di per sé indicativo degli influssi linguistici esercitati in questo territorio. 3.2.2. Verbi In entrambi i sistemi linguistici, la forma base del verbo è costituita dalla radice e dalle desinenze dell’infinito. L’adattamento comincia col definire la forma base. Nel processo d’integrazione dei verbi italiani nel sistema linguistico della LR non compaiono esempi di transmorfezziazione di grado zero, né di transmorfemizzazione parziale, ma l’adattamento avviene solo nella fase della transmorfemizzazione completa. Le terminazioni dell’infinito della LP -ar(e), -er(e) e -ir(e), si sostituiscono rispettivamente con le terminazioni dell’infinito della LR -at e -it. I verbi che appartengono alla prima coniugazione della LP sostituiscono la desinenza -ar(e) con la desinenza -at, mentre i verbi della seconda e della terza coniugazione si adattano mediante la sostituzione delle terminazioni dell’infinito -er(e) ed -ir(e) con la desinenza -it. Menzioniamo alcuni esempi dei prestiti verbali in -at i quali sono molto più numerosi: adočat < ven. adociar, ćakulat < ven. ciacolar, fikat < ven. ficàr, guštat < it. gustàre, imbrojat < ven. imbrogiàr, kalat < ven. calàr, parićat < ven. parechiar, šjolat < ven. siolàr; e quelli in -it che nel nostro corpus rappresentano un gruppo più piccolo: finit < ven. finìr, intendit se < ven. intender, krešit < it. créscere, kurit < it. correre, partit < ven. partìr, prišvadit < it. persuadere, ribambit < ven. ribambìr, ecc. I due sistemi linguistici in contatto rappresentano due sistemi diversi per quanto riguarda l’aspetto verbale. Nella LP l’aspetto verbale ha un’importanza secondaria, mentre nella LR, come in tutte le lingue slave, i diversi valori aspettuali trovano una precisa espressione grammaticale. Questo rende indispensabile l’introduzione dell’adattamento secondario del verbo per poter analizzare i prestiti verbali.13 Nella fase dell’adattamento secondario, il prestito verbale integrato si sottopone al sistema linguistico indigeno, si modifica introducendo dei morfemi formanti (suffissi e prefissi) per indicare l’aspetto verbale. I verbi integrati nella fase primaria mediante l’aggiunta del suffisso della LR -va- assumono il valore durativo e incompiuto: abadat/abadavat < ven. abadàr, bacilat/bacilavat < ven. bazilar, brontulat/brontulavat < ven. brontolar, deštrigat/deštrigavat < ven. destrigàr, đirat/điravat < ven. giràr, falit/falivat < ven. falìr, frajat/frajavat < ven. fraiar, fudrat/fudravat se < ven. fodràr, krepat/krepavat < ven. crepàr, piturat/pituravat < ven. pituràr, stivat/stivavat < ven. stivàr, škrokat/škrokavat < ven. scrocàr, šporkat/šporkavat < ven. sporcar, šuperat/šuperavat < it. superàre, točat/točavat < ven. tochiàr, vižitat/vižitavat < ven. visitàr, ecc. Il procedimento opposto avviene quando ai verbi in precedenza integrati viene preposto il prefisso per esprimere l’aspetto verbale concluso e compiuto: nadožuntat < ven. zontàr, iščakulat se < ven. ciacolar, išporkat < it. sporcàre, izbanjat < it. bagnàre, izvicjat < ven. viziar, nabaketat < it. bacchettare, nabalat se < it./ven. balar(e), nabunbat < ven. bombar, osekat < ven. secàr, pofrajat < ven. fraiar, pošprucat < ven. spruzzàr, prišaltat < ven. saltàr, razbanzat < ven. bandizar, razvicjat < ven. viziar, zabeštimat < ven. bestemiar, zakantat < it. cantàre. 3.2.3. Aggettivi La maggior parte dei prestiti aggettivali viene usata per rendere il discorso più vivo e più espressivo. Molti aggettivi integrati sono stilisticamente marcati rispetto ai loro sinonimi della lingua indigena. Nel processo dell’adattamento degli aggettivi distinguiamo anche la fase dell’adattamento primario e dell’adattamento secondario. Nella fase della transmorfemizzazione di grado zero, gli aggettivi, in precedenza transfonemizzati, entrano senza aggiunte a far parte della LR: it. blu elettrico > blu-letriko, it. èbete > ebete, it. chiàro > kjaro, it. lùsso > lušo, ven. marot > marot, it. pronto > pronto, ven. s’cèto > šćeto. Dal punto di vista morfologico, si tratta dei prestiti non adattati perché rimangono invariabili rispetto al numero, al genere e ai casi della LR. Gli altri prestiti aggettivali si integrano nel processo di transmorfemizzazione completa che di solito avviene con l’elisione della vocale finale -o oppure -e dei nomi maschili singolari: it. débole > debul, it. fàlso > falš, ven. fresco > frišak, it. golóso > goluz, it. capriccióso > kapričioz, it. magnìfico > manjifik, it. pacifico > pačifik, it. persuàso > peršvaž, it. sicuro > sikur, ven. sincèro > sinčer, ven. scuro > škur, it. stufo > štuf, ven. sufistico > šufištik, it. supèrbo > šuperb. Dopo l’integrazione completa avviene l’adattamento secondario, vale a dire, all’aggettivo base rappresentato dal modello straniero, transfonemizzato in precedenza, 13 Il termine di ‘adattamento secondario del verbo’ viene introdotto nelle lingue in contatto da Filipović. (1986: 144) Magdalena Nigoević vengono aggiunti i suffissi aggettivali della LR (-an, -ast, -av). I prestiti aggettivali, in seguito assolvono le funzioni dell’aggettivo indigeno e possono esprimere le categorie del numero, genere e caso: it. malizióso > maliciozan, it. serióso > seriozan, it. scandalóso > skandalozan; it. geloso > đeložast, it. gentìle > đentilast, it. furbo > furbast, ven. rizo > ricast, ven. tondo > tondast; ven. sempio > šempjav, ecc. Va notato un esempio interessante trovato nel nostro corpus. Si tratta dell’aggettivo it. ‘stabile’ cha ha due sbocchi diversi nella LR: štabil e štabilan. Entrambi i prestiti hanno attraversato i processi della transfonemizzazione e della transmorfemizzazione completa. L’aggettivo štabil si è integrato nella fase dell’adattamento primario con l’elisione della vocale finale -e, mentre il termine štabilan, più recente, si è integrato nel processo di adattamento secondario mediante il suffisso aggettivale della lingua indigena. 3.3. Livello semantico Nel processo di adattamento, oltre alla transfonemizzazione e alla transmorfemizzazione, gli elementi alloglotti attraversano anche la fase dell’adattamento semantico, ossia la transemantizzazione in cui il significato si adatta alla LR. Nel processo di adattamento semantico primario i significati del prestito rimangono uguali a quelli del modello oppure si riducono, mentre, nel processo di adattamento secondario, il numero dei significati aumenta rispetto a quelli del modello. I prestiti caratterizzati dall’estensione semantica di grado zero appartengono a diversi campi semantici, fra cui: flora e fauna: petrusimul < ven. petersèmolo, frzelin < ven. frizarìn, gaštapan < ven. gastapàn; cibo e bevande: pašticada < ven. pastizada, pašareta < ven. pasarèta; giochi: briškula < it. brìscola, loto < ven. loto, trešeta < ven. tressète; misure: duzina < ven. dozèna, feta < ven. feta, kvarat < it. quarto; abbigliamento: bjankarija < ven. biancarìa, jaketa < ven. iachèta, ligamba < ven. ligambo, mudante < ven. mudande, traverša < ven. traversa; mestieri: kalafat < it. calafàto, kaligjer < ven. caleghèr, garzun < ven. garzòn, marangun < it. marangone, ecc. Questi prestiti si riferiscono per lo più alla sfera privata dell’esistenza umana, il che rivela non solo l’intimità e la vicinanza, ma anche i contatti secolari fra i due sistemi linguistici, poiché è solo la lunga e stretta convivenza che, nella coscienza dei parlanti bilingui, facilita il trasferimento dell’intero significato (uno o più) del modello. Il fenomeno più frequente nel processo di adattamento semantico è la riduzione del significato. Le nuove parole si introducono per soddisfare la necessità di nominare un nuovo termine, perciò di solito i prestiti conservano solo un significato e di regola quello è il significato base del modello. Ci sono tantissimi esempi della riduzione di significato nella fase di adattamento primario, tra cui: frut < it. frutto; per questo termine vengono enumerate nello Zingarelli sei accezioni (2000: 747), mentre nel nostro corpus il rispettivo prestito ha solo il significato di “prodotto commestibile degli alberi e di alcune piante”; kvadar < it. quadro, per il quale ci sono tredici accezioni nello Zingarelli (2000: 1449), laddove nella LR si conserva solo come “dipinto, tavola”; nono < it. nonno, termine con tre accezioni nello Zingarelli, mentre nella parlata dalmata si usa solo con il significato di “padre del padre o della madre nei confronti dei figli di questi” (Zingarelli, 2000: 1184), ecc. Nella fase dell’adattamento secondario il prestito, integrato nella LR, subisce ulteriori cambiamenti semantici, l’aumento o l’ampliamento del significato. Sono diversi i processi attraverso i quali avvengono questi cambiamenti, tra cui: metonimia: barba < it. barba, nella LR si usa nel significato di “zio” e anche come appellativo per signore; metafora: mandrilo < it. màndria, nella parlata regionale dalmata termine màndrilo è il nome beffardo per abitante di Spalato e non ha niente a che fare, come generalmente viene ritenuto, con la specie della scimmia africana mandrillo, ma si tratta dell’alterato che ha come base di derivazione il nome mandria “gruppo numeroso di bestiame grosso; spreg. insieme disordinato di persone” (Vinja, 2003:168); elissi: busta < it. bùsta paga “retribuzione di un lavoratore dipendente, unita alla distinta delle voci che la compongono” (Zingarelli, 2000: 271), nel nostro corpus solo il primo elemento della sintagma nominale si è trasferito nella LR ed ha assunto il significato dell’intero sintagma. 4. Conclusione Avendo passato in rassegna gli italianismi nella varietà regionale dalmata, o più precisamente nella parlata della città di Spalato, abbiamo cercato di trattare sincronicamente alcuni processi di adattamento e di produttività di tali prestiti. L’adattamento sul livello fonologico è agevolato dal fatto che tra i due sistemi fonologici non ci siano notevoli differenze solo che la LR ha maggiori possibilità combinatorie dei fonemi. L’aspetto fonologico dei prestiti viene definito di solito a seconda della pronuncia del modello. L’analisi dell’adattamento morfologico ha rivelato che tra le categorie grammaticali spicca notevolmente quella dei nomi. I prestiti nominali hanno inoltre dimostrato una grande capacità di adattamento e numerose possibilità produttive nel processo della formazione delle parole. Nell’adattamento dei verbi, particolare attenzione è stata rivolta all’aspetto verbale e alle modalità in cui i verbi integrati nell’adattamento secondario si servono dei morfemi formanti (suffissi e prefissi) per indicare l’aspetto verbale. La maggior parte degli italianismi appartiene ai campi semantici che si riferiscono alla vita privata dei parlanti. Adattamento e produttività degli italianismi nella varietà regionale dalmata Ciò dimostra che nella coscienza dei parlanti, gli italianismi non vengono percepiti come qualcosa di estraneo e che solo nel corso di lunghi e stretti contatti sono potuti avvenire trasferimenti di questo genere. La parlata locale e regionale è sempre rappresentativa dell’appartenenza a una cultura, a una tradizione; attraverso i suoi meccanismi puramente linguistici – nel nostro caso lessicali – è possibile scorgere la storia e la ricchezza dei contatti tra i popoli, tra le culture e tra lingue strutturalmente diverse. Con la scomparsa di qualsiasi parlata, scompaiono anche gli elementi linguistici che la contrassegnano, come anche una parte dell’identità e della memoria collettiva. 5. Riferimenti Antunović, G. (1992). Švedski u švengleskom – still going strong. Rad Hrvatske akademije znanosti i umjetnosti, knjiga 446, pp. 207-257. Babić, S. (1991). Tvorba riječi u hrvatskom književnom jeziku: nacrt za gramatiku. Zagreb: HAZU/Globus. Bartoli, M. G. (2000). Il Dalmatico. Resti di un’antica lingua romanza paralata da Veglia a Ragusa e sua collocazione nella Romania appennino-balcanica, a cura di Aldo Duro. Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani. Roma: Marchesi Grafiche Editoriali. Basso, W. e Durante, D. (2000). Nuovo dizionario venetoitaliano etimologico italiano-veneto. Villanova del Ghebbo (RO): CISCRA. Bidwell, Ch. E. (1967). Colonial Venetian and SerboCroatian in the Eastern Adriatic. A Case Study of Languages in Contact. General Linguistics, 7, pp. 1330. 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