Coca Cola - Istituto de Nicola

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Coca Cola - Istituto de Nicola
Istituto Paritario Voltaire
L’altro gusto della vita: Coca Cola
Claudio Russo
Corso alberghiero
Classe: V sez. A
a.s. 2013/2014
Indice
Coca Cola
pag 4
The Coca Cola Company
pag 10
Additivi chimici
pag 12
Etichettatura
pag 18
Globalizzazione
pag 22
Sponsorizzazione e
pubbicità
pag 26
Decadentismo
pag 32
Derivate
pag 38
Cap 1
Coca Cola
La Coca-Cola (anche nota come Coke soprattutto negli Stati Uniti) è una bevanda industriale analcolica di tipo soft drink, il suo colore scuro è dovuto al colorante sintetico detto "caramello" presente in essa
La Coca-Cola " fu inventata dal farmacista statunitense John Stith Pemberton l'8
maggio 1886 ad Atlanta, inizialmente come rimedio per il mal di testa e per la
stanchezza. Il primo nome che venne dato alla bevanda fu "Pemberton's French
Wine Coca". Quella di Pemberton era una variazione del cosiddetto "vino di
coca" (o Vin Mariani), una miscela di vino e foglie di coca che aveva avuto largo
successo in Europa quando era stata creata dal farmacista còrso Angelo Mariani.
L'alcol venne in seguito sostituito con un estratto delle noci di cola, una pianta tropicale reputata non dannosa per la salute. Dall'uso combinato dei due ingredienti
principali, la coca e la cola, la bibita acquisì il nome attuale. Quando anche la coca
venne bandita (dalla pianta si estrae infatti la cocaina), venne scartato l'alcaloide
dagli estratti dalle foglie di coca, mentre la cola (in noci) continuò a essere utilizzata.
Nel 1927 la Coca-Cola viene importata anche in Italia, nel 1960 comparve
la prima Coca-Cola in lattina, mentre nel 1980 anche quella in bottiglia PET.
"Coca-Cola"
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Composizione ed aspetti
Coca-Cola viene preparata secondo una ricetta mantenuta segreta, gli ingredienti
nutrizionali La
principali sono: lo zucchero, l'anidride carbonica, l'acido ortofosforico (conservante), il
caramello (colorante), contiene inoltre la caffeina, ed estratti e aromi ci cola(un albero africano) e delle foglie di coca (in precedenza decocainizzate); l'unico principio nutritivo è lo
zucchero, mentre l'altra sostanza presente in forte quantità e la caffeina. Nella produzione
si presta particolare attenzione a filtrare l'acqua, per garantire ovunque lo stesso sapore.
Da un punto di vista alimentare non c'è molta differenza fra la Coca-cola e moltissime
bevande estive presunte dissetanti, come anche altri integratori alimentari o succhi di
frutta, un litro di succo di frutta o un litro di Coca forniscono lo stesso apporto calorico,
anzi molti succhi concentrati sono molto più calorici, l’aspetto da tenere in considerazione è che l’assunzione in eccesso di una bevanda ricca di zuccheri semplici non è salutare.
Prodotti Coca-Cola e mercato
Prodotti Coca-Cola e mercatoLa Coca-Cola è la bevanda analcolica per eccellenza,
che dal 1886 anno della sua creazione si è diffusa in tutto il mondo divenendo oggi
un prodotto inconfondibile e inimitabile, nonché il marchio più conosciuto del pianeta. Accanto alla Coca-Cola tradizionale, i prodotti che destano maggiore curiosità
e che occupano una gran fetta di mercato ad oggi sono senza dubbio la Coca-Cola
Zero, e la Coca-Cola Light. La Coca-Cola Light è stata introdotta sul mercato nel
1982, mentre la Coca-Cola Zero solo nel 2005. Entrambe queste bevande sono prive di calorie; nella Coca-Zero e anche nella Coca-Light, non vi sono zuccheri, ma
è contenuto aspartame, un dolcificante artificiale composto da amminoacidi, acidi
aspartici e felanina, questa sostanza rende dolce le due bevande in modo non naturale
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Negli ultimi anni ha riportato i maggiori successi proprio la coca cola zero, che
nel 2011 ha raddoppiato per il 5 anno consecutivo il suo valore di vendita. Fare
innovazione di prodotto risulta, per le imprese già affermate e con i loro prodotti
di punta in fase già matura, sempre più difficile e rischioso in termini di vendita
ma anche di possibile erosione delle quote di mercato preesistenti. Il successo di
coca cola zero, commercializzato in Italia a partire dal 2007,e riconducibile a diversi fattori: innanzitutto il prodotto si rivolge ad un target di consumatori che,
nella maggior parte dei casi, non si sovrappone a quello della tradizionale coca
cola, allargando cosi lo spettro delle potenziali occasioni di consumo. La coca
cola zero si propone infatti come una valida alterazione della sorella maggiore,
mantenendo inalterato il gusto (a differenza della tanto criticata coca cola light).
Una delle ultime pubblicità "bere per credere", in collaborazione con Uci Cinemas, vede
numerosi clienti ignare vittime dello zucchero della Coca-Cola, bere Coca-Cola zero al
posto di una tradizionale, tutto ciò allo scopo di convincere anche i più scettici che Coca-Cola zero conserva inalterato il gusto Coca-Cola ma senza una traccia di zucchero.
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La Coca-Cola zero, quest’ultima contiene l'educolorante ciclammato, vietato negli USA ma autorizzato
in Europa. La bevanda Coca-Cola zero venduta in
Italia non e uguale a quella degli USA, la differenza
è poco vistosa ma significativa, ed è nella presenza
del ciclammato, vietato perchè la Food and Drung
Administration(FDA) ha avanzato sospetti sulla tossicità ,non escludendo l'ipotesi che possa trattarsi
di un composto cancerogeno. Nonostante il divieto
degli USA, l'Europa ha commercializzato la ricetta
includendo il ciclammato con autorizzazione del Comitato Scientifico per l'Alimentazione Umana, questo non è l'unico caso in cui Europa e USA esprimono pareri diversi sulla tossicità dei prodotti e degli
additivi alimentari. L'ufficio stampa della Coca-Cola
Italia, sostiene che il ciclammato sia un additivo della famiglia degli educoloranti, e ricorda che l'utilizzo del ciclammato come educolorante negli alimenti e nelle bevande e permesso in più di 50 paesi in
tutto il mondo tra cui Canada, Australia e Messico.
E’ interessante notare come uno stesso marchio riesca a mantenere sul mercato ben tre prodotti, di cui
due assolutamente simili, senza mai perdere i suoi
consumatori ormai fedeli che rimangono legati al
gusto Coca-Cola – tradizionale, light o zero che sia
La Coca-Cola è disponibile nella maggioranza
dei luoghi di ristorazione del mondo, ed è la bevanda per eccellenza nei fast food è importante far si che l'eventuale consumo sia occasionale
e ricordare sempre che l'acqua rimane comunque
la bevanda migliore, soprattutto durante i pasti.
Cap 2
The Coca Cola
Company
The Coca-Cola Company
Coca-Cola is a carbonated soft drink sold in stores,
restaurants,and vending machines in every country except
Cuba and North Korea.It is produced by the Coca-Cola Company of Atlanta, Georgia, and it is often referred to simply as Coke.Originally intended as potent medicine when it was invented in the 19th century by John
Pemberton,Coca-Cola was bought aut by bussinesman Asa
Griggs,whose marketing tactics led Coke to its domenace
of the world soft-drink market throughout the 20th century.
The company produces concentrate, which is then sold
to licenders coca cola bottlers throughout the world.The
bottlers,who hold territorially exclusive contracts with the
company,produce finished product in cans and bottles from
the concentrare in combination with filtred water and sweeteners.The bottlers then sell,distribute and merchandise Coca-Cola to retail stores and vending machines.such bottlers
include Coca-Cola enterprises, which is the largest single
Coca-Cola bottler in North America and Western Europe.
The Coca-Cola company also sells concentrate for soda
fountains to major restaurants and food service distributors.
The Coca-Cola company has,on occasion,introduced
other Cola Drinks under the Coke brand name.
The most common of thes Diet Coke,with other including caffeine-free Coca-cola,Diet coke caffeine free, coca cola cherry,coca cola zero,coca cola vanilla, and special version with lemon, lime or coffee.
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Cap 3
Additivi alimenti
Per additivo alimentare si intende "qualsiasi sostanza normalmente non consumata come alimento
in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di
avere un valore nutritivo, che aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico
nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti, si possa ragionevolmente presumere che diventi, essa stessa o i suoi derivati,
un componente di tali alimenti, direttamente o indirettamente" (Direttiva del Consiglio 89/107/CEE).
Gli additivi alimentari svolgono svariate funzioni che sono spesso date per scontate. Gli alimenti sono soggetti a molte variabili ambientali, come le oscillazioni di temperatura, l’ossidazione e l’esposizione a microbi, che ne possono modificare la composizione originaria. Gli additivi alimentari sono essenziali per conservare le qualità e le caratteristiche degli alimenti che
i consumatori richiedono e mantenere il cibo sicuro, nutriente e appetitoso dal campo alla tavola. Queste sostanze sono oggetto di una rigorosa regolamentazione e per poter essere impiegate devono avere una comprovata utilità, essere sicure e non confondere il consumatore.
Gli additivi alimentari possono essere aggiunte intenzionalmente agli alimenti, in qualsiasi fase del
loro ciclo produttivo, al fine di:
•
mantenere il più possibile inalterate le qualità nutritive.
•
migliorare le caratteristiche organolettiche come sapore, odore, colore e consistenza.
•
prolungare i tempi di conservazione.
•
favorire la tecnologia produttiva.
Per legge, tutti gli additivi aggiunti a un prodotto devono essere indicati sull’etichetta, per ogni additivo deve
essere riportato il gruppo di appartenenza che indica la funzione (ad esempio: ”antimicrobici”) inoltre va
specificata anche la sigla europea(E=europa) seguita da tre o quattro cifre(ad esempio: calcio sorbato o E203).
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Classificazione additivi
Additivi che mantengono la freschezza dei cibi e ne impediscono il deterioramento
Alcuni additivi alimentari contribuiscono a mantenere la freschezza e la sicurezza degli alimenti. Permettono di allungare la durata del prodotto proteggendo gli alimenti dal deterioramento provocato
dall’ossidazione e dai microrganismi. Possono essere suddivisi in due categorie in base alla loro funzione principale.
Antiossidanti
Impediscono l’ossidazione degli alimenti che provoca rancidità o perdita di colore. Sono utilizzati nei prodotti da forno, nei cereali, nei grassi, negli olii e nei condimenti per insalata. I
principali antiossidanti liposolubili sono:
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• Tocoferoli (E306-309), BHA (butil-idrossi-anisolo o E320) e BHT (butil-idrossi-toluolo o E321) - impe
discono ai grassi commestibili, agli olii vegetali e ai condimenti per insalate di irrancidire.
• Acido ascorbico (E300) e acido citrico (E330) - conservano il colore della frutta e della verdura appena
tagliata.
Conservanti
Limitano, ritardano o arrestano la crescita dei microrganismi (es. batteri, lieviti, muffe) che sono presenti o che si introducono nel cibo, prevenendone il deperimento o la tossicità. Sono utilizzati, per esempio,
nei prodotti da forno, nel vino, nel formaggio, nelle carni salate, nei succhi di frutta e nella margarina.
Ecco alcuni esempi:
• Diossido di zolfo e solfiti (E220-228) - contribuiscono a prevenire l’alterazione del colore della frutta
secca e della verdura. I solfiti inibiscono anche la crescita di batteri nel vino e negli alimenti fermentati,
in alcuni snack e nei prodotti da forno. I solfiti hanno anche proprietà antiossidanti.
• Calcio propionato (E282) - impedisce al pane e ai prodotti da forno di ammuffire.
• Nitrati e nitriti (sali di sodio e di potassio) (E249-252) - sono utilizzati come conservanti nelle carni
lavorate, per esempio nei wurstel, e per mantenere la sicurezza dei prodotti impedendo la crescita dei
batteri che producono il botulino.
Additivi che esaltano o accentuano le caratteristiche sensoriali
Gli additivi sono impiegati anche per conferire determinate caratteristiche agli alimenti, migliorandone la consistenza e contribuendo ai processi di produzione degli alimenti. Tra questi vi sono:
Agenti che modificano il gusto e la consistenza
Rientrano in questa categoria:
• Emulsionanti e stabilizzanti - lo scopo di questi additivi alimentari è mantenere una consistenza uniforme e impedire la separazione degli ingredienti in prodotti come margarina, creme ipocaloriche da spalmare, gelato, condimenti per insalata e maionese. Molte versioni a basso contenuto di grassi dei comuni alimenti si basano su questa tecnologia. Qualsiasi ricetta che richieda la miscelatura di ingredienti
che normalmente non si amalgamano, come il grasso e l’acqua, necessita di emulsionanti e stabilizzanti
per ottenere e mantenere la consistenza desiderata. Ne sono esempi la lecitina e i mono e di-gliceridi.
• Addensanti - queste sostanze contribuiscono ad aumentare la viscosità delle preparazioni alimentari. Vengono aggiunti ad alimenti quali i condimenti per insalate e il latte aromatizzato. Come addensanti si utilizzano spesso sostanze presenti in natura, per esempio la gelatina o la pectina.
• Edulcoranti - sia i dolcificanti “di massa” (aggiunti in grande quantità perché ipocalorici) che quelli
“intensivi” (aggiunti in piccolissime quantità) conferiscono un sapore dolce agli alimenti e sono molto
utili nella preparazione di prodotti ipocalorici e prodotti dietetici speciali, come quelli destinati ai diabetici. Gli edulcoranti intensivi, come l’acesulfame K (E950), l’aspartame (E951) e la saccarina (E954)
sono rispettivamente 130-200, 200 e 300-500 volte più dolci dello zucchero e sono privi di calorie. La
taumatina (E957), una proteina naturalmente dolce estratta dal frutto della pianta Thaumatococcus danielli, è 2.500 volte più dolce dello zucchero e viene utilizzata in dosi estremamente ridotte per le sue
caratteristiche aromatiche. Tra gli edulcoranti di massa ci sono il sorbitolo (E420), l’isomalto (E953) e il
maltitolo (E965) che possono essere contenuti nei dolcificanti “da tavola” e negli alimenti a basso contenuto energetico, di cui incrementano il volume e la gradevolezza al palato. Queste sostanze hanno un
valore calorico ridotto e forniscono 2,4 kcal/grammo rispetto alle 4 kcal/grammo degli altri carboidrati.
• Esaltatori di sapidità - il più noto è probabilmente il glutammato monosodico (MSG; E621) che è utilizzato per isolare ed esaltare i sapori negli alimenti a cui viene aggiunto. Viene usato prevalentemente nei cibi molto saporiti e in vari piatti orientali.
• Altri additivi - in aggiunta ai precedenti, questo gruppo comprende acidi, regolatori di acidità (utilizzati per
controllare l’acidità e l’alcalinità in vari tipi di prodotti alimentari), agenti antiagglomeranti (utilizzati per evitare la formazione di grumi negli alimenti in polvere), agenti anti-schiuma (che riducono le schiume, es. nella
cottura dei prosciutti), gas di imballaggio (utilizzati per determinati tipi di confezioni sigillate, per esempio
per la carne, il pesce, i frutti di mare, le verdure e le insalate pronte che si trovano nel banco frigorifero), ecc.
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Il colore è una delle principali caratteristiche sensoriali e contribuisce a far sì che un alimento risulti ben accetto o
sgradito. Se l’aggiunta del colore può apparire, agli occhi di qualcuno, di natura puramente cosmetica, non vi sono
dubbi sul fatto che il colore sia un fattore importante nella percezione, da parte del consumatore, dell’alimento che
spesso viene associato ad un determinato sapore o ad una specifica intensità di sapore. I coloranti sono utilizzati per
aggiungere o ripristinare il colore in un alimento, per migliorarne l’attrattiva visiva e soddisfare le aspettative del
consumatore. La trasformazione industriale dei piselli e la preparazione delle marmellate, per esempio, possono determinare una perdita di colore che i coloranti possono compensare. Alcuni coloranti vengono usati come semplice
decorazione estetica su torte e prodotti di pasticceria. Rimane tuttavia inaccettabile che queste sostanze siano utilizzate per mascherare o nascondere una scarsa qualità. Per maggiori informazioni consultare la sezione coloranti.
Coloranti
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Cap 4
Etichettatura
L’etichettatura dei prodotti alimentari è definita come l’insieme delle indicazioni, marchi di fabbrica e di commercio, immagini o simboli che si
riferiscono al prodotto alimentare e che figurano
direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo o sui documenti di accompagnamento del prodotto alimentare.
Per mezzo dell’etichetta il produttore veicola informazioni essenziali sui prodotti (quantità netta, data
di scadenza, modalità di conservazione e d’uso, ecc.),
così come informazioni che, sebbene non essenziali, sono considerate utili (etichettatura nutrizionale, dettagli sul riciclaggio degli imballaggi, ecc.).
L’etichettatura dei prodotti alimentari è disciplinata da
una serie di provvedimenti europei e nazionali che possiamo sommariamente suddividere in due categorie:
• le norme orizzontali (lex generalis), che regolano
i princìpi generali dell’etichettatura (Il decreto legislativo 109/92 e succ. modif., ad esempio, definisce i
criteri per l’etichettatura di tutti i prodotti alimentari
preconfezionati);
• le norme verticali (lex specialis), che intervengono
per disciplinare l’etichettatura di prodotti specifici (ad
esempio latte, uova, carni bovine, prodotti ittici, ecc.).
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L'etichettatura dei prodotti alimentari mira a garantire che i consumatori dispongano di informazioni complete sul contenuto e sulla composizione dei prodotti, allo scopo di tutelarne la salute e
gli interessi. Alcuni prodotti alimentari, come gli
OGM, i prodotti alimentari allergeni ,i prodotti alimentari destinati ai lattanti o varie bevande sono
poi soggetti di altri a regolamentazioni specifiche.
L'etichettatura dei prodotti alimentari deve riportare le
informazioni obbligatorie, che devono essere facilmente comprensibili e visibili, chiaramente leggibili e indelebili, alcune di esse devono figurare nello stesso campo visivo. Le indicazioni obbligatorie comprendono:
•
•
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•
•
•
•
•
•
•
•
la denominazione di vendita;
l’elenco degli ingredienti costituito dalla loro
enumerazione in ordine decrescente di peso e
dell’indicazione del loro nome specifico;
la quantità di un ingrediente o di una categoria di
ingredienti;
la quantita netta espressa in unita di volume per i
prodotti liquidi;
Il termine minimo di conscervazione:Il termine
e preceduto dalla dicitura <<DA CONSUMARSI
PREFERIBILMENTE ENTRO IL...>> quando
la data comporta l’indicazione del giorno oppure
<< DA CONSUMARSI PREFERIBILMENTE
ENTRO FINE...>> negli altri casi.
le condizioni particolari di conservazione e di
utlilizzo;
il nome o la ragione sociale e l’indirizzo del fabbricante o del condizionatore o di un venditore;
il luogo di origine o di provenienza;
le struzioni per l’uso;
titolo alcolometrico volumico e effettivo.
Come leggere le etichette alimentari
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Cap 5
Globalizzazione
Fenomeno di unificazione dei mercati a livello mondiale, consentito dalla
diffusione delle trasformazioni economiche, dalle innovazioni tecnologiche
e dai mutamenti geopolitici che hanno spinto verso modelli di produzione
e di consumo più uniformi e convergenti. Coniato dalla rivista “The Economist” nel 1962, il termine globalizzazione si è diffuso solo a partire dalla
metà degli anni Novanta del XX secolo, e talvolta è inteso come sinonimo
di liberalizzazione, per indicare la progressiva riduzione degli ostacoli alla
libera circolazione delle merci e dei capitali su scala planetaria. La globalizzazione (o mondializzazione) è un processo storico di lunga durata, che
iniziò con lo sviluppo degli imperi coloniali spagnolo e portoghese a partire
dai secc. XV e XVI. Le esplorazioni geografiche e i regolari scambi commerciali, infatti, misero in contatto diretto l’Europa, l’Africa, l’Asia e l’America e da questi rapporti, principalmente di natura economica, si sviluppò
una stabile interdipendenza, oltre che l’avvio di una divisione del lavoro a
livello mondiale legata al sistema del colonialismo. Tra la metà del XVIII e
la fine del XIX sec., l’espansione della capacità di produzione, trasporto e
comunicazione avviata dalla Rivoluzione industriale contribuì all’affermarsi
di intensi rapporti economici su scala mondiale. Verso la fine dell’Ottocento
si delineò una politicizzazione della globalizzazione, tipica dell’età dell’imperialismo: le società rappresentate dagli Stati-nazione intendevano gestire
politicamente gli effetti prodotti dalle reti dell’economia mondiale. Fra il
1870 e il 1914, si assisté alla prima fase della globalizzazione propriamente
detta, caratterizzata da una imponente crescita dei flussi di capitali e dei flussi migratori, e dal raddoppio del commercio mondiale. Ne derivarono però
anche gravi scontri tra le maggiori potenze, che preannunciarono un’epoca di
crisi e di conflitti mondiali. Alla fine della Seconda guerra mondiale, la tendenza fu nuovamente invertita. Nelle intenzioni dei paesi vincitori, l’ordine
politico definito in seno all’ONU doveva essere accompagnato da un nuovo
ordine dell’economia mondiale. Già nella Conferenza di Bretton Woods del
1944 le potenze vincitrici si accordarono sul principio di fornire una cornice giuridico-istituzionale all’economia mondiale, al fine di impedire che i
problemi economici venissero affrontati unilateralmente e di promuovere la
cooperazione internazionale. Furono create a questo scopo istituzioni che ancora oggi caratterizzano la globalizzazione economica, dalla Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo al Fondo monetario internazionale,
al GATT (Termine inglese che identifica l’accordo generale sulle tariffe e sul
commercio). Dal 1960 (l’anno-simbolo della decolonizzazione) al 1980 ebbe
luogo una seconda fase della globalizzazione, in cui fu coinvolto un maggior
numero di Paesi. Le esportazioni come percentuale del PIL crebbero non solo
nei Paesi industrializzati, come all’inizio del secolo, ma anche in molti Paesi
in via di sviluppo (PVS), sebbene con differenze notevoli: le economie di
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nuova industrializzazione dell’Asia (NIEs) aumentarono nettamente i propri
legami con l’economia mondiale, e tale processo riguardò in una certa misura anche le economie del Secondo mondo, ossia del campo socialista, mentre
l’Africa e l’America Latina furono coinvolte nel processo di integrazione
principalmente attraverso la spirale crediti/debito estero. Intanto, all’inizio
degli anni Settanta, la fine della convertibilità del dollaro decisa dagli USA
segnò la fine del sistema di Bretton Woods, ma non certo dell’internazionalizzazione dell’economia; il sistema dei cambi flessibili, anzi, contribuì ad
accentuarla. Nella terza fase della globalizzazione, iniziata negli anni Ottanta
e tutt’ora in corso, il rapporto fra flussi di esportazioni e importazioni e PIL
è aumentato, arrivando a livelli mai raggiunti prima. Si è manifestata una
radicale trasformazione della struttura del commercio: sono aumentati notevolmente sia il commercio intraindustriale fra Paesi con uno stesso livello
di sviluppo sia gli scambi fra Paesi in fasi di sviluppo diverse, e soprattutto
è avanzata la liberalizzazione degli scambi, fortemente sostenuta assieme
alla deregulation dai teorici e dai politici protagonisti della stagione del Neoliberismo. Il crollo del campo socialista ha consentito inoltre di reintegrare
pienamente quelle economie e quei mercati nel mercato mondiale. Una serie
di riforme economiche in Paesi emergenti come Cina e India ha indotto un
forte aumento del prodotto mondiale, del commercio e dei flussi di investimenti diretti. A partire dai primi anni Novanta si è accelerata anche la
globalizzazione finanziaria, come dimostra il rapido aumento simultaneo di
attività e passività sull’estero di molti Paesi. Sono nel contempo aumentati
gli investimenti diretti, che accentuano la divisione internazionale del lavoro
e il dominio economico delle maggiori potenze. Hanno assunto particolare
rilievo gli investimenti che riducono i costi di produzione, e molte imprese
dei Paesi industriali hanno delocalizzato in Paesi a basso costo del lavoro le
fasi produttive a minor valore aggiunto. D’altra parte, lo sviluppo delle economie emergenti è stato impressionante: nel 1974-2004 il reddito pro capite
della Cina è aumentato di ben sei volte e quello dell’India è raddoppiato;
in Cina il PIL è passato dal 3% di quello mondiale al 13%, le esportazioni
dall’1% di quelle mondiali al 6% e gli investimenti diretti in entrata dal 2%
al 10%. La diffusione delle tecnologie ha avuto una forte accelerazione; il
progresso tecnico, con i suoi effetti sui costi di trasporto e comunicazione, ha
ridimensionato le barriere naturali agli scambi. In questo mercato «globale»,
le aziende multinazionali sono diventate il principale motore della globalizzazione. Tuttavia, mentre le restrizioni normative alla libera circolazione
di merci e capitali si sono ridotte, i movimenti di lavoratori sono rimasti
invece a un livello inferiore a quello dei primi anni del XX sec., e hanno
continuato a essere regolamentati da legislazioni restrittive. Inoltre le nuove tecnologie hanno facilitato il coordinamento di attività distanti tra loro
e favorito la frammentazione dei processi produttivi e la delocalizzazione
dei loro segmenti in Paesi diversi, il che ha finito per indebolire i lavoratori
salariati. La corsa al ribasso nelle condizioni dei lavoratori e la crescente
tendenza al predominio sull’economia mondiale da parte delle grandi multinazionali, sempre più autonome dai singoli Stati, la crescente influenza di
queste imprese e delle istituzioni finanziarie internazionali sulle scelte dei
governi hanno provocato un aggravarsi degli squilibri economici e sociali
interni ai singoli Stati e nei rapporti tra Paesi e aree economiche. La globalizzazione è stata quindi accompagnata da un complessivo aumento delle
disuguaglianze. Questi elementi, accanto all’emergere di «problemi globali», quali quelli legati all’ambiente, ai mutamenti climatici ecc., hanno fatto
sì che la globalizzazione vedesse anche il sorgere dei suoi avversari e dei
suoi critici, a partire da quel movimento no global che esordì a Seattle nel
1999 in occasione di un vertice della WTO (organizzazione mondiale del
commercio). Secondo la critica dei no global, il libero scambio e le organizzazioni che lo regolano rappresentano una minaccia ai diritti sociali e al
rispetto dell’ambiente. In particolare, il libero scambio rischia di non essere
equo in quanto si realizza tra nazioni caratterizzate da livelli diversi di sviluppo e vede una (o un gruppo) di queste in posizione di enorme vantaggio
rispetto alle altre. Anche economisti che hanno avuto un ruolo dirigente negli
organismi sopranazionali, come J. Stiglitz, hanno manifestato critiche simili,
mentre studiosi come M. Chossudovsky hanno parlato di «globalizzazione
della povertà». Molti dei critici ritengono dunque necessario varare misure
correttive in grado di garantire più che un libero commercio (free trade) un
commercio equo (fair trade). In tal senso il movimento di critica alla g. è
definito anche new global, in quanto si pone in larga parte non in modo ostile
alla g. in quanto tale, ma alla globalizzazione presente, e muove dall’idea di
adoperare i potenziali vantaggi derivati dall’integrazione economica mondiale per mutarne il segno e porla a disposizione degli interessi dell’umanità.
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Cap 6
Sponsorizzazione
e pubblicità
La sponsorizzazione è un fenomeno assai variegato ed in costante e continua evoluzione nella prassi. Diversi sono i profili civilistici che offrono spunti di riflessione per un’analisi codicisticamente orientata delle clausole contenute nei contratti.
Inquadramento del
fenomeno e cenni storici
Per “sponsorizzazione” si intende, nella più comune accezione linguistica del termine,
il “finanziare un’attività sportiva, uno spettacolo, una manifestazione artistica o culturale a scopi pubblicitari”. Il termine trae origine dal latino “sponsor, sponsoris” ovvero garante, mallevadore, padrino e dall’inglese “sponsor” ovvero colui che finanzia
l’attività sportiva di un atleta o di una squadra, oppure di uno spettacolo o di una manifestazione artistica o culturale allo scopo di ricavarne pubblicità per i propri prodotti.
In questi ultimi tempi si è andato sempre più diffondendo nella prassi negoziale italiana e straniera il fenomeno della sponsorizzazione, fenomeno impostosi
all’attenzione di giuristi ed esperti del settore in maniera crescente così da acquisire una rilevanza autonoma nell’ambito più generale dei contratti di pubblicità.
Storicamente la sponsorizzazione è sempre esistita nella prassi. In un primo
tempo si trattava di un contratto a struttura fondamentalmente unilaterale consistente in atti di donazione per spirito di mecenatismo. In seguito il contratto si
è evoluto in qualcosa di più complesso in cui lo spirito di liberalità veniva via
via a sfumare, pur rimanendo il carattere dell’unilateralità, in quanto alla prestazione del “mecenate” non corrispondeva a carico della controparte alcuna prestazione se non quella di opporsi a che il fatto venisse divulgato. Successivamente lo sponsor cominciava a non accontentarsi più di un mero comportamento
accondiscendente dello sponsorizzato, ma richiedeva a quest’ultimo degli specifici comportamenti per cui il contratto diventava a prestazioni corrispettive.
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In particolare l’atleta o la squadra sportiva sponsorizzata si impegnavano a svolgere
la funzione di veicolo di messaggio pubblicitario di beni prodotti dallo sponsor e
forniti gratuitamente o a condizioni particolarmente vantaggiose al soggetto sponsorizzato. Questo tipo di sponsorizzazione c.d. “interna” secondo una terminologia proveniente dalla giurisprudenza e legislazione francese, è stata probabilmente
la prima forma in cui si è manifestato il fenomeno, allo scopo di rendere noto al
pubblico che l’attività ed eventualmente i successi di uno sportivo, sono stati realizzati utilizzando abbigliamento o attrezzature fornite da una determinata impresa.
Attualmente la nostra società, caratterizzata da un consumismo dilagante, che
induce spesso a privilegiare nella scelta l’immagine dei beni piuttosto che le
loro qualità, ha incentivato notevolmente la sponsorizzazione ed ha visto infine così nascere quel particolare contratto mediante il quale un contraente- impresa (sponsor), trasforma a suo vantaggio, in un veicolo pubblicitario, le prestazioni dell’altro contraente (sponsee) che si possono realizzare nei più diversi
campi (allestimento di spettacoli sportivi, iniziative artistiche o culturali, ecc.).
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La dottrina economica riconosce nella sponsorizzazione una particolare tecnica di comunicazione aziendale facente parte del cosiddetto “marketing-mix”, e cioè dell’insieme degli strumenti utilizzati dall’impresa per conseguire i propri obiettivi commerciali.
Anche il brand coca cola ha ultilizzato ed utilizza in maniera massiccia le tecniche di marketing per colpire il suo target di riferimento e imporre la sua mission
i suoi obbiettivi.Il marchio coca cola ha sempre puntato e legato la sua immagine allo sport e alla vita all'aria aperta,da smepre ha sponsorizzato i grandi eventi
sportivi a livello mondiale o piccole manifestazioni a livello locale(coca-cola coop).
Anche quest'anno sara a fianco dei mondiali di calcio che si terrano in brasile per
diffondere il suo concetto di prodotto "felicita.La bibita piu famosa al mondo e ormai
associata allo sport e a tutti i momenti di vita associativa e che danno gioia e allegria. Nonostante la coca cola sia una bibita zuccherata e gassata(ipercalorica),oggi
viene sempre piu spesso legata all attivita fisica e addirittura e un regime di alimentaqzione sano e salutistico.Coca cola ha saputo adattarsi ai tempi e alle mode
anche grazie a scelter oculte e a campagne pubblicitarie e promozionali vincenti.
Natura giuridica del contratto
di sponsorizzazione
Dal punto di vista giuridico il discorso risulta essere più complesso in
quanto, nonostante gli sforzi della dottrina, l’istituto in esame non ha ancora ricevuto una definitiva collocazione codicistica. Ciò è dovuto in gran
parte al fatto che si tratta di un settore influenzato e condizionato dai mutamenti economici, per cui è estremamente difficile inquadrare in schemi rigidi e predefiniti una realtà in continua evoluzione. Ogni tentativo
di classificazione e di sistemazione dogmatica della sponsorizzazione,
è reso ancor più arduo dal significato ambivalente attribuito al termine in
esame, utilizzato sia per individuare il negozio giuridico che intercorre tra sponsor e sponsorizzato, sia per rappresentare il risultato di esso.
Come accennato poc’anzi, i tentativi di collocare la sponsorizzazione all’interno degli schemi di un contratto tipico, che trovi nella normativa codicistica
una sua regolamentazione, non ha per il momento condotto a risultati positivi.
La tesi che ravvisa nella sponsorizzazione un contratto di appalto di servizi, è stata ampiamente criticata in dottrina partendo dalla considerazione che nell’appalto l’obbligazione dedotta in contratto è un’obbligazione di risultato, e l’appaltatore è necessariamente un soggetto
organizzato in forma d’impresa; nella sponsorizzazione, invece, non viene
garantito alcun risultato, ed inoltre, il soggetto sponsorizzato non sempre
è un imprenditore (si pensi ad esempio al fenomeno delle sponsorizzazioni di singoli atleti, di manifestazioni sportive, di spettacoli in genere).
Inoltre, come è stato da più parti ribadito, il soggetto sponsorizzato agisce per il
perseguimento di finalità proprie (come ad es. la vittoria in una competizione
sportiva) che non hanno nulla a che vedere con i servizi prestati allo sponsor.
Sulla base di quanto argomentato, risulta condivisibile l’indirizzo dominante che qualifica il contratto di sponsorizzazione come un contratto atipico a titolo oneroso ed a prestazioni corrispettive, la cui causa è individuabile nell’utilizzazione a fini direttamente o indirettamente pubblicitari,
dell’attività, del nome o dell’immagine altrui in cambio di un corrispettivo che può consistere in un finanziamento in denaro o nella fornitura di
materiale o di altri beni. Trattandosi di contratto atipico è chiaro che la
legittimazione di tale istituto dipende, ex art. 1322 c.c., comma 2, dalla valutazione della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti.
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Sponsorizzazione e pubblicità
Il contratto di sponsorizzazione è un contratto atipico che viene ricondotto nella fattispecie
della vasta categoria dei contratti di pubblicità dai quali però si differenzia. Infatti nei contratti di pubblicità oggetto del negozio è la mera diffusione diretta di un messaggio finalizzato a promuovere le vendite di un determinato bene o servizio, nella sponsorizzazione, invece,
il messaggio trasmesso non consiste nell’esaltazione della qualità del prodotto o del servizio
di un’impresa, ma si realizza invece nella divulgazione del segno distintivo dello sponsor.
Vi è concordia in dottrina nel ritenere le sponsorizzazioni una delle forme di propaganda pubblicitaria fra le più evolute. La sponsorizzazione fa appello ai sentimenti, alle passioni, all’emotività
dei consumatori, molto più di quanto non riesca a fare la pubblicità tradizionale. Il messaggio commerciale si diffonde mediante l’impiego di avvenimenti a rilevante contenuto d’immagine; l’effetto
sarà quello di una persuasione sottile e discreta, ma intensa e, dunque, di induzione all’acquisto di
questo o quel prodotto il cui marchio viene veicolato dalla squadra o dall’atleta cui esso è collegato.
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Elemento caratteristico della sponsorizzazione è il cosiddetto “effetto di ritorno” per cui il
messaggio pubblicitario diffuso in modo indiretto nel corso di avvenimenti che si sarebbero comunque svolti, indipendentemente da una loro “programmazione”, viene utilizzato per valorizzare ed accrescere la conoscenza del prodotto o dell’impresa sponsorizzata.
E’ stato osservato che la sponsorizzazione radiotelevisiva è il tipo di sponsorizzazione che
più si avvicina al contratto di diffusione pubblicitaria. Si tratta in particolare dell’abbinamento del nome di un prodotto o azienda ad una trasmissione radiofonica o televisiva, in modo
tale che il pubblico la possa facilmente identificare come riferibile direttamente allo sponsor.
La sponsorizzazione televisiva differisce però dalla pubblicità tradizionale per le modalità di diffusione del messaggio che viene, di regola, inserito in un programma riguardante attività estranee a quella dello sponsor, ed è condizionato nella sua efficacia dallo svolgimento del programma stesso e dalle capacità comunicative del conduttore.
Dalla sponsorizzazione va distinto in primo luogo il patrocinio o mecenatismo che non presuppone un intento commerciale e quindi un obbligo di promozione pubblicitaria, ma rientra negli atti di liberalità di un mecenate appunto, che è
mosso invece dall’intento di accrescere, attraverso finanziamenti, la diffusione dello sport, dell’arte, della cultura, ecc.
Tra le varie forme di sponsorizzazione rintracciabili nella prassi vi sono le seguenti: sponsorizzazione di una manifestazione
sportiva; sponsorizzazione di un club o scuderia, sponsorizzazione di singoli atleti; sponsorizzazione tecnica; comitati e consorzi
per le sponsorizzazioni di particolari “intraprese” (agonistiche,
sportive, di viaggi); sponsorizzazione televisiva (c.d. bartering).
Sponsorizzazione di una manifestazione sportiva – Oggetto del contratto di sponsorizzazione può essere una manifestazione che si esaurisce in un breve spazio di tempo (ad es.
una partita di calcio) o un evento sportivo di maggiore rilievo e di più lunga durata (ad es. un campionato di basket).
Le diverse figure contrattuali
Nel primo caso lo sponsor consente con i propri contributi,
di organizzare la gara, riservandosi in genere il diritto di intitolare la suddetta manifestazione a suo nome, di usare gli spazi in cui si svolge la competizione sportiva per posizionare
cartelloni, striscioni ed altri mezzi di propaganda al fine di un
ritorno pubblicitario, di distribuire nel corso della manifestazione volantini ed opuscoli, di ricordare il nome della propria ditta o dei propri prodotti tramite l’uso di altoparlanti.
Accanto a queste modalità di sponsorizzazione che sono le
più comuni, si assiste, nei casi di eventi di maggiore rilievo, ad un accordo di licensing per il quale allo sponsor viene concesso di usare nella propria pubblicità o nei propri prodotti, i marchi ufficiali della manifestazione accompagnati
dall’indicazione “sponsor ufficiale” o “fornitore ufficiale”.
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Cap 7
Decadentismo
Il termine Decadentismo indica un movimento culturale sorto in Europa verso la fine
dell’Ottocento e gli inizi del Novecento come reazione al Positivismo in filosofia ed al Realismo in letteratura. La parola deriva da Decadent,termine usato in Francia per indicare i
“poeti maledetti”che con la novità della loro arte e una vita irregolare apparivano corrotti
e dissoluti. Essi non si offesero, ma si impadronirono della parola e ne fecero il titolo della
loro rivista. Benedetto Croce stigmatizzò i decadenti con un’accezione negativa e, con essi,
tutta la produzione di fine Novecento. Il Decadentismo ebbe il suo centro di irradiazione in
Francia per due ordini di motivi: il primo fortuito, dovuto al contemporaneo fiorire di artisti,
poeti e scrittori in questa zone e il secondo è di carattere storico-letterario: il Romanticismo, in Francia, era stato un movimento acquisito, non autonomamente creato, lasciando
aperti e vivi, temi e problematiche che altrove (Germania, Inghilterra ed Italia) avevano
trovato soluzione. Il Decadentismo ha una genesi filosofica ed una storica: sorge, infatti,
come reazione alla crisi del Positivismo, anche grazie alla psicanalisi che contribuisce a
distogliere l’uomo dalle sue certezze. Freud dimostra che non tutte le azioni sono il frutto
di scelte autonome ma, spesso, sfuggono alla nostra coscienza. La sfiducia nella ragione
prima esaltata dal Positivismo, genera un crisi dei valori tradizionali. Il Decadentismo è,
inoltre, originato da conflitti internazionali e ciò contribuisce alla crisi dei valori del Positivismo. Il Decadentismo intende la poesia come strumento di conoscenza del mistero
nonché unico tramite con l’ignoto; il poeta è il veggente: l’esploratore del mistero. Si tratta
di una poesia fatta di sfumature, sensazioni ed atmosfere musicali. Si assiste al rifiuto delle
forme metriche rigide e tradizionali, prediligendo un ritmo fatto di cadenze e versi liberi.
Il tema di fondo è l’angoscia esistenziale, senza consolazione perché non sorretta dalla
fede, unita ad un profondo senso del mistero, fatto di una totale immersione nella natura.
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Giovanni Pascoli
Esponente di grande rilievo del Simbolismo decadente, è Giovanni Pascoli. Nato a San Mauro
di Romagna nel 1855 da Ruggero, muore a Bologna nel 1912; dai 7 ai 14 anni il poeta studia in
collegio ma è costretto a lasciarlo dopo la morte del padre, ucciso da sconosciuti, mentre ritornava a casa da sconosciuti dalla fiera di Cesena. Colpito da vari lutti, come la morte della madre e
della sorella maggiore, il poeta ha sempre avuto la forza di perseverare negli studi, anche grazie
ad una borsa di studio che gli consentì di iscriversi alla facoltà di Lettere all’ Università di Bologna. In quegli anni ha aderito alle idee socialiste, partecipando anche a numerose dimostrazioni.
Dopo l’attentato al re Umberto I fu arrestato e trascorse tre mesi in carcere; assolto e liberato
riprese gli studi, si laureò, intraprendendo una carriera da insegnante (latino e greco). Nel 1905
ottenne a Bologna la cattedra di letteratura italiana che precedentemente era stata del Carducci.
Si spense a Bologna nel 1912. Pascoli ebbe una concezione dolorosa della vita su cui influirono
due fatti, la tragedia luttuosa e la crisi del Positivismo. Il primo dramma familiare colpì il poeta
quando, di ritorno dalla fiera di Cesena, il padre fu aggredito, derubato ed ucciso da briganti.
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Alla morte del padre seguirono altri due eventi funesti,che gli valsero l’ispirazione del mito del nido familiare da ricostruire, immaginando la casa
come un luogo in cui tutte le ansie e i dolori si placano. La poetica di Pascoli è legata alla concezione del mistero come realtà che ci avvolge, cui
si può solo tendere, senza mai raggiungerne la piena conoscenza ed essenza. Pascoli elabora una particolare visione che va sotto il nome di “poetica
del fanciullino”, che per l’autore è simbolo del modo ingenuo e incantato
di vedere e sentire le cose, tipico del poeta. Pascoli ritiene, che la poesia
non sia un’invenzione, bensì una scoperta, perché essa risiede nelle cose
che solo il poeta sa vedere. Infatti, il poeta ad ogni oggetto, ad ogni forma, dà un suo significato e, tra questi, possiamo ricordarne alcuni come:
“l’aratro dimenticato”, simbolo di una vita solitaria; “l’albero spoglio” indice dell’angoscia dell’uomo; il “nido vuoto” associata ad una casa vuota,
privata di alcune, seppur fondamentali presenze; il “suono delle campane”
che diventa per il poeta la voce della tomba. Tra le opere di Pascoli ricordiamo: Myricae che, come ricorda l’etimo “tamerici”, canta i motivi umili
e dimessi del mondo della natura; Primi e nuovi poemetti che raccontano
di piccoli quadri di vita campestre. Ultimi ma non in ordine di importanza i
Canti di Castelvecchio, in cui si evidenzia il lutto del poeta, ponendo nuovamente l’accento sul tema del nido, privato di alcune essenziali presenze.
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X AGOSTO
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San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto :
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
X Agosto è una poesia in cui prende corpo il tema delle memorie autobiografiche; il poeta rievoca la morte del padre Ruggero,ucciso il 10 agosto 1867, di
ritorno a casa in calesse dalla fiera di Cesena. Il titolo è evocativo e si rifà alla
consuetudine che vuole la notte di San Lorenzo, appunto quella tra il 10 e l’11
agosto, costellata di stelle cadenti, assimilate dal poeta, alle lacrime del cielo per la morte di suo padre e per tutte le sciagure di cui è causa la malvagità
umana. Io so, dice il poeta, perché la notte del 10 agosto tante stelle ardono e
cadono per l’aria tranquilla. Una rondine ritornava all nido, portando nel becco
un insetto per nutrire i suoi rondinini, ma l’uccisero, lasciandola a terra come
in croce, tendendo quel verme al cielo lontano, quasi chiamandolo a testimone
delle malvagità umane, mentre intanto nel nido i suoi piccoli pigolano sempre
più flebilmente nell’atroce languore dell’agonia. Come la rondine, anche il padre
del poeta tornava a casa dalla fiera di Cesena e portava delle bambole in dono
alle figlie, ma l’uccisero, ed egli morì perdonando, portando, però, negli occhi
aperti, l’impressione di un grido di stupore e di angoscia. E, mentre i figli, nella
casa lontana, lo aspettavano invano, egli, immobile, tendeva le bambole al cielo.
Ed il cielo dall’alto del firmamento sereno, infinito, immortale, inondava col pianto delle stelle la terra, atomo sperduto nell’universo, reso ancora più oscuro dalla
presenza del male. Questa poesia è non solo il trionfo del dolore personale del
poeta, ma anche di quello universale perché rispecchia la condizione di miseria
dell’uomo,vittima del male e della violenza da parte di altri uomini. L’universalità
del dolore è contenuta nello stesso parallelismo tra il destino della rondine uccisa e
quella del padre del poeta ed emerge prepotentemente nell’ultima strofa, quando al
poeta sembra che le stelle cadenti siano come le lacrime del cielo che piovono sulla
terra, per compiangerla nelle sue misere vicisitudini di <<atomo opaco del male>>.
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Cap 8
Derivate
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