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c1. considerazioni sui metodi numerici per l
C1. CONSIDERAZIONI SUI METODI NUMERICI PER
L’ANALISI DELLA STABILITÀ
C1.1 PREMESSA
Quando si realizza uno scavo in sotterraneo in un ammasso roccioso, la geometria dello
scavo e la distribuzione dei pilastri dipendono dalla distribuzione degli sforzi verticali che si
viene a creare. Mentre, tuttavia, le forze di taglio esercitate sulla roccia risultano trascurabili o
meno, a seconda che si scavi senza o con l’ausilio di esplosivi, le sollecitazioni verticali
subiscono un incremento che si viene inevitabilmente a scaricare sui pilastri con
l’avanzamento dello scavo. La stabilità dei pilastri rimane, quindi, l’aspetto fondamentale e
critico per la salute e la sicurezza.
Negli scavi in sotterraneo il rapporto di estrazione e(%), pari al rapporto tra il volume
estratto e il volume totale, è strettamente legato all’incremento di tensione verticale v(%) nei
pilastri. Generalmente nelle cave in esame il rapporto di estrazione non tende mai a superare
il 50% del materiale in posto e, per questo motivo, l’incremento del carico assiale sui pilastri
è all’incirca pari alla tensione presente prima dello scavo. Inoltre, negli scavi in sotterraneo
risulta di particolare importanza lo stato di sollecitazione naturale dato dal rapporto k tra la
sollecitazione orizzontale e verticale nel piano ortogonale all’asse della galleria: valori più alti
del rapporto k comportano una progressiva riduzione dello sforzo di trazione in
corrispondenza della mezzeria del tetto, fino all’instaurarsi di uno sforzo di compressione.
Per la soluzione dei problemi di stabilità si tiene, pertanto, conto di due differenti
condizioni iniziali:
1. rocce omogenee - stato tensionale iniziale dato da:
σz = σx = σ y = σ
dove il rapporto tra tensioni verticali ed orizzontali è costante ed eguale all’unità, cioè:
k = 1 e ν (coefficiente di Poisson) = 0.5 (materiali plastici);
2. rocce quasi-omogenee - tensioni iniziali differenti:
σz ≠ σx = σ y
con due casi:
la sollecitazione orizzontale è maggiore di quella verticale:
σx
>1 → k >1
σz
ii) la sollecitazione orizzontale è inferiore a quella verticale:
i)
σx
< 1 → k appartiene all ' int ervallo 〈 0,1〉
σz
Nonostante lo studio dei pilastri dati di molti decenni, restano ancora differenti opinioni
sulla distribuzione degli sforzi al loro interno, sulle caratteristiche di deformabilità della
roccia che possono cambiare in relazione a questi sforzi e sul miglior metodo empirico,
analitico o numerico idoneo a prevedere il comportamento dei pilastri. Recentemente sono
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stati fatti significativi avanzamenti nella progettazione delle miniere, ma nessun metodo è
stato considerato come sempre valido, ma semplicemente adatto a siti specifici.
Wilson ha proposto una teoria del comportamento dei pilastri basata sull’ipotesi di un
nucleo elastico circondato da una fascia inelastica elasticizzata: le sollecitazioni di picco, di
conseguenza, vengono a posizionarsi al contatto tra le due zone.
I metodi numerici forniscono una migliore alternativa a questo approccio iniziale,
tenendo conto non solo delle sollecitazioni in sito all’interno del pilastro ma anche delle
proprietà degli strati presenti al tetto ed al letto del pilastro stesso.
C1.2 METODI DI VALUTAZIONE DELLA STABILITÀ
Per stabilità di uno scavo in sotterraneo s’intende la risposta dell’ammasso roccioso
circostante la cavità alla realizzazione dello scavo stesso. Eccetto i casi nei quali si realizza un
massiccio intervento di rinforzo e sostegno, quando viene scavato l’ammasso roccioso assume
un nuovo stato di sforzo e di deformazione che riflette la presenza della cavità e dipende
fondamentalmente da:
• le proprietà meccaniche dell’ammasso;
• lo stato di sforzo originario nell’ammasso;
• la forma e le fasi di scavo seguite per realizzare l’opera.
Diversi autori hanno proposto metodi per valutare la stabilità degli ammassi rocciosi dai
dati del rilevamento di dettaglio mediante test cinematici
Per valutare la stabilità degli scavi e le possibili interazioni con il piano campagna
sovrastante, sia al momento attuale sia dopo eventuali ampliamenti degli scavi, sono stati
utilizzati programmi per la modellazione dell’ammasso roccioso che utilizzano come base il
metodo degli elementi distinti ed il metodo delle differenze finite.
I modelli numerici risultano essere molto utili, in quanto servono per stimare
preventivamente le variazioni nel tempo degli spostamenti e degli sforzi che si possono
sviluppare quando viene realizzata o ampliata una cavità all’interno dell’ammasso roccioso.
In dettaglio l’elaborazione consiste nell’associare ad un sistema naturale reale e complesso,
qual è un ammasso roccioso interessato da scavi sotterranei, un modello astratto che lo simuli
in modo verosimile e che, contemporaneamente, abbia i requisiti necessari per renderlo
suscettibile di analisi fisico-matematica. È importante sottolineare come la compatibilità tra il
modello analitico ed il sistema fisico è tanto maggiore quanto più le ipotesi assunte, ed i
valori dei parametri introdotti nel calcolo, si avvicinano alla realtà.
Di fondamentale importanza è, anche, sottolineare come gli ammassi rocciosi non si
comportano per la maggior parte dei casi come un “continuo elastico”, bensì come un mezzo
“discontinuo”. In questi casi, per la progettazione degli scavi e degli eventuali interventi di
consolidamento e sostegno occorre identificare tutti i possibili meccanismi di distacco di
lastre e blocchi che durante lo scavo dell’opera, e successivamente, possono cadere sia dalla
calotta sia dai piedritti della sezione di scavo. 1972.
In pratica, i dati raccolti dall'analisi geomeccanica degli ammassi rocciosi sono elaborati
al calcolatore per la valutazione della stabilità dello scavo, tenendo in considerazione la
risposta dell'ammasso roccioso alle varie sollecitazioni cui è naturalmente o, in caso,
artificialmente sottoposto. Si propende, così, ad un'interpretazione modellistica dell'ammasso
per una verifica sulle condizioni di stabilità, anche nelle condizioni più sfavorevoli.
I programmi utilizzati per l’analisi di stabilità delle cave in esame sono alle differenze
finite (FLAC e FLAC3D) ed agli elementi distinti (UDEC e 3DEC) per tener conto delle
differenti caratteristiche degli ammassi rocciosi interessati dalle quattro cave in esame.
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All’interno di queste due tipologie di modelli numerici si sono utilizzati codici di calcolo sia
bi-dimensionali (FLAC e UDEC) sia tri-dimensionali (FLAC3D e 3DEC) per avere una
risposta dell’ammasso in condizioni approssimativamente piane o in condizioni che dovessero
necessariamente tener conto della tridimensionalità degli scavi.
C1.2.1 METODI AGLI ELEMENTI FINITI
FDM)
ED ALLE DIFFERENZE FINITE (FEM,
Il Metodo degli Elementi Finiti (FEM) nasce in sordina negli anni 60, ma
successivamente allo sviluppo degli strumenti informatici, ha una evoluzione ed uno sviluppo
esponenziali, suscitando notevole interesse per il vasto numero di campi cui è possibile
applicare i suoi principi. Il termine elementi finiti fu utilizzato in un articolo del 1960 dove il
metodo fu presentato per la soluzione di uno stato piano di tensione. Il termine deriva dal fatto
che il dominio di integrazione viene suddiviso in un determinato numero di sotto-domini,
all’interno dei quali le equazioni differenziali che governano il problema vengono risolte in
maniera approssimata nel senso espresso sopra.
L’uso del FEM si afferma come uno dei migliori strumenti per l’indagine di sistemi
complessi, per i quali indagini e sperimentazioni in laboratorio comporterebbero spese
eccessive, difficoltà logistiche e difficoltà legate alla misurazione fisica delle varie grandezze.
Se i primi approcci automatici per la soluzione delle equazioni differenziali che
governano i fenomeni fisici, si affermano con le differenze finite, il FEM evolve le possibilità
di soluzione dando una possibilità di applicazione che non ha eguali, grazie alla sua
inoppugnabile flessibilità.
La generalità del metodo, inizialmente sviluppato dagli ingegneri e successivamente
dimostrata anche dai matematici, ha permesso moltissimi studi ed applicazioni, aprendo la
strada a nuovi filoni di ricerca che attualmente affrontano problematiche di notevole interesse
di natura teorica e pratica.
L’idea base dell’approssimazione usata nel metodo agli elementi finiti è quella di
approssimare il vero andamento della funzione incognita con quello di alcune funzioni
particolari ad andamento noto, generalmente polinomiali, ma anche trigonometriche ed
esponenziali. Vengono presi in considerazione un numero limitato di punti (chiamati anche
nodi) interni al dominio di integrazione, per i quali i valori della funzione approssimata
risulteranno identici a quelli della funzione approssimante.
Il metodo è adatto a modellare, oltre che geometrie complesse, materiali disomogenei
con leggi costitutive complesse. Un problema non lineare è ricondotto a una serie di problemi
lineari.
La regione che deve essere analizzata viene, quindi, divisa in elementi che sono uniti ai
nodi, per ognuno dei quali possono essere calcolati gli spostamenti e, da questi, si possono
calcolare i campi di deformazione e sollecitazione all’interno della massa. Usando questa
tecnica numerica è possibile far comportare ogni elemento secondo una particolare legge
costitutiva, cioè la legge che descrive matematicamente il comportamento sforzodeformazione del terreno. Tali leggi possono essere di tipo semplice o complesso, ma in
meccanica delle terre il criterio più usato è quello di Mohr-Coulomb.
Per lo studio della stabilità e del comportamento di uno scavo in sotterraneo un altro
metodo numerico è il metodo alle differenze finite (FDM: Finite Difference Method). Il
continuo viene discretizzato in una maglia di punti (griglia) ottenendo, pertanto, una struttura
di equazioni analoga a quella di un codice agli elementi finiti. Nelle tecniche di soluzione
“esplicita”, utilizzata ad esempio nel programma FLAC (Itasca Software), la soluzione si
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sviluppa esplicitamente nel tempo: Le forze sbilanciate, applicate sui nodi, determinano le
accelerazioni delle masse associate ai punti stessi e da queste si determinano gli spostamenti
incrementali ed il nuovo sistema di forze (Tarzini, 2001)mediante l’introduzione delle
relazioni costitutive del materiale presente.
FLAC (Fast Lagrangian Analysis of Continua) e FLAC3D
I programmi FLAC (Fast Lagrangian Analysis of Continua) e FLAC 3D sono dei codici
di calcolo che permettono di rappresentare un modello meccanico del continuo
(bidimensionale o tridimensionale) e possono essere applicati a problemi geotecnici,
geomeccanici, idraulici o altri. Entrambi i metodi attuano un’analisi Lagrangiana: ciò
significa che l’entità degli spostamenti in un corpo soggetto a deformazione varia da punto a
punto, non è omogenea e tale funzione viene descritta con un vettore spostamento che varia
nello spazio e nel tempo. Date le condizioni iniziali, le variazioni nello spazio di questi vettori
vengono calcolate iterativamente da FLAC; si sviluppa così un calcolo differenziale per la
risoluzione del quale si utilizza il metodo delle differenze finite. Il calcolo viene effettuato per
ciascun punto dello spazio e, quindi, si deve definire in FLAC la forma del continuo tramite
l’impostazione di una griglia, in corrispondenza di ciascun nodo della quale vengono
calcolate le equazioni differenziali.
In ogni ciclo di calcolo si parte dall’equazione di equilibrio che utilizza le equazioni
della statica, evidenziando i valori delle forze sbilanciate e il rapporto di equilibrio della
struttura. Si esprimono per ciascun punto della griglia forze e tensioni associate, dalle quali si
ricavano le velocità di deformazione e gli spostamenti; si ricavano, successivamente, i nuovi
valori di forze e tensioni associati ad ogni punto. Il vantaggio di questo processo di calcolo è
che ogni nodo della griglia comunica con gli altri, venendo così simulata la trasmissione delle
forze all’interno di un corpo.
A ciascun elemento della griglia si attribuiscono determinate caratteristiche meccaniche
mediante le quali il programma elabora le condizioni di stabilità, mettendo in evidenza quei
punti in cui non si raggiunge l’equilibrio. E’ possibile assegnare a elementi diversi del corpo
comportamenti meccanici differenti: è possibile assegnare ad alcuni i nodi un comportamento
elastico, ad altri un comportamento meccanico di tipo elastico perfettamente plastico o elastoplastico incrudente positivamente o negativamente.
C1.2.2 METODO AGLI ELEMENTI DISTINTI (DEM)
Il metodo agli elementi distinti (DEM) è utilizzabile per l'analisi del comportamento
meccanico di un sistema discreto in blocchi. Una tale configurazione a blocchi si adatta molto
bene allo studio della meccanica di un ammasso roccioso fratturato e quindi anche ai
problemi inerenti la stabilità di versanti in roccia.
Il metodo prevede che i blocchi interagiscano, secondo modelli di comportamento ben
precisi, lungo le discontinuità che li separano; queste a loro volta sono caratterizzate dal tipo
di contatto esistente tra i due blocchi che può avvenire tra gli spigoli e/o le facce (Cundall,
1971). Il DEM utilizza un procedimento di calcolo esplicito nel tempo che permette grandi
spostamenti e grandi rotazioni, nel quale i movimenti di ogni elemento distinto (blocco)
vengono calcolati indipendentemente ad ogni sequenza di calcolo, in modo tale che, con
l'iterazione di tale processo, si ottiene la configurazione all'equilibrio o a rottura
(Cundall,1971).
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Tale processo di calcolo è stato codificato nel programma UDEC (Universal Distinct
Element Code), per la soluzione di problemi bidimensionali, e nel programma 3DEC
(Tridimensional Distinct Elements Code), per l'analisi tridimensionale.
UDEC (Universal Distinct Element Code) e 3DEC
I programmi UDEC e 3DEC, basati sui metodi agli elementi distinti, permettono analisi
bi- e tri-dimensionali di problemi concernenti le interazioni tra masse distinte, ognuna delle
quali ha la propria geometria, le proprie caratteristiche meccaniche ed un proprio modello di
comportamento nei confronti delle sollecitazioni imposte. Inoltre è possibile stabilire delle
condizioni al contorno sia statiche che dinamiche e la possibilità di prevedere l'esistenza di
circolazione di fluidi tra le discontinuità.
La versatilità di questi programmi permette di esaminare molteplici situazioni che
comprendono lo studio dei versanti in roccia, di gallerie, di fondazioni, di opere di sostegno,
di dighe, di coltivazioni minerarie, ecc..
L'algoritmo che utilizzano è basato sulla legge forza - spostamento che governa le
interazioni tra i blocchi e sulla legge che specifica il loro moto quando sono loro applicate le
forze non bilanciate e i momenti che ne derivano (Lorig & Hobbs, 1990).
Le interazioni tra i blocchi avvengono attraverso i loro contatti che possono essere di
tipo spigolo - spigolo, spigolo - faccia e faccia – faccia.
Le iterazioni attraverso i contatti fra i blocchi (spigolo - spigolo, spigolo – faccia) sono
governate da leggi del tipo:
DFN=KN DUN
DFS=KS DUS
dove DFN e DFS sono gli incrementi delle forze normali e tangenziali che si hanno quando si
ha un aumento dello spostamento normale (DUN) e tangenziale (DUS) lungo i contatti, mentre
KN e KS sono, rispettivamente, le rigidità normale e di taglio che si hanno ai contatti, espresse
in termini di forza. Per evitare di avere grandi sollecitazioni in questo tipo di contatti, gli
spigoli vengono arrotondati di una quantità determinata dall’operatore.
A riguardo dei contatti faccia–faccia si hanno le stesse relazioni viste sopra, ma espresse
in termini di sollecitazioni:
Ds=KN DUN
Dt=KS DUS
dove Ds e Dt sono gli incrementi di tensione normale e di taglio e KN e KS sono le rigidità
normale e di taglio.
Il comportamento del sistema lungo le discontinuità può essere rappresentato in un
modello analogico da molle di rigidità KN e KS ed il moto dei blocchi è dato dalla risultante
delle forze non bilanciate e dai movimenti che agiscono nei loro centroidi; l’equazione del
moto integrata rispetto al tempo è:
ju2/j2=((ΣFi) /mi gi )
dove u è l’accelerazione del blocco, ΣFi la risultante delle forze non bilanciate, mi la massa
del blocco e gi l’accelerazione di gravità.
Il moto dei blocchi scaturisce dall'azione della risultante delle forze non bilanciate e dei
momenti agenti nei loro centroidi. Il programma esegue dei cicli di calcolo a scansione
temporale, ogni ciclo è chiamato timestep. In ognuno di questi timestep gli input per le
equazioni sono in parte dati da valori fissi stabiliti dall'operatore (ad esempio l'accelerazione
di gravità, le dimensioni e la densità dei blocchi ecc. ), in parte sono dati dai risultati dei
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precedenti cicli di calcolo. Questo perché il programma ad ogni timestep, non compie tutti i
calcoli, ma determina solo gli incrementi rispetto alla situazione del precedente ciclo.
Il programma dà la possibilità di assegnare ai blocchi e ai set di discontinuità un modello
di comportamento differente in relazione al tipo di materiale presente e alle sollecitazioni alle
quali saranno sottoposti. E’ possibile scegliere fra più modelli, fra i quali quello di MohrCoulomb ed il modello elastico che sono tra i più utilizzati per la loro semplicità (Itasca,
1993).
Il programma prevede anche la presenza di circolazione di fluidi tra le discontinuità,
considerando completamente impermeabili i singoli blocchi. Lo spazio vuoto tra un blocco e
l'altro è il luogo esclusivo in cui può essere considerata la presenza di fluidi Il tipo di flusso
che si può impostare è di tipo stazionario o transitorio; in quest'ultimo caso si può scegliere
se considerare un fluido comprimibile o un fluido incomprimibile. Man mano che procedono
le sequenze di calcolo, le sollecitazioni meccaniche inducono variazioni nelle proprietà
idrauliche dei giunti e, quindi, nelle pressioni dei fluidi all'interno dei domini che provocano,
a loro volta, variazioni dello stato tensionale, poiché si modificano le pressioni efficaci ai
giunti. La conseguenza di questa interazione è che ad ogni timestep si ha, per incrementi
successivi, un continuo aggiornamento degli stati tensionali e deformativi che interagiscono
in maniera reciproca con le pressioni dei fluidi.
Qualsiasi input ai programmi deve essere fornito mediante appositi comandi,
direttamente o mediante la redazione di un data file in formato Asci che poi sarà "letto" da
UDEC o 3DEC. Questi comandi sono quelli che permettono di definire il modello da
analizzare, ossia di definirne le caratteristiche geometriche, le proprietà meccaniche, i modelli
di comportamento, le condizioni idrauliche e le condizioni al contorno.
C1.3 CRITERI DI VALUTAZIONE DEI PARAMETRI DI RESISTENZA
AL TAGLIO
La resistenza degli ammassi rocciosi è difficilmente valutabile: i campioni per le prove
di laboratorio sono poco rappresentativi; le prove in sito sono raramente fattibili sia
praticamente sia economicamente. Il metodo più comune è quello di usare il criterio di HoekBrown e di stimare i parametri con l’aiuto della classificazione degli ammassi rocciosi e
questo metodo è stato utilizzato per completare il quadro delle caratteristiche meccaniche
ottenuto dalle prove direttamente eseguite, in relazione ai parametri da introdurre nelle analisi
di stabilità.
Il criterio di rottura di Hoek-brown è un metodo empirico che parte dalla teoria di
Griffith per la rottura fragile e che è definito da:
σ = σ + mσ σ + s σ 2
1
3
3 c
c
con:
m = costante funzione delle caratteristiche dell’ammasso roccioso;
s = costante funzione delle caratteristiche dell’ammasso roccioso;
σ c = resistenza a compressione uniassiale della roccia intatta;
σ1 = tensione effettiva principale massima a rottura;
σ 3 = tensione effettiva principale minima a rottura.
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La resistenza a compressione dell’ammasso roccioso σ c ,ammasso si ottiene ponendo
σ 3 = 0:
σ c ,ammasso = σ c s
e la resistenza a trazione σ t ,ammasso ponendo σ1 = 0:
σ t ,ammasso =
(
σc
m − m 2 + 4s
2
)
Per le roccie intatte s = 1 ed m = mi e per ammassi rocciosi 0 ≤ s < 1 ed m < mi con mi
che può essere calcolato da prove triassiali o, più comunemente, dalla tabella proposta da
Hoek e Brown (1980).
In base al lavoro di Priest e Brown (1983) sono state trovate le seguenti relazioni
empiriche per m ed s (Hoek e Brown, 1988):
-
per ammassi rocciosi indisturbati o interconnessi:
m = mi e RMR −100 28
s = e RMR −100 9
-
per ammassi rocciosi disturbati (quali scavi in sotterraneo con esplosivi non
correttamente utilizzati):
m = mi e RMR −100 14
s = e RMR −100 6
essendo RMR (Rock Mass Rating di Beniawski,1976) calcolato considerando condizioni
asciutte e senza l’orientazione dei giunti. Questo criterio originale fornisce in genere valori
troppo alti della resistenza a compressione ed anche di quella a trazione. Hoek, Wood e Shah
(1992) hanno dato la seguente versione modificata:
σ1' = σ'3 + σ
c
((mb σ 3
σ c ) + s )a
con:
mb = valore di m per rocce fratturate;
a = costante per rocce fratturate.
Le costanti a ed mi ed il rapporto mb/mi per le rocce intatte sono date da Hoek, Wood e
Shah (1992).
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La formulazione generale del criterio è fornita da Hoek, Kaiser e Bawden (1995):
σ1' = σ'3 + σ
((mb σ 3
σ c ) + s )a
((mi σ 3
σ c ) + 1)1 2
c
Per rocce intatte con s=1 e mb = mi si ha:
σ1' = σ'3 + σ
c
Per ammassi rocciosi di buona qualità è a=0.5 e si ritorna al criterio originale; per
ammassi rocciosi di bassa qualità si ha s=0 . La costante m si ricava dalle tabelle di Hoek,
Kaiser e Bawden (1995); i parametri mb, s ed a si ricavano dalle relazioni suggerite dagli
stessi autori:
- per GSI (Geological Strength Index) > 25 (ammassi rocciosi indisturbati):
mb = mi
s=
GSI −100
e 28
RMR −100
e 9
a = 0.5
- per GSI <25 (ammassi rocciosi disturbati):
s=0
a = 0.65 −
GSI
200
Il valore di GSI si ricava da quello di RMR con:
- per RMR76 > 18: GSI = RMR76
- per RMR89 > 23: GSI = RMR89 - 5
(RMR76 e RMR89 pubblicazioni rispettivamente del 1976 e del 1989)
sempre in condizioni asciutte e senza considerare l’orientazione dei giunti. Per ammassi
rocciosi di qualità pessima, si deve utilizzare l’NGI-indice (Barton, Lien e Lunde, 1974) con i
fattori di riduzione per l’acqua e lo stato tension ale posti eguali ad 1. L’indice Q’ è correlato
a GSI tramite:
GSI = 9lnQ’ + 44
Il criterio generale può essere applicata strettamente solo a rocce intatte o fortemente
fratturate, che possono essere considerate isotrope ed omogenee. Per ammassi rocciosi
caratterizzati dalla presenza di un solo sistema di discontinuità, si deve usare il criterio di
Barton alle discontinuità. Nella realtà non esistono linee guida da seguire nella scelta,
basandosi questa sul giudizio personale.
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Il criterio di rottura di Mohr-Coulomb è definito da:
τ = c + σ n tan φ
ovvero:
σ1 = σ c + σ 3
1 + senφ
1 − senφ
con:
- τ = sollecitazione di taglio a rottura;
- c = coesione;
- φ = angolo d’attrito interno dell’ammasso roccioso.
Le resistenze a compressione ed a trazione per un materiale alla Mohr-Coulomb possono
essere espresse rispettivamente da:
σc =
2c ∗ cos φ
1 − senφ
; σt =
2c ∗ cos φ
1 + senφ
ma il valore della resistenza a trazione è sovente troppo elevata se derivata
dall’equazione precedente, soprattutto per bassi valori dell’angolo d’attrito. Inoltre, in caso di
valori negativi delle sollecitazioni normali lò’equazione canonica non ha significato fisico.
In genere nelle analisi all’equilibrio limite o nei modelli numerici, la resistenza è
espressa in termini del criterio di rottura di Mohr-Coulomb. Il codice di calcolo FLAC, che
sarà utilizzato nelle analisi di stabilità, converte l’inviluppo a rottura curvo in un inviluppo
lineare determinando la tangente alla curva per il valore tensionale considerato e, di
conseguenza, i valori dei parametri c e φ risultano variabili nel modello. Tuttavia, per lo più
si determinano i valori equivalenti di questi parametri per l’inviluppo a rottura di HoekBrown.
Nel caso del criterio modificato id Hoek-Brown si può derivare una soluzione in forma
chiusa per il corrispondente inviluppo di Mohr in cui le sollecitazioni normali e tangenziali
sono espresse da:
σ'n
=
(
σ'3
+
σ'1 − σ'3
∂σ'1 ∂σ'3 + 1
τ = σ'n − σ'3
)
∂σ1' ∂σ'3
con:
∂σ1'
∂σ'3
∂σ'1
∂σ'3
= 1+
(
mb σ c
2 σ1' − σ'3
= 1 + a(mb )
)

 
 σ c 
'
a  σ3
per GSI >25 , quando a=0.5;
a −1
per GSI < 25, quando s = 0
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Una volta determinati i valori delle coppie ( σ n , τ ) i loro valori medi sono calcolati in
base alla retta di regressione nell’intervallo di tensioni considerato, ottenendo:
(
)
 n σ' τ −
 ∑ n
∑ τ∑ σ'ν 
φ = arctan
2
2
 n∑ σ'n − ∑ σ'n 
( ) ( ( ))
τ ∑ σ'n
∑
c=
−
tan φ
n
n
Il valore istantaneo della coesione e dell’angolo d’attrito per un determinato valore della
sollecitazione principale minima è calcolato tracciando la tangente all’inviluppo di HoekBrown, la cui pendenza si trova con l’equazione di Mohr-Coulomb che, a sua volta deve
essere eguale al rapporto tra le derivate della tensione principale massima e della tensione
principale minima:
k=
1 + senφ ∂σ'1
=
1 − senφ ∂σ'3
e risolvendo per φ :
φ = arctan
k − 1 ∂σ1' ∂σ'3 − 1
=
k + 1 ∂σ1' ∂σ'3 + 1
che consente di calcolare anche il valore istantaneo della coesione.
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