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CHESS
Centre for Higher Education
& Society Studies
Il sistema di istruzione superiore francese
e le sue trasformazioni
Renata Semenza
Università di Milano
CHESS WORKING PAPER N. 7/2010
1
1. Introduzione
Il sistema di istruzione superiore francese 1, quasi esclusivamente pubblico, si
può definire in prima approssimazione “dicotomico”, suddiviso cioè in due
grandi sotto-sistemi: le università e le grandes écoles.
Il sistema universitario, in carico al Ministère dell’Enseignement Superieur et
de la Recherche, è stato caratterizzato da un forte livello di centralizzazione
della governance e da uno spiccato orientamento alla ricerca. Le università
rappresentano l’unico segmento ad accesso libero di un sistema di istruzione
che nel complesso è invece fortemente selettivo, gerarchico e meritocratico.
Nel corso del novecento le università francesi hanno rappresentato, tranne
poche eccezioni, l’anello debole dell’istruzione superiore, schiacciate fra le
ricche scuole di eccellenza e la formazione superiore non universitaria. A
questo proposito si è parlato della “lunga marcia delle università francesi”
(Musselin 2001) verso standard migliori sia sul piano dei contenuti formativi
che della reputazione.
Le grandes écoles godono invece di uno status elevato nella società francese,
grazie al diritto di selezionare gli studenti migliori e rappresentano il principale
canale professionalizzante dell’istruzione superiore. Sono dotate di mezzi
finanziari importanti, di un’autonomia molto maggiore di quella delle università
e possono dipendere, oltre che dal Ministero dell’istruzione, da altri ministeri
(Industria, Agricoltura, Finanze) o dalle Camere di Commercio regionali, come
nel caso delle Business School.
Storicamente i due sistemi si sono suddivisi gli ambiti disciplinari: le università
dedicate alle scienze e alle scienze umane e le grandes écoles alla formazione
economica e tecnico-ingegneristica.
I due sistemi continuano a svolgere anche distinte funzioni di riproduzione
sociale, in quanto l’università garantisce l’istruzione di massa, mentre le
grandes écoles hanno il compito di formare le élites.
Tuttavia una lettura dicotomica rischierebbe di essere troppo semplificata,
poiché vi sono numerose eccezioni che complicano il modello binario a cui si è
soliti fare riferimento pensando al sistema francese.
Esiste ad esempio un segmento selettivo anche nelle Università, rappresentato
degli istituti tecnici universitari (IUT), costituiti nel 1966 per professionalizzare
l’istruzione universitaria, che hanno una forte autonomia all’interno del
sistema. La selettività non è quindi una prerogativa esclusiva delle grandes
écoles. Un secondo aspetto è la presenza di un rilevante settore di istruzione
superiore “non-universitaria”, come le sezioni di istruzione tecnica superiore
(STS). Un’ulteriore prerogativa del sistema francese è che non esiste una netta
distinzione fra “teaching universities” e “research universities”, dato che il
settore della ricerca è incardinato nelle università, attraverso le unità miste di
ricerca (UMR). Il settore della ricerca, attraversato da una grave crisi
finanziaria e organizzativa e da un diffuso malessere dei ricercatori 2, è stato
Il sistema è composto da 83 università, 224 scuole di ingegneria, 220 scuole di commercio e
gestione e altre 3.000 istituzioni facenti parte dell’istruzione superiore (Mensr 2009).
2
Un problema che ha afflitto il sistema francese è la carenza di giovani ricercatori: la carriera
di ricerca pubblica, caratterizzata da un’elevata precarietà non attira i giovani, che hanno
sbocchi limitati nel settore privato. I direttori delle risorse umane delle imprese sottovalutano il
1
2
recentemente riorganizzato, assumendo un assetto più aperto alla
competizione interna e internazionale.
Tra gli anni ottanta e novanta la Francia conosce, come altri paesi europei,
una fortissima espansione del sistema di istruzione superiore, in particolare
dell’istruzione universitaria. L’aumento della disoccupazione giovanile e la
maggiore eterogeneità sociale del corpo studentesco, frutto delle crescenti
aspirazioni sociali delle famiglie, hanno avuto un’influenza diretta sulla riforma
dell’università (1984), che diventerà di massa, vale a dire accessibile a tutti e
de-localizzata territorialmente.
La prima grande modifica del sistema di istruzione superiore avviene dunque
da una sollecitazione di ordine politico e sociale, esterna al sistema. In quella
fase si palesa la pesante inadeguatezza delle università francesi come soggetti
istituzionali, poco influenti sul piano politico, ad eccezione delle corporazioni
accademiche.
La legge Savary del 1984, pur mantenendo i grandi principi della legge Faure
del 1968, fu molto più ambiziosa e riguardò l’intero settore dell’istruzione
superiore, non solo quello dipendente dal Ministero dell’Istruzione. La riforma
aveva l’obiettivo di raggruppare università e grandes écoles in un unico testo,
di favorire l’apertura verso il mondo economico e di inaugurare “la politica del
contratto” (quadriennale) fra Stato e Università, che segna un punto di svolta
decisivo per il sistema universitario 3.
Furono anche introdotti, un nuovo organismo partecipativo (CEVU Conseil des
études et de la vie universitaire), tuttora funzionante come uno dei tre organi
di governo delle università e un nuovo sistema di controllo e gestione
finanziaria
(NaBuCo-Nouvelle
Approche
Budgetarie
Comptable),
che
permetteva di definire per la prima volta un budget universitario, votato poi dal
consiglio di amministrazione.
Dalla seconda metà degli anni ottanta si va dunque affermando una maggiore
autonomia delle università e una maggiore collegialità nella gestione del
sistema di istruzione superiore -attraverso un intervento più attivo delle
collettività territoriali- all’interno di un sistema che restava in larga misura
centralizzato.
Nello stesso periodo viene messo in atto anche un processo di ulteriore
professionalizzazione dell’offerta didattica che, oltre agli IUT, moltiplica le
filiere professionali 4, a discapito di filiere generali e di ricerca. Via
professionalizzazione i programmi subirono una ridefinizione più conforme alla
domanda dei poteri economici, che molti osservatori definirono strumentale,
mirata cioè ad interessi troppo specifici e di medio-breve periodo.
Le istituzioni professionalizzanti, scaturite dal lungo e costante processo di
riforma che ha caratterizzato il caso francese, sono però la dimostrazione di
titolo di dottorato, mentre sovra stimano i passaggi dalle grandes écoles, pur essendo in larga
misura piccole e poco riconosciute a livello internazionale (Chatriot 2004).
3
La politica del contratto, che sembrava essere una semplice modifica delle procedure interne
per allocare risorse residuali dei budget delle università, ha in realtà dato origine al
cambiamento e ha condizionato l’intera configurazione delle università francesi (Musselin
2001).
4
Le STS (Sections de Techniciens Superieurs) sono diplomi universitari biennali post-bac, a cui
si può integrare 1 anno per arrivare a ottenere la laurea (Diplome Nationale de Tecnologie
Specialiste).
3
come le università siano state capaci di sviluppare dei settori tecnicospecialistici, che hanno avuto maggiore autonomia e rapporti più stretti con il
mondo esterno, all’interno del panorama universitario.
La moltiplicazione dei corsi di studio e la frammentazione in filiere corte e
filiere lunghe, portò alla rottura di quel perfetto sistema di corrispondenza, fra
il titolo di studio rilasciato dallo stato (diplome national) e la posizione
occupata nella gerarchia professionale, che aveva da sempre caratterizzato il
sistema francese, creando un senso di disorientamento sia nelle imprese che
nelle famiglie.
In quella fase si consolidò dunque un processo di diversificazione del sistema di
istruzione universitaria, ma in un quadro ancora polarizzato fra università e
grandes écoles.
Negli ultimi anni il sistema francese sta attraversando una fase dinamica,
segnata da spinte innovative in varie direzioni, che stanno portando una buona
dose di competitività e di apertura verso l’ambiente economico esterno.
Due sono i passaggi salienti del processo di trasformazione in corso: la legge di
riforma delle università del 2007, chiamata LRU (Loi sur les libertés et
résponsabilités des Universités), che ha prefigurato lo sviluppo del sistema per
i prossimi anni, prevedendo un notevole investimento finanziario (5 miliardi di
euro in 5 anni) e dei cambiamenti nella governance e la legge di riforma del
settore della ricerca.
2. I mutamenti del rapporto con il sistema economico: l’esempio della
regione Rhône-Alpes
La ricerca sul campo è stata condotta nelle principali università e grandes
écoles della regione Rhone-Alpes, a spiccata vocazione tecnico-scientifica, che
rappresenta il secondo polo universitario e di ricerca francese dopo l’area
parigina.
Gli aspetti più interessanti del rapporto fra università e ambiente economico
riguardano il settore della ricerca. Grazie allo sviluppo di strutture e dispositivi,
quali i poli di competitività, i clusters, le agenzie di valorizzazione e le filiali
universitarie, si stanno rafforzando le relazioni con i soggetti economici,
specialmente nell’ambito della ricerca tecnico-scientifica applicata. Più
problematico resta il coinvolgimento degli attori esterni nella ricerca di base,
per non parlare di quella socio-umanistica.
Più incerti e meno sviluppati sono invece i legami con il sistema economico nel
campo dell’insegnamento.
Le relazioni con l’ambiente esterno sono differenti se si comparano le filiere
professionalizzanti con quelle generaliste, le grandes écoles con le università,
le facoltà tecnico-scientifiche con quelle in scienze umane e sociali. Soltanto le
prime di ciascuno di questi binomi beneficiano di rapporti più consolidati con il
mondo economico.
Ad esempio i corsi di laurea professionalizzanti, che si stima siano il 55% di
tutta l’istruzione superiore francese, sono concepiti in alternanza fra studio e
formazione on the job. Negli altri settori universitari ciò non avviene, anche se
4
in gran parte dell’offerta formativa gli stages aziendali stanno divenendo una
parte integrante e diffusa.
Uno strumento di cooperazione fra università e imprese che funziona bene in
Francia è il CIFRE (conventions industrielles de formation pour la recherche)
che associa, intorno a un progetto definito, un’impresa, un giovane dottorando
e un laboratorio di ricerca. Le imprese assumono un dottorando, per tre anni,
con contratto a tempo determinato, lo pagano, e ricevono dal Ministero della
Ricerca un sostegno finanziario che corrisponde approssimativamente alla metà
della retribuzione versata dall’impresa, con l’obiettivo di formare dei quadri
aziendali attraverso la ricerca. Questo sistema permette al dottorando di
valorizzare il suo percorso, visto che il lavoro dottorale verte su un argomento
d’interesse per le imprese, anche se poi non intende continuare nell’ambito
della ricerca. Questo aspetto è particolarmente rilevante in un momento in cui
la valorizzazione del dottorato rappresenta un problema non soltanto in
Francia, ma in molti dei paesi europei, come emerge ad esempio dal confronto
con gli Stati Uniti 5.
Gli studi di caso mettono in luce la debolezza dei servizi agli studenti in senso
generale, riconducibile non tanto all’assenza di una cultura in tal senso, quanto
alla scarsità delle risorse economiche disponibili, data l’elevata numerosità
della popolazione studentesca e le scarsissime entrate da parte del settore
privato.
Sul fronte della progettazione congiunta dell’offerta didattica e dei contenuti
formativi, risulta che gli attori del mondo economico e istituzionale siano poco
implicati, anche nei settori di insegnamento scientifici.
Nelle grandes écoles d’ingegneria la presenza delle imprese nella progettazione
di corsi tende a concentrarsi nel livello formativo graduate, per il
conseguimento del master 6. Nelle università l’implicazione di soggetti privati
pare riguardare i settori disciplinari più strettamente interrelati con l’universo
delle imprese e delle professioni.
Il ricorso a docenti esterni è invece abbastanza sviluppato, anche se questa
presenza risulta nettamente più significativa nell’area scientifica e tecnologica.
Il sistema francese prevede diverse figure di docenti esterni professionisti, che
vanno dai professori “associés” che sono delle figure trasversali al sistema di
istruzione, con un impegno suddiviso fra insegnamento universitario (50%) e
attività professionale (50%), ai “vacataires” e “prestataires” che hanno un
ruolo
più
occasionale
all’interno
delle
università,
spesso
legato
all’inquadramento dei
“progetti professionali” che gli studenti devono
5
L’elevata frammentazione delle sedi universitarie che rilasciano il titolo di dottorato è una
situazione comune a gran parte dei paesi europei, dove vi sarebbero infatti più di un migliaio
di università che rilasciano il titolo. All’opposto negli Stati Uniti le istituzioni che danno il PhD
sono circa 400 e meno di un centinaio gestiscono l’80% dei dottorati. Nonostante il numero di
dottori di ricerca europei sia molto superiore a quello americano, la percentuale di ricercatori
presenti nelle forze di lavoro è sensibilmente più bassa di quella che si riscontra in Giappone e
negli Stati Uniti, mentre la maggioranza dei dottori di ricerca in Europa è occupata
nell’università (LERU 2007).
6
Questo è ad esempio il caso dell’École Centrale di Lione, in cui le imprese sono maggiormente
presenti nel terzo anno, ovvero l’ultimo del quinquennio di studi superiori. Anche alll’INSA
(Institut National des Sciences Appliquées) di Lione ci sono dei corsi organizzati con gli attori
economici, che fondamentalmente riguardano il quarto e il quinto anno di studi.
5
elaborare obbligatoriamente in quasi tutti i corsi di studio all’ultimo anno, o a
dei cicli di incontri progettati nell’arco dell’anno.
La docenza esterna può arrivare a toccare il 15% massimo del monte ore di
insegnamento. Molto rari sono i casi di cattedre interamente finanziate da
attori economici esterni, mentre esistono casi in cui le imprese richiedano e
sostengano finanziariamente dei master professionalizzanti 7.
3. Il sistema dei finanziamenti
Il sistema francese si è caratterizzato, da un lato, per la netta predominanza
dei finanziamenti pubblici 8 all’istruzione superiore (pari all’83.7% nel 2006,
rispetto all’85.3% del 1995) e dall’altro, per degli automatismi, che seguivano
un preciso ordine gerarchico nell’attribuzione delle risorse, a vantaggio delle
grandes écoles e dei settori tecnico-scientifici, a discapito di altre aree più
lontane dagli interessi economici.
Con l’introduzione della nuova legge organica relativa alle leggi finanziarie
(LOLF) si rinforza il ruolo dei contratti nella relazione fra università e stato,
poiché la logica della performance e della valutazione, che supporta la LOLF,
mette il contratto di obiettivo al centro del nuovo dispositivo (Cytermann
2007). Il finanziamento alla ricerca avveniva per l’86% sotto forma di budget
fisso alle strutture (laboratori universitari, Cnrs etc.) e una piccola quota, pari
al 14%, corrispondeva a risorse contrattuali (5% da fondi ministeriali di
incentivazione, 5% dall’industria, 4% da Fondazioni).
Oggi il Ministero dell’Istruzione negozia una porzione di finanziamento secondo
una programmazione quadriennale di priorità che le Università gli
sottopongono. Il piano di sviluppo dell’istruzione viene dunque affidato alle
singole Università e la regolazione nazionale si basa su di una verifica periodica
ex post della conformità dei programmi definiti. Nel 2009, per la prima volta, il
Ministero ha reso noti i mezzi finanziari stanziati per ciascuna università (ad
esempio l’università Grenoble 1 dispone di 262 milioni di euro, Lione 1 350
milioni).
Le tasse di iscrizione sono tuttora basse, stimate fra 160 e 500 euro all’anno,
e costituiscono solo l’8% del finanziamento pubblico.
Oltre ai finanziamenti pubblici destinati ai laboratori di ricerca, le istituzioni
possono contare su altre due fonti. La prima sono le risorse derivanti dalle
tasse obbligatorie che le imprese (sopra i 15 dipendenti) devono investire in
formazione (taxe d’apprentissage) e che, avendo la possibilità di scelta,
versano più volentieri alle filiere specialistiche e professionalizzanti (grandes
écoles e IUT). La seconda deriva dai contratti con imprese private, che
riguardano ancora una volta in larga maggioranza le istituzioni di formazione
superiore scientifiche.
7
In Francia esistono due tipi di master, uno generale e l’altro professionalizzante. Il dibattito
in corso tende oggi a delegittimare questa distinzione e a orientarsi a favore di un unico tipo di
laurea, che accorpi in sé le due componenti.
8
Nel 2007 il finanziamento ammontava 23,7 miliardi di euro, aumentato del 3,5% rispetto
all’anno precedente e rappresenta il 1,2% del PIL e il 2,3% della spesa pubblica. Il
finanziamento medio per studente nel 2007 era pari a 10.150 euro, con forte variabilità fra
13.890 euro per studente di grandes écoles e 8.970 per studente universitario.
6
Le imprese contribuiscono per il 4,8% al finanziamento dell’istruzione
superiore, compresa la taxe d’apprentissage. Fanno eccezione alcune grandes
écoles, come l’INP di Grenoble, dove il finanziamento alla ricerca proveniente
dalle imprese si aggira intorno al 30%.
Il complessivo ritardo dei finanziamenti privati all’istruzione superiore francese
riguarda in particolare il settore delle università e la sfera dell’insegnamento,
che ha tradizionalmente suscitato poco interesse da parte delle imprese
rispetto al settore della ricerca, specie se applicata. L’ambito tecnico-scientifico
dell’ingegneria e del management beneficiano di maggiori supporti da parte dei
soggetti economici esterni.
La questione dei finanziamenti privati è complessa e, nonostante la
partecipazione delle imprese stia gradualmente intensificandosi, almeno nei
settori della scienza e della tecnica, permangono difficoltà e resistenze al
cambiamento.
Un primo aspetto problematico deriva dal fatto che le imprese continuano a
considerare il campo della ricerca di dominio esclusivo dello Stato e in generale
si dimostrano restie a partecipare direttamente al finanziamento di ciò che
considerano un bene pubblico.
Un secondo aspetto contraddittorio riguarda il sistema della fiscalità nazionale,
con le forti rigidità istituzionali che contraddistinguono gli scambi economici fra
imprese e università, sia in termini di donazioni e finanziamenti, che di
regolazione dei rapporti di consulenza da parte dei ricercatori. Entrambi i
fattori concorrono a incoraggiare il disimpegno economico delle imprese e il
loro comportamento opportunistico.
Dallo studio del caso regionale emergono tuttavia alcuni segnali di mutamento,
che vanno nella direzione di attrezzare le università o i consorzi di università
con delle strutture giuridicamente autonome, in modo da poter essere veri e
propri attori economici indipendenti, più liberi di agire anche nei rapporti con il
mondo economico 9.
Sebbene si sia avuto un incremento della quota di finanziamento privata, il
coinvolgimento del mondo economico resta insufficiente. Sviluppi più
significativi si sono registrati nell’ambito della ricerca, attraverso i contratti
industriali, la cooperazione nei poli di competitività e altri dispositivi per la
valorizzazione della ricerca.
4. Il rinnovamento della governance universitaria
La Francia, come anche l’Italia, si trova oggi ad affrontare una fase di
transizione, da una forma di governo del sistema di istruzione superiore
centrata sullo stato e sulle oligarchie accademiche, a un modello di ispirazione
anglo-sassone, meno autoreferenziale e più orientato al mercato, estraneo alla
tradizione di questi paesi.
9
Gli studenti di dottorato ora possono stipulare dei contratti di consulenza con le imprese,
regolarmente retribuiti (vedi scuole di ingegneria di Grenoble); si stanno costituendo nelle
università dei gruppi di interesse (GIP), come Grenoble Université, o la Maison de
l’entrepreunariat, e le strutture di valorizzazione della ricerca assumono veri e propri statuti
che permettono loro di avere un’attività economica e di essere fiscalmente regolate in modo
trasparente.
7
Nelle università francesi il ruolo degli attori esterni, provenienti dal mondo
economico sta crescendo. Un’accelerazione del processo di riforma della
governance proviene dall’ultima legge sulle università (LRU del 2007), che
prevede un incremento delle prerogative dei rettori 10 (présidents), il cui
mandato è di quattro anni; un ampliamento dell’autonomia degli atenei; una
maggiore apertura dei tre Consigli statutari 11 alla partecipazione di attori
esterni 12, rappresentanti delle istituzioni locali, della sfera economica e delle
professioni.
I mutamenti del sistema di governo hanno riguardato principalmente le
università e solo marginalmente le Grandes Écoles, che mantengono inalterate
le loro prerogative, dato che il tema della riforma degli statuti di università e
grandes écoles non è stato seriamente affrontato da questa legge.
Se da un certo punto di vista esse rappresentano l’anello forte del sistema,
avendo avuto per tradizione un rapporto più stretto con il mondo economico e
produttivo, è anche vero che una gran parte di esse rischia di avere dimensioni
troppo ridotte per poter competere in uno scacchiere internazionale. Come
emerge sia dalla letteratura che dagli attori intervistati, le grandes écoles
hanno oggi caratteristiche anacronistiche perché, oltre ad essere spesso troppo
piccole, sono ancora vincolate dal sistema di inquadramento delle imprese
francesi e della pubblica amministrazione e quindi si rapportano a un panorama
più locale-nazionale che transnazionale.
Proprio sul tema dell’eccessiva frammentazione del sistema di istruzione, si è
sviluppata una forte pressione politica del ministero, a favore dell’aggregazione
delle istituzioni d’istruzione superiore e di ricerca in strutture come i PRES
(Pôles de Recherche et d’Enseignement Supérieur) 13 che, riunendo al loro
interno università e grandes écoles (44 università, 38 grandes écoles e 5 altre
istituzioni) diventano espressione di un modello convergente, che dovrebbe
portare al superamento della dualità del sistema francese.
L’iniziativa del ministero di costituire i Pres, attraverso la legge sulla ricerca del
2006, ha aperto la via a un nuovo processo di ricomposizione del settore
universitario, che si era fortemente frantumato negli ultimi venticinque anni,
offrendo alla comunità dell’istruzione superiore un nuovo strumento di
mutualizzazione delle attività didattiche e di ricerca e delle risorse umane ed
economiche. La creazione dei Pres favorisce la crescita della dimensione delle
università francesi, dando loro una migliore visibilità internazionale. Il forte
impulso del governo nell’incitare e finanziare il progetto di raggruppamento di
10
Come è stato sottolineato (Boffo, Dubois, Moscati 2008), la legge LRU prefigura un nuovo
modello “presidenziale” di governo delle università più centrato sul ruolo del rettore
(président), che assume su di sé le funzioni deliberative e legislative.
11
Il consiglio di amministrazione -CdA, organo deliberativo che vota il bilancio; il consiglio
scientifico -CS, che si pronuncia sulla ricerca; il consiglio degli studi e della vita universitaria CEVU, che si occupa della didattica e della vita universitaria.
12
La composizione del consiglio di amministrazione è stata ridotta, da 60 a 30 membri, con
l’inclusione di 8 personalità esterne all’università; nel Cevu sono presenti 4 membri esterni su
40.
13
Nel 2009 in Francia i PRES erano 15 e possono essere delle vere e proprie fusioni di
università, come è il caso di Strasbourg, oppure più simili ad una federazione che associa
strutture di istruzione superiore e di ricerca di natura differente, come è il caso di Lyon e di
Grenoble.
8
università è molto visibile nel caso regionale studiato, sia nella città di Lione
che di Grenoble (entrambe sedi di PRES).
Appare chiaro che l’intero sistema francese trarrebbe dei vantaggi da un
avvicinamento dei due segmenti, senza che si debba verificare una perdita di
identità da parte di entrambi. La prospettiva sarebbe piuttosto quella di
acquisire spazi strategici e d’immagine comuni.
Il sistema delle convenienze, in rapporto alla prospettiva di un forte
coordinamento istituzionale, organizzativo e gestionale, varia in relazione alla
posizione di rendita in cui si trovano le singole università, o piccoli gruppi di
università: è naturale che le situazioni più deboli e più isolate avrebbero solo
da guadagnare ad appartenere a un PRES, mentre la prospettiva di associarsi è
meno attraente per le istituzioni che occupano già un posto privilegiato e
visibile nel paesaggio francese 14.
Nonostante in Francia si stia affermando un modello di governo più solido a
livello locale, lo spazio occupato dal Ministro dell’istruzione superiore e della
ricerca e dalla complessa burocrazia ministeriale, è ancora elevatissimo.
Esperti del settore hanno la convinzione che l’università avrà sempre gravi
difficoltà a rinnovarsi dall’interno, poiché quello francese è un sistema che
continua a generare domanda di regolazione pubblica (Cahuc 2008). A questo
proposito molte delle testimonianze raccolte mettono in luce il ruolo propulsivo
del Ministero nel processo di cambiamento, in cui la riforma LMD -legittimata
dal processo europeo di Bologna- è stata utilizzata per portare avanti obiettivi
nazionali. Alcuni ipotizzano il ritorno di una fase di centralizzazione del
controllo -attraverso adattamenti locali e riforme collaterali- in controtendenza
rispetto alla fase di crescita dell’autonomia delle università degli anni novanta
(Rey 2007).
5. La riorganizzazione dell’offerta formativa
Sollecitata dal processo di Bologna del 1999, la riforma dei cicli universitari,
che in Francia prende il nome di LMD (licence, master, doctorat) 15, è stata
interamente applicata nel giro di qualche anno. Questa riforma è stata recepita
dal governo allora in carica come un volano per favorire l’integrazione europea,
l’internazionalizzazione degli studi superiori e come l’occasione politica per
aumentare la propria (scarsa) influenza sulle grandes ècoles.
La fase di riforma (durata dal 1999 al 2001) si è accompagnata ad un’intensa
consultazione fra il ministero e gli stakeholders. Al centro del progetto
riformatore vi era l’intenzione di transitare al nuovo assetto organizzativo
potendo contare su di un forte consenso economico e sociale. Le trasformazioni
14
Negli anni recenti, come conseguenza della dinamicità del contesto economico-industriale e
della ricerca, si sono intensificati i rapporti bilaterali fra singole università e imprese.
Complessivamente è aumentato il volume di risorse derivanti dai contratti di ricerca, dai
dispositivi della formazione continua e da altre attività che consentono di migliorare la loro
visibilità e reputazione. La creazione di canali privilegiati nel rapporto con l’ambiente
economico locale, comporta che le singole università possano avere delle resistenze a mettere
in comune il patrimonio costruito nel tempo.
15
Nell’anno accademico 2009-2010 gli studenti iscritti all’università erano 1,252 milioni di
studenti, di cui 700.000 a livello licence, 477.000 a livello master e 69.000 a livello dottorato.
9
introdotte sono state molto significative per le università, mentre hanno
mantenuto quasi inalterato il settore delle grandes écoles.
Le università fino ad ora hanno puntato sui livelli alti (master e dottorato),
segmenti più interessanti agli occhi dei docenti, ai fini della ricerca e del
reclutamento, mentre hanno investito con minore intensità sul livello licence.
Questo spiega il motivo della campagna ministeriale a favore di un rilancio
delle lauree triennali (piano licence).
Secondo gli interlocutori il nuovo sistema di insegnamento superiore,
apparentemente semplice nella sua filosofia, si rivela complesso nella sua
applicazione. Esso implica di rinforzare l’orientamento agli studenti, di mettere
a punto dei sistemi più fini di selezione, di puntare sull’occupabilità, e quindi
sulla trasmissione di competenze più che di conoscenze, e sollecita l’uso di
nuovi strumenti didattici e formativi (seminari, laboratori, stage e alternanza,
supporti tecnici-informatici) e l’ingresso in una logica concorrenziale, del tutto
estranea alla tradizione francese. Tutti questi aspetti comportano enormi
sforzi, sia culturali che di risorse, specialmente nel caso di un sistema
addormentato e sotto dotato finanziariamente come quello francese.
Tuttavia, come è avvenuto in altri paesi europei, questa fase di trasformazione
istituzionale del sistema non è stata accompagnata da una “riforma
pedagogica”, vale a dire da una seria riflessione sul ruolo dell’insegnamento
superiore e degli insegnanti e sui contenuti didattici e formativi all’interno di un
ambiente universitario riformato. Nello studio sul campo si è rilevata una
generalizzata resistenza al cambiamento da parte della maggioranza del corpo
accademico francese, che continua a mettere in primo piano la sua
indipendenza e libertà e a temere quella che viene percepita come una vendita
dell’università agli interessi privati e un orientamento della ricerca
fondamentale al servizio dei soli progetti industriali applicati. Forte è anche il
timore di una iper-burocratizzazione delle università, come conseguenza
dell’imposizione della logica della valutazione e dell’audit manageriale.
Secondo alcuni studiosi intervistati la riforma ha portato a un progressivo
processo di isomorfismo istituzionale nel quale le specificità delle università si
vanno perdendo: tutte tendono ad assomigliarsi e molti pensano che la
gerarchia si fonderà allora solo sulla reputazione e sulla capacità di ottenere
finanziamenti.
Nella fase attuale la competizione fra le Università è segnata da una
frammentazione dell’offerta formativa (Semenza 2009) e alcune sedi hanno
difficoltà a raggiungere sia quantitativamente che qualitativamente uno
standard da vera università. Tale problema è rafforzato dall’andamento
demografico negativo degli anni passati, che tende a ridurre ulteriormente il
numero di studenti in alcune sedi universitarie locali, già di dimensioni ridotte.
In seguito alla riforma LMD si è determinata una ristrutturazione dell’offerta
formativa che tende oggi alla creazione di nuovi tipi di formazione di carattere
più generale e multidisciplinare (pluri-lettres, langues, science humaines, plurisciences). Si è inoltre passati da una concezione della formazione di
conoscenze e competenze individuali, fondate su di una più lunga fase di
istruzione primaria, ad una più recente idea di istruzione e formazione
distribuite lungo l’arco della vita lavorativa.
10
Sul piano dell’insegnamento, secondo gli attori interpellati, la parte del sistema
universitario che funziona meglio è quella a vocazione professionale fondata
sull’apprendistato, che prepara a tutti i mestieri, ad eccezione di quello della
ricerca. Su un totale di 2,3 milioni di studenti iscritti al sistema di istruzione
superiore, il settore professionalizzante comprende non soltanto i 300 mila
studenti delle grandes écoles, ma anche più di un milione fra studenti delle
filiere IUT, iscritti alle lauree professionali (licences professionnelles) e alle
lauree magistrali professionalizzanti (corrispondenti ai loro “master
professionnels”).
Vi sarebbe dunque una paradossale contraddizione fra un settore composto dal
ramo professionalizzante interno alle università e dalle grandes écoles, che
dispone degli studenti migliori, in base al diritto di selezione, e un settore
universitario, che dispone invece dei migliori insegnanti e ricercatori.
Un fattore nuovo che si sta diffondendo è la realizzazione di corsi di laurea
comuni a diverse università, tipicamente le “licences professionnelles”, che
sono lauree brevi orientate al mercato del lavoro.
A livello di dottorato molti cambiamenti stanno avvenendo in questi ultimi anni.
Solo le università (dello stato) e soltanto alcune grandes écoles, che sono
membri fondatori dei PRES, sono abilitate a rilasciare un dottorato (dato che la
condizione per essere membro fondatore è legata proprio alla possibilità di
rilasciare un dottorato). Le scuole dottorali sono organizzate dunque
nell’ambito dei PRES. Ad esempio in quello di Lione le scuole dottorali sono
state trasferite nel quadro di un Collegio Dottorale Internazionale, che ne
assicura il coordinamento. In tal modo, la gestione delle formazioni dottorali è
stata attribuita ai PRES, a cui spetta anche l’organizzazione della logistica e del
finanziamento. Le scuole dottorali, quindi, accolgono gli studenti di differenti
istituzioni di istruzione superiore.
Nell’impianto istituzionale francese permane l’anomalia derivante dal fatto che
l’università rappresenta l’unico segmento non selettivo del sistema, che ha
sopportato il peso della massificazione dell’istruzione superiore, senza essere
stata dotata delle risorse necessarie per evitare gli effetti di dispersione e di
inefficienza 16 che la contraddistinguono.
6. I servizi agli studenti
Come in altri contesti europei in Francia si è assistito a una forte espansione
del numero di studenti durante le ultime decadi del secolo scorso, ma a una
espansione non altrettanto significativa della domanda di lavoro qualificato.
16
Secondo i dati del Ministero (Mensr 2007) solo il 37% di una coorte d’età arriva alla laurea
triennale (licence), mentre la media Oecd è del 53% (66% negli Stati Uniti e 70% nei paesi
scandinavi). Il tasso di insuccesso nel primo anno, momento in cui avviene la selezione
all’interno delle università, è pari al 50% (vale a dire che uno studente su due abbandona dopo
il primo anno di università); 90.000 studenti all’anno lasciano il sistema di istruzione superiore
senza laurea o diploma e 1 anno dopo la laurea il 53% dei laureati/diplomati universitari
(bac+4) cercano ancora lavoro.
11
Questo ha portato a un peggioramento del mercato del lavoro dei laureati che
si è tradotto in un aumento della disoccupazione, in maggiori difficoltà nel
processo di transizione al mercato del lavoro che si protrae nel tempo, in
problemi di sovra-qualificazione dell’offerta e di mismatch occupazionale (Giret,
Céreq 2007). Queste difficoltà sono collegate ad altri effetti nel mercato del
lavoro giovanile, come la perdita salariale (-10%), il crescente grado di
insoddisfazione e l’elevato turn-over, la scarsa congruenza tra contenuti
formativi e mansioni aziendali.
In seguito all’applicazione della riforma LMD (1999) tutte le università francesi
si sono dotate di servizi diretti agli studenti e al loro inserimento nel mercato
del lavoro (stage, orientamento e collocamento, osservatori sugli sbocchi
occupazionali, canali e occasioni di contatto con il mondo delle imprese) o li
hanno comunque incrementati dove già esistevano.
Di norma negli atenei esistono delle strutture trasversali che svolgono varie
funzioni di servizio: l’orientamento al lavoro e la preparazione all’inserimento
professionale (ad esempio insegnando come si costruisce un curriculum vitae,
come si affronta un colloquio di selezione, come si consultano banche dati sulla
domanda di lavoro); l’assistenza nella definizione del “progetto professionale”,
che è obbligatorio nella grande maggioranza dei corsi di studio e che deve
essere approvato e discusso da professionisti o responsabili d’impresa;
l’assistenza nella ricerca di stage, attraverso uffici dedicati, che possono essere
anche decentrati nelle facoltà e nei dipartimenti.
L’incentivo ad attrezzarsi verso il mercato deriva dal fatto che la qualità di
questi servizi, rivolti a migliorare il grado di occupabilità dei laureati, è oggetto
di valutazione ministeriale e costituisce uno dei criteri per la distribuzione delle
risorse.
La pressione ad un adeguamento di tali servizi è molto sentita dai docenti
intervistati, che sottolineano in modo unanime la maggiore apertura verso
l’esterno da parte delle filiere professionalizzanti, dove questi servizi sono a
regime da tempo. L’attenzione verso l’ambiente economico e i percorsi di
formazione in alternanza sono una consuetudine nelle grandes écoles, in
particolare nelle scuole di ingegneria e di management, caratterizzate da un
forte legame con il mondo delle imprese, nelle filiere professionalizzanti del
sistema universitario (IUT, licence professionnelle, dipartimenti di gestione
aziendale) e nelle facoltà scientifiche.
Nelle università invece, i servizi in questione risalgono a tempi più recenti,
sono meno completi e più circoscritti ad alcuni ambiti.
L’attività di orientamento nelle scuole viene fatta solo sporadicamente, mentre
sarebbe particolarmente importante in Francia dove la grande maggioranza
degli studenti diplomati tende a iscriversi automaticamente all’università
(77.2%), pur sapendo che si verifica una selezione consistente fra il primo e il
secondo anno.
All’interno di un panorama differenziato in base al tipo di istituzione terziaria,
risultano carenti le attività di monitoraggio sugli sbocchi occupazionali dei
laureati (ad eccezione delle grandes écoles che dispongono di annuari
aggiornati sui loro diplomati e sulle rispettive attività lavorative) e poco diffuse
le azioni di collocamento, cioè i servizi di incontro domanda e offerta di
12
laureati. Questi due aspetti diventano tanto più rilevanti se si tiene conto delle
criticità che connotano il mercato del lavoro dei giovani in Francia.
Nel sistema francese la pratica degli stage (anche internazionali) è ben
consolidata in alcuni segmenti dell’istruzione superiore e sta prendendo piede
anche in molte università, sebbene in modo non uniforme fra le diverse sedi e
aree disciplinari all’interno delle stesse università.
In generale le licences, i master professionali e gli IUT prevedono sempre
l’obbligo di stage, mentre più sporadica è la pratica dello stage nei settori
disciplinari di tipo letterario-umanistico e nelle università scientifiche, anche
per la non chiarezza sullo statuto degli stagisti (disciplinato dal recente decreto
n. 96 del 2008). La gran parte dei testimoni ha messo in luce questo
problema 17.
L’internazionalizzazione dei curricula, ma anche degli stessi stage, è divenuto
un obiettivo molto sentito in Francia e dei progressi significativi sono stati
compiuti soprattutto dalle università in scienze umane e sociali.
Le università caratterizzate da una buona dimensione internazionale
dispongono di attività e strutture per far conoscere la propria offerta formativa
anche all’estero 18.
7. La ricerca e il mondo delle imprese
Il settore della ricerca in Francia, se comparato a quello dell’insegnamento,
appare più innovativo, più efficiente, più organizzato e soprattutto più aperto
verso l’ambiente economico esterno, come è naturale che sia.
Dal punto di vista del mutamento istituzionale questo settore è stato riformato
di recente con la legge quadro sulla ricerca “Loi de programme pour la
recherche del 2006” e il successivo “patto per la ricerca”, e con l’introduzione
di un’agenzia nazionale della ricerca (ANR) che opera attraverso una
moltitudine di comitati di esperti molto specializzati disciplinarmente, che si
riuniscono frequentemente e che decidono l’attribuzione delle risorse in base a
criteri di valutazione dei progetti. Viene introdotto per la prima volta il principio
della concorrenza, che si discosta completamente dal vecchio modello di
redistribuzione “politica” delle risorse pubbliche, allocate sotto forma di budget
standard attribuiti per mantenere gli organismi di ricerca -personale e strutture
e vengono potenziati i finanziamenti.
Con la crescita di un vero e proprio mercato della ricerca, cresce anche il ruolo
dei finanziamenti privati e ciò sollecita la messa a punto di criteri più precisi
sugli output attesi e quindi sulla necessità di nuovi e più adeguati criteri di
valutazione della ricerca stessa, all’interno delle università.
17
Dal punto di vista legislativo i tirocini, di durata compresa fra le 4 settimane e i 12 mesi,
possono essere convenzionati, se sono previsti nel corso di studi, o facoltativi e hanno
procedure di attivazione diverse: più regolamentati e a volte retribuiti i primi, più liberi i
secondi, tanto che gli accordi sono stabiliti direttamente tra lo studente e l’impresa.
18
Ad esempio, all’INSA di Lione, grazie alle sue filiere internazionali orientate all’Europa,
America Latina e Sud-est asiatico, vi è una forte presenza di studenti stranieri (intorno al
25%), e il servizio internazionale si occupa di presentare la scuola agli studenti liceali
all’estero.
13
Il paesaggio della ricerca francese è dunque in piena ricomposizione. Dietro
questi cambiamenti sembra esservi un obiettivo, più o meno esplicitato, di
allineare il settore della ricerca a un “modello americano”, basato sulla
concorrenza fra le grandi università e sull’interfaccia fra ricerca e imprese.
Sul piano della ricerca, la parte più rilevante della produzione avviene
all’interno delle università, in quelle strutture miste laboratori-università, dove
si disegnano le conoscenze del domani.
Secondo gli interlocutori intervistati, un ulteriore aspetto che sta cambiando il
panorama delle università nei suoi rapporti con il mondo socio-economico,
riguarda l’investimento che si sta facendo sui sistemi di valorizzazione dei
risultati della ricerca nelle università francesi.
In particolare negli ultimi tre anni e soprattutto nelle università scientifiche,
che sono più dotate di risorse economiche, si stanno sviluppando, anche grazie
alla legge del 1997 sull’innovazione, delle vere e proprie strutture indipendenti,
con uno statuto giuridico privato, che si occupano non soltanto di gestire i
contratti con le imprese, ma anche di gestire la proprietà intellettuale dei
brevetti e la valorizzazione degli stessi.
Esemplificativo è il caso della struttura di valorizzazione della ricerca Floralis
dell’Università Jean Fourier-Grenoble 3, nata nel 2004, che, oltre a occuparsi
della gestione dei brevetti, dei contratti, della creazione d’impresa (attraverso
l’incubatore Grain) sta sperimentando nuove forme di valorizzazione. Una
nuova modalità è la creazione di laboratori misti, università-imprese, basati
sulla condivisione quotidiana del lavoro di ricerca per tutta la durata di un
progetto (in media di 4-5 anni) che permette la circolarità e il trasferimento
delle competenze scientifiche. Una seconda modalità è la sperimentazione delle
“piattaforme tecnologiche”, come ad esempio Minatec a Grenoble, che si sono
create all’interno dei laboratori di ricerca e che sono dotate di attrezzature
estremamente sofisticate e costose, che le imprese non potrebbero
permettersi. La struttura di valorizzazione, diretta da personale accademico
altamente specializzato, con competenze anche di tipo manageriale e di
gestione dei brevetti, si occupa di vendere un servizio che non si limita a
fornire degli strumenti tecnologici, ad esempio di ingegneria molecolare, ma
che vende anche le competenze ad essi associate.
Dal 2005 il ministero ha lanciato la nozione di “poli di competitività” che sono
dei centri di attività economica, pilotati dai grandi industriali, finanziati dal
ministero e da risorse europee, che si sono diffusi in tutta la Francia 19.
Nei poli di competitività le imprese, i laboratori, e le écoles definiscono insieme
i diversi aspetti dei progetti, a cui poi lavorano in partenariato. I poli di
competitività, i cui legami con i PRES saranno in prospettiva rafforzati, si
distinguono in tre categorie -internazionali, a vocazione internazionale o a
vocazione prevalentemente regionale- e funzionano da strutture di
valorizzazione della ricerca. I risultati possono essere messi a frutto dalle
stesse imprese partner, all’interno di un rapporto negoziale fra le parti. Il
CIADT (Comité interministériel pour l'aménagement et le développement du
territoire), presieduto dal primo ministro francese ha riconosciuto il marchio di
A Grenoble ad esempio ne esistono tre: uno nel campo della micro-elettronica, uno sulla
micro-nano tecnologia e uno sull’energia; a Lione ce ne sono cinque, di cui due di livello
internazionale.
19
14
“polo di competitività” a 71 strutture, di cui 11 si trovano nella regione RhôneAlpes.
In Francia, oltre a tali strutture federative, esiste un ulteriore strumento nel
quadro della ricerca e del trasferimento dei suoi risultati costituito dalla rete
degli istituti Carnot. Il dispositivo Carnot si colloca nel Patto per la Ricerca,
integrato dalla legge di programma per la ricerca del 2006, che ha tra i suoi
obiettivi prioritari quello di favorire il trasferimento di tecnologia, il partenariato
tra laboratori pubblici e imprese, e lo sviluppo dell’innovazione. Gli istituti
Carnot sono infatti diretti a rispondere ai bisogni d’innovazione delle imprese,
al fine di contribuire a dinamizzarne l’attività e sostenere la loro competitività,
attraverso il trasferimento delle conoscenze e delle tecnologie per mezzo di
collaborazioni e contratti di ricerca con i partner economici.
Attraverso strutture innovative e capaci di offrire servizi altamente qualificati,
dotate di una carta di qualità riconosciuta, si rafforzano i legami con il tessuto
economico locale, si crea sviluppo e occupazione. Secondo gli interlocutori
interpellati questa strada costituisce la spia di una nuova apertura delle
università verso l’esterno e di un interessamento nuovo delle imprese verso il
mondo della ricerca accademica.
8. Spunti conclusivi
L’università francese sta entrando –suo malgrado- in un mondo di concorrenza
che non aveva mai conosciuto in precedenza, sollecitata anche dalla
competizione innescata dalle classificazioni internazionali di Shanghai e
dell’Oecd (tabella 9).
La forte pressione esercitata dall’ambiente esterno, europeo e mondiale, pone
oggi delle sfide improrogabili che, a detta degli attori implicati, potrebbero
essere un’opportunità unica di trasformazione più radicale, dopo moltissimi
anni di complessivo immobilismo del sistema, ad eccezione dei piccoli progressi
compiuti dalle università. Le Università francesi, che nel corso del tempo hanno
avuto fasi alterne di visibilità istituzionale, hanno imboccato un percorso lento
e graduale, ma continuativo, indirizzato in un primo tempo verso la loro
rinascita istituzionale e successivamente verso una progressiva conquista di
autonomia. Tuttavia, numerosi studiosi e attori locali e nazionali hanno la
convinzione che l’università avrà sempre gravi difficoltà a rinnovarsi
dall’interno, poiché quello francese è un sistema che continua a generare
domanda di regolazione pubblica. A questo proposito molte delle testimonianze
raccolte mettono in luce il ruolo propulsivo del Ministero dell’Università e della
Ricerca nel processo di cambiamento, che ha approfittato della riforma dei cicli
di studio (LMD) -sollecitata dal processo europeo di Bologna - per “spingere” i
propri obiettivi nazionali e investire maggiormente in questo settore.
La riforma è stata applicata in pochi anni in tutto il territorio francese, anche se
i necessari cambiamenti che le nuove regole impongono hanno un andamento
molto più lento. Gli attori interpellati sottolineano come i micro-cambiamenti
siano decisamente più numerosi e più efficaci di quelli macro delle grandi
riforme, anche se meno visibili sul piano mediatico.
15
Dal punto di vista dei rapporti con l’ambiente economico esterno il sistema
francese di istruzione superiore appare assai difforme. Le differenze si
riscontrano non tanto e non solo fra i due grandi sistemi di istruzione
(università e grandes écoles), ma anche fra le filiere curricolari
professionalizzanti e le filiere di formazione generale, fra le facoltà scientifiche
e quelle in scienze umane. Il grado di maggiore apertura verso il mondo
economico dei settori professionalizzanti dell’istruzione superiore, sia
universitari che di altre istituzioni, si ricava da una serie di indicatori che vanno
dai servizi agli studenti, all’utilizzo di dispositivi di alternanza studio-lavoro,
all’uso di stage e progetti professionali in impresa, alla formazione continua,
fino naturalmente al campo della ricerca, dove si sono ottenuti i risultati
migliori.
Dall’indagine empirica svolto nella regione Rhône-Alpes è emerso infatti che gli
aspetti più interessanti riguardano il rinnovamento del settore della ricerca,
grazie allo sviluppo di strutture e dispositivi (poli di competitività, clusters,
agenzie di valorizzazione e filiali universitarie) che hanno rafforzato le relazioni
con i soggetti economici, specialmente nell’ambito della ricerca tecnicoscientifica applicata. Più problematico resta il coinvolgimento degli attori
esterni nella ricerca di base e nei settori delle scienze sociali.
Gli attori del mondo esterno sono invece complessivamente poco implicati nella
progettazione della didattica, anche se è significativo il rapporto con le
istituzioni d’istruzione superiore riguardo all’articolazione di progetti
professionali e alla presentazione di testimonianze da parte di professionisti e
soggetti dell’universo economico.
Il sistema francese si caratterizza per la predominanza dei finanziamenti
pubblici all’istruzione superiore, e per una gerarchia nell’attribuzione delle
risorse a vantaggio di Grandes Écoles e settori tecnico-scientifici. Sebbene si
sia avuto un incremento della quota di finanziamento privata, il coinvolgimento
del mondo economico resta insufficiente, specialmente riguardo alla sfera della
didattica.
Bibliografia
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N°330
16
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Malata e denigrata, Regini M. (a cura di) Donzelli, Roma
Veltz P. (2007) Faut-il sauver les Grandes Écoles ? Sciences Po, Les Presses,
Paris
17
Appendice
Indicatori del sistema di istruzione superiore in Francia
Tabella 1 - Numero di università e di altre istituzioni di istruzione terziaria
N. università e altre istituzioni
di istruzione terziaria
N. università e altri istituti
terziari per milione di abitanti
N. università e altri istituti
terziari per milione di studenti
83 università
444 Grandes Écoles
8,4
(1,3 solo università)
247,3
(38,9 solo università)
Fonti: MESR (per il n. di istituti); Eurostat (per il n. di studenti).
Nota: il dato ministeriale sulle Grandes Écoles comprende 224 Scuole d’ingegneria e 220
Scuole di management. Inoltre, esistono in Francia delle Écoles anche per altre discipline, tra
cui 9 Istituti di studi politici (“Sciences Po”), 4 Écoles Nationales Vétérinaires (ENV) e 4 Écoles
Normales Supérieures (ENS, che fanno parte delle Scuole della Funzione Pubblica). L’istruzione
terziaria ha anche luogo in altre numerose strutture (stimate dal MESR in circa 3000), che
comprendono le C.P.G.E. (Classi preparatorie alle Grandes Écoles) e le STS (Sezioni di tecnico
superiore), per il conseguimento del BTS (Brevet de technicien supérieur).
Tabella 2 - Numero di corsi di studio attivati per livello, numero di università, numero
di abitanti, numero di studenti
I livello
II livello
3.078
1.350
Ciclo unico
450
TOTALE
4.878
N. corsi
di studio
di 1° e 2°
livello
attivati / N.
università
N. corsi
(tutti gli
istituti
terziari)
per milione
di abitanti
58,8
77,4
N. corsi
di studio
di 1° e 2°
livello
ogni mille
studenti
2,3
Fonte: MESR.
Nota: dei corsi di primo livello, 1.620 sono professionalizzanti. I corsi a ciclo unico sono
Diplomi d’ingegneria, che hanno durata quinquennale e sono equiparati ai Master, e che sono
suddivisi in 210 indirizzi.
Il numero di corsi di studio per milione di abitanti e ogni 1.000 studenti è sottostimato.
Mancano infatti i dati sui corsi nelle Grandes Écoles.
Tabella 3 - Numero di dottori di ricerca (2006)
Anno
Valore assoluto
Numero di dottori di ricerca
per milione di abitanti
2006
9.818
155,8
Fonte: Eurostat.
18
Tabella 4 - Tasso di laureati tra la popolazione dei 25-34enni, anni 2006 e 1999
Anno
ISCED 5A, 5B e 6
ISCED 5A e 6
2006
41
24
1999
31
15
Fonte: OECD, Education at a glance, 2008 e 2001.
Nota: La classificazione internazionale dei programmi di istruzione terziaria, la ISCED-97,
distingue tre tipi di corsi: ISCED 5A, 5B e 6. L’ISCED 5A si riferisce a quei corsi di carattere
prevalentemente teorico, che consentono di proseguire gli studi nei programmi di ricerca di
livello avanzato e di accedere alle professioni che richiedono competenze elevate. I corsi hanno
in genere durata almeno triennale. L’ISCED 5B si riferisce invece a corsi generalmente più
brevi, di carattere più pratico, di contenuto più tecnico o volti a formare particolari professioni.
L’ISCED 6 concerne i programmi di ricerca di livello avanzato, che generalmente richiedono la
presentazione di una tesi (come ad esempio il dottorato). Nella pratica, però, i confini tra 5A e
5B sono piuttosto sfumati.
Tabella 5 - Tasso di ingresso all’università nel 2025, proiezioni OECD (2005 = 100)
Anno
Scenario 1
Scenario 2
2025
106
127
Fonte: OECD, Higher education to 2030, Vol. 1: Demography, Paris, OECD-CERI, 2008.
Nota: il primo scenario ipotizza che non vi siano cambiamenti nella numerosità in entrata e nei
tassi di sopravvivenza; il secondo prospetta invece una massificazione dell’istruzione terziaria.
Tabella 6 - Tasso di laureati nel 2025, 25-64enni, proiezioni OECD (in percentuale)
Tasso di laureati
Valori %
2005
25
Scenario 1
Scenario 2
Scenario 3
(10 anni)
(20 anni)
(30 anni)
45
41
38
Fonte: OECD, Higher education to 2030, Vol. 1: Demography, Paris, OECD-CERI, 2008.
Nota: il primo scenario si basa sul trend della variabile “tasso di laureati tra i 25-64 anni” negli
ultimi dieci anni, il secondo su quello degli ultimi venti anni, e il terzo scenario su quello degli
ultimi trenta anni.
19
Tabella 7 - Andamento del tasso di completamento (Completion rate) e durata media
degli studi
Anno
Tasso di completamento
Durata media degli studi
2005
64
4,02
2000
59
-
Fonti: per l’andamento del tasso di completamento: OECD, Education at a glance (vari anni).
Per la durata media degli studi: OECD, Education at a glance, 2008.
Nota: Completion rate in tertiary education = Number of graduates divided by the number of
new entrants in the typical year of entrance.
Tabella 8 - Servizi agli studenti
Disponibilità di residenze
universitarie in percentuale
sugli studenti (2001)
Studenti (ISCED 5A) che non
usufruiscono né di borse di
studio, né di prestiti
agevolati, val. % (2004/05)
7%
Spesa in servizi agli studenti
universitari (trasporti, pasti,
housing) in percentuale sul Pil
(2005)
70%
0,08%
Fonti: per i dati sulle residenze universitarie: Biggeri, L. e Catalano, G. (a cura di), L’efficacia
delle politiche di sostegno agli studenti universitari, Bologna, il Mulino, 2006.
Per i dati su borse di studio e prestiti agevolati, nonché per quelli sulla spesa in servizi agli
studenti: OECD, Education at a glance, 2008.
Nota: il valore relativo a borse di studio e prestiti agevolati si riferisce a tutta l’istruzione
terziaria (ISCED 5B + ISCED 5A e 6). Nel rapporto MESR, L’état de l’Enseignement Supérieur
et de la Recherche (2007), pp. 16-17, si dice che il 30% degli studenti nella rentrée del 2006
ha beneficiato di un aiuto finanziario diretto.
Tabella 9 - Atenei francesi presenti nei ranking internazionali
Atenei francesi
Shanghai
(ARWU)
(Top 500)
Times-QS
(Top 500)
Leiden ranking1
(Top 250)
Taiwan
(Top 500)
Valori assoluti
23
23
23
21
27.7%
27.7%
27.7%
25.3%
% sul totale
degli atenei
francesi
Nota: le università telematiche sono escluse dal conteggio degli atenei nazionali.
1
Leiden Green list. Questo ranking tiene conto delle diverse dimensioni degli atenei, ed è su
scala europea.
20
Tabella 10 - Tasso di disoccupazione dei laureati (1998, 2006)1
Laureati 25-64enni
disoccupati
Anno
Tasso di disoccupazione
1998
2006
6,6%
5,1%
Differenza in punti percentuali
- 1,5
Fonte: OECD, Education at a glance, 2008.
1
Segmento di 25-64enni disoccupati come percentuale sulla forza lavoro dei 25-64enni, per
titolo di studio.
Tabella 11 – Distribuzione dei livelli retributivi della popolazione tra i 25 e i 64 anni a
seconda del titolo di studio, per diplomati e laureati (2006)
Titolo di studio
% lavoratori con
salario minore o
uguale alla metà
del valore
mediano
% lavoratori con
salario minore
del salario
mediano
% lavoratori con
salario maggiore
del salario
mediano
% lavoratori con
salario maggiore
di due volte il
valore mediano
10,6
54,9
45,1
5,1
7,0
15,9
84,1
26,6
Diplomati
Laureati
Fonte: OECD, Education at a Glance, 2008.
Nota: Purtroppo i dati riportati non evidenziano le ricadute salariali delle lauree per le ultime
coorti di giovani, ma fanno riferimento a una popolazione disomogenea, che comprende
numerose generazioni. La popolazione di laureati considerata corrisponde al livello ISCED
Tertiary Type A e a programmi di ricerca avanzati.
Tabella 12 - Distribuzione dei laureati (ISCED 5A e 6) nei diversi campi di studio
Anno
Salute e
welfare
Scienze
della vita,
fisica e
agricoltura
Matematica
e
informatica
Scienze
umane,
arte e
istruzione
Scienze
sociali,
economia
e diritto
Ingegneria
2005
8.8
8.8
5.9
19.1
44.8
12.6
2000
2.9
13.3
5.5
27.3
39.5
11.2
Fonte: OECD, Education at a glance, 2008.
21
Tabella 13 - Composizione della docenza, per tipo di posizione
Enseignants-chercheurs
Assistants
titulaires
Maître de
conférences
Professeurs
Totale
in ruolo
155
37.334
20.072
57.561
Enseignants
du second
degré
Enseignants
non
permanents
Totale
complessivo
13.408
18.729
89.698
Fonte: MESR, L’Etat de l’Enseignement supérieur et de la Recherche, n. 1, novembre 2007,
pp. 20-21.
Nota: i valori si riferiscono all’anno accademico 2006/07. Circa l’80% delle posizioni sono a
tempo indeterminato. Il dato comprende solo i docenti dipendenti del ministero, per cui
mancano i ricercatori del CNRS, che spesso insegnano negli atenei, e i docenti delle Grandes
Écoles dipendenti da altri ministeri.
Tabella 14 - Stipendi lordi mensili dei docenti nel 2007 (in euro)
Post-doc/
Research assistant/
Instructor
(min-max)
Researcher/
Lecturer/
Assistant professor
(min-max)
Associate professor/
Senior lecturer/
Reader
(min-max)
Full professor
(min-max)
2.100
2.068-4.388
2.998-4.388
3.741-6.015
Fonte: MESR.
Nota: il valore per la categoria dei ricercatori post-dottorali si riferisce alla posizione di ATER
(attaché temporaire d’enseignement et de recherche) a tempo pieno. I valori per i ricercatori
immessi in ruolo corrispondono alle retribuzioni previste per i maîtres de conférences. Quelli
seguenti rappresentano gli stipendi previsti rispettivamente per i professori della seconda
classe, e per quelli della prima classe e di quella eccezionale. Si tenga poi presente che le cifre
indicate in tabella costituiscono la parte indiciaire della retribuzione, a cui si aggiungono le
indennità, che corrispondono al 10% della retribuzione lorda; possono inoltre essere percepiti
altri incentivi come il PRP (prime de responsabilités pédagogiques) e il PEDR (prime
d’encadrement doctoral et de recherche).
Tabella 15 - Spesa per istruzione terziaria in percentuale sul PIL e rapporto studenti
(equivalenti a tempo pieno) / docenti (2005)
Anno
Spesa / PIL
Studenti / docenti
2005
1,3
17
Fonte: OECD, Education at a glance, 2008.
Nota: riguardo al calcolo del rapporto studenti / docenti sono escluse le istituzioni private
indipendenti.
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Tabella 16 – Spesa per istruzione terziaria e tasse universitarie (in dollari PPP)
Spesa per istruzione terziaria
per studente equivalente a
tempo pieno nel 2005
10.995
Spesa per istruzione terziaria
per studente nel corso della
carriera, anno 2005
Tasse universitarie negli
atenei pubblici (ISCED 5A),
anno accademico 2004/2005
44.202
160-490
Fonte: OECD, Education at a glance, 2008.
Nota: per le tasse universitarie, i dati ministeriali francesi riportano per gli anni più recenti i
seguenti valori: 175-300 euro nelle università, 500-700 euro nelle Grandes Écoles pubbliche
(esclusa la sicurezza sociale, che ammonta a 195 euro). 500mila studenti beneficiano di borse
di studio, pari ad una spesa di circa 4,7 miliardi di euro.
Tabella 17 - Finanziamenti privati all’università
Anno
2005
Finanziamenti privati in
percentuale sul PIL
0,2
Finanziamenti privati sul totale dei
finanziamenti al sistema di istruzione
terziaria
Finanziamenti
privati totali
Escluso il contributo
delle famiglie
16,4
6,1
Fonte: OECD, Education at a glance, 2008 (si veda la tabella B3.2b per i dati sui finanziamenti
privati sul totale dei finanziamenti al sistema di istruzione terziaria)
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