Festa di compleanno

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Festa di compleanno
Capitolo primo
Festa di compleanno
«Qual è il serpente che ti piace di più?».
«Il cobra».
«Bellino… con quelle alucce che si allargano sulla testa…» Francesca si traccia due aureole all’altezza delle
orecchie.
«Sembrano un cappellino», annuisce Corinna.
Le bambine chiacchierano. Artemisia sta per arrivare
con la torta.
Mentre infilza sessanta candeline nella crema, Artemisia
sogna.
Leggere, dormire e guardare vecchi film in TV. Nessuna
preoccupazione, solo relax. Dovunque, anche in convento. Che bel silenzio… Campanelle ogni tanto. E giaculatorie, e litanie: come sentire un mantra. Vorrebbe proprio
una vacanza così.
«Nonna qual è il serpente che ti piace di più?».
«L’anaconda».
«Perché?».
«Non lo so, il nome ha un bel suono».
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«Non è meglio il pitone? Il pitone che inghiotte una
pecorella e poi da fuori si vede la forma della pecora nello
stomaco… Non è meglio?».
«No. A-na-connn-da. Un bel suono… Per me l’anaconda».
Anatolio, invece, preferisce la vipera.
Viiiperaa, sul braccio di colei… Sì, vipera. Senza dubbio.
In onore di sua moglie.
Poi:
Tanti auguri a te, tanti auguri a te. Tanti auguri
Germanaaaa…
Germana soffia sulla torta, con impegno e perseveranza, e le sessanta candele si spengono.
Fragole, crema, bignè e ciuffi di panna. Pistacchi tutt’intorno. Torta, degna di un primo piano su L’enciclopedia
del dolce, confezionata da Artemisia con la consulenza telefonica della sua tata tedesca, Fräulein Hildegard, e la
collaborazione delle gemelle, abilissime nel manovrare la
frusta elettrica e far schizzare la panna dovunque.
Mentre tormenta con la forchettina un bignè che non
ha voglia di mangiare, Artemisia riflette sulla sua vita.
Deve badare a figlie e madre. Le gemelle è normale, e poi:
cresceranno. Ma sua madre è un optional di cui farebbe a
meno. Sessant’anni persi, come si dice in Sicilia, e di certo
con l’età non va a migliorare.
Una specie di figlia dei fiori. Pazza. O, se vogliamo
usare eufemismi, in ordine alfabetico: bizzarra, estrosa,
originale, strampalata, stravagante. Se ci mettiamo pure il
siciliano: streusa e strologa.
Pericoloso abbandonarla a se stessa.
E c’è poi Anatolio: non fa parte della famiglia, ma non
si può lasciare a se stesso neanche lui.
Spumante spumeggiante, allungato con acqua minerale
per le bimbe. E regali.
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Fiocchi. Biglietti, fatti in casa, con stelline e cuori.
Francesca ha scelto per la nonna un carillon che suona
il Tema di Lara. Corinna una vaschetta di plastica piena
d’acqua con dentro una tartaruga, anch’essa di plastica,
che nuota. Artemisia l’edizione in tre volumi di Cucina facile, nella speranza che sua madre si appassioni alla nuova
(per lei) arte e le faccia trovare qualcosa di pronto quando
torna da scuola stanca e affamata.
Il regalo di Anatolio è una collezione di francobolli celebrativi.
Falsi. O per essere più esatti: “di fantasia”. Li ha ideati,
disegnati e smerlettati (il termine tecnico sarebbe “dentellati”) con competenza quasi professionale per ricordare “Il Sessantesimo Genetliaco”.
Corinna e Francesca si adornano le chiome riccioline
con le coccarde e i nastri dei doni, poi vanno davanti allo
specchio e fanno le boccacce. Una finestrella per ciascuna al posto degli incisivi inferiori. Le bambine moderne,
si rallegra Germana, possono fare tutte le smorfie che
vogliono, nessuno dice più: «Se passa l’angelo resti così».
L’attenzione delle gemelle si sposta nuovamente sui
rettili.
«Mamma qual è il tuo serpente preferito?» chiede
Francesca.
«Quello del paradiso terrestre», risponde Artemisia
senza pensare. Potenza dell’inconscio.
Si immagina un serpentone da libro di catechismo.
Sorridente.
Insinuante.
Un bel serpente che induce in tentazione.
Incontrarne uno e scordarsi di tutto.
Suonano.
Artemisia percorre il corridoio (bisognerebbe passare
la cera). Arriva all’ingresso (l’attaccapanni è sovraccarico
di cappotti). Va alla porta e guarda dallo spioncino.
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Non c’è nessuno.
Apre.
Sull’uscio: un grosso pacco legato con un nastro verde.
Che ci sia una bomba? Ma no, probabilmente hanno
sbagliato.
Legge l’indirizzo. C’è scritto soltanto: “Per Germana”.
Ma da chi?
Non c’è mittente.
Deliziata per la sorpresa, Germana scioglie il nastro
verde. Poi lotta contro chilometri di scotch che le si appiccicano tra le dita; poi elimina diversi strati di carta da
regalo; poi apre la grande scatola di polistirolo. Infine,
brandendo un grosso coltello da cucina, sgomina il foglio
protettivo di plastica a bolle.
Ed ecco che viene alla luce una valigia. Una valigia rossa
con le ruote.
Dentro la valigia: una busta.
Nella busta, un bigliettino con su scritto: “Buon
Compleanno”.
Senza firma.
Boh.
Il mio mistero è chiuso in me… canticchia Germana esplorando le centomila tasche interne ed esterne dell’articolo
da viaggio. Poi impugna il manico e, comunicando con
tentativi di acuto che all’alba vincerà, va al grande specchio del bagno e si rimira. Col poncho blu, pensa, sta
benissimo; e ancora meglio col completo jeans.
Torna nel soggiorno, si versa dell’altro spumante, inserisce nel lettore un cd, e intona Libiam nei lieti calici insieme alla coppia Freni-Pavarotti.
Si unisce anche Anatolio, e viene fuori uno spettacolino niente male.
Per la gioia loro, e delle bimbe che chiedono il bis.
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Scombinati, pensa Artemisia (no, non la coppia FreniPavarotti).
Forse sua madre sa da dove proviene il regalo. Lo sa
e non vuole dirlo. Misteriosa, talvolta. E anche un poco
stonata.
Con l’approvazione della legittima proprietaria, le gemelle organizzano un gioco: Corinna entra dentro la valigia e Francesca cerca di trascinarla in giro.
Ma, sul più bello, Artemisia le interrompe: «Ora di andare a letto, bambine».
«Mamma, è presto!».
«No mamma, vogliamo fare tutto il corridoio almeno
cinque volte…».
«Domani c’è scuola. Basta giocare! E poi, non voglio
strisce sul pavimento».
Artemisia interrompe sempre il gioco. Glielo impone il
suo senso di responsabilità.
Se non ci fosse lei in questa casa…
Anatolio guarda l’orologio da polso impreziosito da
una colorata effigie di Topolino e decide che è tardi.
«Fervidi voti augurali! Torno alla mia triste e squallida
dimora», saluta.
Si incapsula nel giaccone militare e si arrotola intorno
al collo uno scialle a disegni cachemire.
Poi indossa il colbacco di pelliccia ecologica e va via.
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Alcune notizie
Gli uomini della famiglia
Lo so che vi state chiedendo dov’è il padre delle bambine, nonché marito di Artemisia.
Esigenza di simmetria: nella famiglie ci devono essere
un padre una madre e dei figli. Se qualcosa manca, l’immagine appare sbilanciata.
Per cominciare, devo chiarirvi che il padre delle gemelline non è sposato con Artemisia.
Come mai? Lo saprete a suo tempo.
Ma dove sia non posso proprio dirvelo.
È un segreto. Ed è un segreto perché il padre di Corinna
e Francesca è un agente segreto.
Per comunicare con lui ci si serve di un apposito ufficio del Ministero della Difesa, che provvede a recapitargli
i messaggi e che trasmette le sue lettere.
Da otto anni, però, l’ufficio in questione lettere ad
Artemisia non ne trasmette. Da otto anni lui non dà notizie di sé.
Per quale motivo? Non si sa.
Anche il marito di Germana è assente, ma per meno
oscure e più ineluttabili ragioni: Germana è vedova. Lei
spiega alle bimbe che il nonno è in cielo. «Come passa
il tempo?» chiedono loro, e lei risponde che si possono
immaginare tante cose. Che rimbalza sulle nuvole e si diverte a scivolare sulla Via Lattea, ad esempio; o che fa il
ritratto ad angeli, arcangeli serafini e cherubini… Le gemelle, che vanno a scuola dalle suore, completano l’elenco
aggiungendo anche i Principati, i Troni, le Dominazioni,
le Virtù e le Potestà. Categorie angeliche meno note ma
anch’esse, di certo, meritevoli di essere dipinte.
La casa
Primo Novecento.
All’ingresso: il nonno di Germana, fondatore della li12
breria di famiglia, in un quadro che avrebbe bisogno di
restauro.
Corridoi larghi, il soggiorno, la stanza da pranzo, lo
studio, la veranda rutilante di vetri colorati, la cosiddetta stanza a ponente. Camere da letto, e niente salotto
(secondo Germana: è borghese). Cucina e anticucina,
ripostigli, guardaroba, stanze e stanzine di passaggio,
ammezzato. E poi c’è l’atelier, il piccolo salone in cui
il marito di Germana dipingeva. Polvere, disordine, e
sul soffitto un grande lampadario di Murano pieno di
ragnatele. Lì Artemisia non interviene: la madre vuole
che tutto resti com’era.
Si cammina su piastrelle disposte a scacchiera. Ci si fa
il bagno in una vasca con zampe di leone. Un montacarichi cigolante mette in comunicazione con l’ammezzato, e di tanto in tanto ospita nel suo ventre le bimbe che
si divertono ad andare su e giù.
Artemisia si affanna a lustrare maniglie d’ottone rosicchiate dall’ossido, si dispera per le macchie di umido
che diventano sempre più grandi, e per la carta da parati
che, in certi punti, si accartoccia su se stessa. Difficile
tenere in ordine un appartamento così col solo aiuto di
una colf bisettimanale; e poi, aggiusti una cosa e se ne
sfascia un’altra. Non sarà mai come le case luccicanti
delle riviste d’arredamento. E non c’è neanche il salotto… da piccola se ne vergognava, e un poco le dispiace
anche adesso.
Germana, invece, nella vecchia casa ci sta bene. C’è
nata, d’altra parte.
Fa bagni al profumo di tuberosa nella vasca con le
zampe di leone, gioca con le bimbe sul pavimento a
scacchiera (alla campana, o a dama, o a “Reginella reginella quanti passi per arrivare nel tuo castello?”), e si diverte a esplorare l’ammezzato ingombro di ceste e bauli
misteriosi. Nella veranda, poi, si sdraia sulla dormeuse
irta di molle (una specie di letto da fachiro in cui, negli
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anni, si è scavata una cuccia) e si sente libera. Al di fuori
del tempo e dello spazio.
La serata va avanti
Nei loro lettini, le gemelle sognano
Corinna: che è nella giun- Francesca: che sotto l’albero
gla, vestita da Principessa di Natale c’è un pacco col
Sissi, tra elefanti e pappa- suo nome; lo apre e trova
galli, e corre in groppa a un cobra che fischia il Tema
un boa constrictor.
di Lara.
Artemisia naviga su internet
Vagola un poco. Poi cerca “serpente” con Google, e
pesca (o sarebbe meglio dire cattura?) il seguente messaggio.
Salve tutti, volevo chiedere un consiglio e qualche
notizia riguardo a due bellissimi ofidi: il pitone moluro
e il boa constrictor. Allevo un pitone reale già da un
po’ di tempo con buoni risultati e mi è venuta voglia
di rischiare l’allevamento di qualcosa di + impegnativo... Vorrei sapere quali sono i pro e i contro dell’allevamento di un moluro e di un costrictor, in che modo
dovrei cambiare il mio atteggiamento verso il serpente
e il mio tipo di allevamento, inoltre mi piacerebbe avere l’indirizzo di un sito che parli in modo dettagliato di
questi splendidi boidi.
Ce n’è di gente strana. Colpa della televisione. Dei documentari in genere, e in particolare di quel ragazzotto in
pantaloncini che accarezza rettili in luoghi esotici. La TV
è una cattiva maestra, e le sue figlie sono due brave allieve. Ma come sono le brave allieve di una cattiva maestra?
Sono brave per il fatto che sono cattive, e quindi sono
brave e cattive nello stesso tempo? Se la risposta è sì, le
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sue figlie sono la contraddizione personificata, un vero e
proprio ossimoro vivente.
Artemisia, come vedete, è pericolosamente portata ad
arrovellarsi.
Germana fantastica e riflette
Sulla dormeuse-lettodifachiro-cuccia, tra annaffiatoi arrugginiti, chenzie e bulbi che aspettano di fiorire,
Germana si chiede chi può averle mandato il dono misterioso. Di certo non sua figlia né Anatolio: erano troppo
stupiti. Le commesse della libreria? No, questa mattina
le hanno fatto recapitare una composizione di ciclamini,
coloratissima. Ma chi altro conosce la data del suo compleanno? Forse un’antica compagna di scuola, o qualche
amico perduto di vista con cui ha festeggiato quando era
ragazza? O la signora che l’altro giorno ha voluto farle
l’oroscopo e le ha predetto viaggi in terre lontane?
Almanacca un poco senza venire a capo di nulla. Si
vedrà, conclude, il futuro darà la risposta.
Una bella sorpresa. Allegra valigia rossa, proprio adatta
per iniziare una delle sue vite alternative. Vite messe da
parte nel magazzino della mente, per adesso realizzate
soltanto nella fantasia.
Tante altre possibili esistenze. Volontaria nel Terzo
Mondo, per esempio, tra bimbi neri e ricciuti, o giallini
con gli occhietti a mandorla, o con la pelle ambrata e il
faccino ridente… O compratrice per un grande magazzino in souk, bazar, mercati orientali e strani negozi di
dovunque. O vivere a Parigi e scrivere romanzi seduta al
Café de Flore (J’ai deux amours: mon pays et Paris…).
No, non pensa proprio che alla sua età sia tardi per
queste cose. E poi, per quanto riguarda il romanzo: frequenta insieme ad Anatolio il corso di scrittura creativa
organizzato nella sua libreria, ed è già al quinto capitolo
di un’avventurosa saga familiare.
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Prima, viaggiare, andarsene in giro per grandi capitali e luoghi esotici, era il suo passatempo preferito.
Quando Artemisia era piccola, di lei si occupava Fräulein
Hildegard, l’ex tata di Anatolio che era ormai grande e
non ne aveva più bisogno. Poteva stare tranquilla.
Ma adesso ci sono le bambine, e Fräulein Hildegard se
n’è tornata in Germania da moltissimo tempo. Impossibile
mancare per lunghi periodi: non è il caso di lasciare le gemelle a quell’incapace di sua figlia.
Non incapace di lavorare, andare in banca, al supermercato, tenere in ordine… anche troppo brava in quello.
Incapace di vivere. Una filistea, avrebbero detto Thomas
e Znaniecki (Germana legge di tutto). Artemisia è troppo
seria, troppo ordinata, sempre affannata e sempre stanca.
Ha un senso del dovere eccessivo: è una rompiscatole.
E poi, basta aspettare l’agente segreto! Con cui, tra l’altro e fortunatamente, non si è neanche sposata. In qualunque luogo segreto egli sia e qualunque cosa segreta
egli stia facendo, sicuramente non pensa a lei. E non pensa alle gemelle, questo è proprio certo.
Non potrebbe, d’altra parte: non sa neanche che esistono.
Per Artemisia ci vorrebbe l’uomo giusto, un uomo capace di risvegliarla alla vita, fantastica Germana che alberga in sé anche un’anima romantica.
Ma ci sono uomini così? Nei film americani degli anni
Cinquanta e Sessanta forse, in quei bei film con Doris
Day…
Ma no, neanche là, si corregge. Anzi: particolarmente
non là. In quei film il messaggio è diverso, il cambiamento è al contrario: allegre e sventate fanciulle si innamorano del principe azzurro e si trasformano. In mogliettine
che servono l’aperitivo al marito indossando grembiulini
a volant; in mammine deliziose alle prese con nidiate di
frugoletti biondi; in padroncine di casa che vanno a fare
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la spesa con la messimpiega fresca e un grosso cane peloso nel portabagagli della station wagon…
Doris Day ha imbrogliato generazioni di ragazze, e
Germana si è salvata a malapena.
Germana si sente bohémienne. Odia le formalità, per
non parlare del buon senso comune. Una bohémienne
che ama il comfort, e talvolta anche il lusso, però: acqua corrente calda e fredda, frigorifero, riscaldamento
centralizzato e piumone di vere piume d’oca, d’inverno.
Aragosta a pranzo, di tanto in tanto.
Ma perché no, d’altra parte? Si vive meglio.
Nella sua “triste e squallida dimora”, Anatolio è impegnato in
un inconsueto lavoro.
Salone con tende di damasco, mobili d’antiquariato, quadri di antenati; sulla console, una preziosa copia di
Guerra e pace (è da lì che viene il suo nome).
Anatolio è seduto nel divano Luigi Filippo, e ha davanti a sé un grosso album di fotografie e una pattumiera (di
plastica verdina, non in stile con l’arredamento).
Con ritmo sempre uguale, quasi si trovasse alla catena
di montaggio:
a) stacca le fotografie,
b) le guarda,
c) le lacera con cura, e
d) le butta via.
Sono fotografie che lo ritraggono con la moglie.
Anzi, per meglio dire: con la sciantosa, come la chiama
sua nonna. O, per essere più esatti: con la Vipera.
Le gemelline, con la loro strana domanda, gli hanno
fatto trovare l’appellativo giusto.
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